lunedì 3 ottobre 2022

IL DISCORSO INDIRETTO

 

Di amici ne avevo avuti tanti, sia in Italia che in Argentina, non sempre era finita bene, a volte per colpa mia, qualche volta per colpa loro, ma di sicuro io ero e sono uno piuttosto complicato e intollerante. Tra me e Endro durava da tanto tempo, non sapevo nemmeno quanto, e c’erano state pause lunghe, medie e corte.

A giudicare dalla musica dovevamo essere alla fine del 1973 o agli inizi del 1974, era uscito Trick of the Tail dei Genesis e il 45 giri Ancora tu, (ma non dovevamo vederci più?) di Battisti, quando giunsi insieme a Gilberto, in motorino, alla scura e minacciosa Carambola, via incassata tra due altissime muraglie. Fu proprio lì che assaggiai per la prima volta la patata fritta a tocchetti con la cipolla, che ahimè mai più ritrovai in giro per le terre emerse, e secondo Endro è inutile cercarla sott’acqua.

Chiamarlo Buonsuolo dopo la ferrovia sarebbe eresia. La prima casa a sinistra, antro di ataviche feste era quella di Gigio, ma di Gigi ce n’erano piuttosto due. Non vorremmo far confusione, quell’altro è un po’ più in su, o perlomeno era, verso la Polla che un dì fu del Banti, ma ormai anche quella non è più.

No, a dire il vero, la prima volta che lo scorsi vorticoso arrivare fu a Fernata, ma se lo avessi incontrato di nuovo, senza didascalie sotto, non lo avrei riconosciuto, datosi che si trattava di un motociclista piuttosto sul forsennato, con casco giallo su un Ancillotti da cross.

 

Tornai a Fernata dopo più di un anno dall’ultima volta, e casa nostra era stata venduta, riformata e poi quasi abbandonata. Decidemmo così di fare un viaggetto per l’Italia, Endro ed io, per divertirsi, forse solo per la Toscana. Sapevamo che c’era da vedere assai, cose differenti… ma soprattutto di una bellezza non indifferente, insomma dipendeva dai soldi e dai giorni disponibili, per me era quasi un mese, ma lui non avrebbe potuto, c’aveva famiglia.

Proposi strategicamente di andare in treno, ma Endro considerò che sarebbe stata più pratica un’automobile. La mia, scassatella anzichenò, era rimasta a 14000 km di distanza, c’era pure l’Oceano Atlantico di mezzo e lui allora ammise, con una certa dose di malcelata pazienza che potevamo usare la sua, ma la Land Rover non andava bene, tantomeno in autostrada e allora quella di sua moglie, se ce la lasciava prendere.

Nel caso in cui, proposi di seguire la via Francigena, accettò con qualche riserva, dato che in Italia poche o nessune località ne restavano escluse. Allora saremmo passati magari solo dove aveva dormito Garibaldi e sotto casa c’era anche la Francigena, ma si salvavano rari posti e piuttosto lontani l’uno dall’altro. Allora avremmo forse potuto visitare esclusivamente i borghi che non si erano candidati a essere eletti i più belli d’Italia.

L’idea all’inizio lo fece quasi sorridere, ma era un mezzo sorriso diagonale e forse anche ironico. Poi bofonchiò che non avrei dovuto preoccuparmi, il percorso giusto lo avrebbe studiato lui con calma e mi fidai, sebbene la geografia non fosse il suo forte, sapevo che era uno che amava andare per esclusione, allora ci saremmo andati in due.

 Dichiarò che in macchina sua moglie aveva un antifurto infallibile, che era poi la vecchia autoradio a cassette, nessun ladro di automobili si sarebbe rubata una macchina con il mangiacassette. Quando ero partito per l’Argentina avevo lasciato un migliaio di cassette audio in soffitta, a Fernata, insieme a loro due pezzi di cuore e di romantico passato. Promisi di occuparmi della musica per il viaggio.

Accettò a patto che fosse solo roba italiana, qualche cassetta mista magari. Chiesi se potevo metterci un po’ di musica sarda e tutt’al più della Corsica come i Muvrini, che ricordavano i canti tradizionali dei pastori.

