Non ho avuto molto a che fare col calcio, ma ho
vissuto nelle tre nazioni che hanno vinto più mondiali, tredici in tutto. Vivo
nel paese che ne ha vinti di più, almeno per ora, ma recentemente, a casa sua,
in semifinale, ha perso 7 a 1 col paese che ne aveva vinti di meno, di questi
tre, che ora è a pari merito con quello dove sono nato.
Nel frattempo ho cominciato a fare il tifo
contro l’Argentina e le rispettive squadre di club, mentre il cinema che veniva
di là mi piaceva assai. Grazie a me la loro squadra nazionale ha vinto il
mondiale e la coppa America in poco
tempo.
Forse per caso, ma quello che rimpiango della Germania è il freddo e il silenzio, anche se il cielo spesso era grigio due giorni su tre. Dell'Italia magari mi mancano gli amici, la famiglia, un clima più regolare, meno umido, meno sudore e poi si mangia molto meglio, forse di qualsiasi altro paese del mondo. Il Brasile è troppo rumoroso, ma la gente è migliore, in generale.
Ci sono donne belle, anche bellissime, ma alcune
orribili, come le mie vicine di casa, non sto parlando di aspetto fisico, la
parte più brutta è il loro comportamento, o il male che fanno a sé stesse, di
conseguenza agli altri.
Feroci contraddizioni cadetemi addosso, anche se
non ne avrei eccessivo bisogno. Visto che ho sbagliato tutto, nella vita e che
vivo sbagliando, da loro dovrei essere stato irresistibilmente attratto, invece
mi fanno schifo. Gente prepotente e arrogante, orgogliosa di essere stupida e
di farne uno stile di vita.
La mia vita avrebbe potuto anche essere diversa
e invece è stata uguale. Non chiedetemi a cosa, avrei potuto rimanere là e
invece sono venuto qua. Anzi i là sono stati due, piuttosto diversi tra di
loro.
Alla fine il Brasile io l’ho conosciuto come
pochi brasiliani importati sono riusciti a fare. Il camionista qua è uno che
rischia la pelle tutti i giorni, specialmente chi fa i viaggi lunghi. Ricordo a
tutti che qua il treno non c’è o quasi, i trasporti si fanno perlopiù senza
rotaie e il Brasile è grande come ventotto volte l’Italia, approssimativamente
come l’Europa senza la Russia. Insomma ci sono delle zone enormi dove non ci
vive nessuno e si viaggia per migliaia di chilometri in mezzo alla foresta e ai
terreni selvaggi.
In Brasile la delinquenza è una maniera
fisiologica di frenare - con tutti e due i piedi - e in qualche modo ostacolare
la propria povertà. La ricchezza ostentata in giro dai soliti pochi convince il
fisiologico e numeroso bandito potenziale che è solo quello che vuole. La
politica, come più o meno dovunque, mente spudoratamente a proprio vantaggio, o
di chi ne fa le veci, mafiosi di un certo tipo o di altri che non mancano mai,
e fa danni sensibili ed enormi in giro, invece di servire il bisognoso.
Alla fine sono riuscito a rimanere vivo e a
mettere da parte anche dei soldi, per avere una casa, una volta abbandonato il
camion e la strada. Non so perché la zona dove ho cominciato a vivere qua l’ho
idealizzata e riconosciuta come una specie di patria.
Qua ho costruito la mia dimora e quando sono
arrivato non c’era nessuno attorno. Ora è pieno di casettine malferme, con
gente dentro e fuori, gente povera, non che io sia ricco, ma me ne sto zitto e
almeno non do’ noia a nessuno e, anche se forse di dubbio gusto, passo il mio
tempo libero a leggere dei libri in rigoroso silenzio.
Non sono riuscito a mantenere una donna vicino a
me, e ora sono solo come un cane, insieme a due altri cani e a due gatti, in una casa anche quasi confortevole, con un
ampio terreno attorno, ma con dei vicini rumorosi, nei pressi di Ouro Preto,
una cittadina considerata tra le più belle e storiche del Brasile.
Guidato da una sapiente mescola di istinti naturali ed ereditari sono
riuscito nel mio piccolo a sbagliare tutto lo sbagliabile fino ad una certa
età, direi piuttosto metodicamente e scientificamente. Dopo con calma ho fatto
gli errori più grossi approfittando al massimo del mio senno di poi.
