sabato 16 novembre 2024

PIANI INFALLIBILI


 

Non ho avuto molto a che fare col calcio, ma ho vissuto nelle tre nazioni che hanno vinto più mondiali, tredici in tutto. Vivo nel paese che ne ha vinti di più, almeno per ora, ma recentemente, a casa sua, in semifinale, ha perso 7 a 1 col paese che ne aveva vinti di meno, di questi tre, che ora è a pari merito con quello dove sono nato.

Nel frattempo ho cominciato a fare il tifo contro l’Argentina e le rispettive squadre di club, mentre il cinema che veniva di là mi piaceva assai. Grazie a me la loro squadra nazionale ha vinto il mondiale e  la coppa America in poco tempo.

Forse per caso, ma quello che rimpiango della Germania è il freddo e il silenzio, anche se il cielo spesso era grigio due giorni su tre. Dell'Italia magari mi mancano gli amici, la famiglia, un clima più regolare, meno umido, meno sudore e poi si mangia molto meglio, forse di qualsiasi altro paese del mondo. Il Brasile è troppo rumoroso, ma la gente è migliore, in generale.

Ci sono donne belle, anche bellissime, ma alcune orribili, come le mie vicine di casa, non sto parlando di aspetto fisico, la parte più brutta è il loro comportamento, o il male che fanno a sé stesse, di conseguenza agli altri.

Feroci contraddizioni cadetemi addosso, anche se non ne avrei eccessivo bisogno. Visto che ho sbagliato tutto, nella vita e che vivo sbagliando, da loro dovrei essere stato irresistibilmente attratto, invece mi fanno schifo. Gente prepotente e arrogante, orgogliosa di essere stupida e di farne uno stile di vita.

La mia vita avrebbe potuto anche essere diversa e invece è stata uguale. Non chiedetemi a cosa, avrei potuto rimanere là e invece sono venuto qua. Anzi i là sono stati due, piuttosto diversi tra di loro.

Alla fine il Brasile io l’ho conosciuto come pochi brasiliani importati sono riusciti a fare. Il camionista qua è uno che rischia la pelle tutti i giorni, specialmente chi fa i viaggi lunghi. Ricordo a tutti che qua il treno non c’è o quasi, i trasporti si fanno perlopiù senza rotaie e il Brasile è grande come ventotto volte l’Italia, approssimativamente come l’Europa senza la Russia. Insomma ci sono delle zone enormi dove non ci vive nessuno e si viaggia per migliaia di chilometri in mezzo alla foresta e ai terreni selvaggi.

In Brasile la delinquenza è una maniera fisiologica di frenare - con tutti e due i piedi - e in qualche modo ostacolare la propria povertà. La ricchezza ostentata in giro dai soliti pochi convince il fisiologico e numeroso bandito potenziale che è solo quello che vuole. La politica, come più o meno dovunque, mente spudoratamente a proprio vantaggio, o di chi ne fa le veci, mafiosi di un certo tipo o di altri che non mancano mai, e fa danni sensibili ed enormi in giro, invece di servire il bisognoso.

Alla fine sono riuscito a rimanere vivo e a mettere da parte anche dei soldi, per avere una casa, una volta abbandonato il camion e la strada. Non so perché la zona dove ho cominciato a vivere qua l’ho idealizzata e riconosciuta come una specie di patria.

Qua ho costruito la mia dimora e quando sono arrivato non c’era nessuno attorno. Ora è pieno di casettine malferme, con gente dentro e fuori, gente povera, non che io sia ricco, ma me ne sto zitto e almeno non do’ noia a nessuno e, anche se forse di dubbio gusto, passo il mio tempo libero a leggere dei libri in rigoroso silenzio.

Non sono riuscito a mantenere una donna vicino a me, e ora sono solo come un cane, insieme a due altri cani e a due gatti,  in una casa anche quasi confortevole, con un ampio terreno attorno, ma con dei vicini rumorosi, nei pressi di Ouro Preto, una cittadina considerata tra le più belle e storiche del Brasile.

 Guidato da una sapiente mescola di istinti naturali ed ereditari sono riuscito nel mio piccolo a sbagliare tutto lo sbagliabile fino ad una certa età, direi piuttosto metodicamente e scientificamente. Dopo con calma ho fatto gli errori più grossi approfittando al massimo del mio senno di poi.