Mi bastò un veloce sguardo esasperato per comprendere la situazione. Endro era di lontana origine sarda, ma non sopportava niente di quello che veniva di là e per la stessa ragione zero musica corsa, nessunissima roba pastorale.

 

Gli anni novanta non volgevano ancora al desio quando saltai la pozzanghera. Non so se me ne pento o me ne dolgo, forse entrambi o nessuno dei due, nella vita non si sa mai come sarebbe andata altrimenti.

Tra le altre cose ci avevo lasciato anche due amici piuttosto consistenti, non quelli di internet, di questo mi ricordo spesso. Sono rimasti in umida lucchesia, mentre io sono scappato in questa Patagonia, (ce n’è una sola ma è abbastanza vasta,) chissà perché e gli parlo solo per e-mail, Facebook, Twitter, Telegram e Instagram. Comunichiamo per figure, frasi simboliche, folte bischerate ammiccanti a volte, o quasi sempre.

Endro era l’incrocio tra un gattone e un orso, involontariamente simpatico e non parlava tanto, ma c’aveva i baffi e diceva che l’ottimista era un pessimista male informato, forse ne aveva le sue ragioni.

Gilberto ne era forse il contrario, non grasso, mai tenero, urlava tanto o troppo e lo conoscevo da prima ancora. Là oltre il laghetto, da bambino arrivando, mise in fuga i presenti, già a quei tempi non stava zitto un secondo, con il tempo ha aumentato il ritmo, il volume e tagliato le già scarse pause.

Insomma un tipo anche assai simpatico, ma piuttosto prepotente, se vogliamo. Il secondo mi ha fatto conoscere il primo e poi il ponte si è rotto e le due antiche sponde non si toccano più.

Viva Gesù.

 

Nonostante tutto non avevamo mai passato molto tempo insieme, neanche quando eravamo giovani, forse ne avevamo anche un po' di timore, ma ormai era tardi, eravamo già a San Miniato ed entrambi piuttosto attempati.

Lui non c'era mai stato, io sì, e mi era piaciuto. Subito dopo il cartello con il nome della località, entrammo da un macellaio per chiedergli se faceva dei panini. Non aveva quasi niente in vetrina, focaccia e pane nemmeno l'ombra, ma era gentile, un vecchietto assai più anziano di noi e sorridente. Ci indicò il centro, lassù in alto sulla collina.

Trovammo aperto solo un grande bar ristorante, c’ero stato anche anni prima, dove quella ragazzina simpatica che mi aveva servito era diventata più che adulta ed era proprio somigliante a prima, anche nelle frasi interrotte che lasciavano intendere un seguito che poi non arrivava, ma volendo si poteva intuire.

Era bello il centro con pochi turisti e le strade semideserte, c'era il sole, ma la primavera doveva ancora partire, insomma stava ancora scaldando i motori. Provai a leggere di nuovo la storia di San Miniato su quei cartelli, aveva che fare con i tedeschi, una volta per distinguerlo dall’omonimo fiorentino, si chiamava S.Miniato al Tedesco, qui invece eravamo in provincia di Pisa. Troppe nozioni però camminando, facendo foto, addentando focaccine ripiene di lattuga, mortadella e stracchino, non si riescono a memorizzare bene.

Entrammo in una chiesa e di nuovo nell'argomento del nostro comune amico, ma ci intimarono di fare silenzio e comunque Endro non ne voleva parlare. Io nemmeno. Allora uscimmo e andammo sulla collina, al Belvedere e alla Torre, il panorama era notevole e il sole faceva un curioso capolino tra le nubi. Anche qui le foto non rendono quasi mai merito alla realtà, forse perché quella non si ferma mai e in una foto hai per forza una visione statica.

Poi ripartimmo, guidava lui e guidava bene, non per niente era stato a suo tempo camionista, a Capanne, del camion della spazzatura.  

Musica di Battisti, parole di Mogol, volume piuttosto basso e la campagna scorrendo dai finestrini ci combinava discretamente, ma le nuvole avevano coperto il sole. Arrivammo a Certaldo dopo un bel po' e i Litfiba cantavano Il mio corpo che cambia.