Di tempo ce n'è ancora tanto, l'ho capito da qualche anno a questa
parte e ne ho sfruttato da quel momento ogni singolo secondo per sforzarmi e
riuscire con tutte le mie forze a peggiorare la mia situazione. Già che c'ero
ho trascinato nel mio baratro tutti quelli attorno a me, i miei fedeli
collaboratori, amici e parenti a disposizione, anche qualche vicino di casa,
tutta gente che non aveva ancora inteso con chi aveva a che fare.
Vabbè nemmeno io l’avevo compreso, ma ormai...
Il motore del camion nel cervello è una cosa che
però non mi abbandona, quando attorno ci sarebbe il silenzio io non riesco a
sentirlo come lo sentivo una volta e i rumori mi danno fastidio più di prima.
Gli animali hanno istinti che ereditano dai
genitori dei genitori dei genitori all’ennesima potenza, ma a livello di storie
di dure lezioni impartite dalla vita, loro sono ancora in ritardo su di noi,
che spesso approfittiamo allo stesso tempo, degli errori dei singoli e
dell'umanità a noi precedenti, per continuarli degnamente, aggiungendoci poi
del nostro, se non addirittura riuscendo a fare peggio.
Ma veniamo al punto: una volta pensavo che la
musica mi piacesse tutta, bastava che fosse fatta bene, insomma con gusto, ma
la musica moderna che ascoltano non solo qui, non si sa nemmeno quando sia
fatta bene, perché il loro gusto è volgare e pacchiano. Poi non si sa nemmeno
perché che chi ascolta la musica a un volume insopportabile non sceglie mai
musica buona, sarà forse per compensare?
La cosiddetta samba in portoghese brasiliano è un
sostantivo maschile, perciò il samba è un tipo di musica anche bello e
orecchiabile, nella sua realizzazione migliore. Nella peggiore però il ritmo ossessivo
e l’appiccicositá del testo, quella determinata maniera di cantare, il volume
alto e la tortura di dover ascoltare una cosa che non ti piace per ore ti fa
venire voglia di spaccare tutto.
Un camionista come me doveva averne una, per
difesa personale e del proprio mezzo meccanico e il carico, che costano un
patrimonio. Insomma, nella vita vera, mi ero preso la mia pistola ed ero andato
laggiù e le avevo ammazzate tutt’e due. Poi avevo dato fuoco alla casa.
Dopo ero scappato e mi ero incasinato in una maniera
incredibile eppure logica, scappando in Paraguay. Approfittando del mio
passaporto italiano, poi negli Stati Uniti.
Il mio era stato un errore, mi ero reso conto
ben presto, avevo tolto dal mondo due teste di cazzo e fino a lì tutto bene, ma
ossessionato da quei ritmi ripetitivi e da quei volumi impietosi non avevo
fatto in tempo a considerare le probabili conseguenze.
Fuggire dalla polizia è un tipo di attività cara
e non sai quanto tempo durerà il denaro che hai, i rumori mi davano fastidio un
po’ tutti, ma non puoi scegliere le migliori opzioni del mercato immobiliare.
Non sono mai stato religioso né tantomeno
praticante, ma ho pregato Dio (o chi per lui) di poter tornare indietro, per
qualche settimana di terrore, il mio pensiero non è stato frutto di un
pentimento cristiano e cattolico, ma pur sempre un pentimento forte e
ripetitivo.
Finché una mattina mi sono svegliato e invece
che a Fort Lauderdale, in Florida, mi sono trovato a casa mia, nel mio letto,
un po’ come se non fosse successo niente.
Ho guardato dalla finestra e la casa di legno
delle due baldracche era ancora là, la figlia stava stendendo il bucato,
accompagnata dalla sua pessima musica, aveva messo come al solito l’altoparlante
fuori, quell’arnese stramaledetto, con il quale si potevano mettere direttamente
dal cellulare le peggiori canzoni mai fatte in Brasile, o nel mondo intero, non
lo so e non lo sapevo.
Dio, o chi per lui, mi aveva dato una seconda
possibilità e stavolta non potevo fallire.
Allora la mia ferrea logica, la stessa che mi
aveva permesso di mietere quei numerosi e sopracitati successi per tutta la mia
vita, mi ha suggerito prima due cose e poi una complementare: A)chiunque
potessi avvicinare poi ne soffriva le logiche ma inevitabili conseguenze, di
solito negative per me e per lui o lei che fosse.
B)Se invece volevo andare contro qualcuno o
qualcosa allora quella persona, congrega, squadra di calcio, o situazione in
generale, invece quella raggiungeva di conseguenza il relativo e automatico
massimo splendore.