 Di tempo ce n'è ancora tanto, l'ho capito da qualche anno a questa parte e ne ho sfruttato da quel momento ogni singolo secondo per sforzarmi e riuscire con tutte le mie forze a peggiorare la mia situazione. Già che c'ero ho trascinato nel mio baratro tutti quelli attorno a me, i miei fedeli collaboratori, amici e parenti a disposizione, anche qualche vicino di casa, tutta gente che non aveva ancora inteso con chi aveva a che fare.

Vabbè nemmeno io l’avevo compreso, ma ormai...

Il motore del camion nel cervello è una cosa che però non mi abbandona, quando attorno ci sarebbe il silenzio io non riesco a sentirlo come lo sentivo una volta e i rumori mi danno fastidio più di prima.

Gli animali hanno istinti che ereditano dai genitori dei genitori dei genitori all’ennesima potenza, ma a livello di storie di dure lezioni impartite dalla vita, loro sono ancora in ritardo su di noi, che spesso approfittiamo allo stesso tempo, degli errori dei singoli e dell'umanità a noi precedenti, per continuarli degnamente, aggiungendoci poi del nostro, se non addirittura riuscendo a fare peggio.

Ma veniamo al punto: una volta pensavo che la musica mi piacesse tutta, bastava che fosse fatta bene, insomma con gusto, ma la musica moderna che ascoltano non solo qui, non si sa nemmeno quando sia fatta bene, perché il loro gusto è volgare e pacchiano. Poi non si sa nemmeno perché che chi ascolta la musica a un volume insopportabile non sceglie mai musica buona, sarà forse per compensare?

La cosiddetta samba in portoghese brasiliano è un sostantivo maschile, perciò il samba è un tipo di musica anche bello e orecchiabile, nella sua realizzazione migliore. Nella peggiore però il ritmo ossessivo e l’appiccicositá del testo, quella determinata maniera di cantare, il volume alto e la tortura di dover ascoltare una cosa che non ti piace per ore ti fa venire voglia di spaccare tutto.

Un camionista come me doveva averne una, per difesa personale e del proprio mezzo meccanico e il carico, che costano un patrimonio. Insomma, nella vita vera, mi ero preso la mia pistola ed ero andato laggiù e le avevo ammazzate tutt’e due. Poi avevo dato fuoco alla casa.

Dopo ero scappato e mi ero incasinato in una maniera incredibile eppure logica, scappando in Paraguay. Approfittando del mio passaporto italiano, poi negli Stati Uniti. 

Il mio era stato un errore, mi ero reso conto ben presto, avevo tolto dal mondo due teste di cazzo e fino a lì tutto bene, ma ossessionato da quei ritmi ripetitivi e da quei volumi impietosi non avevo fatto in tempo a considerare le probabili conseguenze.

Fuggire dalla polizia è un tipo di attività cara e non sai quanto tempo durerà il denaro che hai, i rumori mi davano fastidio un po’ tutti, ma non puoi scegliere le migliori opzioni del mercato immobiliare.

Non sono mai stato religioso né tantomeno praticante, ma ho pregato Dio (o chi per lui) di poter tornare indietro, per qualche settimana di terrore, il mio pensiero non è stato frutto di un pentimento cristiano e cattolico, ma pur sempre un pentimento forte e ripetitivo.

Finché una mattina mi sono svegliato e invece che a Fort Lauderdale, in Florida, mi sono trovato a casa mia, nel mio letto, un po’ come se non fosse successo niente.

Ho guardato dalla finestra e la casa di legno delle due baldracche era ancora là, la figlia stava stendendo il bucato, accompagnata dalla sua pessima musica, aveva messo come al solito l’altoparlante fuori, quell’arnese stramaledetto, con il quale si potevano mettere direttamente dal cellulare le peggiori canzoni mai fatte in Brasile, o nel mondo intero, non lo so e non lo sapevo.

Dio, o chi per lui, mi aveva dato una seconda possibilità e stavolta non potevo fallire.

Allora la mia ferrea logica, la stessa che mi aveva permesso di mietere quei numerosi e sopracitati successi per tutta la mia vita, mi ha suggerito prima due cose e poi una complementare: A)chiunque potessi avvicinare poi ne soffriva le logiche ma inevitabili conseguenze, di solito negative per me e per lui o lei che fosse.

B)Se invece volevo andare contro qualcuno o qualcosa allora quella persona, congrega, squadra di calcio, o situazione in generale, invece quella raggiungeva di conseguenza il relativo e automatico massimo splendore.

