martedì 26 novembre 2024

DIALOGARE STANCA

                        

 

La conoscenza di sé passa attraverso una specie di processo che è come una discesa all’inferno. Nel senso che fa male, ma è distribuito negli anni, ed è anche piuttosto necessario. Non è proprio una scelta, dipende dalla tua storia, succede o non succede.

Per riconoscere davvero chi sei, con pazienza e determinazione, eppure anche abbastanza inconsciamente, devi distinguere e accettare che non sei quel personaggio ideale che automaticamente pensi di essere nella vita quotidiana, quel carattere che uno mostra agli altri e gli altri mostrano a te.

Come sei veramente lo scopri a poco a poco, anche tornando con la mente indietro nel tempo. Ma il viaggio attraverso la conoscenza di sé passa attraverso l'incontro con la tua ombra, alla quale normalmente non si vuole farci troppo caso, pare più confortevole, ma non lo è, e dietro di te c’è sempre stata.

E chi, quasi quotidianamente, non separa e non si integra all’inevitabile oscurità dentro di sé è ancora a metà del viaggio interiore, non ha viaggiato sul serio, è rimasto molto superficialmente a fare il surf sulle onde della scorza della verità.

Per esempio, senza che fosse stato da me minimamente pianificato, oggi a sorpresa sono andato in centro, a Porto Alegre, approfittando della bella giornata, a vedere i luoghi dove ho vissuto nei miei primi anni brasiliani.

All’inizio ero entusiasta di essere qui, di essere scappato dall'Italia sempre più decadente e di godermi la gentilezza e l'allegria del popolo di qua.

Ancor oggi, dopo tutto quello che è successo, quando mi ricordo che stare qui è stata una mia scelta, apprezzo il fatto che pur essendo certo più stressata di quel lontano 1994, la gente qua è rimasta cortese e rispettosa.

Certo molto di più di quello che è in Italia, sebbene il rispetto sia un valore in sensibile diminuzione un po' in tutto il mondo occidentale, quello orientale non lo conosco tanto.

Sono stato in Rua Riachuelo, dove ho abitato per due anni, in quel piccolo appartamento dove per riuscire a capire come vestirsi - per andarsene a lavorare per esempio - bisognava uscire per strada, cioè fare cinquanta metri esatti di corridoio. Lo so perché fui io a mettere il filo del telefono nel gargarozzo dentro il muro e non fu né facile, né veloce.

Il clima là dentro era completamente diverso e sebbene ci fosse un piccolo cortile, di solito era più freddo e più umido rispetto al fuori.

Vivere su una collina, qui nel quartiere Vila Nova è un vantaggio per alcuni motivi, e uno svantaggio per altri. È una cosa noiosa dover andare a fare la spesa, per ogni periodo, che può essere allungato ad arte, da una settimana a dieci giorni, stringendo i denti anche quindici.

Man mano che i vari cibi finiscono possono essere sostituiti da altri, ma resistere due settimane è difficile.

C’è poi il problema che spesso quassù manca la luce e allora il frigo pieno significa buttare via la roba andata a male.

Una cosa nuova mi sta succedendo, mentre dormo, più nella seconda parte del sonno, mi metto a ragionare come se fossi sveglio e inizio a pensare anche, nei particolari. Non solo a cose da scrivere, che poi da sveglio mi ricordo anche abbastanza bene, ma mentre le ragiono, nel sogno, di solito mi sembrano più belle, cioè idee migliori, che quando poi sono sveglio non mi garbano così tanto.

Rimanere solo non è affatto una novità per me, mi è già capitato tante volte, che non mi ricordo nemmeno quante. In genere c’è stato un distacco di spazio, come quella volta che sono andato militare a Milano, o ho vissuto a Lucca, a Berlino, o a Viareggio, quando me ne sono venuto qui in Brasile. Oppure essere lasciato, o lasciare io stesso una donna, un lavoro, una situazione che si era protratta per un bel po’, alla quale ero abituato, che aveva raggiunto dentro di me una certa intensità e relativa identificazione.

La differenza è che stavolta non voglio nemmeno cercare qualcosa o qualcuno, che poi dovrebbe essere un’amicizia o una situazione lavorativa, insomma mi accontento di quello che ho già. Le altre volte invece fantasticavo, ma non avevo idea di come avrebbe dovuto essere un lavoro, un passatempo, una situazione più o meno stabile, giacché ideale per le mie esigenze.

La donna della mia vita, forse non è mai esistita, magari dentro di me è uno stereotipo che ho sempre rifiutato. In un certo senso sono sempre stato uno studioso dei comportamenti umani, sicuramente influenzato da mio padre neuropsichiatra.

Mi sono sempre ribellato, a giorni alterni, a tutti quei meccanismi fisiologici come lavorare, andare in vacanza, sposarsi, fare dei figli eccetera eccetera.

Gli altri, gli esseri umani, non dico tutti, ma quasi, in linea generale, ti portano un inevitabile carico di ansia che da soli, o in un contatto sporadico, può attenuarsi, se non quasi scomparire. Forse è questo che i saggi chiamano annullarsi. Non so se ho raggiunto, attraverso un cammino accidentato e tortuoso, un livello di saggezza che mi consenta di vivere senza questa ansia che ha caratterizzato, più o meno in maniera inconscia, tutta la mia vita precedente.

Ora sento altre cose, ma non sento tanto l’ansia, la mia giornata si dimentica dell’orologio, del calendario, spesso dello spazio e del tempo.


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