domenica 13 maggio 2018

IL SEGRETO DEL NOSTRO INSUCCESSO




Tino e Pino, due comici che non fanno più ridere nessuno, hanno deciso di andare in montagna, alla casetta dello stesso Tino Pieri detto Zazzera, che si trova alla Doganaccia, 1458 metri sul livello del mare, basse maree escluse. Per ritrovarsi con se stessi, ha detto Zazzera, di conseguenza anche con gli altri; è stata un’idea sua tra le tante e fra le poche accettate da Pungitopo, al secolo Pino Gramaglia. Mentre salgono in Fiat Panda beige, i pini, le acacie e i castagni si succedono fino a diventare progressivamente faggi, larici e abeti. I tornanti sembra che invece vogliano andarsene, non si sa proprio perché hanno insistito nel fare una specie di strada intorno a quelle buche. Si sono divisi i compiti: Zazzera parla e Pungitopo guida, ma anche se si scambiassero i posti, la distribuzione delle frasi risulterebbe ugualmente scompensata:

“Due vicini di casa,  A e B,  litigano per causa del gatto C di A che ha sconfinato e non contento si è anche sbafato una lattina di tonno, di cui a rigor di legge non era il legittimo proprietario. Se ne deduce in primis la scarsa dimestichezza dei felini col Diritto Civile, Penale e comunque Romano, fin qui niente di strano. Ma cosa ci faceva quella lattina lì aperta e fuori dal relativo frigo? Mistero. Il tonno è in estinzione, la sua pesca proibita in ogni dove. Nebbia fitta anche sul fatto non trascurabile che il vicino B dice che il gatto C non era suo, non ha mai allevato gatti, giacché non gli sono mai piaciuti, perché fondamentalmente sono dei ladri e invece lui purtroppo, in questo mondo che è quello che è, cioè è sempre stato fin troppo dolorosamente onesto…”
“Mmmm. Troppa carne al fuoco, oppure troppo pesce stagionato anche se in lattina, secondo me poi ci sono troppe T: fitta-fatto-gatto-gatti, inoltre non si capisce dove vuoi andare a parare.”
“Quest’ultimo può anche essere un lato positivo, non ti pare?”
“No. Non mi pare. Mi incuriosisce però un dettaglio, forse insignificante per te, ma importante per me: come sono i due vicini A e B?” Dice Pungitopo.
“In che senso?” Risponde domandando Zazzera.
“Sono grassi o magri? Io uno lo farei grasso, per esempio, che fa più ridere.”
“Non sono d’accordo, noi siamo uno grasso e uno magro, ma non facciamo ridere.”
“Ora no, ma una volta la gente rideva.” Dice Pungitopo.
“Sì, ma non perché eri grasso, e con ogni probabilità non ha smesso perché sei dimagrito.” Replica Zazzera con decisione e una simbolica e ammiccante mezza fetta biscottata nella mano destra.
“Può essere, ma i grassi fanno decisamente più ridere, guarda Gino Bramieri, quando ha avuto quel calo di peso gli è calata pure la popolarità e la simpatia.”
 “Magari uno che dimagrisce diventa più nervoso, allora automaticamente ecco che è meno piacevole.”
 “E poi è anche il contrasto trai due che fa ridere, come Stanlio e Ollio per esempio.”
“C’è del vero sparso qua e là, un po’ disordinatamente, nelle tue parole. Comunque...”
 “...e comunque, mentre dimagrivo io, stavi ingrassando te, il contrasto diminuiva e allora…”
 “Facevamo meno ridere.”
 “Automaticamente un magro più grasso e un grasso meno magro si annullano a vicenda…”
 “Si trattava di pochi chili, comunque. In entrambi i casi.” Evidenzia Pungitopo.
 “Purtroppo la gente è sensibile.” Replica Zazzera.
 “Direi che la gente più che sensibile è stupida.”
 “Amo il tuo ottimismo Pungitopo. E magari sono due aggettivi che non si escludono affatto l’un l’altro.  Anche se la persona intelligente è più spesso quella sensibile. E poi anche la stupidità è una roba instabile, molto influenzabile dalle inevitabili variazioni spazio-tempo. Anche se, lo ammetto, assai meno dell’intelligenza.”
 “Cioè?”
 “Dipende da tante cose, anche fattori esterni oltre a quelli interni.” Chiarisce Zazzera.
 “Qualche esempio pratico?”Chiede Pungitopo.
 “Può dipendere dalla felicità, dal successo che hanno, dalla realizzazione dei loro progetti.”
 “Parli di noi due in particolare?”
 “No, della gente in generale.”Spiega Zazzera.
“E noi due allora siamo diventati stupidi perché non avevamo più successo e quindi felicità, o ci mancava una qualsiasi realizzazione dei nostri progetti?”Chiede Pungitopo.
“Evidentemente c’è stato un momento in cui le due tendenze parallele si sono autoalimentate, insomma: abbiamo avuto una flessione significativa e anche se non ce ne siamo accorti, in quel periodo di tempo X,  le cose hanno cominciato a scendere verso il basso.”
“Però potrebbe anche essere successo che la flessione l’abbia avuta il nostro pubblico, prima di noi e che abbia causato o influenzato la nostra.”
“Cioè?”
“La gente è diventata triste, gli è passata la voglia di ridere, quindi ha accettato di meno le nostre scenette, noi ci siamo rimasti male, non abbiamo saputo reagire e ci siamo ostinati coi vecchi clichées, invece di rinnovarci ci siamo pietrificati su certi stereotipi che prima funzionavano e dopo non più.”
“Allora non sappiamo chi ha cominciato prima e perché.”
“Anche se lo sapessimo questo ora non ci aiuterebbe, credo.”
“Io invece penso di sì, prima di ripartire bisogna sapere cosa ci ha fermati, quello che ci ha interrotti. Sennò non sappiamo nemmeno che direzione prendere.”