C)Ecco che io dovevo solo avvicinarmi alle due
personcine in questione: conoscerle, amarle e coccolarle e loro avrebbero avuto
come risultato una rapida e definitiva rovina.
Prima cosa dovevo contattare le mie vicine in
una maniera che loro non potessero riconoscermi, non doveva essere difficile
visto che mi avevano sempre visto da lontano.
La madre era la più vulnerabile visto che
cambiava innamorati continuamente, era praticamente sempre alla ricerca.
Conoscevano la mia macchina quindi avrei dovuto noleggiarne una, almeno per i
primi incontri, e visto che la cosiddetta aveva un occhio speciale per i soldi
e i loro proprietari, questa era anche una fortuna, noleggiando un macchinone
lei avrebbe abboccato più facilmente.
Mi sono messo all’opera e per prima cosa mi sono
fatto crescere barba e capelli, intanto preparavo il piano di guerra, che
doveva essere come facciata invece una pace sostenuta e incrollabile.
Per stare a contatto diretto con queste due
dovevo prima di tutto imparare a tapparmi il naso, metaforicamente, cosa che
non sapevo fare per niente e la mia vita ne era il manifesto.
Per allenarmi a farlo dovevo riuscire a capire
di più come vivevano, per non avere sorprese spiacevoli poi, che mi avrebbero
potuto causare comportamenti improvvisi e tali da rivelare alle due il mio
gioco sporco.
Mi sono armato di grande pazienza, a prima vista
si direbbe che non ce ne ho proprio, ma a volte mi esce fuori dalla mia
determinazione, quella da dove viene non lo so, ma dalle mie fottute finestre
ho cercato di cogliere il più possibile di quello che poteva interessarmi per
il mio relativo piano in formazione.
La mia casa è messa di sbieco rispetto alla
loro, io sono sopra, sulla parte più alta della collina e loro sotto, sulla
stradina che prima non esisteva e ora era diventata una piccola favela.
Alcune mie finestre e il terrazzo sono di fronte
al loro garage, che poi è una tettoia piuttosto ampia, dal quale le feste
peggiori venivano lanciate e scoppiavano rumorosamente per ore. L’entrata della
casa però era un po’ più in basso, di lì la sera si mettevano sugli scalini e
ubriacandosi, con l’aiuto di sedie e suppellettili portati fuori, ascoltavano
la loro pessima musica al volume più alto che potessero. Se nessuno protestava,
in varie fasi successive il volume aumentava, se e quando gli buttavo dei
pietroni sul tetto, dopo qualche giorno in cui dovevano dimostrare di non
preoccuparsene, poi il volume si abbassava e anche la frequenza delle rotture
di scatole. Non so se immaginavano chi fosse che buttava i massi, ma di sicuro
non sapevano che fossi io, anche perché disturbavano tanti vicini, che
potenzialmente tutti potevano essere stati ridotti a lanciare il loro relativo
disappunto sotto forma di pietroni.
La madre non era bruttissima di faccia, a parte
un colorito giallastro da vecchia bambola di ceramica cinese e le vere
sopracciglia inesistenti, eppur disegnate con un matita apposita, ma il corpo
era somigliante a quello di una gallina, con le gambette magre e la parte di
sopra rotondeggiante.
In più mi ricordavo benissimo di quando era
stata una cicciona strabordante e il suo corpicello attuale, sotto i vestiti
larghi, doveva essere di un flaccido orrendo, di ripetute ondate di pelle e
ciccette. Tra le altre cose lei si vantava di sapersi vestire bene e criticava
aspramente chi non sapeva farlo come lei.
Io naturalmente contavo di poter rifiutare tale
offerta sessuale che sapevo e temevo che sarebbe presto arrivata, cercando di
metterla più sull’amicizia platonica e lei si sarebbe innamorata pazzamente di
me, questo era il piano.
La figlia non sarebbe stata eccessivamente
orribile di faccia, ma la faccia era ben presto diventata larga e il corpo
anche, in maniera esagerata. Mangiava compulsivamente e fumava come una
ciminiera, niente avrebbe potuto distrarla dal fumare e dal mangiare, se non
imparare i testi delle canzoni a memoria e non ci sarebbe niente di male a
imparare i testi delle canzoni a memoria, se non si pretendesse immancabilmente
anche di cantarle mentre si ascoltano, cosiddette canzoni e non che cantasse male,
o fosse stonata, erano le canzoni che erano schifose e la sua insistenza nel
dimostrare la propria abilità e intelligenza che stroppiavano.
