Di amici ne avevo avuti tanti, sia in Italia che in Argentina, non sempre era finita bene, a volte per colpa mia, qualche volta per colpa loro, ma di sicuro io ero e sono uno piuttosto complicato e intollerante. Tra me e Endro durava da tanto tempo, non sapevo nemmeno quanto, e c’erano state pause lunghe, medie e corte.
A giudicare dalla musica dovevamo
essere alla fine del 1973 o agli inizi del 1974, era uscito Trick of the Tail
dei Genesis e il 45 giri Ancora tu, (ma non dovevamo vederci più?) di Battisti,
quando giunsi insieme a Gilberto, in motorino, alla scura e minacciosa Carambola,
via incassata tra due altissime muraglie. Fu proprio lì che assaggiai per la
prima volta la patata fritta a tocchetti con la cipolla, che ahimè mai più
ritrovai in giro per le terre emerse, e secondo Endro è inutile cercarla
sott’acqua.
Chiamarlo Buonsuolo dopo la ferrovia
sarebbe eresia. La prima casa a sinistra, antro di ataviche feste era quella di
Gigio, ma di Gigi ce n’erano piuttosto due. Non vorremmo far confusione, quell’altro
è un po’ più in su, o perlomeno era, verso la Polla che un dì fu del Banti, ma
ormai anche quella non è più.
No, a dire il vero, la prima volta
che lo scorsi vorticoso arrivare fu a Fernata, ma se lo avessi incontrato di
nuovo, senza didascalie sotto, non lo avrei riconosciuto, datosi che si
trattava di un motociclista piuttosto sul forsennato, con casco giallo su un
Ancillotti da cross.
Tornai a
Fernata dopo più di un anno dall’ultima volta, e casa nostra era stata venduta,
riformata e poi quasi abbandonata. Decidemmo così di fare un viaggetto per
l’Italia, Endro ed io, per divertirsi, forse solo per la Toscana. Sapevamo che c’era
da vedere assai, cose differenti… ma soprattutto di una bellezza non
indifferente, insomma dipendeva dai soldi e dai giorni disponibili, per me era
quasi un mese, ma lui non avrebbe potuto, c’aveva famiglia.
Proposi
strategicamente di andare in treno, ma Endro considerò che sarebbe stata più
pratica un’automobile. La mia, scassatella anzichenò, era rimasta a 14000 km di
distanza, c’era pure l’Oceano Atlantico di mezzo e lui allora ammise, con una
certa dose di malcelata pazienza che potevamo usare la sua, ma la Land Rover
non andava bene, tantomeno in autostrada e allora quella di sua moglie, se ce
la lasciava prendere.
Nel
caso in cui, proposi di seguire la via Francigena, accettò con qualche riserva,
dato che in Italia poche o nessune località ne restavano escluse. Allora saremmo
passati magari solo dove aveva dormito Garibaldi e sotto casa c’era anche la
Francigena, ma si salvavano rari posti e piuttosto lontani l’uno dall’altro. Allora
avremmo forse potuto visitare esclusivamente i borghi che non si erano
candidati a essere eletti i più belli d’Italia.
L’idea
all’inizio lo fece quasi sorridere, ma era un mezzo sorriso diagonale e forse
anche ironico. Poi bofonchiò che non avrei dovuto preoccuparmi, il percorso
giusto lo avrebbe studiato lui con calma e mi fidai, sebbene la geografia non
fosse il suo forte, sapevo che era uno che amava andare per esclusione, allora ci
saremmo andati in due.
Dichiarò che in macchina sua moglie aveva un
antifurto infallibile, che era poi la vecchia autoradio a cassette, nessun
ladro di automobili si sarebbe rubata una macchina con il mangiacassette. Quando
ero partito per l’Argentina avevo lasciato un migliaio di cassette audio in
soffitta, a Fernata, insieme a loro due pezzi di cuore e di romantico passato. Promisi
di occuparmi della musica per il viaggio.
Accettò
a patto che fosse solo roba italiana, qualche cassetta mista magari. Chiesi se
potevo metterci un po’ di musica sarda e tutt’al più della Corsica come i
Muvrini, che ricordavano i canti tradizionali dei pastori.