“Aha! Qui ti volevo: allora è nato prima l’uovo o la gallina?”Domanda Pungitopo.
“Facile: l’uovo, sennò i dinosauri da dove sono usciti fuori? E poi per quale diavolo di motivo  l’ornitorinco non allatta mai le sue stesse uova?”Chiede rispondendo Zazzera.
“Forse perché sono chiuse e gli riuscirebbe difficile farlo senza aprirle?”
“Forse, ma intanto senti questa: Il signor Oscar Cialdini si sveglia dall’anestesia e si trova nel medioevo, tutto attorno suore con enormi copricapi bianchi, parlano una lingua simile al latino dell’epoca, che lui non capisce bene, ma acchiappa qualche parola qua e là. All’inizio pensa che sia un sogno piuttosto realistico, ma solo un’illusione bizzarra, causata forse dalle forti iniezioni che gli hanno applicato in precedenza. Si chiede quindi perché proprio in quell’epoca che fra le tante era stata una tra le più buie e come sia possibile che intorno non ci sia plastica e così tanta Scolastica  (filosofia tra le più avare di ogni tipo di speranza per l’uomo, inteso come umanità) a dominare ogni pensiero o azione attorno a lui. Tra le prime frasi che riesce a intendere, sente che parlano della fine del mondo, allo scoccare dell’anno mille, commenta allora che - a occhio e croce - mancano ancora 3 o 400 anni, ma nessuno degna di attenzione le sue timide parole. Magari non lo capiscono, ma intanto egli nota che il sogno non accenna a svanire, anzi si arricchisce di particolari curiosi. Cerca di comunicare con le suore per capire cosa ci stia facendo lui lì, visto che a quel tempo la medicina era assai arretrata e non avevano ancora nemmeno inventato l’anestesia, poi si accorge che non ci sono altri malati, si rende conto che lo trattano con esagerato rispetto. Le suore coi cappelli enormi gli fanno capire che è molto malato e gli mostrano delle file di sanguisughe attaccate al suo corpo sotto le coperte. Finalmente arriva un medico oppure è un frate o tutt’e due insieme, con un saio, insomma una tunica, ma potrebbe anche essere una specie di tuta spaziale...”
“Ma è una tragedia o una commedia? E chi te l’ha dato ‘sto testo?”
“L’ho scritto io.”
“Quando?”
“Ieri l’altro, mentre ero in fila in banca.”
“Allora si spiega. Beh, fa abbastanza schifo ed è pure di difficile applicazione in scena. Come cazzo fai a scrivere in fila in banca lo sai solo te.”
“O magari sei tu che non capisci niente. Non scrivo esattamente a chiare lettere, ma sussurro di nascosto in un minuscolo registratorino le idee principali. Aspetta a giudicarlo, rompicoglioni che non sei altro. Lasciamelo almeno finire.”
“Vabbuô... ma fai alla svelta.”
“Vaffanculo. Perdonami la franchezza, è del tutto spontanea e sincera. Intanto c’avrei anche questo monologo moderno e attualissimo. Questo ti piacerà, ne sono sicuro.” Dice Zazzera e Pungitopo sbuffa impaziente.
“Vai.”
“A volte penso che per ristabilire una linea coerente di rapporti coi miei vicini dovrei comprarmi un bazooka, ma è un articolo piuttosto caro, ci sono dei problemi per il porto d’armi e in fondo gli esseri umani tendono naturalmente all’imperfezione, da sempre, si accorgono subito quando sono disturbati, è vero, ma non capiscono con la stessa istantanea prontezza quando sono loro a incomodare gli altri. O forse esagero, magari una bomba incendiaria di tipo Molotov potrebbe anche essere sufficiente e risultare allo stesso tempo efficace...” Pungitopo torce la bocca, Zazzera lo guarda, forse dentro di sé assai sorpreso ma completamente inespressivo fuori, proprio in quell’istante un camion li sfiora sulla curva a strapiombo sul burrone e sottostante torrente e li fa tremare di paura, ma fanno finta di niente in silenzio, stavolta all’unisono. La Panda riparte.
A forza di scenette promosse con entusiasmo da Zazzera e puntualmente bocciate da Pungitopo, sono arrivati quasi a destinazione, ma quest’ultimo si deve fermare a vomitare accanto a una pietra miliare che pur se non richiesta gli testimonia il chilometro 41 e l’altezza di 1380 metri sul livello del mare. Zazzera obbietta che avrebbe dovuto piuttosto essere stato lui a rimettere,  giacché non stava guidando e si era sorbito tutte quelle curve. Pungitopo tra un effetto sonoro e l’altro trova l’ironia di chiedergli scusa e gli propone di scambiarsi il volante. Zazzera però si dispiace che non ne ha purtroppo nessuno da dargli in cambio e fattasi una pisciatella rigenerante quanto necessaria, ripartono. Ora manca poco alla destinazione. Lassù scaricano copiosi scatoloni di vettovaglie e valige strabordanti sbuffando per lo sforzo il relativo vapore caldo dalla bocca. Coll’aria fresca Pungitopo recupera un po’ di quel colorito facciale svanito prima. Entrano nella casetta gelata, accendono il riscaldamento a ciocchetti e pigne secche nel camino, che all’inizio non vogliono bruciare per la troppa umidità accumulatasi in loro assenza. Si preparano per la cena. Intanto Zazzera propone di dipingere a parole due comici a caso affetti da manie depressive, che secondo lui fanno sempre ridere, ma Pungitopo obbietta che farebbero anche sorridere, sì, ma solo chi personalmente non soffre di depressione, un numero di individui che sta sensibilmente aumentando al mondo, mentre gli altri automaticamente diminuiscono. Oltre a questi già distribuiti abbondantemente sulla terra, anche amici, conoscenti e parenti di maniaci depressivi e affetti da varie e possibili malattie mentali derivanti e affini, non vedrebbero queste situazioni con il necessario distacco, né con una qualsivoglia complicità, per poterne nemmeno timidamente sorridere. Zazzera però replica che la gente spesso ci gode a veder soffrire il suo prossimo. Lo stesso prossimo logicamente ama gli altrui calvarii (che terminando con uno iato si dovrebbero scrivere con due ii), si rallegra di non farne parte, ma la loro vista li conforta, gli fa capire di averci lavorato bene, in un certo qual senso. La casetta di Pungitopo è fredda e assai polverosa, l’ultima visita risale a tre anni e sei mesi prima. C’è un silenzio che spacca i timpani, tutto è romantico e nostalgico, ma dipende anche sempre e comunque dai punti di vista. Da lontano si sente scorrere un torrente, oppure qualcuno dei vicini si è dimenticato la televisione accesa. La cena è assai frugale: carne Simmenthal e insalata, rosate cipolle sottaceto fatte in campagna, tonno sott’olio e piccolissimi würstel olandesi di marca Tulip, legati tra di loro in fila indiana e conservati nel liquido di un’arrugginita lattina. In Italia non si trovano più, ma un amico di Pungitopo, Mauro Giovacchini, (detto il Lardo di Colonnata per via della sua massiccia e cilindrica stazza di stile Ionico,) sapendo che ne era ghiotto, glieli ha portati da Rotterdam. Meno male che il pane è buono e casalingo, evidentemente cotto a legna.
