giovedì 14 ottobre 2004

Cognato di uno scrittore famoso

Avevo un urgente bisogno di un dentista. Situazione di un ben determinato tipo, che capita soprattutto agli esseri umani e in genere per un motivo poco gradevole quanto assai comune: il mal di denti.
L’ultimo professionista del trapano, dalla cui sedia delle torture avevo sputacchiato sangue, era ormai diventato fuori zona per me.
A dire il vero lo era sempre stato, ma solo allora me ne ero reso conto.
Avevo traslocato da poco nella zona sud, lavoravo in centro e Porto Alegre è un poco complicata per circolare in automobile, anche se tra le città brasiliane non è la peggiore in questo senso… e in bicicletta è peggio ancora.
Allora Guitierrez mi era stato presentato, ma sotto forma cartacea: un biglietto da visita e in allegato l’assicurazione che quel nome scritto là sopra corrispondeva ad un buon dentista in carne e ossa che era anche, coincidenza tra le coincidenze, fratello della moglie dello scrittore più famoso di Porto Alegre: Luis Carlos Aguiarones.
Avevo già apprezzato più volte il piacere di leggere qualcosa scritto da Aguiarones, insieme a milioni di altre persone.
Mi piaceva perché era molto naturale, sia come umorista, che come critico sociale e politico, sia per la saggezza della sua satira sottile e mai aggressiva, sia per via della sua geniale maniera di manovrare e manipolare, a vantaggio dell’ironia, la struttura di una frase.
Scriveva sul quotidiano Correio do Porto, in più sfornava frequenti e fragranti libriccini tragicomici, per tutto ciò era conosciuto nell’intero Brasile e non solo nell’ultimo suo stato a sud, dove io abitavo.
Aggiungerei anche… e poi la smetto, che i suoi manoscritti sono stati tradotti in tante lingue, che non mi ricordo quante o forse non lo ho mai saputo… e le sue opere diventavano frequentemente, quanto piacevolmente, teatrali.
Era come una specie di Woody Allen brasiliano, insomma, per il suo tipo di comicità scritta… che poi in scena prendeva forme che potevano mostrare quanto poteva essere surreale la nostra vita quotidiana.
Anche lui aveva gli occhiali, ma fisicamente era assai diverso dal collega più famoso e americano, era grassoccio e non parlava quasi per niente, riuscendo, comunque, ad essere simpatico anche così.
Sarà stato forse per le sue frasi, che echeggiavano nel cervello dei lettori e quelle conseguenti di elogio dei lettori stessi, che rimbalzavano inevitabilmente e ripetutamente dentro i crani degli altri, che non lo leggevano o non lo capivano, ma seguivano sempre le tendenze, perfino quando erano buone.
Ultima cosa: anche lui suonava in un gruppo jazz.

Qualcuno dirà che queste non sono ragioni sufficienti per scegliere un dentista, ma si deve anche considerare che in più c’era il fatto che aveva il suo gabinetto in centro, dove io lavoravo all’epoca.
Allora ecco che mi precipitai da Martin L. Guitierrez, dove la Elle, seguita dal punto, stava per Lutero, ma lo seppi solo dopo.
Questo dettaglio avrebbe potuto farmi capire che anche lui, alla sua maniera fosse un comico contemporaneo ed estemporaneo, magari pure involontario, ma mordace e divertente, nella sua satira di se stesso e questa è una grande prova d’intelligenza, una cosa rara al mondo che credo si chiami autoironia.
Guitierrez era e, credo che sia ancora, un signore dai capelli castani scuri e tirati indietro, con i baffetti ben curati, non troppo alto e che non ricordava per niente suo cognato scrittore (anche perché quest’ultimo non ha e mi risulta che non abbia mai avuto i baffi e inoltre era solo sposato con sua sorella e perciò non era suo consanguineo).

Per rompere il ghiaccio, che spesso si crea tra due persone, quando si stanno incontrando per la prima volta, mi raccontò qualcosa del parente acquisito, del quale gli avevo subito chiesto, forse per lo stesso suo motivo e poi anche perché m’interessava assai.
Quel ghiaccio lì, comunque, non ci sarebbe stato nessun bisogno di romperlo, perché la temperatura tra noi era partita subito alta, la conversazione era fluida e frizzante, mi ero sentito a mio agio con lui, fin dal primo momento.
Martin Lutero aveva una specie di simpatia naturale, in Brasile assai comune, era una persona colta, ma questo, come a volte succede, non gli impediva di essere affabile e spontaneo, eppure ben calibrato nei suoi atteggiamenti e nelle innumerevoli ed interessanti storie che gli venivano alla bocca, senza sostare troppo nel cervello.
Ammise, tra l’altro, che avrebbe potuto anche essere diventato un barbiere, che anche è un mestiere nel quale si conversa molto con i clienti, ma la differenza tra il dentista e il barbiere era il fatto che suoi erano ‘pazienti’ e non potevano interromperlo, perché la loro bocca rimaneva sempre o quasi impraticabile e questo era uno dei vantaggi per via dei quali aveva scelto il suo lavoro.
Mi disse che il cognato Luis Carlos era di quel tipo di scrittori che passavano quasi tutto il suo tempo da svegli al computer e quando se ne usciva per andare in bagno o per mangiare o per dormire, non apriva bocca che per ingerire cibo o russare, o lavarsi i denti, è chiaro… che se volevi parlare con lui dovevi mandargli un e-mail, sistema usato anche da sua moglie nei tempi più recenti.