L’idiota si riconosce subito, perché fa finta in
maniera esagerata di essere intelligente, il fottuto intelligente autentico se
ne sta piuttosto in disparte, almeno non esagera, anzi si nasconde un po’. Due
tipi di identikit che probabilmente si abbinerebbero entrambi alla mia figura
di confuso essere umano, dipendeva dai livelli differenti e dalle
interpretazioni.
Ma veniamo al punto: se le canzoni sono schifose
può dipendere da vari fattori, o componenti fondamentali di tali canzoni. La
musica per esempio nelle canzoni è piuttosto importante, e la musica di quelle
canzoni era puzzolente, erano strofe appiccicose, ripetitive e insulse, se la
musica non fosse bastata a renderle tremendamente sgradevoli, c’era anche la
volgare maniera di cantare dei cantanti o delle cantanti, più spesso uomini.
Va bene, però se ci fosse un testo interessante,
in qualche modo intrigante, uno potrebbe chiudere un occhio o forse sarebbe
meglio un orecchio, ma i testi erano stupidi e monocordi, erano sempre canzoni
di amore andato male, dor de cotovelo, si dice in Brasile, dolore di
gomito.
La madre era stupida, forse come e più della figlia,
ma una stupida che crede di essere il massimo dell’intelligenza e vuole
dimostrarlo continuamente, per esempio volendo aver sempre e comunque ragione e
basare tutto il suo pensiero sulla sua effettiva assenza, quindi sulla
prepotenza. Diceva delle parole che nessuno usava, ma esistevano sui dizionari,
magari manovrandole anche a proposito, ma erano frasi fatte da altri e la sua
ignoranza poi andava troppo oltre, voglio dire, nella
pratica di ogni cosa che faceva o diceva.
A volte mi guardavo allo specchio e mi dicevo:
no, non posso farcela! Però sono un ometto determinato, a volte anche più del
necessario, nel senso che cambiare idea spesso è proprio l’unica cosa da fare,
ma a me pare una specie di fallimento e non lo faccio per partito preso e quando
penso che una cazzata totale sia un piano perfetto, niente può fermarmi.
Insomma la barba e i capelli erano cresciuti,
avevo scelto la macchina da prendere a noleggio, il primo incontro era pronto.
Da quello che avevo potuto capire lei, Aline Castro, era stata lasciata dal suo
ultimo amante o pretendente, quindi bisognava inventare un approccio,
approfittare rapidamente dello spazio lasciato libero, prima che si riempisse
di nuovo.
Che io sia sempre stato mezzo matto è un fatto,
non solo alla luce di quei giorni e il mio impegno per fare una cosa che oltre
che idiota era maledettamente bisognosa di estrema concentrazione e
determinazione.
Fatto sta che mi presentai a questa persona di
sesso femminile che detestavo con una faccia sorridente e una specie di interpretazione
grossolana di personaggio tipo un duro ma virtuoso uomo venuto via
dall’Argentina, per via dell’accento, che pensavo che a lei potesse piacere e
che assomigliava forse ad alcuni tipi di cowboy visti nei film americani di una
certa epoca. Il cinema argentino vedeva l’uomo nazionale in maniera assai
diversa, ma lei questo non lo sapeva, e se lo avesse mai saputo non gliene
sarebbe importato niente, la sua mente badava ad altre cose più utili se non
fondamentali.
La scena biblica fu così sviluppata: circa un
chilometro prima della mia casa e la sua, con quella BMW importata lunga molto
più del necessario, a lato della strada facevo finta di guardare il motore
aperto quando lei arrivò, con la sua Fiat Uno.
Riuscito a fermarla, il suo sguardo era già
calamitato dalla macchina che costava più di dieci volte la sua casa e dal
fatto che io ero molto ben vestito e avevo un accento che non conosceva, ma le
piaceva per via delle altre due cose precedenti. Sono già un vecchietto, ma
ancora abbastanza vigoroso, come uomo non sono mai stato brutto, anche se di
bellezze ce ne sono di più raffinate, almeno a livello di lineamenti.
Nel motore non ci capiva niente per fortuna, su
questo ci contavo, ma dimostrò di intendersene più di quello che avrei pensato
e questo mi sorprese. M’invitò ad andare a casa sua, casualmente abitava lì a
un tiro schioppo, potevamo berci un caffè e di lì chiamare il fottuto soccorso
stradale, che faceva parte dell’assicurazione dell’automobile di chiunque in
Brasile, figurarsi della mia che ero uno ben rifornito di grana.
