Tino e Pino, due comici che non fanno più ridere nessuno, hanno deciso
di andare in montagna, alla casetta dello stesso Tino Pieri detto Zazzera, che
si trova alla Doganaccia, 1458 metri sul livello del mare, basse maree escluse.
Per ritrovarsi con se stessi, ha detto Zazzera, di conseguenza anche con gli
altri; è stata un’idea sua tra le tante e fra le poche accettate da Pungitopo,
al secolo Pino Gramaglia. Mentre salgono in Fiat Panda beige, i pini, le acacie
e i castagni si succedono fino a diventare progressivamente faggi, larici e
abeti. I tornanti sembra che invece vogliano andarsene, non si sa proprio
perché hanno insistito nel fare una specie di strada intorno a quelle buche. Si
sono divisi i compiti: Zazzera parla e Pungitopo guida, ma anche se si scambiassero
i posti, la distribuzione delle frasi risulterebbe ugualmente scompensata:
“Due vicini di casa, A e B, litigano per causa del gatto C di A che ha
sconfinato e non contento si è anche sbafato una lattina di tonno, di cui a
rigor di legge non era il legittimo proprietario. Se ne deduce in primis la
scarsa dimestichezza dei felini col Diritto Civile, Penale e comunque Romano,
fin qui niente di strano. Ma cosa ci faceva quella lattina lì aperta e fuori
dal relativo frigo? Mistero. Il tonno è in estinzione, la sua pesca proibita in
ogni dove. Nebbia fitta anche sul fatto non trascurabile che il vicino B dice
che il gatto C non era suo, non ha mai allevato gatti, giacché non gli sono mai
piaciuti, perché fondamentalmente sono dei ladri e invece lui purtroppo, in
questo mondo che è quello che è, cioè è sempre stato fin troppo dolorosamente
onesto…”
“Mmmm. Troppa carne al fuoco, oppure troppo pesce stagionato anche se
in lattina, secondo me poi ci sono troppe T: fitta-fatto-gatto-gatti, inoltre non
si capisce dove vuoi andare a parare.”
“Quest’ultimo può anche essere un lato positivo, non ti pare?”
“No. Non mi pare. Mi incuriosisce però un dettaglio, forse
insignificante per te, ma importante per me: come sono i due vicini A e B?” Dice
Pungitopo.
“In che senso?” Risponde domandando Zazzera.
“Sono grassi o magri? Io uno lo farei grasso, per esempio, che fa più
ridere.”
“Non sono d’accordo, noi siamo uno grasso e uno magro, ma non facciamo
ridere.”
“Ora no, ma una volta la gente rideva.” Dice Pungitopo.
“Sì, ma non perché eri grasso, e con ogni probabilità non ha smesso
perché sei dimagrito.” Replica Zazzera con decisione e una simbolica e ammiccante
mezza fetta biscottata nella mano destra.
“Può essere, ma i grassi fanno decisamente più ridere, guarda Gino Bramieri,
quando ha avuto quel calo di peso gli è calata pure la popolarità e la simpatia.”
“Magari uno che dimagrisce
diventa più nervoso, allora automaticamente ecco che è meno piacevole.”
“E poi è anche il contrasto trai
due che fa ridere, come Stanlio e Ollio per esempio.”
“C’è del vero sparso qua e là, un po’ disordinatamente, nelle tue
parole. Comunque...”
“...e comunque, mentre dimagrivo
io, stavi ingrassando te, il contrasto diminuiva e allora…”
“Facevamo meno ridere.”
“Automaticamente un magro più
grasso e un grasso meno magro si annullano a vicenda…”
“Si trattava di pochi chili,
comunque. In entrambi i casi.” Evidenzia Pungitopo.
“Purtroppo la gente è
sensibile.” Replica Zazzera.
“Direi che la gente più che
sensibile è stupida.”
“Amo il tuo ottimismo Pungitopo.
E magari sono due aggettivi che non si escludono affatto l’un l’altro. Anche se la persona intelligente è più spesso
quella sensibile. E poi anche la stupidità è una roba instabile, molto influenzabile
dalle inevitabili variazioni spazio-tempo. Anche se, lo ammetto, assai meno
dell’intelligenza.”
“Cioè?”
“Dipende da tante cose, anche
fattori esterni oltre a quelli interni.” Chiarisce Zazzera.
“Qualche esempio pratico?”Chiede
Pungitopo.
“Può dipendere dalla felicità,
dal successo che hanno, dalla realizzazione dei loro progetti.”
“Parli di noi due in
particolare?”
“No, della gente in generale.”Spiega
Zazzera.
“E noi due allora siamo diventati stupidi perché non avevamo più
successo e quindi felicità, o ci mancava una qualsiasi realizzazione dei nostri
progetti?”Chiede Pungitopo.
“Evidentemente c’è stato un momento in cui le due tendenze parallele si
sono autoalimentate, insomma: abbiamo avuto una flessione significativa e anche
se non ce ne siamo accorti, in quel periodo di tempo X, le cose hanno cominciato a scendere verso il
basso.”
“Però potrebbe anche essere successo che la flessione l’abbia avuta il
nostro pubblico, prima di noi e che abbia causato o influenzato la nostra.”
“Cioè?”
“La gente è diventata triste, gli è passata la voglia di ridere, quindi
ha accettato di meno le nostre scenette, noi ci siamo rimasti male, non abbiamo
saputo reagire e ci siamo ostinati coi vecchi clichées, invece di rinnovarci ci
siamo pietrificati su certi stereotipi che prima funzionavano e dopo non più.”
“Allora non sappiamo chi ha cominciato prima e perché.”
“Anche se lo sapessimo questo ora non ci aiuterebbe, credo.”
“Io invece penso di sì, prima di ripartire bisogna sapere cosa ci ha
fermati, quello che ci ha interrotti. Sennò non sappiamo nemmeno che direzione
prendere.”
“Aha! Qui ti volevo: allora è nato prima l’uovo o la gallina?”Domanda
Pungitopo.