C)Ecco che io dovevo solo avvicinarmi alle due personcine in questione: conoscerle, amarle e coccolarle e loro avrebbero avuto come risultato una rapida e definitiva rovina.

Prima cosa dovevo contattare le mie vicine in una maniera che loro non potessero riconoscermi, non doveva essere difficile visto che mi avevano sempre visto da lontano.

La madre era la più vulnerabile visto che cambiava innamorati continuamente, era praticamente sempre alla ricerca. Conoscevano la mia macchina quindi avrei dovuto noleggiarne una, almeno per i primi incontri, e visto che la cosiddetta aveva un occhio speciale per i soldi e i loro proprietari, questa era anche una fortuna, noleggiando un macchinone lei avrebbe abboccato più facilmente.

Mi sono messo all’opera e per prima cosa mi sono fatto crescere barba e capelli, intanto preparavo il piano di guerra, che doveva essere come facciata invece una pace sostenuta e incrollabile.

Per stare a contatto diretto con queste due dovevo prima di tutto imparare a tapparmi il naso, metaforicamente, cosa che non sapevo fare per niente e la mia vita ne era il manifesto.

Per allenarmi a farlo dovevo riuscire a capire di più come vivevano, per non avere sorprese spiacevoli poi, che mi avrebbero potuto causare comportamenti improvvisi e tali da rivelare alle due il mio gioco sporco.

Mi sono armato di grande pazienza, a prima vista si direbbe che non ce ne ho proprio, ma a volte mi esce fuori dalla mia determinazione, quella da dove viene non lo so, ma dalle mie fottute finestre ho cercato di cogliere il più possibile di quello che poteva interessarmi per il mio relativo piano in formazione.

La mia casa è messa di sbieco rispetto alla loro, io sono sopra, sulla parte più alta della collina e loro sotto, sulla stradina che prima non esisteva e ora era diventata una piccola favela.

Alcune mie finestre e il terrazzo sono di fronte al loro garage, che poi è una tettoia piuttosto ampia, dal quale le feste peggiori venivano lanciate e scoppiavano rumorosamente per ore. L’entrata della casa però era un po’ più in basso, di lì la sera si mettevano sugli scalini e ubriacandosi, con l’aiuto di sedie e suppellettili portati fuori, ascoltavano la loro pessima musica al volume più alto che potessero. Se nessuno protestava, in varie fasi successive il volume aumentava, se e quando gli buttavo dei pietroni sul tetto, dopo qualche giorno in cui dovevano dimostrare di non preoccuparsene, poi il volume si abbassava e anche la frequenza delle rotture di scatole. Non so se immaginavano chi fosse che buttava i massi, ma di sicuro non sapevano che fossi io, anche perché disturbavano tanti vicini, che potenzialmente tutti potevano essere stati ridotti a lanciare il loro relativo disappunto sotto forma di pietroni.

La madre non era bruttissima di faccia, a parte un colorito giallastro da vecchia bambola di ceramica cinese e le vere sopracciglia inesistenti, eppur disegnate con un matita apposita, ma il corpo era somigliante a quello di una gallina, con le gambette magre e la parte di sopra rotondeggiante.

In più mi ricordavo benissimo di quando era stata una cicciona strabordante e il suo corpicello attuale, sotto i vestiti larghi, doveva essere di un flaccido orrendo, di ripetute ondate di pelle e ciccette. Tra le altre cose lei si vantava di sapersi vestire bene e criticava aspramente chi non sapeva farlo come lei.

Io naturalmente contavo di poter rifiutare tale offerta sessuale che sapevo e temevo che sarebbe presto arrivata, cercando di metterla più sull’amicizia platonica e lei si sarebbe innamorata pazzamente di me, questo era il piano.

La figlia non sarebbe stata eccessivamente orribile di faccia, ma la faccia era ben presto diventata larga e il corpo anche, in maniera esagerata. Mangiava compulsivamente e fumava come una ciminiera, niente avrebbe potuto distrarla dal fumare e dal mangiare, se non imparare i testi delle canzoni a memoria e non ci sarebbe niente di male a imparare i testi delle canzoni a memoria, se non si pretendesse immancabilmente anche di cantarle mentre si ascoltano, cosiddette canzoni e non che cantasse male, o fosse stonata, erano le canzoni che erano schifose e la sua insistenza nel dimostrare la propria abilità e intelligenza che stroppiavano.