Niente ci avrebbe impedito di chiamarla da lì
con il suo cellulare, visto che il mio per incredibile coincidenza era scarico.
I ricconi hanno sempre tante cose a cui pensare e sono distrattissimi, ma per
motivi piuttosto validi che lei stimava alquanto interessanti, e da lì capivo
che aveva già un approssimativo piano di approssimarsi in modo fottutamente
sornione al sottoscritto.
La mia tattica intanto era di farle capire con
la pratica del linguaggio molle e inutile, (o dell’idea che io avevo di questo
ramo della dannata conversazione tra le persone,) che io conoscevo delle parole
belle assai che lei non aveva mai udito e questo l’avrebbe conquistata in poco
tempo.
Molti si sorprenderanno della dialettica di un
uomo che aveva fatto per molto o troppo tempo il camionista, ma mio padre era
un barbiere italiano e anche piuttosto logorroico, in più leggeva abitualmente
diverse riviste tra cui Selezione della Reader's Digest.
Da lui avevo imparato che stare zitti era un errore,
dire montagne di cazzate invece permetteva di guadagnare sicurezza in sé
stessi. Se l’eventuale interlocutore non capiva niente di quello che noi si
blaterava, o anche se lo comprendeva più o meno bene, non gliene fregava
assolutamente niente. Meglio ancora, lo si avrebbe annichilito in poco tempo.
La figlia era in casa con il suo giovane
fidanzato ufficiale, un ragazzetto di buona indole con un cappello di paglia da
contadino che lei dominava completamente. Presi dalla conversazione ci
dimenticammo del tutto dell'automobile ma almeno caricammo il mio cellulare.
Quando Aline andò al lavoro, faceva la badante in casa di una signora malata in
un quartiere a nord della città, io rimasi a parlare con la figlia bevendo
caipirinha, finché il ragazzo mi accompagnò all'automobile insistendo per
volermi aiutare.
Toccò qualche filo, mi disse di provare a farla partire e... miracolo!
Partì!
Nei prossimi giorni nessuna musica alta, le
pause che a volte facevano non me le sapevo spiegare, né questa né altre precedenti,
ma azzarderei l'ipotesi che volevano fare buona impressione, forse con sé
stesse.
Al secondo incontro arrivai con una macchina
Uber che costava così poco e uno non rischiava di rimanere a piedi come un
poveraccio.
Mi pareva di vedere il simbolo del dollaro nelle
pupille della mia pupilla e anche della figlia, cantai le lodi di Agnaldo
ragazzetto miracoloso che studiava per diventare meccanico dentista, ma anche
se andava in giro in motorino era affascinato in maniera morbosa dalle
automobili.
Nonostante la parlantina molesta ero
indubbiamente un uomo ricco e le aveva conquistati tutti e tre con pochi
sapienti colpi di mannaia.
Per riaffermare
la mia mega superiorità li portai nel mio appartamento in zona
residenziale sull'avenida Carlos Gomez, affittato a una cifra assurda per tre
ore, ma sarebbero bastate anche due, dove consumammo un sushi e un paio di
birre Patricia, uruguaiane da litro.
In Brasile birra e pesce combinano in maniera tacita e insospettabile,
ma a loro difesa dirò che la birra con il pesce non prende quel sapore di lezzo
come invece succede in Europa. Non so da cosa dipende, acqua o aria forse sono
differenti, oppure anche la birra, ma allora pure quella che viene dal vicino
Uruguay, insomma vattelappesca o giù di lì.
A conquistare definitivamente tutti e tre fu la
completa modernità metallica e l'asetticità delle grandi stanze ammobiliate in
maniera spartana, qualche quadro di pessimo gusto, ma senza oggetti di nessun
tipo lasciati in giro, il frigo totalmente vuoto e la vista dalle ampie vetrate
a trecentosessanta gradi.
La figlia Eduarda aveva cominciato anche lei a guardarmi in una strana
maniera che credevo di comprendere, non dimenticavo certo che il mio obiettivo
era anche lei. Agnaldo era innocente e forse la mia manovra lo avrebbe anche
salvato dal peggio, ma non potevo a questo punto andare tanto per il sottile.
L'unica cosa che riuscìi ad architettare a suo vantaggio futuro fu di trattarlo
apertamente male di fronte a tutte.
Rimasi stupito però che al terzo incontro lui fosse assente, ma Aline
ed Eduarda ora erano già passate a farsi una concorrenza sorridente e spietata,
che per me era il veloce raggiungimento dei miei obbiettivi, il mio piano andava a gonfie vele.