Zazzera cucinava bene assai, una volta, ma da quando ha perso il suo pubblico non gliene è venuta più voglia. Pungitopo era un bongustaio ai suoi tempi, ora una Simmenthal gli pare già uno spreco inutile e poi ha vomitato da poco e ha ancora una certa nausea.
Dopo mangiato, fatto un giretto fuori di non più di tre minuti, scolata l’ultima goccia di whisky invecchiato per decenni nella casetta, siedono davanti al caminetto acceso, discutono l’ipotesi della scenetta dei due comici che non fanno più ridere. Uno è grasso e l’altro è magro, il primo è euforico e il secondo è depresso. Uno è ottimista e l’altro è pessimista. O tutti e due pessimisti sfegatati, che fanno più ridere? No, anzi, al contrario, mormora seccato Pungitopo.
Ormai alla TV non stanno già più lavorando, per i loro spettacoli a teatro o nei grandi tendoni urbani sono sempre più rari i contratti e se non si sbrigano a trovare una soluzione valida, pratica e veloce, con ogni probabilità verranno tacitamente esclusi, sostituiti nella mente della gente da più giovani, promettenti o anche solo più commerciali e banali macchiettisti emergenti. La qualità si è abbassata sotto i livelli di guardia, negli ultimi 30 mesi, che in altre parole sono due anni e mezzo, le battute via-via più aggressive e loro non possono certo seguire la moda, devono trovare subito funzioni e risposte alternative, senza mortificare quella che per loro è ancora arte. Ricordano che prima di diventare successo era divertimento puro e a volte anche sfrenato. Quell’umorismo che aveva il loro marchio di fabbrica era personalissimo e sottile, impalpabile, la gente si spanciava e non sapeva nemmeno perché, forse proprio per questo poi improvvisamente è sparito nel nulla, senza lasciare traccia, se non un lieve odore di zolfo, che coscientemente sentivano solo loro due, però.
Si potrebbe dire che il momento culminante dell’inizio del loro insuccesso è stato quando hanno rifiutato di partecipare a Canzonissima, per motivi artistici, certo, ma anche etici e professionali. Allora sono sembrati snob a qualcuno, o magari a tutti o quasi. Oppure quando hanno declinato l’invito a presentare il Festival di Sanremo, i soliti tutti o quasi hanno pensato che loro due se ne sentissero al di sopra e allora li hanno stroncati definitivamente in poco tempo. Hanno rifiutato di appoggiare le elezioni, sia da destra che da sinistra. Entrambe le coalizioni a quel punto li vedevano come potenziali manifesti delle loro idee, immagini di ideologie almeno teoricamente opposte, mentre ognuno interpreta spesso alla sua maniera, com’è magari poco giusto ma pur fin troppo umano. A quel punto erano già impanati e fritti. La loro scenetta con la famosa battuta “… i candidati si accusano a vicenda di accusarsi a vicenda…” passò pressoché inosservata, eppure era buffa. Perché cercare un motivo che fosse solo di forma, allora, di una comicità che seppure assai raffinata, prima era un modello di efficacia e improvvisamente non funzionava più, quando invece le cause erano state di tutt’altro tenore? Si sarebbe potuto dire che il mondo era impazzito, attorno a loro, magari semplicisticamente, ma poi quando avrebbe cominciato a perdere il mirinvengo? Avrebbe significato dare tutta la responsabilità da una parte e separare tutta la verità dall’altra. Il mondo era ammattito, erano finalmente d’accordo su quel punto, ma da quando? E poi erano loro stessi gli unici a essere rimasti fermi, fuori, a distanza, per poter distinguere la realtà imperante?
Meglio andare a letto.
Pungitopo ha un po’ di emicrania e un pigiama stampato cucitogli da sua madre tutto a spicchi di mandarino arancioni su contrastante sfondo di scura marmellata di mirtillo. Zazzera uno di quelli di pile beige, caldo e confortevole, che con quello addosso pare un orsacchiotto spettinato colla barba di tre giorni. Nel grande letto matrimoniale, al buio, non fanno in tempo nemmeno ad avere freddo, Zazzera parte come un trattore smarmittato, Pungitopo è meno continuo, cambia spesso di marcia, ma russa come un porco sgozzato.
