La conoscenza di sé passa attraverso una specie di
processo che è come una discesa all’inferno. Nel senso che fa male, ma è distribuito
negli anni, ed è anche piuttosto necessario. Non è proprio una scelta, dipende
dalla tua storia, succede o non succede.
Per riconoscere davvero chi sei, con pazienza e determinazione, eppure anche abbastanza inconsciamente, devi distinguere e accettare che non sei quel personaggio ideale che automaticamente pensi di essere nella vita quotidiana, quel carattere che uno mostra agli altri e gli altri mostrano a te.
Come sei veramente lo scopri a poco a poco, anche
tornando con la mente indietro nel tempo. Ma il viaggio attraverso la
conoscenza di sé passa attraverso l'incontro con la tua ombra, alla quale normalmente
non si vuole farci troppo caso, pare più confortevole, ma non lo è, e dietro di
te c’è sempre stata.
E chi, quasi quotidianamente, non separa e non si integra
all’inevitabile oscurità dentro di sé è ancora a metà del viaggio interiore,
non ha viaggiato sul serio, è rimasto molto superficialmente a fare il surf
sulle onde della scorza della verità.
Per esempio, senza che fosse stato da me minimamente
pianificato, oggi a sorpresa sono andato in centro, a Porto Alegre, approfittando
della bella giornata, a vedere i luoghi dove ho vissuto nei miei primi anni
brasiliani.
All’inizio ero entusiasta di essere qui, di essere scappato
dall'Italia sempre più decadente e di godermi la gentilezza e l'allegria del
popolo di qua.
Ancor oggi, dopo tutto quello che è successo, quando mi
ricordo che stare qui è stata una mia scelta, apprezzo il fatto che pur essendo
certo più stressata di quel lontano 1994, la gente qua è rimasta cortese e
rispettosa.
Certo molto di più di quello che è in Italia, sebbene il
rispetto sia un valore in sensibile diminuzione un po' in tutto il mondo
occidentale, quello orientale non lo conosco tanto.
Sono stato in Rua Riachuelo, dove ho abitato per due anni, in
quel piccolo appartamento dove per riuscire a capire come vestirsi - per
andarsene a lavorare per esempio - bisognava uscire per strada, cioè fare
cinquanta metri esatti di corridoio. Lo so perché fui io a mettere il filo del
telefono nel gargarozzo dentro il muro e non fu né facile, né veloce.
Il clima là dentro era completamente diverso e sebbene ci
fosse un piccolo cortile, di solito era più freddo e più umido rispetto al
fuori.
Vivere su una
collina, qui nel quartiere Vila Nova è un vantaggio per alcuni motivi, e uno
svantaggio per altri. È una cosa noiosa dover andare a fare la spesa, per ogni
periodo, che può essere allungato ad arte, da una settimana a dieci giorni,
stringendo i denti anche quindici.
Man mano che i
vari cibi finiscono possono essere sostituiti da altri, ma resistere due
settimane è difficile.
C’è poi il
problema che spesso quassù manca la luce e allora il frigo pieno significa
buttare via la roba andata a male.
Una cosa nuova mi sta succedendo, mentre dormo, più nella
seconda parte del sonno, mi metto a ragionare come se fossi sveglio e inizio a
pensare anche, nei particolari. Non solo a cose da scrivere, che poi da sveglio
mi ricordo anche abbastanza bene, ma mentre le ragiono, nel sogno, di solito mi
sembrano più belle, cioè idee migliori, che quando poi sono sveglio non mi
garbano così tanto.
Rimanere solo non
è affatto una novità per me, mi è già capitato tante volte, che non mi ricordo
nemmeno quante. In genere c’è stato un distacco di spazio, come quella volta che
sono andato militare a Milano, o ho vissuto a Lucca, a Berlino, o a Viareggio,
quando me ne sono venuto qui in Brasile. Oppure essere lasciato, o lasciare io
stesso una donna, un lavoro, una situazione che si era protratta per un bel
po’, alla quale ero abituato, che aveva raggiunto dentro di me una certa
intensità e relativa identificazione.
La differenza è
che stavolta non voglio nemmeno cercare qualcosa o qualcuno, che poi dovrebbe
essere un’amicizia o una situazione lavorativa, insomma mi accontento di quello
che ho già. Le altre volte invece fantasticavo, ma non avevo idea di come
avrebbe dovuto essere un lavoro, un passatempo, una situazione più o meno stabile,
giacché ideale per le mie esigenze.
La donna della
mia vita, forse non è mai esistita, magari dentro di me è uno stereotipo che ho
sempre rifiutato. In un certo senso sono sempre stato uno studioso dei
comportamenti umani, sicuramente influenzato da mio padre neuropsichiatra.
Mi sono sempre
ribellato, a giorni alterni, a tutti quei meccanismi fisiologici come lavorare,
andare in vacanza, sposarsi, fare dei figli eccetera eccetera.
Gli altri, gli
esseri umani, non dico tutti, ma quasi, in linea generale, ti portano un
inevitabile carico di ansia che da soli, o in un contatto sporadico, può
attenuarsi, se non quasi scomparire. Forse è questo che i saggi chiamano
annullarsi. Non so se ho raggiunto, attraverso un cammino accidentato e
tortuoso, un livello di saggezza che mi consenta di vivere senza questa ansia
che ha caratterizzato, più o meno in maniera inconscia, tutta la mia vita
precedente.
Ora sento altre
cose, ma non sento tanto l’ansia, la mia giornata si dimentica dell’orologio,
del calendario, spesso dello spazio e del tempo.
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