L’idiota si riconosce subito, perché fa finta in maniera esagerata di essere intelligente, il fottuto intelligente autentico se ne sta piuttosto in disparte, almeno non esagera, anzi si nasconde un po’. Due tipi di identikit che probabilmente si abbinerebbero entrambi alla mia figura di confuso essere umano, dipendeva dai livelli differenti e dalle interpretazioni.

Ma veniamo al punto: se le canzoni sono schifose può dipendere da vari fattori, o componenti fondamentali di tali canzoni. La musica per esempio nelle canzoni è piuttosto importante, e la musica di quelle canzoni era puzzolente, erano strofe appiccicose, ripetitive e insulse, se la musica non fosse bastata a renderle tremendamente sgradevoli, c’era anche la volgare maniera di cantare dei cantanti o delle cantanti, più spesso uomini.

Va bene, però se ci fosse un testo interessante, in qualche modo intrigante, uno potrebbe chiudere un occhio o forse sarebbe meglio un orecchio, ma i testi erano stupidi e monocordi, erano sempre canzoni di amore andato male, dor de cotovelo, si dice in Brasile, dolore di gomito.

La madre era stupida, forse come e più della figlia, ma una stupida che crede di essere il massimo dell’intelligenza e vuole dimostrarlo continuamente, per esempio volendo aver sempre e comunque ragione e basare tutto il suo pensiero sulla sua effettiva assenza, quindi sulla prepotenza. Diceva delle parole che nessuno usava, ma esistevano sui dizionari, magari manovrandole anche a proposito, ma erano frasi fatte da altri e la sua ignoranza poi andava troppo oltre, voglio dire, nella pratica di ogni cosa che faceva o diceva.

A volte mi guardavo allo specchio e mi dicevo: no, non posso farcela! Però sono un ometto determinato, a volte anche più del necessario, nel senso che cambiare idea spesso è proprio l’unica cosa da fare, ma a me pare una specie di fallimento e non lo faccio per partito preso e quando penso che una cazzata totale sia un piano perfetto, niente può fermarmi.

Insomma la barba e i capelli erano cresciuti, avevo scelto la macchina da prendere a noleggio, il primo incontro era pronto. Da quello che avevo potuto capire lei, Aline Castro, era stata lasciata dal suo ultimo amante o pretendente, quindi bisognava inventare un approccio, approfittare rapidamente dello spazio lasciato libero, prima che si riempisse di nuovo.

Che io sia sempre stato mezzo matto è un fatto, non solo alla luce di quei giorni e il mio impegno per fare una cosa che oltre che idiota era maledettamente bisognosa di estrema concentrazione e determinazione.

Fatto sta che mi presentai a questa persona di sesso femminile che detestavo con una faccia sorridente e una specie di interpretazione grossolana di personaggio tipo un duro ma virtuoso uomo venuto via dall’Argentina, per via dell’accento, che pensavo che a lei potesse piacere e che assomigliava forse ad alcuni tipi di cowboy visti nei film americani di una certa epoca. Il cinema argentino vedeva l’uomo nazionale in maniera assai diversa, ma lei questo non lo sapeva, e se lo avesse mai saputo non gliene sarebbe importato niente, la sua mente badava ad altre cose più utili se non fondamentali.

La scena biblica fu così sviluppata: circa un chilometro prima della mia casa e la sua, con quella BMW importata lunga molto più del necessario, a lato della strada facevo finta di guardare il motore aperto quando lei arrivò, con la sua Fiat Uno.

Riuscito a fermarla, il suo sguardo era già calamitato dalla macchina che costava più di dieci volte la sua casa e dal fatto che io ero molto ben vestito e avevo un accento che non conosceva, ma le piaceva per via delle altre due cose precedenti. Sono già un vecchietto, ma ancora abbastanza vigoroso, come uomo non sono mai stato brutto, anche se di bellezze ce ne sono di più raffinate, almeno a livello di lineamenti.

Nel motore non ci capiva niente per fortuna, su questo ci contavo, ma dimostrò di intendersene più di quello che avrei pensato e questo mi sorprese. M’invitò ad andare a casa sua, casualmente abitava lì a un tiro schioppo, potevamo berci un caffè e di lì chiamare il fottuto soccorso stradale, che faceva parte dell’assicurazione dell’automobile di chiunque in Brasile, figurarsi della mia che ero uno ben rifornito di grana.