Una volta chiuse le segherie notturne, al mattino la casa risuona del silenzio di anni luce di solitudine, di tristezza incallita nelle ossa. Il freddo si taglia col vapore che esce dalle bocche assetate di caffè, (basta che sia caldo) e affamate di toasts, accettabili anche bruciacchiati. Oltre il vetro appannato della finestra un nebbione impenetrabile, non possono nemmeno vedere che nel posteggio c’è solo la loro vecchia Panda. Si vestono da sciatori, anche se la neve non c’è ma solo un freddo bagnato. Facendo colazione cominciano a discutere su cosa fa ridere oppure no. Accendono il caminetto che, per assenza di vento e sovrappiù di umidità, butta il fumo verso dentro. Devono aprire le finestre, la scomoda sensazione termica aumenta invece di diminuire. Concordano imprecando solo su una cosa, anche se ora non gli pare proprio una verità: spesso sono le cose impreviste che strappano la risata, quelle che - vadano bene o male - fondamentalmente non corrispondono a come si erano pensate prima. Quelle previste sono le più soporifere e infatti appena il fuoco si accende, un po’ di caldo gli rilassa le membra tese dal gelo, ecco che sbadigliano a più riprese, perché sbadigliare è contagioso e poi il loro umorismo è assopito ormai da mesi in un sonno di piombo. Ecco che si alza anche la tramontana, spazza via la nebbia e il caminetto finalmente tira bene e divora la legna, porta finalmente un po’ di calore i due si spostano, sempre più vicini, ora possono mangiare e bere caffè, mentre ripercorrono, come ogni giorno, la via crucis che li ha portati a diventare due ex comici.
“Era iniziata la bolla degli immobili negli USA.” Rammenta Pungitopo collo sguardo perso oltre la seggiovia.
“Bolla che scoppiò ben presto anche da noi.” Ricorda Zazzera ravviandosi i capelli colla mano.
“Sì. Un grossa bolla che guarda caso a noi ci mandò in bolletta.”Pungitopo ignora sistematicamente le battute di Zazzera, il quale di rimando non ride mai a quelle – certo più rare - del compagno di avventure ma anche di sventure.
“Che anno era? Il 2009?”
“O il 2008?”
“Comunque sia sono quasi 10 anni...”
“Che noi invano ci danniamo per capire...”
“Anche se in quel momento sembrava andare tutto bene.”
“Sì, forse, però la gente ha cominciato ad avere paura.” Ammette Pungitopo.
“Ma non per questo ha smesso di ridere.” Replica Zazzera.
“Beh... non da un giorno all’altro direi, è stata una cosa graduale.”
“La consueta rana nell’acqua tiepida?”
“Beh... sì, il cittadino del mondo occidentale è diventato un anfibio perennemente a mollo, non lo sa, ma lo stanno lentamente portando all’ebollizione, in un certo senso è lui stesso che indirettamente determina la temperatura, quindi il suo destino. Ma non lo sa e da’ la colpa agli altri, chiunque essi siano, non importa. Meglio se sono poveri più indifesi e vulnerabili di lui. ”
I due ex comici cercano di dare caratteristiche fisiche e morali ai personaggi scelti, si fa per dire, perché è stato più o meno come guardarsi allo specchio. Di solito nelle loro scenette Zazzera era il settentrionale e Pungitopo il meridionale, ma non sempre. La gente rideva quando il sudista sbagliava i congiuntivi e li sostituiva con dei condizionali, quando insisteva nel mettere sistematicamente il CI al posto del NE. Rideva del razzismo mal nascosto del nordista e peggio ancora a se stesso pessimamente confessato. Il loro amico Mauro, il massiccio Lardo di Colonnata, non si era sorpreso affatto quando la loro fortuna aveva girato, anzi:
“Personalmente mi sono stupito che avete durato tanto. Per me è stato un movimento collettivo inspiegabile. La gente è molto più sprovveduta di quello che pensate voi, coltiva la propria ignoranza con affetto materno, come se sapere gli facesse paura, vuole conoscere sempre meno, perché sapere è una roba che gli fa male, li obbligherebbe a muoversi in maniera cosciente, a fare qualcosa per migliorare. No, no. Troppa fatica. Meglio incolonnarsi nell’imbottigliamento sociale, essere tutti diversi travestiti da uguali e viceversa. Seguire le mode. Ridere tutti insieme. Fare del bullismo estremo e violento verso ogni cosa che differisce dal pensiero unico dominante. Il vostro è un umorismo quasi alla Woody Allen, psicologico anzichenò, solo che quelli non vi hanno capito, quella è stata la vostra fortuna, hanno frainteso e ridevano anche assai, ma non se lo spiegavano nemmeno loro.”
Si erano limitati a mandarlo cordialmente affanculo, tutto ciò non aveva alcun senso. Però ora le parole di Mauro echeggiavano nelle rispettive, dolorosamente vuote eppur assai turbolente cervici, con un’aura di potenziale verità che insisteva e martellava, suggeriva e intanto aspettava quelle risposte che loro non erano in grado di dare, ma nemmeno di auspicare, tanto erano bloccati e ansiosi di ripartire, che ogni movimento era improbabile perché troppo desiderato e senza alcune basi solide per spiccare un qualsiasi “salto della bodda”, come si chiama il rospo in Toscana. Insomma: a quei tempi per loro era piuttosto prematuro, ma proprio allora era nato, anche se nel frattempo era purtroppo già morto, il motivo di tutte quelle cose di cui prima si era narrato.