Mi
bastò un veloce sguardo esasperato per comprendere la situazione. Endro era di lontana
origine sarda, ma non sopportava niente di quello che veniva di là e per la
stessa ragione zero musica corsa, nessunissima roba pastorale.
Gli anni novanta non volgevano
ancora al desio quando saltai la pozzanghera. Non so se me ne pento o me ne
dolgo, forse entrambi o nessuno dei due, nella vita non si sa mai come sarebbe
andata altrimenti.
Tra le altre cose ci avevo lasciato
anche due amici piuttosto consistenti, non quelli di internet, di questo mi
ricordo spesso. Sono rimasti in umida lucchesia, mentre io sono scappato in
questa Patagonia, (ce n’è una sola ma è abbastanza vasta,) chissà perché e gli
parlo solo per e-mail, Facebook, Twitter, Telegram e Instagram. Comunichiamo
per figure, frasi simboliche, folte bischerate ammiccanti a volte, o quasi
sempre.
Endro era l’incrocio tra un gattone
e un orso, involontariamente simpatico e non parlava tanto, ma c’aveva i baffi
e diceva che l’ottimista era un pessimista male informato, forse ne aveva le
sue ragioni.
Gilberto ne era forse il contrario,
non grasso, mai tenero, urlava tanto o troppo e lo conoscevo da prima ancora.
Là oltre il laghetto, da bambino arrivando, mise in fuga i presenti, già a quei
tempi non stava zitto un secondo, con il tempo ha aumentato il ritmo, il volume
e tagliato le già scarse pause.
Insomma un tipo anche assai
simpatico, ma piuttosto prepotente, se vogliamo. Il secondo mi ha fatto
conoscere il primo e poi il ponte si è rotto e le due antiche sponde non si
toccano più.
Viva Gesù.
Nonostante
tutto non avevamo mai passato molto tempo insieme, neanche quando eravamo
giovani, forse ne avevamo anche un po' di timore, ma ormai era tardi, eravamo
già a San Miniato ed entrambi piuttosto attempati.
Lui non
c'era mai stato, io sì, e mi era piaciuto. Subito dopo il cartello con il nome
della località, entrammo da un macellaio per chiedergli se faceva dei panini. Non
aveva quasi niente in vetrina, focaccia e pane nemmeno l'ombra, ma era gentile,
un vecchietto assai più anziano di noi e sorridente. Ci indicò il centro, lassù
in alto sulla collina.
Trovammo aperto
solo un grande bar ristorante, c’ero stato anche anni prima, dove quella
ragazzina simpatica che mi aveva servito era diventata più che adulta ed era
proprio somigliante a prima, anche nelle frasi interrotte che lasciavano
intendere un seguito che poi non arrivava, ma volendo si poteva intuire.
Era bello il
centro con pochi turisti e le strade semideserte, c'era il sole, ma la
primavera doveva ancora partire, insomma stava ancora scaldando i motori.
Provai a leggere di nuovo la storia di San Miniato su quei cartelli, aveva che
fare con i tedeschi, una volta per distinguerlo dall’omonimo fiorentino, si
chiamava S.Miniato al Tedesco, qui invece eravamo in provincia di Pisa. Troppe
nozioni però camminando, facendo foto, addentando focaccine ripiene di lattuga,
mortadella e stracchino, non si riescono a memorizzare bene.
Entrammo in
una chiesa e di nuovo nell'argomento del nostro comune amico, ma ci intimarono
di fare silenzio e comunque Endro non ne voleva parlare. Io nemmeno. Allora
uscimmo e andammo sulla collina, al Belvedere e alla Torre, il panorama era
notevole e il sole faceva un curioso capolino tra le nubi. Anche qui le foto
non rendono quasi mai merito alla realtà, forse perché quella non si ferma mai
e in una foto hai per forza una visione statica.
Poi ripartimmo,
guidava lui e guidava bene, non per niente era stato a suo tempo camionista, a
Capanne, del camion della spazzatura.
Musica di
Battisti, parole di Mogol, volume piuttosto basso e la campagna scorrendo dai
finestrini ci combinava discretamente, ma le nuvole avevano coperto il sole.
Arrivammo a Certaldo dopo un bel po' e i Litfiba cantavano Il mio corpo che cambia.