- Cosa è che muove l'umanità?
- Non lo so, dimmelo te.
- Esistono molte teorie su quello che permette all'uomo di
dominare il pianeta e costruire la sua fottuta civiltà mentre il passerotto per
esempio riesce solo a costruire dei nidi, l’uomo si porta bellissime donne a
letto, mentre il massimo che un gorilla è riuscito a fare è stato tenere la
mano di Sigourney Weaver.
(Non avevano visto il film di Michael Crichton e non sorrisero, ma si
guardarono con un cenno d’intesa, come a dire che ero veramente un genio.)
- Dicono che il cavallo è più bello dell'uomo e la blatta è
più resistente, ma non ci sono notizie di una fuga a tre voci composte da un
cavallo, o una lega di acciaio inventata da una blatta.
(Anche qui le parole gli piacquero, ma il significato peggio che andar
di notte.)
Tutto dovrebbe venire dal fatto che un lignaggio particolare
di scimmie abbia a suo tempo sviluppato il ditone in questione, sì il famoso
pollice oppositore, con il quale poi è riuscito inopinatamente a sbucciare una
banana e a tenere in mano una clava. Le condizioni primordiali per dominare il
mondo.
- Dici?
- Certamente. La vanità, lo sanno tutti è l’altra
caratteristica quasi esclusivamente umana, il pavone anche è vanitoso, ma non
spende una fortuna per farsi una coda con le penne degli altri. Avrebbe
contribuito anche al fatto che l'uomo prevalesse, la suddetta vanità dico,
perché a niente gli servirebbero le sue imprese con il dannato pollice e con le
donne, se non potesse raccontarle dopo. Ecco che nasce il linguaggio e con il
linguaggio la bugia. E l'uomo era pronto.
Ma io credo che
la vera forza motrice dello sviluppo umano, la radice della sua superiorità e
del successo dell'uomo sia stata la pigrizia, nessun altro animale e così pigro
quanto l'uomo, la donna già lo è molto meno, ma è troppo impegnata con altre
cose, come per esempio la stramaledetta continuazione della specie, che a lei
sembra piuttosto importante.
Lo sviluppo del
pollice oppositore è nato, per ipotesi, dalla pigrizia di combinare denti e
artigli per mangiare e poi non dover pulire le briciole sul petto dopo.
Il linguaggio è
frutto della pigrizia di russare, grugnire, saltare e battersi sul petto, per
comunicare con gli altri e poi anche nessuno sopportava più questa mimica,
bisognava evolversi.
La sua famigerata tecnica poi è mero frutto della pigrizia,
che cosa sarebbero la freccia, la lancia e la fionda se non la maniera di non
aver bisogno di andare là a tagliare la gola alla preda, o a un nostro
disgraziato prossimo, con le sole mani, rischiando di perdere il viaggio e il
tempo, o addirittura la lotta in questione?
A che cosa avrebbe pensato l'inventore della ruota se non
all'eventuale sviluppo del carretto, che tirato da un animale meno pigro di lui
lo avrebbe portato da tutte le parti senza che avesse bisogno di correre o
camminare?
Dicono che
l'aggressività e il gusto per la guerra determinarono l'avanzamento scientifico
dell'umanità, e se è vero che la maggioranza delle invenzioni moderne è nato
dalla necessità militare, è vero anche che l'obbiettivo di ogni nuova arma era
diminuire lo sforzo necessario per ammazzare gli altri.
Il prodotto supremo della scienza militare, il raggio
intercontinentale con ogive nucleari multiple, è un capolavoro della pigrizia
applicata, schiacciando un unico bottone si ammazzano milioni di nemici senza
alzarsi dalla poltrona. Una combinazione perfetta dell'istinto assassino e
della comodità, l'apoteosi del police oppositore.
Tutta la storia delle telecomunicazioni dal tempo dei tamburi
tribali e i loro codici primitivi, fino al segnale di TV e all'internet, si
deve al desiderio umano di inviare lo stramaledetto messaggio, invece di
consegnarlo personalmente, o mandarci un ragazzino brontolone.
La fame di ricchezza, il potere dell'uomo non sono che la
volontà di poter mandare gli altri a fare quello che lui ha la dannata pigrizia
di fare, sia portare certe puzzolenti ciabatte che costruire le sue improbabili
piramidi.
La chimica
moderna è la figlia dell'alchimia del cazzo, che era il tentativo di avere
l’oro senza doverlo cercare o lavorare per meritarlo.