Endro mi garba perché non è uno di quei tipi con cui il silenzio ti pesa. Stando zitti con una persona che ti piace si sta bene. A volte basta uno sguardo per schiantare da ridere, come a Certaldo quando ci dissero il prezzo della camera, pareva così poco che dopo un’occhiata disorientata ci mettemmo a ridere.

La figlia che si occupava di quell’affittacamere un po' scalcinato non c'era, il padre era anzianotto e aveva chiamato la moglie, che magari era meno confusa di lui, ma non rappresentava certo un esempio di lucidità in senso assoluto. Telefonarono alla figlia e così arrivammo ad alcune parziali certezze.

Ce ne andammo dunque a fare una doccia e poi a visitare il centro, che era veramente bellino, piccolo e medioevale a sazietà. Ci sparammo dei colorati cocktails con forse un po’ troppi e indigesti ammennicoli, tra ombrellini e bandierine. Fatte le foto e i sopralluoghi necessari alle nostre indagini sulla presunta bellezza della Toscana, concludemmo che aveva seri motivi di essere così considerata e che avevamo di nuovo fame.

L'accordo era che a pranzo andavano bene un panino al salame, che ne so, una fogaccina succulenta con la soppressata, un po' di frutta e uno yogurt, magari sugli scalini di una chiesa, che di quelle ce ne erano sempre in abbondanza. Ma alla sera si andava a mangiare bene, seduti ammodo sulle sedie di una trattoria magari casalinga o anche finta rustica. Insomma ciò che più ci sconfinferava nei paraggi.

Da non prendere nemmeno in considerazione ristorantini con i camerieri che attaccavano i turisti di passaggio e quelli con cuochi paonazzi di cartone e un ammiccante vassoio di pasta al sugo o polli arrosto fumanti in mano, ma quest’ultime sagome erano quasi sparite di giro e mio padre, dalla sua tomba ne sarebbe certo stato lieto di saperlo.

Parevamo aver sciolto un po' la nostra normale tensione, dopo gli aperitivi e poi qualche bicchierotto di vino e qualche grissino, i discorsi a biscaro fioccavano regolarmente, come ai vecchi tempi, ma si entrò di nuovo, non volendo, nell'argomento spinoso che volevamo evitare ed era proprio per quello che ci tornavamo sempre.

 

Oltre alla Pampa logicamente poi c’è la Steppa, la Taiga, c’è la Tundra, c’è la Savana, tutte quelle terre non necessariamente piane dove il Pagiano in autunno si aggira sospettoso, perfino in inverno, ma la sua patria ideale, Carambola, è collinosa, quasi montagnevole e umida, piena di alberi secolari.

Buana Cangoni, con il fucile spianato e gli occhi vigili, lo aspetta al varco. Incroci di battute ataviche e storie inventate tra film e canzoni, scherzi da adolescenti avanzati.

Avanzati perché non ci avevano accettato nel mondo degli adulti e forse era meglio così, anche a noi il mondo degli adulti ci garbava poco o niente.

Ci chiamavamo vicendevolmente pagiano, una storpiatura del normale uccel di bosco. Espressione idiota nata in un giorno in cui andammo a caccia e non ne trovavamo in giro, nemmeno di altri tipi, eppure era la stagione giusta e dopo un po’ lui si insospettì e mi chiese, puntandomi il fucile, se per caso non ne fossi stato io uno.

 

Buoni bicchieri e ottime forchette, siamo tutti e due e forse lo siamo sempre stati. Una volta io ero quasi magro, certo più di lui, e lo sono ancora, ma durante tutti questi anni ho cercato più o meno incoscientemente di raggiungere Endro, che però dalla sua ha il vantaggio di una costituzione un po' più robusta, quello che da noi in lucchesia viene anche detto ossi-grossi.

Insomma è un fuori-peso innato e con lui non c'è competizione, questo gli dà il diritto a una muscolatura più forte, a una presenza più imponente e autoritaria, ma anche a maggiori e peggiori malattie.

 

Dopo ci parlavo solo attraverso internet e il vento freddo, tra i rami e le case, a volte mi portava la loro voce. Uno parlava meno, l’altro gridava di più. Dylan dichiarava che le risposte soffiavano nel vento, ma quelle non le ho mai sentite, o forse non le ho sapute intendere, che ne so, almeno un po’ interpretare. Ho sentito perlopiù bestemmie, imprecazioni, parolacce insomma.