“Facile: l’uovo, sennò i dinosauri da dove sono usciti fuori? E poi per
quale diavolo di motivo l’ornitorinco
non allatta mai le sue stesse uova?”Chiede rispondendo Zazzera.
“Forse perché sono chiuse e gli riuscirebbe difficile farlo senza
aprirle?”
“Forse, ma intanto senti questa: Il signor Oscar Cialdini si sveglia
dall’anestesia e si trova nel medioevo, tutto attorno suore con enormi copricapi
bianchi, parlano una lingua simile al latino dell’epoca, che lui non capisce
bene, ma acchiappa qualche parola qua e là. All’inizio pensa che sia un sogno
piuttosto realistico, ma solo un’illusione bizzarra, causata forse dalle forti
iniezioni che gli hanno applicato in precedenza. Si chiede quindi perché proprio
in quell’epoca che fra le tante era stata una tra le più buie e come sia
possibile che intorno non ci sia plastica e così tanta Scolastica (filosofia tra le più avare di ogni tipo di
speranza per l’uomo, inteso come umanità) a dominare ogni pensiero o azione
attorno a lui. Tra le prime frasi che riesce a intendere, sente che parlano
della fine del mondo, allo scoccare dell’anno mille, commenta allora che - a
occhio e croce - mancano ancora 3 o 400 anni, ma nessuno degna di attenzione le
sue timide parole. Magari non lo capiscono, ma intanto egli nota che il sogno
non accenna a svanire, anzi si arricchisce di particolari curiosi. Cerca di
comunicare con le suore per capire cosa ci stia facendo lui lì, visto che a
quel tempo la medicina era assai arretrata e non avevano ancora nemmeno
inventato l’anestesia, poi si accorge che non ci sono altri malati, si rende
conto che lo trattano con esagerato rispetto. Le suore coi cappelli enormi gli
fanno capire che è molto malato e gli mostrano delle file di sanguisughe
attaccate al suo corpo sotto le coperte. Finalmente arriva un medico oppure è
un frate o tutt’e due insieme, con un saio, insomma una tunica, ma potrebbe anche
essere una specie di tuta spaziale...”
“Ma è una tragedia o una commedia? E chi te l’ha dato ‘sto testo?”
“L’ho scritto io.”
“Quando?”
“Ieri l’altro, mentre ero in fila in banca.”
“Allora si spiega. Beh, fa abbastanza schifo ed è pure di difficile
applicazione in scena. Come cazzo fai a scrivere in fila in banca lo sai solo
te.”
“O magari sei tu che non capisci niente. Non scrivo esattamente a chiare
lettere, ma sussurro di nascosto in un minuscolo registratorino le idee
principali. Aspetta a giudicarlo, rompicoglioni che non sei altro. Lasciamelo almeno
finire.”
“Vabbuô... ma fai alla svelta.”
“Vaffanculo. Perdonami la franchezza, è del tutto spontanea e sincera.
Intanto c’avrei anche questo monologo moderno e attualissimo. Questo ti
piacerà, ne sono sicuro.” Dice Zazzera e Pungitopo sbuffa impaziente.
“Vai.”
“A volte penso che per ristabilire una linea coerente di rapporti coi
miei vicini dovrei comprarmi un bazooka, ma è un articolo piuttosto caro, ci
sono dei problemi per il porto d’armi e in fondo gli esseri umani tendono
naturalmente all’imperfezione, da sempre, si accorgono subito quando sono
disturbati, è vero, ma non capiscono con la stessa istantanea prontezza quando
sono loro a incomodare gli altri. O forse esagero, magari una bomba incendiaria
di tipo Molotov potrebbe anche essere sufficiente e risultare allo stesso tempo
efficace...” Pungitopo torce la bocca, Zazzera lo guarda, forse dentro di sé
assai sorpreso ma completamente inespressivo fuori, proprio in quell’istante un
camion li sfiora sulla curva a strapiombo sul burrone e sottostante torrente e
li fa tremare di paura, ma fanno finta di niente in silenzio, stavolta
all’unisono. La Panda riparte.
A forza di scenette promosse con entusiasmo da Zazzera e puntualmente
bocciate da Pungitopo, sono arrivati quasi a destinazione, ma quest’ultimo si deve
fermare a vomitare accanto a una pietra miliare che pur se non richiesta gli
testimonia il chilometro 41 e l’altezza di 1380 metri sul livello del mare. Zazzera
obbietta che avrebbe dovuto piuttosto essere stato lui a rimettere, giacché non stava guidando e si era sorbito
tutte quelle curve. Pungitopo tra un effetto sonoro e l’altro trova l’ironia di
chiedergli scusa e gli propone di scambiarsi il volante. Zazzera però si
dispiace che non ne ha purtroppo nessuno da dargli in cambio e fattasi una
pisciatella rigenerante quanto necessaria, ripartono. Ora manca poco alla
destinazione. Lassù scaricano copiosi scatoloni di vettovaglie e valige strabordanti
sbuffando per lo sforzo il relativo vapore caldo dalla bocca. Coll’aria fresca Pungitopo
recupera un po’ di quel colorito facciale svanito prima. Entrano nella casetta
gelata, accendono il riscaldamento a ciocchetti e pigne secche nel camino, che all’inizio
non vogliono bruciare per la troppa umidità accumulatasi in loro assenza. Si
preparano per la cena. Intanto Zazzera propone di dipingere a parole due comici
a caso affetti da manie depressive, che secondo lui fanno sempre ridere, ma Pungitopo
obbietta che farebbero anche sorridere, sì, ma solo chi personalmente non
soffre di depressione, un numero di individui che sta sensibilmente aumentando
al mondo, mentre gli altri automaticamente diminuiscono. Oltre a questi già
distribuiti abbondantemente sulla terra, anche amici, conoscenti e parenti di
maniaci depressivi e affetti da varie e possibili malattie mentali derivanti e
affini, non vedrebbero queste situazioni con il necessario distacco, né con una
qualsivoglia complicità, per poterne nemmeno timidamente sorridere. Zazzera
però replica che la gente spesso ci gode a veder soffrire il suo prossimo. Lo
stesso prossimo logicamente ama gli altrui calvarii (che terminando con uno
iato si dovrebbero scrivere con due ii), si rallegra di non farne parte, ma la
loro vista li conforta, gli fa capire di averci lavorato bene, in un certo qual
senso. La casetta di Pungitopo è fredda e assai polverosa, l’ultima visita
risale a tre anni e sei mesi prima. C’è un silenzio che spacca i timpani, tutto
è romantico e nostalgico, ma dipende anche sempre e comunque dai punti di
vista. Da lontano si sente scorrere un torrente, oppure qualcuno dei vicini si
è dimenticato la televisione accesa. La cena è assai frugale: carne Simmenthal
e insalata, rosate cipolle sottaceto fatte in campagna, tonno sott’olio e
piccolissimi würstel olandesi di marca Tulip, legati tra di loro in fila
indiana e conservati nel liquido di un’arrugginita lattina. In Italia non si
trovano più, ma un amico di Pungitopo, Mauro Giovacchini, (detto il Lardo di
Colonnata per via della sua massiccia e cilindrica stazza di stile Ionico,)
sapendo che ne era ghiotto, glieli ha portati da Rotterdam. Meno male che il
pane è buono e casalingo, evidentemente cotto a legna.