La mattina Zazzera è sempre il primo a uscire dal mutismo del dopo incoscienza del sonno da poco terminato,  anche se quando inizia a parlare Pungitopo non è ancora pronto per ascoltare. Stavolta lo fa leggendo un ritaglio di giornale slabbrato e cotto, beige sul marroncino, trovato nel tostapane:
“Senti questa: recensione della commedia «Fatti li cazzi tua e campa cent’anni», ovvero: i poliedrici ma eppur assai limitati personaggi di Zazzera e Pungitopo, dal giornale chiamato Giomale di Mugo. Sono due umani piuttosto disumani, imbranati in maniera colta, ma piuttosto inutile e disastrosa nei fatti, pur se nobili nei loro pensieri, nelle loro parole e omissioni, non vanno dietro a nessun ragionamento che non sia la distruzione degli stereotipi precedenti di ogni comicità italiana e Toscana. Mostrano i tre famosi livelli della gente: pensare, dire e fare, irrimediabilmente separati e distinti, mai comunicanti tra di loro. Tanto intelligenti da risultare stupidi, a livello emozionale sono due inetti del luogo comune involontario, che piacevano, come no, facevano ridere quando la gente non era così falsa da non rendersene ancora conto, da non riconoscere la loro stessa faccia nel metaforico specchio delle loro personalità complicate, distorte, reattive a impulsi che non conoscono e cercano più possibile di ignorare. A buon intenditor poche ma significative parole. Firmato da Giovanni Alto Frignano.”
“Coglione.” Mastica Pungitopo insieme al pane imburrato ma pur ancora croccante.
“Secondo me invece ha ragione.”Commenta Zazzera pensieroso.
“Ah sì?”
“Allora no.”
“Spiegami dunque, di grazia o meglio: disgrazia, come fa ad avere ragione questo imbecillotto amico tuo e dire il contrario di quello che dice Mauro, l’amico nostro. Quello che proprio secondo te ha sempre il dono della verità dalla sua parte.”
“...e non lo dice per niente il contrario, Pungitopino mio, beviti un po’ di caffè, fammi il favore.”
“Ah no?” Pungitopo cerca di strappargli il vecchio ritaglio di mano, che se ne va in mille pezzi.
“Guarda cosa hai fatto!” Zazzera tenta di rimettere insieme convulsamente i pezzettini come con un puzzle. “No, non dice le stesse cose, nei termini, ma ne fa un’analisi pressoché organica e completa. Le spiega meglio!”
“In che senso?” Pungitopo prende lo scotch trasparente e inizia con calma e pazienza certosina a incollare i frantumi, che gli si appiccicano alle dita e lo fanno brontolare sommesse ma non per questo meno feroci bestemmie.
“Nel senso che Mauro non capiva come avevamo fatto a durare tanto. Questo invece entra nei particolari in questione, Alto Frignano deve essere uno pseudonimo, mai visto un cognome così, e il Giomale non è altro che una parodia del Giornale...”
“Ma Mugo dov’è?”
“Nel Modenese, mi pare, sì, sì, proprio nell’Alto Frignano, qui vicino, lasciami vedere qua sopra, in provincia di Modena, per l’approssimativa esattezza che mi è concessa.” Zazzera scorre con un coltello indicatore, ancora sporco di marmellata di lamponi, sulla cartina geografica della regione.
“Riesci a leggere la data?”
“12 dicembro 2009.”
“Dicembro?”
“Forse un piccolo errore.”
“Sulla data? Quella che appare sempre uguale su tutte le pagine di questo quotidiano?”
“Che vuoi da me? Mica l’ho scritto io! E poi questo deve essere un settimanale, se tanto mi da’ poco. Non so se ti spiego.”
“No, è perfettamente inutile. Vabbuô...” Pungitopo rilegge in silenzio, muovendo lentamente le labbra, testando la visibilità della pagina appena ricomposta, colla data che è più o meno la stessa dell’inizio della loro famigerata crisi creativa. Poi dice quasi urlando:
“E chi ce lo ha messo qua dentro ‘sto ritaglio?”
“Io ce l’ho levato. E la casa è tua, ti ricordi? Io qui non ci ho messo piede almeno da una decina d’anni, ero ancora sposato con prole. Vabbè: la prole ce l’ho ancora ma non so dove si è cacciata, da mesi, approssimativamente quasi anni, non ne ho notizia alcuna. Ma se tu fossi pure un amante della crudele realtà, ti dirò che nel suddetto tostapane io ci ho trovato anche un numero ragionevole di cacchette di topo.”
“Che schifo!”
“La realtà è una roba fatta così, piena di infiniti particolari a volte inutili, altre volte dannosi, odori e scene nauseabonde, non dico di no, troppa o tanta roba, il fatto è che non siamo noi a deciderne la quantità, però sulla qualità possiamo intervenire, a volte, almeno ogni tanto, non senza sforzi. Già: nel mezzo della noia e del ribrezzo, noi idealisti con i piedi per terra cerchiamo le cose belle, a volte sono perfino sporche di cacca, purtroppo, allora le puliamo delicatamente, ma sì, con amore e dopo, tutto sommato, ne vale abbastanza la pena. Anche perché non abbiamo alternative, o diventiamo dei bruti insensibili, o ci danniamo nella ricerca, a volte perfino affannosa e compulsiva, del bello, del gradevole, del romantico e cose di questo genere. Sappiamo che ancora esiste, da qualche parte là fuori.” Mitraglia Zazzera guardando il vento che fischia e piega i rami là fuori dalla finestra, ma Pungitopo non lo ascolta già più da tempo, sta progressivamente identificando in Giovanni Alto Frignano uno degli ignobili assassini della loro ex brillante carriera.
Fanno una passeggiata ogni giorno, parlano incessantemente anche durante le salite, cioè Zazzera espone e Pungitopo rifiuta, commenta, nega, controbatte. Il tempo si mantiene buono, perlopiù. Quando è brutto, in casa scrivono, dibattono e telefonano. Zazzera scrive un testo, questo, che però non sa ancora come poter usare.
È passato un mese, non sono riusciti a cavare il simbolico e peloso ragno dal buco metaforico. Il bandolo umoristico della matassa non è stato trovato. Forse, a guardare bene, non lo hanno nemmeno cercato. Alla fine hanno fatto una specie di inutile e ripetitiva psicoterapia a due, di azione e reazione, di cose già dette e ridette.
