martedì 7 dicembre 2004

OGNI CANE HA IL PADRONE CHE SI MERITA (MA I VICINI CHE COLPA NE HANNO?)



Al contrario che in altre opere dello stesso autore, questi sono fatti realmente accaduti, le variazioni sui reali avvenimenti sono le meno significative possibile, perciò, senza il rischio di offendere nessuno, useremo liberamente luoghi e fatti originali, ce ne approfitteremo grazie a questo piccolo vantaggio che abbiamo: le persone di cui si parla qui non leggerebbero mai un libro, nemmeno se fosse nella loro lingua, figuriamoci poi se fosse - come è - in italiano.

giovedì 14 ottobre 2004

Cognato di uno scrittore famoso

Avevo un urgente bisogno di un dentista. Situazione di un ben determinato tipo, che capita soprattutto agli esseri umani e in genere per un motivo poco gradevole quanto assai comune: il mal di denti.
L’ultimo professionista del trapano, dalla cui sedia delle torture avevo sputacchiato sangue, era ormai diventato fuori zona per me.
A dire il vero lo era sempre stato, ma solo allora me ne ero reso conto.
Avevo traslocato da poco nella zona sud, lavoravo in centro e Porto Alegre è un poco complicata per circolare in automobile, anche se tra le città brasiliane non è la peggiore in questo senso… e in bicicletta è peggio ancora.
Allora Guitierrez mi era stato presentato, ma sotto forma cartacea: un biglietto da visita e in allegato l’assicurazione che quel nome scritto là sopra corrispondeva ad un buon dentista in carne e ossa che era anche, coincidenza tra le coincidenze, fratello della moglie dello scrittore più famoso di Porto Alegre: Luis Carlos Aguiarones.

martedì 11 maggio 2004

Lezioni d’italiano per principianti incalliti

Quando iniziai a insegnare italiano nel Rio Grande do Sul, stato più meridionale del Brasile, conobbi un professore anziano, che mi raccontava scene di vita didattica e non, con poche frasi coincise e contundenti.
Il professor De Bernardis aveva pure una certa capacità teatrale, mulinava le mani quando parlava di turbolenze linguistiche, ma sapeva anche mimare efficacemente gesti più pacati se imitava esseri umani e, soprattutto, riusciva a recitare le sue battute più sarcastiche in completa serietà, la sua impassibilità e mancanza di espressione erano degne di una sfinge, il che mi faceva ridere senza possibilità di controllarmi e tutti si giravano a guardarmi.

venerdì 30 gennaio 2004

Navigazione quotidiana nel mare degli stereotipi in burrasca


 Era uno di quei signori anziani con il cappello e pieni di fissazioni che, quando fanno una curva in automobile, piegano la testa per accompagnarne e favorirne il movimento, sia per via dell’aerodinamica che per una questione di baricentro.
Se parlava con più persone o con qualcuno che non conosceva, dava ragione a tutti sorridendo e approvando con affabili movimenti ed espressioni della faccia.
Amelio Giannattasio Panagoulis era un ometto apparentemente insignificante, ma guardandolo meglio si notavano due vispi occhietti grigi topigni e una curatissima barbetta sale e pepe.
Con più sale che pepe.
All’inizio pensai che era cinquantenne o magari anche più anziano e perciò meglio conservato e più arzillo di quello che pareva al primo sguardo.

giovedì 8 gennaio 2004

Una rilassante passeggiata col cane

Fine del secondo millennio: una casa rustica sulla collina, di un colore granata indeciso e tendente al marrone, con una splendida vista sul fiume e sui quartieri sottostanti, a venti minuti dal centro di Porto Alegre, nel sud del Brasile più meridionale.
In una spettacolare tarda mattinata di un inizio d’autunno, Marilaine, la mia bella ragazza, girava come un calabrone impazzito impedendo di rilassarmi.
Sebbene fossero quasi le undici di mattina, la mia testa era ancora incapace di ricordargli che una delle mie teorie sulla libertà era ‘ogni cosa a suo tempo’.
Anzi, appena alzato per me è già difficile scegliere la tazza giusta per bere il caffè.
La mattina, anche a cose normali, per sincronizzare le immagini, nel breve tragitto dagli occhi al cervello, solo per capire quello che stanno brontolando intorno a me e magari anche potergli rispondere, mi ci vogliono ore.

lunedì 5 gennaio 2004

Errare è umano, ma per incasinare veramente tutto, ci vuole un computer

Il mio primo libro fu pubblicato a mie spese, ci dovevano essere cinque racconti, poi diventarono tre... più che altro perché io credevo che le mie pagine fossero molto più piccole di quello che effettivamente erano, ma anche per altri motivi.

Avendo saltato ogni pur ipotetico editore, sia per risparmiare i soldoni che loro pretendevano, che per essere indipendente e non dover dar soddisfazione a nessuno, dovetti, in compenso, incaricarmi personalmente di condurre questo passaggio dal sistema di scrittura Word al Page-Maker.

La tipografia Saudades, che mi aveva dato il preventivo più economico, mandava a fare, questo tipo di trasferimento informatico, da un certo signor Iraq, che per via della loro pronuncia pensavo che si scrivesse Iraqui o qualcosa di questo genere, il quale viveva e aveva il suo piccolo laboratorio, non molto lontano dalla loro sede, in Rua Felizardo Furtado 402.

Questo nome mi pareva di cattivo auspicio, corrispondendo all’italiano: Felice Derubato... ma era un autentico nome di persona, mi avevano spiegato, con il suo conseguente riferimento storico, del quale, però, ora non ricordo più.