Zazzera cucinava bene assai, una volta, ma da quando ha perso il suo
pubblico non gliene è venuta più voglia. Pungitopo era un bongustaio ai suoi
tempi, ora una Simmenthal gli pare già uno spreco inutile e poi ha vomitato da
poco e ha ancora una certa nausea.
Dopo mangiato, fatto un giretto fuori di non più di tre minuti, scolata
l’ultima goccia di whisky invecchiato per decenni nella casetta, siedono
davanti al caminetto acceso, discutono l’ipotesi della scenetta dei due comici
che non fanno più ridere. Uno è grasso e l’altro è magro, il primo è euforico e
il secondo è depresso. Uno è ottimista e l’altro è pessimista. O tutti e due
pessimisti sfegatati, che fanno più ridere? No, anzi, al contrario, mormora seccato
Pungitopo.
Ormai alla TV non stanno già più lavorando, per i loro spettacoli a
teatro o nei grandi tendoni urbani sono sempre più rari i contratti e se non si
sbrigano a trovare una soluzione valida, pratica e veloce, con ogni probabilità
verranno tacitamente esclusi, sostituiti nella mente della gente da più
giovani, promettenti o anche solo più commerciali e banali macchiettisti
emergenti. La qualità si è abbassata sotto i livelli di guardia, negli ultimi 30
mesi, che in altre parole sono due anni e mezzo, le battute via-via più
aggressive e loro non possono certo seguire la moda, devono trovare subito
funzioni e risposte alternative, senza mortificare quella che per loro è ancora
arte. Ricordano che prima di diventare successo era divertimento puro e a volte
anche sfrenato. Quell’umorismo che aveva il loro marchio di fabbrica era
personalissimo e sottile, impalpabile, la gente si spanciava e non sapeva
nemmeno perché, forse proprio per questo poi improvvisamente è sparito nel
nulla, senza lasciare traccia, se non un lieve odore di zolfo, che coscientemente
sentivano solo loro due, però.
Si potrebbe dire che il momento culminante dell’inizio del loro
insuccesso è stato quando hanno rifiutato di partecipare a Canzonissima, per
motivi artistici, certo, ma anche etici e professionali. Allora sono sembrati
snob a qualcuno, o magari a tutti o quasi. Oppure quando hanno declinato
l’invito a presentare il Festival di Sanremo, i soliti tutti o quasi hanno
pensato che loro due se ne sentissero al di sopra e allora li hanno stroncati definitivamente
in poco tempo. Hanno rifiutato di appoggiare le elezioni, sia da destra che da
sinistra. Entrambe le coalizioni a quel punto li vedevano come potenziali
manifesti delle loro idee, immagini di ideologie almeno teoricamente opposte, mentre
ognuno interpreta spesso alla sua maniera, com’è magari poco giusto ma pur fin troppo
umano. A quel punto erano già impanati e fritti. La loro scenetta con la famosa
battuta “… i candidati si accusano a vicenda di accusarsi a vicenda…” passò
pressoché inosservata, eppure era buffa. Perché cercare un motivo che fosse solo
di forma, allora, di una comicità che seppure assai raffinata, prima era un
modello di efficacia e improvvisamente non funzionava più, quando invece le
cause erano state di tutt’altro tenore? Si sarebbe potuto dire che il mondo era
impazzito, attorno a loro, magari semplicisticamente, ma poi quando avrebbe
cominciato a perdere il mirinvengo? Avrebbe significato dare tutta la
responsabilità da una parte e separare tutta la verità dall’altra. Il mondo era
ammattito, erano finalmente d’accordo su quel punto, ma da quando? E poi erano
loro stessi gli unici a essere rimasti fermi, fuori, a distanza, per poter distinguere
la realtà imperante?
Meglio andare a letto.
Pungitopo ha un po’ di emicrania e un pigiama stampato cucitogli da sua
madre tutto a spicchi di mandarino arancioni su contrastante sfondo di scura marmellata
di mirtillo. Zazzera uno di quelli di pile beige, caldo e confortevole, che con
quello addosso pare un orsacchiotto spettinato colla barba di tre giorni. Nel
grande letto matrimoniale, al buio, non fanno in tempo nemmeno ad avere freddo,
Zazzera parte come un trattore smarmittato, Pungitopo è meno continuo, cambia
spesso di marcia, ma russa come un porco sgozzato.