Niente ci avrebbe impedito di chiamarla da lì con il suo cellulare, visto che il mio per incredibile coincidenza era scarico. I ricconi hanno sempre tante cose a cui pensare e sono distrattissimi, ma per motivi piuttosto validi che lei stimava alquanto interessanti, e da lì capivo che aveva già un approssimativo piano di approssimarsi in modo fottutamente sornione al sottoscritto.

La mia tattica intanto era di farle capire con la pratica del linguaggio molle e inutile, (o dell’idea che io avevo di questo ramo della dannata conversazione tra le persone,) che io conoscevo delle parole belle assai che lei non aveva mai udito e questo l’avrebbe conquistata in poco tempo.

Molti si sorprenderanno della dialettica di un uomo che aveva fatto per molto o troppo tempo il camionista, ma mio padre era un barbiere italiano e anche piuttosto logorroico, in più leggeva abitualmente diverse riviste tra cui Selezione della Reader's Digest.

Da lui avevo imparato che stare zitti era un errore, dire montagne di cazzate invece permetteva di guadagnare sicurezza in sé stessi. Se l’eventuale interlocutore non capiva niente di quello che noi si blaterava, o anche se lo comprendeva più o meno bene, non gliene fregava assolutamente niente. Meglio ancora, lo si avrebbe annichilito in poco tempo.

La figlia era in casa con il suo giovane fidanzato ufficiale, un ragazzetto di buona indole con un cappello di paglia da contadino che lei dominava completamente. Presi dalla conversazione ci dimenticammo del tutto dell'automobile ma almeno caricammo il mio cellulare. Quando Aline andò al lavoro, faceva la badante in casa di una signora malata in un quartiere a nord della città, io rimasi a parlare con la figlia bevendo caipirinha, finché il ragazzo mi accompagnò all'automobile insistendo per volermi aiutare.

 Toccò qualche filo, mi disse di provare a farla partire e... miracolo!

Partì!

Nei prossimi giorni nessuna musica alta, le pause che a volte facevano non me le sapevo spiegare, né questa né altre precedenti, ma azzarderei l'ipotesi che volevano fare buona impressione, forse con sé stesse.

Al secondo incontro arrivai con una macchina Uber che costava così poco e uno non rischiava di rimanere a piedi come un poveraccio.

Mi pareva di vedere il simbolo del dollaro nelle pupille della mia pupilla e anche della figlia, cantai le lodi di Agnaldo ragazzetto miracoloso che studiava per diventare meccanico dentista, ma anche se andava in giro in motorino era affascinato in maniera morbosa dalle automobili.

Nonostante la parlantina molesta ero indubbiamente un uomo ricco e le aveva conquistati tutti e tre con pochi sapienti colpi di mannaia.

Per riaffermare  la mia mega superiorità li portai nel mio appartamento in zona residenziale sull'avenida Carlos Gomez, affittato a una cifra assurda per tre ore, ma sarebbero bastate anche due, dove consumammo un sushi e un paio di birre Patricia, uruguaiane da litro.

In Brasile birra e pesce combinano in maniera tacita e insospettabile, ma a loro difesa dirò che la birra con il pesce non prende quel sapore di lezzo come invece succede in Europa. Non so da cosa dipende, acqua o aria forse sono differenti, oppure anche la birra, ma allora pure quella che viene dal vicino Uruguay, insomma vattelappesca o giù di lì.

A conquistare definitivamente tutti e tre fu la completa modernità metallica e l'asetticità delle grandi stanze ammobiliate in maniera spartana, qualche quadro di pessimo gusto, ma senza oggetti di nessun tipo lasciati in giro, il frigo totalmente vuoto e la vista dalle ampie vetrate a trecentosessanta gradi.

 La figlia Eduarda aveva cominciato anche lei a guardarmi in una strana maniera che credevo di comprendere, non dimenticavo certo che il mio obiettivo era anche lei. Agnaldo era innocente e forse la mia manovra lo avrebbe anche salvato dal peggio, ma non potevo a questo punto andare tanto per il sottile. L'unica cosa che riuscìi ad architettare a suo vantaggio futuro fu di trattarlo apertamente male di fronte a tutte.

 Rimasi stupito però che al terzo incontro lui fosse assente, ma Aline ed Eduarda ora erano già passate a farsi una concorrenza sorridente e spietata, che per me era il veloce raggiungimento dei miei obbiettivi, il mio piano andava a gonfie vele.