Endro mi
garba perché non è uno di quei tipi con cui il silenzio ti pesa. Stando zitti
con una persona che ti piace si sta bene. A volte basta uno sguardo per
schiantare da ridere, come a Certaldo quando ci dissero il prezzo della camera,
pareva così poco che dopo un’occhiata disorientata ci mettemmo a ridere.
La figlia
che si occupava di quell’affittacamere un po' scalcinato non c'era, il padre
era anzianotto e aveva chiamato la moglie, che magari era meno confusa di lui,
ma non rappresentava certo un esempio di lucidità in senso assoluto. Telefonarono
alla figlia e così arrivammo ad alcune parziali certezze.
Ce ne andammo
dunque a fare una doccia e poi a visitare il centro, che era veramente bellino,
piccolo e medioevale a sazietà. Ci sparammo dei colorati cocktails con forse un
po’ troppi e indigesti ammennicoli, tra ombrellini e bandierine. Fatte le foto
e i sopralluoghi necessari alle nostre indagini sulla presunta bellezza della
Toscana, concludemmo che aveva seri motivi di essere così considerata e che
avevamo di nuovo fame.
L'accordo
era che a pranzo andavano bene un panino al salame, che ne so, una fogaccina succulenta con la soppressata,
un po' di frutta e uno yogurt, magari sugli scalini di una chiesa, che di
quelle ce ne erano sempre in abbondanza. Ma alla sera si andava a mangiare bene,
seduti ammodo sulle sedie di una trattoria magari casalinga o anche finta
rustica. Insomma ciò che più ci sconfinferava nei paraggi.
Da non prendere
nemmeno in considerazione ristorantini con i camerieri che attaccavano i
turisti di passaggio e quelli con cuochi paonazzi di cartone e un ammiccante vassoio
di pasta al sugo o polli arrosto fumanti in mano, ma quest’ultime sagome erano quasi
sparite di giro e mio padre, dalla sua tomba ne sarebbe certo stato lieto di saperlo.
Parevamo aver
sciolto un po' la nostra normale tensione, dopo gli aperitivi e poi qualche
bicchierotto di vino e qualche grissino, i discorsi a biscaro fioccavano regolarmente,
come ai vecchi tempi, ma si entrò di nuovo, non volendo, nell'argomento spinoso
che volevamo evitare ed era proprio per quello che ci tornavamo sempre.
Oltre alla Pampa logicamente poi c’è la Steppa, la
Taiga, c’è la Tundra, c’è la Savana, tutte quelle terre non necessariamente
piane dove il Pagiano in autunno si aggira sospettoso, perfino in inverno, ma
la sua patria ideale, Carambola, è collinosa, quasi montagnevole e umida, piena
di alberi secolari.
Buana Cangoni, con il fucile
spianato e gli occhi vigili, lo aspetta al varco. Incroci di battute ataviche e
storie inventate tra film e canzoni, scherzi da adolescenti avanzati.
Avanzati perché non ci avevano
accettato nel mondo degli adulti e forse era meglio così, anche a noi il mondo
degli adulti ci garbava poco o niente.
Ci chiamavamo vicendevolmente pagiano, una storpiatura del normale uccel di bosco. Espressione idiota nata
in un giorno in cui andammo a caccia e non ne trovavamo in giro, nemmeno di altri
tipi, eppure era la stagione giusta e dopo un po’ lui si insospettì e mi
chiese, puntandomi il fucile, se per caso non ne fossi stato io uno.
Buoni
bicchieri e ottime forchette, siamo tutti e due e forse lo siamo sempre stati. Una
volta io ero quasi magro, certo più di lui, e lo sono ancora, ma durante tutti
questi anni ho cercato più o meno incoscientemente di raggiungere Endro, che
però dalla sua ha il vantaggio di una costituzione un po' più robusta, quello
che da noi in lucchesia viene anche detto ossi-grossi.
Insomma
è un fuori-peso innato e con lui non c'è competizione, questo gli dà il diritto
a una muscolatura più forte, a una presenza più imponente e autoritaria, ma
anche a maggiori e peggiori malattie.
Dopo ci parlavo solo attraverso
internet e il vento freddo, tra i rami e le case, a volte mi portava la loro
voce. Uno parlava meno, l’altro gridava di più. Dylan dichiarava che le
risposte soffiavano nel vento, ma quelle non le ho mai sentite, o forse non le
ho sapute intendere, che ne so, almeno un po’ interpretare. Ho sentito perlopiù
bestemmie, imprecazioni, parolacce insomma.