Una volta chiuse le segherie notturne, al mattino la casa risuona del
silenzio di anni luce di solitudine, di tristezza incallita nelle ossa. Il
freddo si taglia col vapore che esce dalle bocche assetate di caffè, (basta che
sia caldo) e affamate di toasts, accettabili anche bruciacchiati. Oltre il
vetro appannato della finestra un nebbione impenetrabile, non possono nemmeno
vedere che nel posteggio c’è solo la loro vecchia Panda. Si vestono da
sciatori, anche se la neve non c’è ma solo un freddo bagnato. Facendo colazione
cominciano a discutere su cosa fa ridere oppure no. Accendono il caminetto che,
per assenza di vento e sovrappiù di umidità, butta il fumo verso dentro. Devono
aprire le finestre, la scomoda sensazione termica aumenta invece di diminuire.
Concordano imprecando solo su una cosa, anche se ora non gli pare proprio una
verità: spesso sono le cose impreviste che strappano la risata, quelle che - vadano
bene o male - fondamentalmente non corrispondono a come si erano pensate prima.
Quelle previste sono le più soporifere e infatti appena il fuoco si accende, un
po’ di caldo gli rilassa le membra tese dal gelo, ecco che sbadigliano a più
riprese, perché sbadigliare è contagioso e poi il loro umorismo è assopito
ormai da mesi in un sonno di piombo. Ecco che si alza anche la tramontana,
spazza via la nebbia e il caminetto finalmente tira bene e divora la legna,
porta finalmente un po’ di calore i due si spostano, sempre più vicini, ora possono
mangiare e bere caffè, mentre ripercorrono, come ogni giorno, la via crucis che
li ha portati a diventare due ex comici.
“Era iniziata la bolla degli immobili negli USA.” Rammenta Pungitopo
collo sguardo perso oltre la seggiovia.
“Bolla che scoppiò ben presto anche da noi.” Ricorda Zazzera
ravviandosi i capelli colla mano.
“Sì. Un grossa bolla che guarda caso a noi ci mandò in bolletta.”Pungitopo
ignora sistematicamente le battute di Zazzera, il quale di rimando non ride mai
a quelle – certo più rare - del compagno di avventure ma anche di sventure.
“Che anno era? Il 2009?”
“O il 2008?”
“Comunque sia sono quasi 10 anni...”
“Che noi invano ci danniamo per capire...”
“Anche se in quel momento sembrava andare tutto bene.”
“Sì, forse, però la gente ha cominciato ad avere paura.” Ammette
Pungitopo.
“Ma non per questo ha smesso di ridere.” Replica Zazzera.
“Beh... non da un giorno all’altro direi, è stata una cosa graduale.”
“La consueta rana nell’acqua tiepida?”
“Beh... sì, il cittadino del mondo occidentale è diventato un anfibio
perennemente a mollo, non lo sa, ma lo stanno lentamente portando
all’ebollizione, in un certo senso è lui stesso che indirettamente determina la
temperatura, quindi il suo destino. Ma non lo sa e da’ la colpa agli altri, chiunque
essi siano, non importa. Meglio se sono poveri più indifesi e vulnerabili di
lui. ”
I due ex comici cercano di dare caratteristiche fisiche e morali ai
personaggi scelti, si fa per dire, perché è stato più o meno come guardarsi
allo specchio. Di solito nelle loro scenette Zazzera era il settentrionale e
Pungitopo il meridionale, ma non sempre. La gente rideva quando il sudista
sbagliava i congiuntivi e li sostituiva con dei condizionali, quando insisteva
nel mettere sistematicamente il CI al posto del NE. Rideva del razzismo mal
nascosto del nordista e peggio ancora a se stesso pessimamente confessato. Il
loro amico Mauro, il massiccio Lardo di Colonnata, non si era sorpreso affatto
quando la loro fortuna aveva girato, anzi:
“Personalmente mi sono stupito che avete durato tanto. Per me è stato
un movimento collettivo inspiegabile. La gente è molto più sprovveduta di
quello che pensate voi, coltiva la propria ignoranza con affetto materno, come
se sapere gli facesse paura, vuole conoscere sempre meno, perché sapere è una
roba che gli fa male, li obbligherebbe a muoversi in maniera cosciente, a fare
qualcosa per migliorare. No, no. Troppa fatica. Meglio incolonnarsi
nell’imbottigliamento sociale, essere tutti diversi travestiti da uguali e
viceversa. Seguire le mode. Ridere tutti insieme. Fare del bullismo estremo e
violento verso ogni cosa che differisce dal pensiero unico dominante. Il vostro
è un umorismo quasi alla Woody Allen, psicologico anzichenò, solo che quelli
non vi hanno capito, quella è stata la vostra fortuna, hanno frainteso e
ridevano anche assai, ma non se lo spiegavano nemmeno loro.”
Si erano limitati a mandarlo cordialmente affanculo, tutto ciò non
aveva alcun senso. Però ora le parole di Mauro echeggiavano nelle rispettive, dolorosamente
vuote eppur assai turbolente cervici, con un’aura di potenziale verità che
insisteva e martellava, suggeriva e intanto aspettava quelle risposte che loro
non erano in grado di dare, ma nemmeno di auspicare, tanto erano bloccati e
ansiosi di ripartire, che ogni movimento era improbabile perché troppo
desiderato e senza alcune basi solide per spiccare un qualsiasi “salto della
bodda”, come si chiama il rospo in Toscana. Insomma: a quei tempi per loro era
piuttosto prematuro, ma proprio allora era nato, anche se nel frattempo era
purtroppo già morto, il motivo di tutte quelle cose di cui prima si era narrato.