Chi sono dunque Zazzera e Pungitopo? O meglio: chi avrebbero potuto essere? La descrizione morale dei due ex comici è alquanto problematica, soggetta a interpretazioni ramificate, varie quanto variegate, troppe facili ambiguità ed eccezioni di regole già nate per essere eccedute. Chiariamo subito che il loro è un passato che non voleva passare, si ostinava a essere un presente, vivace e saltellante, come due pesci fuor d’acqua, almeno finché hanno avuto l’appoggio del pubblico e della critica. Dopo è diventato un condizionale, spesso anche composto, in più macchieggiato da congiuntivi, frequentemente imperfetti, insomma periodi ipotetici circa quello che avrebbe potuto essere se solo fosse stato differente da quello che invece, purtroppo, è inevitabilmente stato.
In più a descriversi fisicamente è peggio che andar di notte, perché Pungitopo era grasso ma è dimagrito, Zazzera era più magro ed è progressivamente ingrassato. Un falso magro e un ingannevole grasso, dunque. I capelli quelli no, però, per fortuna o per sfortuna sono rimasti come erano prima. Lisci quelli di Zazzera e chiari, castani sul biondiccio; scuri quelli di Pungitopo riccioluti e a punte insistite e frequenti, tipo pagoda. (Non la Mercedes, decappottabile, no, piuttosto quella casa tipica cinese coi becchi rialzati.) Barbetta incolta per il primo, se la taglia ogni tre-quattro giorni; perfettamente rasato il secondo, ma con i baffi. Gli occhi a fessura tagliente di Pungitopo contrastano da sempre cogli occhioni bovini di Zazzera, nascosti dal primo con occhiali da sole tipo mafioso italo-americano dalle grandi lenti scure, nel secondo dalla frangetta, ma evidenziati spesso da occhiali da vista, lenti a doppio panettone, che li ingrandivano a dismisura.
Personaggi obbligati insomma, a vivere la stessa loro vita, ma ora in cerca d’autore. Si nota che Zazzera parla assai e Pungitopo poco o niente, il primo propone e l’altro boccia sistematicamente, quello era un menage che funzionava fino al 2009. Ma ecco che Zazzera da un momento all’altro inizia a proporre a martello, magari meglio a raffica mitragliata,  di visitare Giovanni Alto Frignano. Pungitopo si oppone con tutte le sue forze e dopo cinque minuti sono già in macchina. La nebbia si alza e prova anche lei a opporsi, inutilmente. Zazzera è un Caterpillar.
Quaranta chilometri su stradine strette, di montagna, collina e pianura, a tutta velocità, con sottofondo di Kid Creole and the Coconuts, unico gruppo o interprete di musica moderna ascoltata da Pungitopo e la macchina è sua, anche se ora a guidare è Zazzera, che non sa andare piano, al massimo corre e poi frena, sgassa impaziente al semaforo, l’accelleratore rimane pestato per tutto il viaggio, pause di attesa incluse, anche ai passaggi a livello e non c’è niente da fare. Ecco che Pungitopo riscopre la praticità della bestemmia che da sempre ha criticato negli altri.
I larici e i faggi sono diventati di nuovo pini e acacie, qualche cipresso. Zazzera, si attacca ai malcapitati automezzi davanti per farli scansare, sorpassa biciclette, moto, automobili, trattori e camion rischiando la sua e la vita altrui, ride alle esclamazioni blasfeme di Pungitopo. Intanto parlano di cosa fa ridere oppure no, di quello che faceva ridere fino al 2009 e di come si evoluto in seguito, fino a diventare quello che è oggi, con ogni probabilità sarà un domani. Secondo Zazzera, quella di loro due che se ne scendono a Modena sarebbe una bella scenetta, a filmarla, se guida lui, se al volante c’è Pungitopo al massimo si vomita dalla noia e dalle curve.
L’Alto Frignano è una regione montagnosa tra la Toscana e l’Emilia, nel caso di Giovanni non è altro che un nome d’arte, ma sorride divertito e li riceve volentieri nella sede storica del giornale Il Resto del Carlino di Modena, dove più che scrivere e recensire osserva gli altri mentre lo fanno, con sguardo ironico ma benevolo, è uno dei proprietari e ne dirige la redazione. Nei diffusi convenevoli sparsi scoprono che il Giomale era in realtà nato in omaggio al Giomi, figura imponente della cittadina di Mugo, paesotto di mezza collina, quasi montagna, che poi è lui stesso: Giovanni Giomi. Ora non esiste più, il Giomale, cioè dal 2009, per la solita coincidenza, o forse un’altra, magari non ha importanza.
Dice subito che li ha ammirati e molto, anche appoggiati, non solo a parole, ma si è sentito tradito dai due. I quali due anche se non sapevano nemmeno che esisteva, ora si sentono evidentemente traditi da lui. Parliamone, dice il Giomi, vaffanculo, risponde Pungitopo, abbiamo fatto fior di chilometri a forza di bestemmie e frenate, obbietta Zazzera ed ecco che finalmente si siedono, al bar, in giardino, è caldo assai.
“Quello che fa ridere, oppure no, è una materia complicata, soggettiva e pure soggetta agli umori di tutti, non per ultimo il pubblico. Lo stesso Cechov, un precursore, non ha saputo produrre roba leggera ed efficace per molto tempo. È diventato un malinconico per quasi tutta la sua carriera di scrittore. ” Inizia Pungitopo a sorpresa.
“Infatti, ma quando qualcuno ci riesce, io personalmente lo preferisco a qualsiasi altra cosa.” Sorride Giovanni accedendosi un sigarillo finissimo e olezzante.
“Ma quando qualcuno non ci riesce più lei non ha pietà.” Chiede affermando senza per niente domandare Zazzera, con il bicchiere del tè freddo in mano.
“Lo chiama subito tradimento!?” Pungitopo batte rumorosamente il bicchiere della minerale gassata sul tavolo di legno.