Questi due non si parlavano più, di
chi è la colpa? Non lo so. Ognuno vive la sua esistenza come può, sforzandosi a
volte di spingere contro il muro sbagliato, quando lo si capisce è troppo
tardi. Le emozioni non si misurano con l’orologio ma con in battiti del cuore,
disse quello.
Le risposte il vento non le dà,
almeno a me e a loro, a Bob magari sì. Scrivere però mi dà la possibilità di
stupirmi per le cose già viste un milione di volte, mi permette di apprezzarle
nude e pure, ogni giorno diverse, senza i filtri controproducenti
dell’abitudine. Scrivere trasforma la mia vita insignificante in un film con
John Wayne e il finale - almeno dentro di me – io lo cambio tutti i giorni,
direi invano, ma non si sa mai. Magari non ci
sono riuscito, ma senza questa mia determinazione sarei stato certo peggiore,
ho passato una vita a cercare di essere buono, non per un fine astratto o una
regola stabilita dalla chiesa, credo solo che in pratica sia meglio. Forse
anche in teoria.
Ma
noi non eravamo certo lì per pensare alle magagne, piuttosto per goderci la
vita, così mangiammo e bevemmo a sazietà, forse pure esagerata, e poi pagammo
il relativo conto che era ingente, sì, ma proporzionato alla qualità e alla
quantità. Piuttosto ubriachi vagammo a piedi su e giù per l'incantevole borgo
di Certaldo, sulle salite respirando a fatica, per le discese cantando Tu scendi dalle stelle, per via di quel
cielo trapuntato e romantico, imitando la voce di Topo Gigio. Fummo di nuovo
invitati al silenzio da una persiana non bene identificata, ma che dopo tutto considerammo
avesse le sue buone ragioni.
Era
arrivato il caldo intanto, forse era solo per via dell’alcool sparatoci in gola,
o forse no. Tornare alla nostra stanza non fu facile, le stradine sembravano
tutte uguali, portavano a quella più grande in punti diversi, ma simili. Guidavo
io, Endro dava consigli di percorsi per lo più sbagliati, ma anche fare il
contrario di quello che diceva lui non funzionava.
Alla
fine ci riuscimmo e quando arrivammo notammo che di lì c’eravamo già passati
più volte, ma senza accorgercene e allora bestemmiammo un po’, per via della forte
e logica gratitudine.
Anche
quella notte era sfociata in una mattina, come di solito succede, fummo
svegliati da un gallo del vicinato e da un conto triplo rispetto al
patteggiato, con la scusa che la signora aveva capito che volevamo solo fare
una doccia e ripartire. Difatti la sera l'aria condizionata non aveva funzionato
e il bagno era stato freddo, per fortuna per essere primavera era assai caldo e
poi si era bevuto assai. Dissero che pensavano addirittura gli avessimo rubato
la chiave, o peggio qualcosa dentro la stanza, poi entrando con il passpartù
avevano visto le valige aperte e si erano tranquillizzati, ma l’interruttore
dell’aria condizionata e della doccia non lo avevano attaccato lo stesso, forse
se ne erano dimenticati.
Endro
si mise senza fretta e senza mai sorridere a fare una trattativa e ottenne uno
sconto del 20% per via del malinteso, che poteva esserci stato chissà per colpa
di chi, ma il trattamento a livello di servizi e gestione era stato carente e
incompleto, insomma ingiustificato per un eventuale prezzo pieno.
Mi
ha raccontato Endro poi che l’avevo svegliato più volte con il mio braccio
destro, che forse cercava una donna e non m’importava se poi era un maschio
grassoccio e peloso, giacché dormivo e chissà cosa sognavo. A un certo punto mi
ha chiesto a voce alta perché non me lo mettevo in culo quel braccio lì e io
dormendo gli ho risposto che ci avrei pensato.
La
prima lezione di vita fu che di essere considerati omosessuali dagli
affittacamere non ci importava, ma il letto matrimoniale era logisticamente
scomodo e i letti singoli erano migliori, anche se forse più cari.