La mattina Zazzera è sempre il primo a uscire dal mutismo del dopo
incoscienza del sonno da poco terminato, anche se quando inizia a parlare Pungitopo non
è ancora pronto per ascoltare. Stavolta lo fa leggendo un ritaglio di giornale
slabbrato e cotto, beige sul marroncino, trovato nel tostapane:
“Senti questa: recensione della commedia «Fatti li cazzi tua e campa
cent’anni», ovvero: i poliedrici ma eppur assai limitati personaggi di Zazzera
e Pungitopo, dal giornale chiamato Giomale di Mugo. Sono due umani piuttosto
disumani, imbranati in maniera colta, ma piuttosto inutile e disastrosa nei
fatti, pur se nobili nei loro pensieri, nelle loro parole e omissioni, non
vanno dietro a nessun ragionamento che non sia la distruzione degli stereotipi
precedenti di ogni comicità italiana e Toscana. Mostrano i tre famosi livelli
della gente: pensare, dire e fare, irrimediabilmente separati e distinti, mai
comunicanti tra di loro. Tanto intelligenti da risultare stupidi, a livello
emozionale sono due inetti del luogo comune involontario, che piacevano, come
no, facevano ridere quando la gente non era così falsa da non rendersene ancora
conto, da non riconoscere la loro stessa faccia nel metaforico specchio delle
loro personalità complicate, distorte, reattive a impulsi che non conoscono e
cercano più possibile di ignorare. A buon intenditor poche ma significative
parole. Firmato da Giovanni Alto Frignano.”
“Coglione.” Mastica Pungitopo insieme al pane imburrato ma pur ancora croccante.
“Secondo me invece ha ragione.”Commenta Zazzera pensieroso.
“Ah sì?”
“Allora no.”
“Spiegami dunque, di grazia o meglio: disgrazia, come fa ad avere
ragione questo imbecillotto amico tuo e dire il contrario di quello che dice
Mauro, l’amico nostro. Quello che proprio secondo te ha sempre il dono della
verità dalla sua parte.”
“...e non lo dice per niente il contrario, Pungitopino mio, beviti un
po’ di caffè, fammi il favore.”
“Ah no?” Pungitopo cerca di strappargli il vecchio ritaglio di mano,
che se ne va in mille pezzi.
“Guarda cosa hai fatto!” Zazzera tenta di rimettere insieme convulsamente
i pezzettini come con un puzzle. “No, non dice le stesse cose, nei termini, ma
ne fa un’analisi pressoché organica e completa. Le spiega meglio!”
“In che senso?” Pungitopo prende lo scotch trasparente e inizia con
calma e pazienza certosina a incollare i frantumi, che gli si appiccicano alle
dita e lo fanno brontolare sommesse ma non per questo meno feroci bestemmie.
“Nel senso che Mauro non capiva come avevamo fatto a durare tanto.
Questo invece entra nei particolari in questione, Alto Frignano deve essere uno
pseudonimo, mai visto un cognome così, e il Giomale non è altro che una parodia
del Giornale...”
“Ma Mugo dov’è?”
“Nel Modenese, mi pare, sì, sì, proprio nell’Alto Frignano, qui vicino,
lasciami vedere qua sopra, in provincia di Modena, per l’approssimativa esattezza
che mi è concessa.” Zazzera scorre con un coltello indicatore, ancora sporco di
marmellata di lamponi, sulla cartina geografica della regione.
“Riesci a leggere la data?”
“12 dicembro 2009.”
“Dicembro?”
“Forse un piccolo errore.”
“Sulla data? Quella che appare sempre uguale su tutte le pagine di
questo quotidiano?”
“Che vuoi da me? Mica l’ho scritto io! E poi questo deve essere un
settimanale, se tanto mi da’ poco. Non so se ti spiego.”
“No, è perfettamente inutile. Vabbuô...” Pungitopo rilegge in silenzio,
muovendo lentamente le labbra, testando la visibilità della pagina appena ricomposta,
colla data che è più o meno la stessa dell’inizio della loro famigerata crisi
creativa. Poi dice quasi urlando:
“E chi ce lo ha messo qua dentro ‘sto ritaglio?”
“Io ce l’ho levato. E la casa è tua, ti ricordi? Io qui non ci ho messo
piede almeno da una decina d’anni, ero ancora sposato con prole. Vabbè: la
prole ce l’ho ancora ma non so dove si è cacciata, da mesi, approssimativamente
quasi anni, non ne ho notizia alcuna. Ma se tu fossi pure un amante della
crudele realtà, ti dirò che nel suddetto tostapane io ci ho trovato anche un
numero ragionevole di cacchette di topo.”
“Che schifo!”
“La realtà è una roba fatta così, piena di infiniti particolari a volte
inutili, altre volte dannosi, odori e scene nauseabonde, non dico di no, troppa
o tanta roba, il fatto è che non siamo noi a deciderne la quantità, però sulla
qualità possiamo intervenire, a volte, almeno ogni tanto, non senza sforzi.
Già: nel mezzo della noia e del ribrezzo, noi idealisti con i piedi per terra
cerchiamo le cose belle, a volte sono perfino sporche di cacca, purtroppo,
allora le puliamo delicatamente, ma sì, con amore e dopo, tutto sommato, ne
vale abbastanza la pena. Anche perché non abbiamo alternative, o diventiamo dei
bruti insensibili, o ci danniamo nella ricerca, a volte perfino affannosa e
compulsiva, del bello, del gradevole, del romantico e cose di questo genere.
Sappiamo che ancora esiste, da qualche parte là fuori.” Mitraglia Zazzera
guardando il vento che fischia e piega i rami là fuori dalla finestra, ma
Pungitopo non lo ascolta già più da tempo, sta progressivamente identificando
in Giovanni Alto Frignano uno degli ignobili assassini della loro ex brillante
carriera.
Fanno una passeggiata ogni giorno, parlano incessantemente anche
durante le salite, cioè Zazzera espone e Pungitopo rifiuta, commenta, nega,
controbatte. Il tempo si mantiene buono, perlopiù. Quando è brutto, in casa
scrivono, dibattono e telefonano. Zazzera scrive un testo, questo, che però non
sa ancora come poter usare.
È passato un mese, non sono riusciti a cavare il simbolico e peloso
ragno dal buco metaforico. Il bandolo umoristico della matassa non è stato
trovato. Forse, a guardare bene, non lo hanno nemmeno cercato. Alla fine hanno
fatto una specie di inutile e ripetitiva psicoterapia a due, di azione e
reazione, di cose già dette e ridette.