Questi due non si parlavano più, di chi è la colpa? Non lo so. Ognuno vive la sua esistenza come può, sforzandosi a volte di spingere contro il muro sbagliato, quando lo si capisce è troppo tardi. Le emozioni non si misurano con l’orologio ma con in battiti del cuore, disse quello.

Le risposte il vento non le dà, almeno a me e a loro, a Bob magari sì. Scrivere però mi dà la possibilità di stupirmi per le cose già viste un milione di volte, mi permette di apprezzarle nude e pure, ogni giorno diverse, senza i filtri controproducenti dell’abitudine. Scrivere trasforma la mia vita insignificante in un film con John Wayne e il finale - almeno dentro di me – io lo cambio tutti i giorni, direi invano, ma non si sa mai. Magari non ci sono riuscito, ma senza questa mia determinazione sarei stato certo peggiore, ho passato una vita a cercare di essere buono, non per un fine astratto o una regola stabilita dalla chiesa, credo solo che in pratica sia meglio. Forse anche in teoria.

 

Ma noi non eravamo certo lì per pensare alle magagne, piuttosto per goderci la vita, così mangiammo e bevemmo a sazietà, forse pure esagerata, e poi pagammo il relativo conto che era ingente, sì, ma proporzionato alla qualità e alla quantità. Piuttosto ubriachi vagammo a piedi su e giù per l'incantevole borgo di Certaldo, sulle salite respirando a fatica, per le discese cantando Tu scendi dalle stelle, per via di quel cielo trapuntato e romantico, imitando la voce di Topo Gigio. Fummo di nuovo invitati al silenzio da una persiana non bene identificata, ma che dopo tutto considerammo avesse le sue buone ragioni.

Era arrivato il caldo intanto, forse era solo per via dell’alcool sparatoci in gola, o forse no. Tornare alla nostra stanza non fu facile, le stradine sembravano tutte uguali, portavano a quella più grande in punti diversi, ma simili. Guidavo io, Endro dava consigli di percorsi per lo più sbagliati, ma anche fare il contrario di quello che diceva lui non funzionava.

Alla fine ci riuscimmo e quando arrivammo notammo che di lì c’eravamo già passati più volte, ma senza accorgercene e allora bestemmiammo un po’, per via della forte e logica gratitudine.

Anche quella notte era sfociata in una mattina, come di solito succede, fummo svegliati da un gallo del vicinato e da un conto triplo rispetto al patteggiato, con la scusa che la signora aveva capito che volevamo solo fare una doccia e ripartire. Difatti la sera l'aria condizionata non aveva funzionato e il bagno era stato freddo, per fortuna per essere primavera era assai caldo e poi si era bevuto assai. Dissero che pensavano addirittura gli avessimo rubato la chiave, o peggio qualcosa dentro la stanza, poi entrando con il passpartù avevano visto le valige aperte e si erano tranquillizzati, ma l’interruttore dell’aria condizionata e della doccia non lo avevano attaccato lo stesso, forse se ne erano dimenticati.

Endro si mise senza fretta e senza mai sorridere a fare una trattativa e ottenne uno sconto del 20% per via del malinteso, che poteva esserci stato chissà per colpa di chi, ma il trattamento a livello di servizi e gestione era stato carente e incompleto, insomma ingiustificato per un eventuale prezzo pieno.

Mi ha raccontato Endro poi che l’avevo svegliato più volte con il mio braccio destro, che forse cercava una donna e non m’importava se poi era un maschio grassoccio e peloso, giacché dormivo e chissà cosa sognavo. A un certo punto mi ha chiesto a voce alta perché non me lo mettevo in culo quel braccio lì e io dormendo gli ho risposto che ci avrei pensato.

La prima lezione di vita fu che di essere considerati omosessuali dagli affittacamere non ci importava, ma il letto matrimoniale era logisticamente scomodo e i letti singoli erano migliori, anche se forse più cari. 