 

- Cosa è che muove l'umanità?

- Non lo so, dimmelo te.

- Esistono molte teorie su quello che permette all'uomo di dominare il pianeta e costruire la sua fottuta civiltà mentre il passerotto per esempio riesce solo a costruire dei nidi, l’uomo si porta bellissime donne a letto, mentre il massimo che un gorilla è riuscito a fare è stato tenere la mano di Sigourney Weaver.

 

(Non avevano visto il film di Michael Crichton e non sorrisero, ma si guardarono con un cenno d’intesa, come a dire che ero veramente un genio.)

 

- Dicono che il cavallo è più bello dell'uomo e la blatta è più resistente, ma non ci sono notizie di una fuga a tre voci composte da un cavallo, o una lega di acciaio inventata da una blatta.

 

(Anche qui le parole gli piacquero, ma il significato peggio che andar di notte.)

 

Tutto dovrebbe venire dal fatto che un lignaggio particolare di scimmie abbia a suo tempo sviluppato il ditone in questione, sì il famoso pollice oppositore, con il quale poi è riuscito inopinatamente a sbucciare una banana e a tenere in mano una clava. Le condizioni primordiali per dominare il mondo.

- Dici?

- Certamente. La vanità, lo sanno tutti è l’altra caratteristica quasi esclusivamente umana, il pavone anche è vanitoso, ma non spende una fortuna per farsi una coda con le penne degli altri. Avrebbe contribuito anche al fatto che l'uomo prevalesse, la suddetta vanità dico, perché a niente gli servirebbero le sue imprese con il dannato pollice e con le donne, se non potesse raccontarle dopo. Ecco che nasce il linguaggio e con il linguaggio la bugia. E l'uomo era pronto.

 Ma io credo che la vera forza motrice dello sviluppo umano, la radice della sua superiorità e del successo dell'uomo sia stata la pigrizia, nessun altro animale e così pigro quanto l'uomo, la donna già lo è molto meno, ma è troppo impegnata con altre cose, come per esempio la stramaledetta continuazione della specie, che a lei sembra piuttosto importante.

 Lo sviluppo del pollice oppositore è nato, per ipotesi, dalla pigrizia di combinare denti e artigli per mangiare e poi non dover pulire le briciole sul petto dopo.

 Il linguaggio è frutto della pigrizia di russare, grugnire, saltare e battersi sul petto, per comunicare con gli altri e poi anche nessuno sopportava più questa mimica, bisognava evolversi.

La sua famigerata tecnica poi è mero frutto della pigrizia, che cosa sarebbero la freccia, la lancia e la fionda se non la maniera di non aver bisogno di andare là a tagliare la gola alla preda, o a un nostro disgraziato prossimo, con le sole mani, rischiando di perdere il viaggio e il tempo, o addirittura la lotta in questione?

A che cosa avrebbe pensato l'inventore della ruota se non all'eventuale sviluppo del carretto, che tirato da un animale meno pigro di lui lo avrebbe portato da tutte le parti senza che avesse bisogno di correre o camminare?

 Dicono che l'aggressività e il gusto per la guerra determinarono l'avanzamento scientifico dell'umanità, e se è vero che la maggioranza delle invenzioni moderne è nato dalla necessità militare, è vero anche che l'obbiettivo di ogni nuova arma era diminuire lo sforzo necessario per ammazzare gli altri.

Il prodotto supremo della scienza militare, il raggio intercontinentale con ogive nucleari multiple, è un capolavoro della pigrizia applicata, schiacciando un unico bottone si ammazzano milioni di nemici senza alzarsi dalla poltrona. Una combinazione perfetta dell'istinto assassino e della comodità, l'apoteosi del police oppositore.

Tutta la storia delle telecomunicazioni dal tempo dei tamburi tribali e i loro codici primitivi, fino al segnale di TV e all'internet, si deve al desiderio umano di inviare lo stramaledetto messaggio, invece di consegnarlo personalmente, o mandarci un ragazzino brontolone.

La fame di ricchezza, il potere dell'uomo non sono che la volontà di poter mandare gli altri a fare quello che lui ha la dannata pigrizia di fare, sia portare certe puzzolenti ciabatte che costruire le sue improbabili piramidi.

 La chimica moderna è la figlia dell'alchimia del cazzo, che era il tentativo di avere l’oro senza doverlo cercare o lavorare per meritarlo.