Chi sono dunque Zazzera e Pungitopo? O meglio: chi avrebbero potuto
essere? La descrizione morale dei due ex comici è alquanto problematica,
soggetta a interpretazioni ramificate, varie quanto variegate, troppe facili
ambiguità ed eccezioni di regole già nate per essere eccedute. Chiariamo subito
che il loro è un passato che non voleva passare, si ostinava a essere un
presente, vivace e saltellante, come due pesci fuor d’acqua, almeno finché
hanno avuto l’appoggio del pubblico e della critica. Dopo è diventato un
condizionale, spesso anche composto, in più macchieggiato da congiuntivi,
frequentemente imperfetti, insomma periodi ipotetici circa quello che avrebbe
potuto essere se solo fosse stato differente da quello che invece, purtroppo, è
inevitabilmente stato.
In più a descriversi fisicamente è peggio che andar di notte, perché
Pungitopo era grasso ma è dimagrito, Zazzera era più magro ed è
progressivamente ingrassato. Un falso magro e un ingannevole grasso, dunque. I
capelli quelli no, però, per fortuna o per sfortuna sono rimasti come erano
prima. Lisci quelli di Zazzera e chiari, castani sul biondiccio; scuri quelli
di Pungitopo riccioluti e a punte insistite e frequenti, tipo pagoda. (Non la
Mercedes, decappottabile, no, piuttosto quella casa tipica cinese coi becchi
rialzati.) Barbetta incolta per il primo, se la taglia ogni tre-quattro giorni;
perfettamente rasato il secondo, ma con i baffi. Gli occhi a fessura tagliente
di Pungitopo contrastano da sempre cogli occhioni bovini di Zazzera, nascosti
dal primo con occhiali da sole tipo mafioso italo-americano dalle grandi lenti
scure, nel secondo dalla frangetta, ma evidenziati spesso da occhiali da vista,
lenti a doppio panettone, che li ingrandivano a dismisura.
Personaggi obbligati insomma, a vivere la stessa loro vita, ma ora in
cerca d’autore. Si nota che Zazzera parla assai e Pungitopo poco o niente, il
primo propone e l’altro boccia sistematicamente, quello era un menage che
funzionava fino al 2009. Ma ecco che Zazzera da un momento all’altro inizia a proporre
a martello, magari meglio a raffica mitragliata, di visitare Giovanni Alto Frignano. Pungitopo
si oppone con tutte le sue forze e dopo cinque minuti sono già in macchina. La
nebbia si alza e prova anche lei a opporsi, inutilmente. Zazzera è un Caterpillar.
Quaranta chilometri su stradine strette, di montagna, collina e
pianura, a tutta velocità, con sottofondo di Kid Creole and the Coconuts, unico
gruppo o interprete di musica moderna ascoltata da Pungitopo e la macchina è
sua, anche se ora a guidare è Zazzera, che non sa andare piano, al massimo
corre e poi frena, sgassa impaziente al semaforo, l’accelleratore rimane
pestato per tutto il viaggio, pause di attesa incluse, anche ai passaggi a
livello e non c’è niente da fare. Ecco che Pungitopo riscopre la praticità
della bestemmia che da sempre ha criticato negli altri.
I larici e i faggi sono diventati di nuovo pini e acacie, qualche
cipresso. Zazzera, si attacca ai malcapitati automezzi davanti per farli
scansare, sorpassa biciclette, moto, automobili, trattori e camion rischiando
la sua e la vita altrui, ride alle esclamazioni blasfeme di Pungitopo. Intanto
parlano di cosa fa ridere oppure no, di quello che faceva ridere fino al 2009 e
di come si evoluto in seguito, fino a diventare quello che è oggi, con ogni
probabilità sarà un domani. Secondo Zazzera, quella di loro due che se ne
scendono a Modena sarebbe una bella scenetta, a filmarla, se guida lui, se al
volante c’è Pungitopo al massimo si vomita dalla noia e dalle curve.
L’Alto Frignano è una regione montagnosa tra la Toscana e l’Emilia, nel
caso di Giovanni non è altro che un nome d’arte, ma sorride divertito e li
riceve volentieri nella sede storica del giornale Il Resto del Carlino di Modena,
dove più che scrivere e recensire osserva gli altri mentre lo fanno, con
sguardo ironico ma benevolo, è uno dei proprietari e ne dirige la redazione.
Nei diffusi convenevoli sparsi scoprono che il Giomale era in realtà nato in
omaggio al Giomi, figura imponente della cittadina di Mugo, paesotto di mezza
collina, quasi montagna, che poi è lui stesso: Giovanni Giomi. Ora non esiste
più, il Giomale, cioè dal 2009, per la solita coincidenza, o forse un’altra,
magari non ha importanza.
Dice subito che li ha ammirati e molto, anche appoggiati, non solo a
parole, ma si è sentito tradito dai due. I quali due anche se non sapevano
nemmeno che esisteva, ora si sentono evidentemente traditi da lui. Parliamone,
dice il Giomi, vaffanculo, risponde Pungitopo, abbiamo fatto fior di chilometri
a forza di bestemmie e frenate, obbietta Zazzera ed ecco che finalmente si
siedono, al bar, in giardino, è caldo assai.
“Quello che fa ridere, oppure no, è una materia complicata, soggettiva
e pure soggetta agli umori di tutti, non per ultimo il pubblico. Lo stesso
Cechov, un precursore, non ha saputo produrre roba leggera ed efficace per
molto tempo. È diventato un malinconico per quasi tutta la sua carriera di
scrittore. ” Inizia Pungitopo a sorpresa.
“Infatti, ma quando qualcuno ci riesce, io personalmente lo preferisco
a qualsiasi altra cosa.” Sorride Giovanni accedendosi un sigarillo finissimo e olezzante.
“Ma quando qualcuno non ci riesce più lei non ha pietà.” Chiede affermando
senza per niente domandare Zazzera, con il bicchiere del tè freddo in mano.
“Lo chiama subito tradimento!?” Pungitopo batte rumorosamente il
bicchiere della minerale gassata sul tavolo di legno.