La fisica e la
filosofia sono ovvi prodotti della contemplazione che è un sottoprodotto
dell'indolenza e un'alternativa alla siesta.
La grande arte anche si deve alla pigrizia, non per caso
quello che è considerato la maggior realizzazione della migliore epoca
nell'arte occidentale, il tetto della Cappella Sistina, fu fatta da
Michelangelo sdraiato. Proust ha scritto In cerca del tempo perduto sdraiato... vabbè appoggiato.
Le due più grandi
invenzioni contemporanee, dopo l'antibiotico e il microchip, che sono il tapis
roulant e il parcheggiatore, devono la loro esistenza alla pigrizia e non c'è
bisogno di parlare del telecomando.
Non avevano capito niente naturalmente, ma non era quello che io
volevo. Mi guardavano con crescente ammirazione, soprattutto notai che notavano
le mani curate da una manicure, loro se ne intendevano di quel mestiere. Aline
lo aveva fatto ed Eduarda lo stava facendo. Sapevano che era una cosa cara, che
lo facevano solo le donne o quasi, che un uomo con delle mani così non poteva
essere stato un camionista, tanto per fare un esempio scemo ma calzante.
Il dialogo tra di noi era
abbastanza surreale, in genere era solo una specie di monologo mio e loro abbozzavano
appena qualche timida difesa contro quel fiume di parole, che fingevano di
capire senza farsene permeare più di tanto.
Ho avuto più modi di sorprendermi della loro pazienza, anche dalle loro
parole con quei quattro o cinque sciamannati che venivano a visitarle nei
lunghi intervalli tra le mie visite. Bevevano come dannate quando non c'ero,
molto meno in mia presenza, ma con quei rudi ragazzoni parlavano loro due e
basta, attualmente di me come un Dio in terra, decantavano la mia maniera di
esprimermi, la fottuta forza dei miei vocaboli e la profonda verità dei miei
concetti, certo non esattamente con queste parole.
La mega macchina e l'appartamento
reale passavano in secondo piano, ma venivano menzionati e valorizzati
soprattutto dagli uomini di turno, che sottilmente sottintendevano, ovviamente
senza alcuna intenzione, che io fossi però un imbecille, visto che non era
ancora successo niente di serio con loro due, nemmeno un bacio.
Ero vecchio. Forse impotente, magari omosessuale.
A quel punto madre e figlia si spanciavano dal ridere: allora che ci
venivo a fare lì, se non per amore? Non certo per il loro patrimonio che era
zero virgola zero!
Ognuna delle due dimostrava al gruppo di essere in vantaggio sull’altra
con sillogismi ed esempi di ragionamenti indotti, direi presi dalle canzoni che
ascoltavano e dalle novelas televisive.
E intanto io ogni volta ci mettevo più tempo a farmi vivo, visto che
dovevo viaggiare per le terre emerse a causa dei miei lucrosissimi affari.
Ogni volta che le incontravo facevo la parte che mi competeva, e loro
facevano la loro. Secondo me avevano arguito che meno parlavano e più le avrei
apprezzate e il ragionamento non faceva una grinza. Intanto potevo dire quello
che volevo, nessuno mi aveva ascoltato tanto in vita mia, ero completamente me
stesso, sebbene vestito come il famoso maiale con la cravatta.
- Romantico per me è il mondo come era prima, anche se è un
prima vago e impreciso. Quello che ora è più difficile da mettere in pratica,
ma si può intravedere più nella gente di qua, che ha un rapporto più dolce e
piacevole nella routine giornaliera. Stimo e apprezzo più la gente di qua
perché sa apprezzare meglio quello che ha, non si lamenta ma ringrazia di avere
quello che ha, forse anche perché quotidianamente vede chi ha meno o molto
meno.
Il principio del consumismo è infatti il contrario: invidiare
e lavorare tanto perché c'è sempre qualcuno che ha di più di te . Il mio sforzo
quotidiano è trovare del piacevole e romantico nella routine. A volte basta
pensarci, la sera sono stanco e mi riesce meno; insomma la questione è anche
avere un cervello riposato e funzionante.
- Bravo.
- Questo è un pensiero che forse riguarda solo me, ma la vita
moderna per me ha perso ogni suo romanticismo, diciamo la maggior parte, che
poi significa o significherebbe fare le cose perché ci piacciono e non perché
si ha paura di quello che potrebbe accadere se non le facciamo.