 La fisica e la filosofia sono ovvi prodotti della contemplazione che è un sottoprodotto dell'indolenza e un'alternativa alla siesta.

La grande arte anche si deve alla pigrizia, non per caso quello che è considerato la maggior realizzazione della migliore epoca nell'arte occidentale, il tetto della Cappella Sistina, fu fatta da Michelangelo sdraiato. Proust ha scritto In cerca del tempo perduto sdraiato... vabbè appoggiato.

 Le due più grandi invenzioni contemporanee, dopo l'antibiotico e il microchip, che sono il tapis roulant e il parcheggiatore, devono la loro esistenza alla pigrizia e non c'è bisogno di parlare del telecomando.

 

Non avevano capito niente naturalmente, ma non era quello che io volevo. Mi guardavano con crescente ammirazione, soprattutto notai che notavano le mani curate da una manicure, loro se ne intendevano di quel mestiere. Aline lo aveva fatto ed Eduarda lo stava facendo. Sapevano che era una cosa cara, che lo facevano solo le donne o quasi, che un uomo con delle mani così non poteva essere stato un camionista, tanto per fare un esempio scemo ma calzante.

 Il dialogo tra di noi era abbastanza surreale, in genere era solo una specie di monologo mio e loro abbozzavano appena qualche timida difesa contro quel fiume di parole, che fingevano di capire senza farsene permeare più di tanto.

Ho avuto più modi di sorprendermi della loro pazienza, anche dalle loro parole con quei quattro o cinque sciamannati che venivano a visitarle nei lunghi intervalli tra le mie visite. Bevevano come dannate quando non c'ero, molto meno in mia presenza, ma con quei rudi ragazzoni parlavano loro due e basta, attualmente di me come un Dio in terra, decantavano la mia maniera di esprimermi, la fottuta forza dei miei vocaboli e la profonda verità dei miei concetti, certo non esattamente con queste parole.

 La mega macchina e l'appartamento reale passavano in secondo piano, ma venivano menzionati e valorizzati soprattutto dagli uomini di turno, che sottilmente sottintendevano, ovviamente senza alcuna intenzione, che io fossi però un imbecille, visto che non era ancora successo niente di serio con loro due, nemmeno un bacio.

Ero vecchio. Forse impotente, magari omosessuale.

A quel punto madre e figlia si spanciavano dal ridere: allora che ci venivo a fare lì, se non per amore? Non certo per il loro patrimonio che era zero virgola zero!

Ognuna delle due dimostrava al gruppo di essere in vantaggio sull’altra con sillogismi ed esempi di ragionamenti indotti, direi presi dalle canzoni che ascoltavano e dalle novelas televisive.

E intanto io ogni volta ci mettevo più tempo a farmi vivo, visto che dovevo viaggiare per le terre emerse a causa dei miei lucrosissimi affari.

Ogni volta che le incontravo facevo la parte che mi competeva, e loro facevano la loro. Secondo me avevano arguito che meno parlavano e più le avrei apprezzate e il ragionamento non faceva una grinza. Intanto potevo dire quello che volevo, nessuno mi aveva ascoltato tanto in vita mia, ero completamente me stesso, sebbene vestito come il famoso maiale con la cravatta.

 

- Romantico per me è il mondo come era prima, anche se è un prima vago e impreciso. Quello che ora è più difficile da mettere in pratica, ma si può intravedere più nella gente di qua, che ha un rapporto più dolce e piacevole nella routine giornaliera. Stimo e apprezzo più la gente di qua perché sa apprezzare meglio quello che ha, non si lamenta ma ringrazia di avere quello che ha, forse anche perché quotidianamente vede chi ha meno o molto meno.

Il principio del consumismo è infatti il contrario: invidiare e lavorare tanto perché c'è sempre qualcuno che ha di più di te . Il mio sforzo quotidiano è trovare del piacevole e romantico nella routine. A volte basta pensarci, la sera sono stanco e mi riesce meno; insomma la questione è anche avere un cervello riposato e funzionante.

- Bravo.

- Questo è un pensiero che forse riguarda solo me, ma la vita moderna per me ha perso ogni suo romanticismo, diciamo la maggior parte, che poi significa o significherebbe fare le cose perché ci piacciono e non perché si ha paura di quello che potrebbe accadere se non le facciamo.