 

Chi parte sa quello che lascia, ma non sa quello che trova e viceversa, soprattutto viceversa. Faccio del moto a luogo, per luogo, perfino da luogo, per uscire da questa quantica abulia, ma devo premunirmi perché poi non voglio entrare in un'altra, che la prossima non ci sia.

Mi sposto non solo idealmente da un punto A a un punto B di uno stesso mondo emerso, l’unico che abbiamo e c’illudiamo di conoscere. A piedi, in bicicletta, in automobile o anche in aereo, ma questo non ha eccessiva importanza.

Per dimostrare a me stesso, forse, o agli altri che devo, posso o anzi voglio… insomma vorrei solo scollare l’indirizzo da questo pacco di ciccia, magari attaccarcene un altro.

La libertà è meglio della prigionia, fin qui ci siamo, ma a volte è anche una schiavitù.

Dove finisce la Patagonia?

La Terra del Fuoco ne fa parte o no?

Prima bisognerebbe anche sapere dove comincia, ma ci sono controversie a riguardo, i Cileni dicono una cosa e gli Argentini un’altra, poi magari si mettono d’accordo, non c’è alcuna fretta.

Insomma cerco di non pensare alla mia vita di là, per non confrontarla con questa di qua, che essere turista è una cosa, la routine di chi deve lavorare è un’altra. Però a confondere le due cose c’è il fatto che qui ci sono nato, conosco un sacco di gente, ci ho passato più di metà della mia vita.

 

S.Gimignano è troppo turistica, il nostro giro è rapido e decidiamo anche che per mangiare si può anche fare dopo a Volterra, che è vicina e più appetibile, per noi orsi che fuggiamo dalle folle e dai selfies. Siamo diventati tutti e due allergici ai turisti eppure le nostre vite sono andate avanti separate in tutti questi anni a quasi una quindicina di migliaia di chilometri di distanza.

Volterra è bella assai e troviamo un ristorantino che per la sera va bene, sul menù appeso fuori si dice che ci cucinano alla maniera medioevale, non sappiamo come sarebbe, ma siamo curiosi. Poi alle due di pomeriggio sugli scalini di una chiesa consumiamo fogaccine, frutta e yogurt come da contratto.

Anche a Volterra purtroppo il turismo è uno sport diffuso, ci chiediamo se un mondo perfetto prevede il nostro totale appannaggio alle risorse disponibili. Forse anche dell'universo. Rispondiamo senza dire niente che è la gente che ci dà noia, ma neanche, è piuttosto la gente come è diventata negli ultimi 20 anni che non sopportiamo.

Fatte le foto e le considerazioni naturali e dovute ci troviamo un po’ stanchetti sotto all’anfiteatro e torniamo verso il ristorante che sta riaprendo, ci arriviamo cotti e stracotti.

Scopriamo che nel medioevo si mangiava anche bene, ma non avevano gli stessi nostri problemi di digestione e andiamo a cercare un posto per dormire, tornando verso S.Gimignano c’è una zona dalla vegetazione differente, dei poggi brulli e la terra secca, lì troviamo un agriturismo un po’ rustico che ci sfagiola e non è caro.

La mattina ci svegliamo in mezzo alla nebbia e con la finestra aperta ci si sono gelate le ossa.

 Guardiamo le nuvole che scorrono davanti a noi sul palcoscenico delle colline metallifere laggiù indoviniamo il Monte Amiata mentre scendiamo verso sud, da Pomarance verso Chiusdino.

Il discorso indiretto è quando il dialogo tra due o più personaggi viene riportato senza usare le loro frasi precise, ma solo i concetti le idee fondamentali. Qui per esempio sarebbe brutto ricopiare le bestemmie che nel traffico indirizziamo a quelli che ti si incollano a un metro dietro perché hanno fretta, noi non ne abbiamo, non stiamo lavorando né niente, ma ci sentiamo spinti e stimolati al turpiloquio, che di per sé non amiamo, ma ne riconosciamo le indubbie virtù terapeutiche, che consistono nello scaricare strategicamente quanto più violentemente, sulla campagna circostante, le proprie emozioni negative. Certo in un paesaggio cementificato e urbano di asfalto e palazzi sarebbe peggio e ne consideriamo la differenza.

