I cani sono più buffi, sono come quei comici che fanno
delle cose da spanciarsi in piena serietà, quelli che fanno ridere senza
nemmeno sorridere, anche se quando hanno la bocca aperta e la lingua fuori
sembrano proprio ghignare, i cani, qualche volta anche i comici.
Una famiglia senza un cane è come un cane senza
famiglia... va bene, lui non c’ha più nemmeno la famiglia, ma il cane sì, anzi
due. È meglio se ce ne sono due o tre, e i gatti anche sono utili simpatici e
puliti.
Volendo i gatti andrebbero anche d’accordo con i cani, pure se i cani sono meno concilianti con loro.
Il rapporto con Màndala (e non Mandàla), la cagnona che ha sostituito la
defunta Pàola (e non Paóla come dicono i brasiliani), è molto stretto, perché lei è arrivata proprio quando lui è
rimasto da solo e anche lei è stata trapiantata, come quasi tutti suoi simili,
in una nuova famiglia, anche se quest'ultima è tra virgolette.
L’ha presa che era un chilo e mezzo e ora ne pesa più di
quaranta. Non ha mai visto un cane fare tanta pipì, le prime volte direttamente
sul suo letto.
Le ha fatto fare anche degli esami costosi, ma è risultato
tutto normale. È molto affettuosa e obbediente, ma inizialmente pioveva
parecchio e si era abituata a stare in casa. Dopo però non voleva più andarsene
fuori.
Intanto Màndala, la sua cagnona, gli è sempre più vicina,
lo guarda e sembra che lo adori in maniera autentica, non come quelli che su Facebook
dicono che adorano o gli fa schifo qualcosa o qualcuno, non accettando nessun
compromesso intermedio.
Uno dice che quando è morto il musicista blues Gary Moore
è come se gli fosse morto un fratello, un altro dice che non sa come continuare
la sua vita dopo la morte del regista David Lynch.
Ma come cazzo vive ‘sta gente?
Può darsi che avere dei modelli ci aiuti, d’accordo, ma
gli idoli a che servono se non alla frustrazione e alla falsità?
La vita ci propone tante domande e poche risposte. Quelle
vere, non accettate per riempire un vuoto, facendo di tutta l’erba un fascio,
quelle sono poche, ma bisogna anche saperle riconoscere.
Il nome Italia deriva dal vocabolo Italói, termine con il
quale i greci designavano i Vituli (o Viteli) abili coltivatori di vite, una
popolazione che abitava nella punta estrema della nostra penisola, la Calabria,
i quali adoravano il simulacro di un vitello (vitulus, in latino).
La buona memoria è senz’altro un sintomo d’intelligenza,
se non altro si possono fare dei confronti e capire meglio il presente sulla
base del passato.
In Norvegia è d’uso darsi sempre del «tu». Quasi nessuno
si dà del «lei»: vi si ricorre a volte con le persone anziane, o se si vuole
sottolineare una certa distanza da qualcuno per cui si prova una forte
antipatia.
Ecco che egli fugge e si rifugia in Facebook, cioè dalla
padella nella brace. Chi non riesce a creare niente di
suo si vendica correggendo e criticando a oltranza chi lo può fare, ma la
tendenza a correggere e a fare i bastiani sempre e comunque contrari credo che
sia tipicamente italiana. Ce l’ha anche lui, almeno mentalmente mette tutto in
dubbio, ma cerca di mitigare, minimizzare, sciogliere e liberarsi da quel
morbo.
Un sacco di foto con le case e gli edifici ad angolo
acuto, che convergono verso il centro dell’immagine, facce deformate e forme
distorte in generale. Colori sensazionalisti, come se ci fosse sempre e
comunque bisogno di cambiare quello che si vede, di inventare, anche nelle
immagini, qualcosa che non c’è e non ce n’è alcun bisogno. Di bellezza ce n’è a
iosa, ma non si sa più riconoscere, a
partire dal semplice quello che è complesso e viceversa. Manca il tempo e di
conseguenza lo spazio, per fare bene qualsiasi cosa sia.
Non riesce a divertirsi a osservare la gente che corre
prigioniera della propria frenesia, lo sa che se lui non ne ha bisogno, per
colpa loro non riesce lo stesso ad avere pace. Ma sa anche che non ha
liberamente scelto, ci si è trovato, un gradino collegato all’altro, senza
un’effettiva decisione di salire o scendere.
Le sue lo sa a cosa si riferiscono, nessuno le può capire
meglio di lui, con gli anni anche la sua diffidenza nei confronti delle frasi
altrui è cresciuta sempre più. Niente di cui stupirsi, è ovvio, tenuto conto
della sua storia personale, dove conformarsi alla realtà è l'eccezione
piuttosto che la regola. Il linguaggio è già di per sé menzogna, come
aveva detto qualcuno, chissà quando, dove e perché.
Non è il caso di pensare a qualcosa di importante,
quando non si ha la capoccia a posto, si dice sempre a letto. È meglio spegnere
completamente, altrimenti il risultato è solo una gran massa di
stronzate. Però spesso gli è difficile, se non impossibile, la sua mente gli
scappa di mano e va via, specialmente quando è stanco, non riesce tanto a
frenarla.
Allora cerca di pensare alle cose belle, ai ricordi
dell’infanzia, alle cose che pur collegate alle altre, non riesce a
localizzare, gli sfuggono e al calarsi in quella dimensione vengono sempre
fuori dei particolari nuovi eppure vecchi. Poi, mentre si addormenta, se li
dimentica di nuovo.
Uno scrittore con tanto tempo a disposizione, ma con dei
problemi d'ispirazione, non può evitare di pensare a quando aveva ispirazioni
d’avanzo, ma a mancargli era proprio il tempo per scrivere.
Per quanto tenti di resistere non può evitare di pensare
che anche la lettura è ormai un anacronismo, del quale non importa più a molti,
lui stesso non legge più quasi niente.
Si ricorda bene di quando pensava che una volta in
pensione avrebbe potuto finalmente dedicare la maggior parte del suo tempo con
entusiasmo a scrivere, poi limare, correggere più volte. Non era tanto tempo
prima, eppure le cose sono assai cambiate.
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