Chi parte sa
quello che lascia, ma non sa quello che trova e viceversa, soprattutto
viceversa. Faccio del moto a luogo, per luogo,
perfino da luogo, per uscire da questa quantica abulia, ma devo premunirmi
perché poi non voglio entrare in un'altra, che la prossima non ci sia.
Mi sposto non solo idealmente da un
punto A a un punto B di uno stesso mondo emerso, l’unico che abbiamo e
c’illudiamo di conoscere. A piedi, in bicicletta, in automobile o anche in
aereo, ma questo non ha eccessiva importanza.
Per dimostrare a me stesso, forse, o
agli altri che devo, posso o anzi voglio… insomma vorrei solo scollare
l’indirizzo da questo pacco di ciccia, magari attaccarcene un altro.
La libertà è meglio della prigionia,
fin qui ci siamo, ma a volte è anche una schiavitù.
Dove finisce la Patagonia?
La Terra del Fuoco ne fa parte o no?
Prima bisognerebbe anche sapere dove
comincia, ma ci sono controversie a riguardo, i Cileni dicono una cosa e gli
Argentini un’altra, poi magari si mettono d’accordo, non c’è alcuna fretta.
Insomma cerco di non pensare alla
mia vita di là, per non confrontarla con questa di qua, che essere turista è
una cosa, la routine di chi deve lavorare è un’altra. Però a confondere le due
cose c’è il fatto che qui ci sono nato, conosco un sacco di gente, ci ho
passato più di metà della mia vita.
S.Gimignano
è troppo turistica, il nostro giro è rapido e decidiamo anche che per mangiare
si può anche fare dopo a Volterra, che è vicina e più appetibile, per noi orsi
che fuggiamo dalle folle e dai selfies. Siamo diventati tutti e due allergici
ai turisti eppure le nostre vite sono andate avanti separate in tutti questi
anni a quasi una quindicina di migliaia di chilometri di distanza.
Volterra
è bella assai e troviamo un ristorantino che per la sera va bene, sul menù
appeso fuori si dice che ci cucinano alla maniera medioevale, non sappiamo come
sarebbe, ma siamo curiosi. Poi alle due di pomeriggio sugli scalini di una chiesa
consumiamo fogaccine, frutta e yogurt come da contratto.
Anche
a Volterra purtroppo il turismo è uno sport diffuso, ci chiediamo se un mondo
perfetto prevede il nostro totale appannaggio alle risorse disponibili. Forse
anche dell'universo. Rispondiamo senza dire niente che è la gente che ci dà
noia, ma neanche, è piuttosto la gente come è diventata negli ultimi 20 anni
che non sopportiamo.
Fatte
le foto e le considerazioni naturali e dovute ci troviamo un po’ stanchetti
sotto all’anfiteatro e torniamo verso il ristorante che sta riaprendo, ci
arriviamo cotti e stracotti.
Scopriamo
che nel medioevo si mangiava anche bene, ma non avevano gli stessi nostri
problemi di digestione e andiamo a cercare un posto per dormire, tornando verso
S.Gimignano c’è una zona dalla vegetazione differente, dei poggi brulli e la
terra secca, lì troviamo un agriturismo un po’ rustico che ci sfagiola e non è
caro.
La
mattina ci svegliamo in mezzo alla nebbia e con la finestra aperta ci si sono
gelate le ossa.
Guardiamo le nuvole che scorrono davanti a noi
sul palcoscenico delle colline metallifere laggiù indoviniamo il Monte Amiata
mentre scendiamo verso sud, da Pomarance verso Chiusdino.
Il
discorso indiretto è quando il dialogo tra due o più personaggi viene riportato
senza usare le loro frasi precise, ma solo i concetti le idee fondamentali. Qui
per esempio sarebbe brutto ricopiare le bestemmie che nel traffico indirizziamo
a quelli che ti si incollano a un metro dietro perché hanno fretta, noi non ne
abbiamo, non stiamo lavorando né niente, ma ci sentiamo spinti e stimolati al
turpiloquio, che di per sé non amiamo, ma ne riconosciamo le indubbie virtù
terapeutiche, che consistono nello scaricare strategicamente quanto più violentemente,
sulla campagna circostante, le proprie emozioni negative. Certo in un paesaggio
cementificato e urbano di asfalto e palazzi sarebbe peggio e ne consideriamo la
differenza.