Con tutta la bellezza attorno della Toscana che scendeva verso sud ci siamo messi a parlare dei vecchi tempi. In alcuni casi erano buoni e in altri magari meno. Con l'adolescenza si era entrambi fatto i conti senza l'oste, nel senso che ci si stordiva nel bere, ma non se ne ricavava grande piacere, oltre ai mal di testa del giorno seguente. Forse per via delle pene di amore o si era biscarotti e basta, il mondo ci sfidava e ci batteva regolarmente già nella routine. Ma si era giovinotti inesperti, non che dopo si fosse diventati tanto esperti, ma invecchiati quello sì. Nel rimembrar dantesco di inferni purgatori e paradisi, nel su e giù delle strade e delle località boschive, fino ad arrivare a San Galgano ho guidato io.

Gli Audio 2 napoletani imitavano Battisti mentre scendevamo la collina, curva su curva, ma era quello più moderno, di Sì viaggiare o Prendila così , non quello proprio modernissimo ed ermetico, che non c'era garbato a nessuno dei due. In questo disco addirittura il vero e vetusto Mogol ci aveva messo le parole e narrava di un caratteraccio spinoso come il nostro, paragonato a un cactus, o forse due.

L'abbazia ci ha abbacinato subito, come se il sole che faceva breccia tra le nuvolette e girasoli attorno la facessero illuminare di santità, siamo rimasti senza parole, e le omissioni contemplative che ne derivavano ci hanno lentamente condotti alla nostra adiacente italiana spada nella roccia.

Le nuvole più grosse poi sono arrivate, non la pioggia, ma la fame sì e siamo risaliti verso Chiusdino alla ricerca di panini, frutta e yogurt.

Abbiamo girato intorno poi, fino a trovare la chiesa e i relativi scalini, davanti c’era un alimentari aperto e abbiamo comprato il necessario. Non avendo frigoriferi prendevamo sempre e consumavamo tutto al momento tutto, di solito ci riusciva.

Abbiamo mangiato e riposato un po' sotto un grande albero, forse una quercia, ci siamo messi a studiare le mappe della Regione per poi decidere di abbandonarla, l'Umbria non era poi lontana e la zona del tufo ci attirava a cominciare da Orvieto ma passando da Roccastrada.

Ci siamo messi in marcia, ma sulle ruote, con la musica degli Avion Travel che Endro non conosceva, diciamo che è pur sempre restio ad ogni novità, ma dopo un po' ci si è abituato.

Ce ne era una che aveva addirittura vinto il festival di Sanremo è quella la conosceva già e gli garbava, dopo un po' però ha voluto un po' di Premiata Forneria Marconi dei primi tempi, a partire da Impressioni di settembre che anche a marzo in quella zona ci azzeccava abbastanza.

 Allora ho cominciato io a raccontare la mia vita in Patagonia, l’allevamento delle api e il commercio del miele, le pecore e il formaggio, la cura e la morte di Marisa, madre di mia moglie Zara con l'alzheimer, 3 anni e mezzo di agonia e di turni di notte finiti i quali mia moglie mi ha lasciato. Ecco perché mi trovavo in loco libero, mio malgrado, da ogni vincolo e senza figli.

La Maremma attorno scorreva con una pletora di paeselli abbarbicati sui cocuzzoli circostanti, la Premiata Forneria Marconi aveva lasciato le orecchie a Piero Ciampi: Il merlo, Il vino e tutti i suoi successi di nicchia e livornesi. Endro non lo conosceva e non gli è piaciuto, non ci si voleva abituare.

Chissà perché allora abbiamo cominciare a parlare delle festine da tardi adolescenti, cose più allegre. Siamo finiti a parlare del commissario Maigret che a lui non è mai piaciuto, forse perché assomiglia abbastanza a Gino Cervi, suo malgrado, anche come movenze e carattere scherzoso ma incazzereccio, con i baffi, che con gli anni sono diventati una barba prima sale e pepe, poi solo sale, ma con gli occhi chiari e anche i capelli meno scuri, che ora sono bianchi. Anche se di un’epoca differente, come il Maresciallo Rocca e l’Ispettore Derrick, ora a me ricordano piacevolmente le allora angoscianti serate invernali in famiglia, il commissario Koester addirittura aveva una certa somiglianza fisica con mio padre.