Il romanticismo può essere inteso come una passione che
abbiamo per il passato, o forse perché allora sì che avevamo dei sogni, delle
prospettive che ci muovevano in maniera più allegra di oggi. Insomma mossi come
siamo attualmente invece da cose che non abbiamo scelto, ma che ci stanno
davanti ogni giorno.
- Mi hai tolto le parole di bocca.
- Nella vita ci vuole pazienza, in precedenza o una volta che
ne sei uscito magari no, ma specialmente nella vita, in tutta la sua durata, ci
vuole molta pazienza. Con estrema lucidità ho realizzato che è la virtù di cui
sono stato meno dotato da madre natura in generale e da mia madre in
particolare. Mentre la mia maggior qualità, secondo me, è l’autocritica, anche
se a volte eccessivamente esagerandomi addosso in copiose dosi, ottengo
risultati peggiori che a non averne per niente.
Pazienza non significherebbe rassegnazione, ma piuttosto
accettazione, cioè visto che siamo sempre di fronte a cose che non sono come
vorremmo, allora accettarle sarebbe la prima cosa intelligente ed efficace da
fare, dopo aver visto che non possiamo cambiarle.
L’utopia sarebbe poi pensare costantemente alle cose come
dovrebbero essere e non tanto a come sono e a trarne le dovute conseguenze,
pratiche e teoriche, ma soprattutto quotidiane.
Nel frattempo il River Plate si era
aggiudicato la Libertadores spacciando per la strada diverse squadre
brasiliane. Questo non fece che confermare e dimostrare le mie teorie, o
perlomeno era questo che io credevo o volevo credere.
Le frasi interrotte con i puntini non mi
piacciono, però da una parte li apprezzo perché lasciano libertà di
interpretazione… mai la spiegazione, ma solo i puntini-puntini, con la più
ricorrente quella del poiché esplicativo cui non segue niente, perché è chiaro
quello che sarebbe dovuto seguire, per lo meno lo è per chi parla, non tanto
per l'interlocutore, che può sicuramente chiedere delucidazioni, ma nello
scambio di frasi serrato poi non lo fa.
Tutto questo per dire cosa? Se ci pensiamo la
nostra vita è assurda, più o meno come quella degli altri, il mio piano non ha
funzionato come volevo, ma in un certo senso è riuscito in un altro.
Epistemologia, ne vogliamo parlare? Già mi sta annoiando la parola, mi pare di
ricordare che significhi LOGICA, e quella invece mi garba.
Aline ed Eduarda dal punto di vista di una
conversazione dotta non mi danno molta soddisfazione.
Mentre loro discutono su inezie e pettegolezzi,
io prendo il dizionario:
Sostantivo femminile
1.
Lo studio critico della natura e dei limiti della
conoscenza scientifica, con particolare riferimento alle strutture logiche e
alla metodologia delle scienze; negli ultimi decenni, per influsso del
corrispondente termine inglese, il vocabolo viene sempre più usato per
designare la teoria generale della conoscenza, quindi, gnoseologia.
2.
Epistemologia genetica, disciplina introdotta dallo
psicologo J. Piaget (1896-1980), che studia i processi cognitivi umani
ricostruendo le fasi del loro sviluppo nell'individuo, dall'infanzia all'età
adulta.
Insomma a livello epistemologico ho
compreso che un figlio unico tarda a capire che la vita è un gioco nel quale si
è più facilmente una pedina, anziché colui che lo conduce, ma le due correnti
si possono anche mischiare e miscelare.
Però se la stai a guardare la gallina
non fa prima a fare l’uovo, anzi.
Se al mondo ostile si può
ragionevolmente resistere con un buona logica, va da sé che gli esseri umani
non sono molto logici e io personalmente sono peggio ancora.
E se invece di ammazzarle o di andarci a vivere
insieme avessi semplicemente cambiato casa?
Viviamo ora noi tre: Aline, Eduarda ed io, ma
per farvela breve, quando loro si sono accorte che io non ero il riccone che
volevo far credere, sorprendentemente non si sono per niente alterate, forse
hanno considerato che io ero almeno più intellettuale e ricco di loro, a
cominciare dalla mia casa.
Il mio piano le aveva lusingate, vabbè: non
gliel’ho raccontato proprio nei particolari, ma si sono sentite valorizzate, in
un certo modo, apprezzate, o scelte tra le tante, insomma.
La musica e il volume qua sono io che li
stabilisco.
E poi a letto sono veramente piene di volontà
e creative, alla loro maniera e fuori mi fanno compagnia, anche se parlo solo
io, cucinano, lavano i panni, puliscono la casa.
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