Con
tutta la bellezza attorno della Toscana che scendeva verso sud ci siamo messi a
parlare dei vecchi tempi. In alcuni casi erano buoni e in altri magari meno.
Con l'adolescenza si era entrambi fatto i conti senza l'oste, nel senso che ci
si stordiva nel bere, ma non se ne ricavava grande piacere, oltre ai mal di
testa del giorno seguente. Forse per via delle pene di amore o si era
biscarotti e basta, il mondo ci sfidava e ci batteva regolarmente già nella
routine. Ma si era giovinotti inesperti, non che dopo si fosse diventati tanto
esperti, ma invecchiati quello sì. Nel rimembrar dantesco di inferni purgatori
e paradisi, nel su e giù delle strade e delle località boschive, fino ad
arrivare a San Galgano ho guidato io.
Gli
Audio 2 napoletani imitavano Battisti
mentre scendevamo la collina, curva su curva, ma era quello più moderno, di Sì viaggiare o Prendila così , non quello proprio modernissimo ed ermetico, che
non c'era garbato a nessuno dei due. In questo disco addirittura il vero e
vetusto Mogol ci aveva messo le parole e narrava di un caratteraccio spinoso
come il nostro, paragonato a un cactus, o forse due.
L'abbazia
ci ha abbacinato subito, come se il sole che faceva breccia tra le nuvolette e
girasoli attorno la facessero illuminare di santità, siamo rimasti senza
parole, e le omissioni contemplative che ne derivavano ci hanno lentamente
condotti alla nostra adiacente italiana spada nella roccia.
Le
nuvole più grosse poi sono arrivate, non la pioggia, ma la fame sì e siamo
risaliti verso Chiusdino alla ricerca di panini, frutta e yogurt.
Abbiamo
girato intorno poi, fino a trovare la chiesa e i relativi scalini, davanti
c’era un alimentari aperto e abbiamo comprato il necessario. Non avendo frigoriferi
prendevamo sempre e consumavamo tutto al momento tutto, di solito ci riusciva.
Abbiamo
mangiato e riposato un po' sotto un grande albero, forse una quercia, ci siamo
messi a studiare le mappe della Regione per poi decidere di abbandonarla,
l'Umbria non era poi lontana e la zona del tufo ci attirava a cominciare da
Orvieto ma passando da Roccastrada.
Ci
siamo messi in marcia, ma sulle ruote, con la musica degli Avion Travel che Endro
non conosceva, diciamo che è pur sempre restio ad ogni novità, ma dopo un po'
ci si è abituato.
Ce
ne era una che aveva addirittura vinto il festival di Sanremo è quella la
conosceva già e gli garbava, dopo un po' però ha voluto un po' di Premiata
Forneria Marconi dei primi tempi, a partire da Impressioni di settembre che anche a marzo in quella zona ci
azzeccava abbastanza.
Allora ho cominciato io a raccontare la mia
vita in Patagonia, l’allevamento delle api e il commercio del miele, le pecore
e il formaggio, la cura e la morte di Marisa, madre di mia moglie Zara con l'alzheimer,
3 anni e mezzo di agonia e di turni di notte finiti i quali mia moglie mi ha
lasciato. Ecco perché mi trovavo in loco libero, mio malgrado, da ogni vincolo
e senza figli.
La
Maremma attorno scorreva con una pletora di paeselli abbarbicati sui cocuzzoli
circostanti, la Premiata Forneria Marconi aveva lasciato le orecchie a Piero
Ciampi: Il merlo, Il vino e tutti i
suoi successi di nicchia e livornesi. Endro non lo conosceva e non gli è
piaciuto, non ci si voleva abituare.
Chissà
perché allora abbiamo cominciare a parlare delle festine da tardi adolescenti,
cose più allegre. Siamo finiti a parlare del commissario Maigret che a lui non
è mai piaciuto, forse perché assomiglia abbastanza a Gino Cervi, suo malgrado, anche
come movenze e carattere scherzoso ma incazzereccio, con i baffi, che con gli
anni sono diventati una barba prima sale e pepe, poi solo sale, ma con gli
occhi chiari e anche i capelli meno scuri, che ora sono bianchi. Anche se di
un’epoca differente, come il Maresciallo Rocca e l’Ispettore Derrick, ora a me
ricordano piacevolmente le allora angoscianti serate invernali in famiglia, il
commissario Koester addirittura aveva una certa somiglianza fisica con mio
padre.