Rocca piaceva anche a mia madre, per via di Proietti che lo interpretava e lei canticchiava anche la musica della sigla. A Endro nessuno di questi sconfinferava e allora ne ho ricavato che non gli gustano i polizieschi in genere e numero.

Io invece mi sono trovato improvvisamente appassionato spettatore di tutti questi polizieschi e poliziotteschi, perché là in Patagonia, come adesso praticamente ovunque per il mondo, si possono scaricare in internet.

Roccastrada non era particolarmente bella, ma piuttosto interessante, appiccicata sulla roccia grigia, nella parte più alta con la macchina non ci si passava e chi ci abitava aveva sotto casa un Apecar, ne abbiamo fotografato vari, di colori diversi e abbiamo parlato un po' con la gente, alcuni erano affabili e allegri, altri tristi e rassegnati.

A Boccheggiano ci siamo passati di proposito per vedere se riuscivamo anche noi a boccheggiare, il vino era buono e a onor del vero dopo abbiamo boccheggiato abbastanza, ma nostro malgrado abbiamo appreso che il nome aveva l’accento sbagliato, cioè sull’ à e non sulla é.

Nel bar c'era musica brasiliana, ascoltavano Zeca Pagodinho, una specie di inno all’autodeterminazione.  

 

Se eu quiser fumar, eu fumo

Se eu quiser beber, eu bebo

Pago tudo que eu consumo

Com o suor do meu emprego…

 

(Se voglio fumare io fumo

Se voglio bere io bevo

Pago tutto quello che consumo

Con il sudore del mio impiego…)

 

Non mi ricordo quante volte ci siamo sbronzati, ma oltre alle località citate, abbiamo visitato con un certo successo i bar delle seguenti: Pitigliano (bianco bòno), Orvieto (pure bianco), Montefiascone (non poteva mancare), Marta, Capodimonte, Bomarzo, Bagnaia - qui di notte, dalla solita persiana chiusa, a seguito di una mia scorreggia, mi hanno anche chiamato porco - e Lago di Vico, cresciuto dentro un vulcano ma spento. Poi, sulla strada del ritorno: Tuscania, Orbetello (discoteca Kitikaka), Porto Ercole, Batignano, Monte Pescali, Suvereto, Sassetta, Castagneto, Bibbona e Castiglioncello, dopo il Romito abbiamo preso l’autostrada.

Mi piace ricordare e scrivere i dialoghi, soprattutto con il discorso diretto, parola per parola. Se avessi dovuto raccontare questo mese nel modo a me consueto ci sarebbe venuto un romanzo, ma ci voleva troppo tempo e una pazienza che non ho mai avuto. Tanto per favorire il bene della sintassi, ho così sperimentato la praticità del discorso indiretto.

Doveva essere una settimana, siamo rimasti fuori quasi un mese e siamo tornati stanchi ma felici. È stata una bella gita, ci siamo divertiti assai, abbiamo sviscerato alcuni problemi fondamentali e riso del futuro, del presente e del passato, nel bene e nel male, abbiamo visto dei posti bellissimi e fatto delle foto che purtroppo non hanno reso giustizia alla bellezza dei luoghi.

Visto che ora è di moda, al ritorno il figlio maggiore ha chiesto a Endro quale era stato il borgo della Toscana che gli era piaciuto di più e lui ha risposto Civita di Bagnoregio, me ne ha pure chiesto conferma e io ho detto di sì, che era garbata assai anche a me, però ho aggiunto che era in provincia di Viterbo, perciò era Lazio e non Toscana.

Endro si è arrabbiato, ha detto che mi divertivo a contraddirlo sempre, al che io mi sono trovato senz'altro d'accordo con lui. Quella era sicuramente tra le attività che mi davano continua e durevole soddisfazione. Ammettevo altresì che la geografia non fosse matematica, purtroppo però aveva anche quella delle regole piuttosto rigide. Tutta la famiglia ha riso ma Endro no.

Poi mi hanno accompagnato da un affittacamere di Cerasuola, molto più a sud il vento freddo della Patagonia mi aspettava già, o forse no. 


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