“Esattamente. Più mi avevano fatto sperare e divertire prima, più m’incazzo dopo, inveisco e sbraito, tutto il mio dolore, la mancanza che ne sento, mi pare logico e giusto. L’italiano è da sempre una persona piena di temperamento, o no?” Ammette Giovanni con sé stesso, senza bisogno di alcuna approvazione.
“E allora che cosa ci consiglierebbe?” Chiede Zazzera a sorpresa.
“Lo scioglimento, di schianto, subito.” Dice Giovanni.
“Cosa?” Grida Pungitopo indignato.
“Scioglimento provvisorio. È chiaro. A fin di bene. Voi siete diventati asfittici. Non respirate più. Ci vuole aria nuova.” Sorride guardandoli negli occhi Giovanni.
“Qualche esempio concreto?” Pungitopo è furioso, Zazzera pare interessato.
“Un nuovo membro, o magari due, che ne so? Uno, due o tre, non ha importanza, la formula non è certo fissa, magari qualcuno solo a scrivere le scenette, o voi a scrivere le vostre cose separatamente, ragasuoli, studiare situazioni nuove, in cui la gente si danna nell’epoca attuale, qualcosa di concreto, poca teoria, molta pratica, direi: non lo so, disoccupazione, crisi, immigrati, suicidi, troppi anziani e pochi giovani, la minaccia di una guerra santa.”
“Ma queste sono tragedie.”
“Sì, però diventano facilmente commedie, basta che la gente ci si ritrovi e rida delle sue miserie, più o meno, approssimativamente. Quello che importa è la maniera, ogni tragedia diventa commedia, nelle pieghe della vita di tutti i giorni, bisogna trovare il registro giusto ed è fatta. Non è facile, ma possibile e auspicabile al massimo.”
“Mi pare che lei abbia le idee chiarissime. Al contrario di noi. Che ne dici Pungitopo? E lei non avrebbe tempo per farlo personalmente questo lavoro sporco, sì, ma che qualcuno deve pur fare?”Chiede Zazzera sorridendogli per la prima volta.
“Io, no, ma se  volete posso trovarvi la persona opportuna, basta dirlo...”
Pungitopo si alza, butta un’accartocciata banconota da dieci euro sul tavolo e se ne va.
Tornando alla casetta in montagna, per tutto il viaggio Zazzera ha cercato di convincere Pungitopo che dovevano separarsi, elaborare separatamente le loro idee, al che Pungitopo ovviamente non voleva acconsentire perché le idee venivano sempre da Zazzera e lui al massimo le bocciava, diceva questa sì, ma questa no, questa neanche...  A guidare ora è Pungitopo, che va su e giù prudente e un po’ rigido sulle sue posizioni di pianura, in collina e in montagna si sente progressivamente sempre più in difficoltà. Zazzera si agita sul sedile, apre il finestrino e lo chiude, aggiusta gli specchietti, dice che Pungitopo la dice giusta, ma il Giomi non ha torto, insomma ha ragione da vendere, per pura fortuna che loro se la sono presa gratis e successivamente appoggia il di lui discorso con altri suoi personali limitrofi e affini, presi in prestito da altri o letti da qualche parte, tanti o troppi, adiacenti e conseguenti, complementari e supplementari. La vera mente del duo è Zazzera, almeno a livello creativo il vulcano in perenne eruzione è stato lui, perlopiù Pungitopo aveva il diritto di veto. Come comici anche lo spontaneo, il tenerone apparentemente ingenuo era ancora lui, Pungitopo faceva ridere forse perché era troppo serio, non rideva mai. La spalla era Pungitopo e il vero pagliaccio era Zazzera, anche se a volte si scambiavano le parti, ma per poco.
 “Dobbiamo farlo perché semplicemente non lo abbiamo mai fatto, dobbiamo trovare altre strade e dobbiamo anche chiamare Mauro, come dice il Giomi ci vuole aria nuova e pulita, lui - il Lardo di Colonnata - scrive testi per il teatro, è un tipo brillante, ha un’idea di cosa fa ridere e cosa invece no, noi questa situazione mentale l’abbiamo persa, il mondo ci ha superato, rincorriamolo, facciamoci aiutare - dico io - e anche Max Planck sarebbe d’accordo.”
“Chi è questo cazzo di Max Planck che ce lo metti sempre in mezzo?”
“Quello delle teorie quantistiche, le reazioni immediate e non locali, ti ricordi?”
“No.”
“Ecco, proprio lui. Non ti puoi sbagliare.”
“Però Mauro no, lui scrive roba seria, niente di comico, a quanto mi risulta.”
“Sì, ma la comicità lui ce l’ha nel sangue, basta guardarlo e ti fa ridere, tu hai mai provato a guardarlo?”
“No. Non lo so. Forse non ci avrò fatto caso.”
“Allora guarda cosa scrive sulla Nazione di Fiorenzuola del 14 giugno 2017, te lo leggo io, tu pensa a scansare quel gatto imprudente e stai attento anche alla vecchietta sorda che attraversa girata dal lato opposto a quello giusto e logico.” E in cinque minuti, incluse le debite interruzioni, finisce di leggere l’articolo.
“Eh? Che te ne pare?”
“E me lo chiedi? Una prolissa serie di discorsi idioti.”
“Invece a me è garbato.”
“Qualcosa di buono magari c’è, a leggerlo con più attenzione.”
“Quello che fa ridere non si può spiegare, o ti piglia subito alla gola o va sprecato. Tu hai mai provato a chiedere chiarimenti su una barzelletta che non avevi capito? Non serve a niente.”
“Lo so, lo so a memoria. Anche se a volte me lo dimentico. Mauro non ce lo riconosco, però, lo ha scritto proprio lui?”
“Certo. Firmato, timbrato e vidimato: Mauro Colonna, detto il Lardo di Colonnata. Gli telefono subito.”
“No, aspetta, non fare il fesso. Consideriamo la situazione prima..”