“Esattamente. Più mi avevano fatto sperare e divertire prima, più
m’incazzo dopo, inveisco e sbraito, tutto il mio dolore, la mancanza che ne
sento, mi pare logico e giusto. L’italiano è da sempre una persona piena di
temperamento, o no?” Ammette Giovanni con sé stesso, senza bisogno di alcuna
approvazione.
“E allora che cosa ci consiglierebbe?” Chiede Zazzera a sorpresa.
“Lo scioglimento, di schianto, subito.” Dice Giovanni.
“Cosa?” Grida Pungitopo indignato.
“Scioglimento provvisorio. È chiaro. A fin di bene. Voi siete diventati
asfittici. Non respirate più. Ci vuole aria nuova.” Sorride guardandoli negli
occhi Giovanni.
“Qualche esempio concreto?” Pungitopo è furioso, Zazzera pare
interessato.
“Un nuovo membro, o magari due, che ne so? Uno, due o tre, non ha
importanza, la formula non è certo fissa, magari qualcuno solo a scrivere le
scenette, o voi a scrivere le vostre cose separatamente, ragasuoli, studiare
situazioni nuove, in cui la gente si danna nell’epoca attuale, qualcosa di
concreto, poca teoria, molta pratica, direi: non lo so, disoccupazione, crisi,
immigrati, suicidi, troppi anziani e pochi giovani, la minaccia di una guerra
santa.”
“Ma queste sono tragedie.”
“Sì, però diventano facilmente commedie, basta che la gente ci si
ritrovi e rida delle sue miserie, più o meno, approssimativamente. Quello che
importa è la maniera, ogni tragedia diventa commedia, nelle pieghe della vita
di tutti i giorni, bisogna trovare il registro giusto ed è fatta. Non è facile,
ma possibile e auspicabile al massimo.”
“Mi pare che lei abbia le idee chiarissime. Al contrario di noi. Che ne
dici Pungitopo? E lei non avrebbe tempo per farlo personalmente questo lavoro
sporco, sì, ma che qualcuno deve pur fare?”Chiede Zazzera sorridendogli per la
prima volta.
“Io, no, ma se volete posso
trovarvi la persona opportuna, basta dirlo...”
Pungitopo si alza, butta un’accartocciata banconota da dieci euro sul
tavolo e se ne va.
Tornando alla casetta in montagna, per tutto il viaggio Zazzera ha
cercato di convincere Pungitopo che dovevano separarsi, elaborare separatamente
le loro idee, al che Pungitopo ovviamente non voleva acconsentire perché le
idee venivano sempre da Zazzera e lui al massimo le bocciava, diceva questa sì,
ma questa no, questa neanche... A
guidare ora è Pungitopo, che va su e giù prudente e un po’ rigido sulle sue
posizioni di pianura, in collina e in montagna si sente progressivamente sempre
più in difficoltà. Zazzera si agita sul sedile, apre il finestrino e lo chiude,
aggiusta gli specchietti, dice che Pungitopo la dice giusta, ma il Giomi non ha
torto, insomma ha ragione da vendere, per pura fortuna che loro se la sono presa
gratis e successivamente appoggia il di lui discorso con altri suoi personali limitrofi
e affini, presi in prestito da altri o letti da qualche parte, tanti o troppi, adiacenti
e conseguenti, complementari e supplementari. La vera mente del duo è Zazzera,
almeno a livello creativo il vulcano in perenne eruzione è stato lui, perlopiù Pungitopo
aveva il diritto di veto. Come comici anche lo spontaneo, il tenerone
apparentemente ingenuo era ancora lui, Pungitopo faceva ridere forse perché era
troppo serio, non rideva mai. La spalla era Pungitopo e il vero pagliaccio era
Zazzera, anche se a volte si scambiavano le parti, ma per poco.
“Dobbiamo farlo perché
semplicemente non lo abbiamo mai fatto, dobbiamo trovare altre strade e
dobbiamo anche chiamare Mauro, come dice il Giomi ci vuole aria nuova e pulita,
lui - il Lardo di Colonnata - scrive testi per il teatro, è un tipo brillante, ha
un’idea di cosa fa ridere e cosa invece no, noi questa situazione mentale
l’abbiamo persa, il mondo ci ha superato, rincorriamolo, facciamoci aiutare - dico
io - e anche Max Planck sarebbe d’accordo.”
“Chi è questo cazzo di Max Planck che ce lo metti sempre in mezzo?”
“Quello delle teorie quantistiche, le reazioni immediate e non locali,
ti ricordi?”
“No.”
“Ecco, proprio lui. Non ti puoi sbagliare.”
“Però Mauro no, lui scrive roba seria, niente di comico, a quanto mi
risulta.”
“Sì, ma la comicità lui ce l’ha nel sangue, basta guardarlo e ti fa
ridere, tu hai mai provato a guardarlo?”
“No. Non lo so. Forse non ci avrò fatto caso.”
“Allora guarda cosa scrive sulla Nazione di Fiorenzuola del 14 giugno
2017, te lo leggo io, tu pensa a scansare quel gatto imprudente e stai attento
anche alla vecchietta sorda che attraversa girata dal lato opposto a quello
giusto e logico.” E in cinque minuti, incluse le debite interruzioni, finisce
di leggere l’articolo.
“Eh? Che te ne pare?”
“E me lo chiedi? Una prolissa serie di discorsi idioti.”
“Invece a me è garbato.”
“Qualcosa di buono magari c’è, a leggerlo con più attenzione.”
“Quello che fa ridere non si può spiegare, o ti piglia subito alla gola
o va sprecato. Tu hai mai provato a chiedere chiarimenti su una barzelletta che
non avevi capito? Non serve a niente.”
“Lo so, lo so a memoria. Anche se a volte me lo dimentico. Mauro non ce
lo riconosco, però, lo ha scritto proprio lui?”
“Certo. Firmato, timbrato e vidimato: Mauro Colonna, detto il Lardo di Colonnata.
Gli telefono subito.”
“No, aspetta, non fare il fesso. Consideriamo la situazione prima..”
“Già fatto: io considero la situazione già fin troppo stagnante, se lo
vuoi sapere. Ora basta.”