Il romanticismo può essere inteso come una passione che abbiamo per il passato, o forse perché allora sì che avevamo dei sogni, delle prospettive che ci muovevano in maniera più allegra di oggi. Insomma mossi come siamo attualmente invece da cose che non abbiamo scelto, ma che ci stanno davanti ogni giorno.

- Mi hai tolto le parole di bocca.

- Nella vita ci vuole pazienza, in precedenza o una volta che ne sei uscito magari no, ma specialmente nella vita, in tutta la sua durata, ci vuole molta pazienza. Con estrema lucidità ho realizzato che è la virtù di cui sono stato meno dotato da madre natura in generale e da mia madre in particolare. Mentre la mia maggior qualità, secondo me, è l’autocritica, anche se a volte eccessivamente esagerandomi addosso in copiose dosi, ottengo risultati peggiori che a non averne per niente.

Pazienza non significherebbe rassegnazione, ma piuttosto accettazione, cioè visto che siamo sempre di fronte a cose che non sono come vorremmo, allora accettarle sarebbe la prima cosa intelligente ed efficace da fare, dopo aver visto che non possiamo cambiarle.

L’utopia sarebbe poi pensare costantemente alle cose come dovrebbero essere e non tanto a come sono e a trarne le dovute conseguenze, pratiche e teoriche, ma soprattutto quotidiane.

 

Nel frattempo il River Plate si era aggiudicato la Libertadores spacciando per la strada diverse squadre brasiliane. Questo non fece che confermare e dimostrare le mie teorie, o perlomeno era questo che io credevo o volevo credere.

Le frasi interrotte con i puntini non mi piacciono, però da una parte li apprezzo perché lasciano libertà di interpretazione… mai la spiegazione, ma solo i puntini-puntini, con la più ricorrente quella del poiché esplicativo cui non segue niente, perché è chiaro quello che sarebbe dovuto seguire, per lo meno lo è per chi parla, non tanto per l'interlocutore, che può sicuramente chiedere delucidazioni, ma nello scambio di frasi serrato poi non lo fa.

Tutto questo per dire cosa? Se ci pensiamo la nostra vita è assurda, più o meno come quella degli altri, il mio piano non ha funzionato come volevo, ma in un certo senso è riuscito in un altro.

 

Epistemologia, ne vogliamo parlare?  Già mi sta annoiando la parola, mi pare di ricordare che significhi LOGICA, e quella invece mi garba.

Aline ed Eduarda dal punto di vista di una conversazione dotta non mi danno molta soddisfazione.

Mentre loro discutono su inezie e pettegolezzi, io prendo il dizionario:

 

Sostantivo femminile

1.

Lo studio critico della natura e dei limiti della conoscenza scientifica, con particolare riferimento alle strutture logiche e alla metodologia delle scienze; negli ultimi decenni, per influsso del corrispondente termine inglese, il vocabolo viene sempre più usato per designare la teoria generale della conoscenza, quindi, gnoseologia.

 

2.

Epistemologia genetica, disciplina introdotta dallo psicologo J. Piaget (1896-1980), che studia i processi cognitivi umani ricostruendo le fasi del loro sviluppo nell'individuo, dall'infanzia all'età adulta.

Insomma a livello epistemologico ho compreso che un figlio unico tarda a capire che la vita è un gioco nel quale si è più facilmente una pedina, anziché colui che lo conduce, ma le due correnti si possono anche mischiare e miscelare. 

 

Però se la stai a guardare la gallina non fa prima a fare l’uovo, anzi.

Se al mondo ostile si può ragionevolmente resistere con un buona logica, va da sé che gli esseri umani non sono molto logici e io personalmente sono peggio ancora.

E se invece di ammazzarle o di andarci a vivere insieme avessi semplicemente cambiato casa?

 

Viviamo ora noi tre: Aline, Eduarda ed io, ma per farvela breve, quando loro si sono accorte che io non ero il riccone che volevo far credere, sorprendentemente non si sono per niente alterate, forse hanno considerato che io ero almeno più intellettuale e ricco di loro, a cominciare dalla mia casa.

Il mio piano le aveva lusingate, vabbè: non gliel’ho raccontato proprio nei particolari, ma si sono sentite valorizzate, in un certo modo, apprezzate, o scelte tra le tante, insomma.

La musica e il volume qua sono io che li stabilisco.

E poi a letto sono veramente piene di volontà e creative, alla loro maniera e fuori mi fanno compagnia, anche se parlo solo io, cucinano, lavano i panni, puliscono la casa.

 

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