“Già fatto: io considero la situazione già fin troppo stagnante, se lo vuoi sapere. Ora basta.”
“Ragioniamoci. tanto per cominciare io non lo sapevo che scriveva queste robe qua.”
“Nemmeno io, ma ora lo sappiamo. E sono stato fin troppo ragionevole. Dove ho messo la mia agendina?”
“Lascia perdere l’agendina, parliamone con calma.”
“La calma l’ho persa da bambino e non l’ho più ritrovata. Ne abbiamo parlato anche troppo, guarda qua come siamo ridotti. Non ti sopporto già più. Aah, eccola!”
E Zazzera leggerà ad alta voce le cose di Mauro ogni volta che ne trova una in internet, Pungitopo gli intima di farla finita ma le ascolta con la coda dell’orecchio, eppure con una certa qualsivoglia attenzione. L’antagonismo del baffino spesso è fine a se stesso, solo un modo di fare, un’abitudine.
Nei giorni a seguire ormai i due parlano poco oppure Zazzera è troppo impegnato in altre cose e Pungitopo non brilla particolarmente per la sua iniziativa. Durante le loro passeggiate a chiacchierare più di Zazzera è la natura circostante, distratto da ogni batter d’ali di mosca e relativa pallottola maleodorante, sganciata da capra o pecora che sia. Pungitopo non sa più a chi opporre il suo diritto di veto. Le salite li fanno ansimare a dismisura, il rancio è ottimo per la truppa, anche se a volte meno per la trippa, la televisione passa a rotazione la solita roba vecchia, ma le loro scenette no, quelle no. La separazione per quanto dolorosa è necessaria, una questione d’inerzia o di entropia, magari una mera questione di meccanica quantistica. Fatti i bagagli, senza lacrime visibili, ognuno sceso a valle separatamente, Pungitopo se ne è andato in macchina da sua madre, che vive a Porto Tolle, con il suo compagno Zbigniew. Zazzera ha raggiunto in treno Mauro a Portovenere. I due si sono ripromessi di fare teleconferenze con Skype, tanto per aggiornarsi, un giorno sì e due no, magari meglio tre, o quattro, comunque non più di cinque.
Tutto pare continuare ad andare male se non a peggiorare. Però la vita ci sorprende, se non spesso almeno volentieri, ci si diverte come il gatto col topo.
Facciamo un salto di due anni in avanti. Tino e Pino, contro ogni previsione, sono tornati al grande successo, sotto la regia di Mauro Giovacchini, che la maggior parte della gente non sa che è anche detto il Lardo di Colonnata. Raccontano la vita della madre con l’alzheimer in aumento e il suo problematico rapporto con “Un po’ lacco ma non troppo”, questo è il titolo del programma televisivo del lunedì sera, sul secondo canale della Rai, ore 20 e 30, in cui compaiono scene vere di vita vissuta, dalla mamma di Pungitopo e dal suo compagno, che parla poco ma riesce puntualmente a sbagliare e storpiare ogni singola parola. Inframezzate le scoppiettanti interviste del geriatra Pinuccio e del neurologo Tinaglia, interpretati dai due, che commentano il caso in questione separatamente, oppure discutendo e a volte litigando tra di loro. Completa il profumato pasticcio un autentico geriatra balbuziente, che parla in generale delle malattie degli anziani e ripete che gli uomini, intesi come umanità, sono sempre più stressati e che i suoi pazienti hanno la tendenza crescente ad essere sempre più giovani. La balbuzie è autentica e pare che anche quella aumenti cogli anni.
Su Rai 3 il venerdì sera alle 21 e 30 poi c’è “Il segreto del nostro insuccesso”, che sono le registrazioni video fatte da Zazzera all’insaputa di Pungitopo, dei dialoghi trai due quando tentavano di capire perché non facevano più ridere e Zazzera proponeva nuove idee che Pungitopo puntualmente gli bocciava. Spesso i protagonisti cucinano, si tagliano le unghie dei piedi, addirittura sfuggono alla cinepresa, vanno al gabinetto e si sente il suono dello sciacquone, insomma fanno quelle cose che sono parte della vita di tutti i giorni, ma di sottofondo a quei dialoghi, a volte anche gridati a distanza, fanno spanciare i numerosi spettatori. Le migliori sono quelle registrate in macchina, le inquadrature fanno schifo, ma tutto il resto è ruspante e spontaneo. Finito il materiale originale, a grande richiesta, ne hanno fatto di nuovo falso, ma molto ben confezionato. Uno psicologo vero commenta di volta in volta l’esagerata tendenza umana a voler essere approvati dagli altri, fisiologicamente ancora più acuita nel mestiere dei comici, che se non vengono graditi dal pubblico automaticamente perdono il lavoro.
Il mercoledì notte, alle 11 e 20, sul primo nazionale, poi c’è il programma in diretta “Non è facile essere un comico al giorno d’oggi” dove i due intervistano i più famosi comici italiani del presente e del passato, che raccontano le loro peripezie sul filo della risata vera, notoriamente molto più difficile a ottenersi rispetto al pianto, alla disperazione e alla depressione. Naturalmente ci sono interviste registrate anche ad amici e conoscenti, al pubblico in genere. Le domande di Tino e Pino agli ospiti non sono programmate, sono improvvisate e piccanti, per provocare reazioni non sempre positive, a volte anche divertenti, comunque spesso sorprendenti. L’iniezione nuova quanto efficace è il miscuglio di verità e bugia proposto dal Lardo di Colonnata, attualità e passato, dualismo di governo e opposizione. Pungitopo è passato in minoranza, il due a uno è una vittoria di misura, ma trionfante. E poi, solo loro lo sanno, ma è addirittura un tre a uno, perché Giovanni Giomi (Alto Frignano) dal lontano Mugo con le sue recensioni li aiuta e li ispira, li stronca quando eccedono, ogni tanto li manda costruttivamente e pure assai didatticamente affanculo.



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