“Ragioniamoci. tanto per cominciare io non lo sapevo che scriveva
queste robe qua.”
“Nemmeno io, ma ora lo sappiamo. E sono stato fin troppo ragionevole. Dove
ho messo la mia agendina?”
“Lascia perdere l’agendina, parliamone con calma.”
“La calma l’ho persa da bambino e non l’ho più ritrovata. Ne abbiamo parlato
anche troppo, guarda qua come siamo ridotti. Non ti sopporto già più. Aah,
eccola!”
E Zazzera leggerà ad alta voce le cose di Mauro ogni volta che ne trova
una in internet, Pungitopo gli intima di farla finita ma le ascolta con la coda
dell’orecchio, eppure con una certa qualsivoglia attenzione. L’antagonismo del
baffino spesso è fine a se stesso, solo un modo di fare, un’abitudine.
Nei giorni a seguire ormai i due parlano poco oppure Zazzera è troppo
impegnato in altre cose e Pungitopo non brilla particolarmente per la sua
iniziativa. Durante le loro passeggiate a chiacchierare più di Zazzera è la
natura circostante, distratto da ogni batter d’ali di mosca e relativa
pallottola maleodorante, sganciata da capra o pecora che sia. Pungitopo non sa
più a chi opporre il suo diritto di veto. Le salite li fanno ansimare a
dismisura, il rancio è ottimo per la truppa, anche se a volte meno per la
trippa, la televisione passa a rotazione la solita roba vecchia, ma le loro
scenette no, quelle no. La separazione per quanto dolorosa è necessaria, una
questione d’inerzia o di entropia, magari una mera questione di meccanica
quantistica. Fatti i bagagli, senza lacrime visibili, ognuno sceso a valle
separatamente, Pungitopo se ne è andato in macchina da sua madre, che vive a
Porto Tolle, con il suo compagno Zbigniew. Zazzera ha raggiunto in treno Mauro
a Portovenere. I due si sono ripromessi di fare teleconferenze con Skype, tanto
per aggiornarsi, un giorno sì e due no, magari meglio tre, o quattro, comunque
non più di cinque.
Tutto pare continuare ad andare male se non a peggiorare. Però la vita
ci sorprende, se non spesso almeno volentieri, ci si diverte come il gatto col
topo.
Facciamo un salto di due anni in avanti. Tino e Pino, contro ogni
previsione, sono tornati al grande successo, sotto la regia di Mauro Giovacchini,
che la maggior parte della gente non sa che è anche detto il Lardo di
Colonnata. Raccontano la vita della madre con l’alzheimer in aumento e il suo
problematico rapporto con “Un po’ lacco ma non troppo”, questo è il titolo del
programma televisivo del lunedì sera, sul secondo canale della Rai, ore 20 e
30, in cui compaiono scene vere di vita vissuta, dalla mamma di Pungitopo e dal
suo compagno, che parla poco ma riesce puntualmente a sbagliare e storpiare
ogni singola parola. Inframezzate le scoppiettanti interviste del geriatra
Pinuccio e del neurologo Tinaglia, interpretati dai due, che commentano il caso
in questione separatamente, oppure discutendo e a volte litigando tra di loro. Completa
il profumato pasticcio un autentico geriatra balbuziente, che parla in generale
delle malattie degli anziani e ripete che gli uomini, intesi come umanità, sono
sempre più stressati e che i suoi pazienti hanno la tendenza crescente ad
essere sempre più giovani. La balbuzie è autentica e pare che anche quella
aumenti cogli anni.
Su Rai 3 il venerdì sera alle 21 e 30 poi c’è “Il segreto del nostro
insuccesso”, che sono le registrazioni video fatte da Zazzera all’insaputa di
Pungitopo, dei dialoghi trai due quando tentavano di capire perché non facevano
più ridere e Zazzera proponeva nuove idee che Pungitopo puntualmente gli
bocciava. Spesso i protagonisti cucinano, si tagliano le unghie dei piedi, addirittura
sfuggono alla cinepresa, vanno al gabinetto e si sente il suono dello
sciacquone, insomma fanno quelle cose che sono parte della vita di tutti i
giorni, ma di sottofondo a quei dialoghi, a volte anche gridati a distanza, fanno
spanciare i numerosi spettatori. Le migliori sono quelle registrate in
macchina, le inquadrature fanno schifo, ma tutto il resto è ruspante e
spontaneo. Finito il materiale originale, a grande richiesta, ne hanno fatto di
nuovo falso, ma molto ben confezionato. Uno psicologo vero commenta di volta in
volta l’esagerata tendenza umana a voler essere approvati dagli altri,
fisiologicamente ancora più acuita nel mestiere dei comici, che se non vengono
graditi dal pubblico automaticamente perdono il lavoro.
Il mercoledì notte, alle 11 e 20, sul primo nazionale, poi c’è il
programma in diretta “Non è facile essere un comico al giorno d’oggi” dove i
due intervistano i più famosi comici italiani del presente e del passato, che
raccontano le loro peripezie sul filo della risata vera, notoriamente molto più
difficile a ottenersi rispetto al pianto, alla disperazione e alla depressione.
Naturalmente ci sono interviste registrate anche ad amici e conoscenti, al
pubblico in genere. Le domande di Tino e Pino agli ospiti non sono programmate,
sono improvvisate e piccanti, per provocare reazioni non sempre positive, a
volte anche divertenti, comunque spesso sorprendenti. L’iniezione nuova quanto
efficace è il miscuglio di verità e bugia proposto dal Lardo di Colonnata,
attualità e passato, dualismo di governo e opposizione. Pungitopo è passato in
minoranza, il due a uno è una vittoria di misura, ma trionfante. E poi, solo
loro lo sanno, ma è addirittura un tre a uno, perché Giovanni Giomi (Alto Frignano)
dal lontano Mugo con le sue recensioni li aiuta e li ispira, li stronca quando
eccedono, ogni tanto li manda costruttivamente e pure assai didatticamente
affanculo.
Nessun commento:
Posta un commento