Rocca
piaceva anche a mia madre, per via di Proietti che lo interpretava e lei canticchiava
anche la musica della sigla. A Endro nessuno di questi sconfinferava e allora
ne ho ricavato che non gli gustano i polizieschi in genere e numero.
Io
invece mi sono trovato improvvisamente appassionato spettatore di tutti questi
polizieschi e poliziotteschi, perché là in Patagonia, come adesso praticamente
ovunque per il mondo, si possono scaricare in internet.
Roccastrada
non era particolarmente bella, ma piuttosto interessante, appiccicata sulla
roccia grigia, nella parte più alta con la macchina non ci si passava e chi ci
abitava aveva sotto casa un Apecar, ne
abbiamo fotografato vari, di colori diversi e abbiamo parlato un po' con la
gente, alcuni erano affabili e allegri, altri tristi e rassegnati.
A
Boccheggiano ci siamo passati di proposito per vedere se riuscivamo anche noi a
boccheggiare, il vino era buono e a onor del vero dopo abbiamo boccheggiato
abbastanza, ma nostro malgrado abbiamo appreso che il nome aveva l’accento
sbagliato, cioè sull’ à e non sulla é.
Nel
bar c'era musica brasiliana, ascoltavano Zeca Pagodinho, una specie di inno
all’autodeterminazione.
Se eu
quiser fumar,
eu fumo
Se eu quiser beber, eu bebo
Pago tudo que eu consumo
Com o suor do meu emprego…
(Se
voglio fumare io fumo
Se
voglio bere io bevo
Pago
tutto quello che consumo
Con
il sudore del mio impiego…)
Non
mi ricordo quante volte ci siamo sbronzati, ma oltre alle località citate,
abbiamo visitato con un certo successo i bar delle seguenti: Pitigliano
(bianco bòno), Orvieto (pure bianco), Montefiascone (non poteva mancare),
Marta, Capodimonte, Bomarzo, Bagnaia - qui di notte, dalla solita persiana
chiusa, a seguito di una mia scorreggia, mi hanno anche chiamato porco - e Lago di Vico,
cresciuto dentro un vulcano ma spento. Poi, sulla strada del ritorno: Tuscania,
Orbetello (discoteca Kitikaka), Porto Ercole, Batignano, Monte Pescali, Suvereto,
Sassetta, Castagneto, Bibbona e Castiglioncello, dopo il Romito abbiamo preso
l’autostrada.
Mi
piace ricordare e scrivere i dialoghi, soprattutto con il discorso diretto,
parola per parola. Se avessi dovuto raccontare questo mese nel modo a me
consueto ci sarebbe venuto un romanzo, ma ci voleva troppo tempo e una pazienza
che non ho mai avuto. Tanto per favorire il bene della sintassi, ho così
sperimentato la praticità del discorso indiretto.
Doveva
essere una settimana, siamo rimasti fuori quasi un mese e siamo tornati stanchi ma
felici. È stata una bella gita, ci siamo divertiti assai, abbiamo sviscerato alcuni
problemi fondamentali e riso del futuro, del presente e del passato, nel bene e nel male, abbiamo
visto dei posti bellissimi e fatto delle foto che purtroppo non hanno reso
giustizia alla bellezza dei luoghi.
Visto
che ora è di moda, al ritorno il figlio maggiore ha chiesto a Endro quale era
stato il borgo della Toscana che gli era piaciuto di più e lui ha risposto
Civita di Bagnoregio, me ne ha pure chiesto conferma e io ho detto di sì, che era
garbata assai anche a me, però ho aggiunto che era in provincia di Viterbo,
perciò era Lazio e non Toscana.
Endro
si è arrabbiato, ha detto che mi divertivo a contraddirlo sempre, al che io mi
sono trovato senz'altro d'accordo con lui. Quella era sicuramente tra le attività
che mi davano continua e durevole soddisfazione. Ammettevo altresì che la
geografia non fosse matematica, purtroppo però aveva anche quella delle regole piuttosto
rigide. Tutta la famiglia ha riso ma Endro no.
Poi
mi hanno accompagnato da un affittacamere di Cerasuola, molto più a sud il
vento freddo della Patagonia mi aspettava già, o forse no.
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