A parte questo piacevole impatto, il resto della mia prima seduta con lui fu abbastanza professionale, con eccezione, forse, del momento in cui mi disse che alcuni lavori lui non li faceva, purtroppo, tra cui disgraziatamente c’era anche il mio caso.
Non mi era mai capitato di trovare un dentista che si limitasse solo ad alcuni tipi di cose, ad operazioni ben determinate… non avevo capito bene.
Allora lui mi spiegò, senza che io potessi capire, che lui avrebbe potuto anche ‘tentare’, ma era meglio se andavo da suo figlio, che però era fuori zona, cioè, se non avevo inteso male, proprio accanto al mio vecchio dentista.

Il mio cuore spesso comanda sul cervello; dicono che sia caratteristica degli artisti.
Che io sia un artista è cosa ancora da dimostrare, ma la mia mentalità sfrutta la propria razionalità nascosta in maniera poco comune, perciò decisi di affidarmi alle mani di Martin Lutero Guitierrez, contrariando il suo stesso consiglio, solo perché mi era piaciuto come persona.
Oltre alla mia naturale pigrizia, eredità di famiglia da parte di mio padre, da qualche tempo c’era anche il mio istinto di cacciatore di cose pittoresche, che mi diceva che ne sarebbe valsa la pena, in qualche maniera, anche se magari non proprio dal punto di vista puramente dentistico.
A proposito del suo nome, fu quel giorno stesso che scoprii, lanciando per caso gli occhi in alto, su uno di quegli stinti diplomi incorniciati sulla parete di fronte a me, che la sua Elle corrispondeva al nome Lutero.

Un modo di chiamarsi fin troppo serio, per carità, almeno storicamente e in altre e diverse occasioni lo sarebbe stato, ma in quel caso lì, mi fece ridere e con le sue mani e una specie di bisturi nella mia bocca, non era cosa da farsi.
Comunque Martin Lutero non se la prese a male ed io non rimasi gravemente ferito. Perciò continuò a parlare tranquillamente, mentre tamponava il mio sangue, pensando forse che avessi riso del suo racconto, che era effettivamente anche abbastanza buffo, sebbene non avesse avuto il tempo di arrivare al finale, che, in genere, è il momento dell’effetto più comico.
O forse si era accorto che avevo riso alzando lo sguardo sul suo diploma di Laurea, certo era conscio di avere un nome inusuale, ma essendoci abituato, in più risultando essere una persona dal ‘gioco di cintura ampio’, aveva fatto finta di niente.

Tre giorni dopo ritornai là da lui e notai che anche sulla porta d’entrata c’era scritto in lettere dorate: Martin Lutero Guitierrez, dentista.
Quando bussai una voce cupa e lontana mi disse qualcosa che ebbi motivo di credere che fosse un invito ad entrare.
La saletta si presentava in maniera differente dall’altra volta, perché era inondata d’acqua sporca, anche se non più di due centimetri di livello, ma questo era stato solo il secondo particolare che avevo notato, il primo era un sederone ritto, corrispondente ad un resto di corpo in posizione detta ‘a gattoni’, che usciva da sotto il mobiletto di legno del lavandino dal piano di marmo.
Da là dentro una voce brontolò qualcosa, che forse era un saluto o magari una mezza frase che mi suggeriva di pazientare un momento.
Per non bagnarmi i piedi mi sedetti sulla poltrona delle torture e li misi sulla pedana.
Il terzo particolare era un odore di acqua poco fresca, la cui provenienza era ovvia e dall’aspetto grigiastro, che la finestra aperta mitigava un poco, per fortuna.
In più c’era il freddo invernale e il vento che faceva svolazzare un po’ tutte le cose meno pesanti là dentro, come tovaglioli e ricette mediche. Alcuni oggetti dal peso specifico più leggero galleggiavano già come barchette.


Il dottor Guitierrez, uscendo dal suo parziale nascondiglio, mi disse con la massima naturalezza di accomodarmi e, quando vide che mi ero già accomodato, iniziò a raccontarmi che una voce dentro di lui, prima di iniziare la recente operazione idraulica, lo aveva avvertito:
‘Martin Lutero, lascia che ognuno faccia la sua specialità, non mettere le mani là sotto, o te ne pentirai!”
Ma lui, sebbene fosse uno dei maggiori ideologi di quella teoria e me lo aveva già dimostrato in pratica, duro come un gaúcho di frontiera, non le aveva dato ascolto e quello era il risultato.
Mi fece accomodare, mi fece aprire la cavità orale, dove il vento iniziò ad uscire ed entrare facendo il rumore del mare.
In quel momento si ricordò che avrebbe dovuto lavarsi le mani, prima di ficcarle dentro la mia bocca e allora lo fece, come a entrambi parse logico, anche se l’acqua cadeva direttamente sul pavimento.
Allora chiuse la finestra, spiegando, però, che era per via del vento.

Questi dettagli non turbarono la sua arte della dissimulazione tipicamente brasiliana e nemmeno i miei sguardi smarriti riuscirono a scalfire la sua flemma.
Il brasiliano è un giovinotto che, per la sua situazione contingente, fatta di tanti piccoli particolari inseriti in una routine secolare, fatta di serie intrecciate di imprevisti, non perde la calma facilmente.
La gente qua sembra molto tranquilla, l’atmosfera rilassante dentro il loro cervello, in una situazione esterna di confusione totale e di rumore insopportabile e assai variato, li aiuta a vivere una vita a volte un po’ infernale, ma mai noiosa e sempre piena di umorismo e di situazioni divertenti, perché sfuggono al loro dominio e alle eventuali previsioni, avendo a che fare più con la teoria del caos che con altre regole e postulati più razionali, inventati da persone che pensano di poter controllare il mondo, chissà come, ma che invece non riescono nemmeno a manovrare efficacamente se stessi.

Martin Lutero Guitierrez, uomo di cultura e di capacità non troppo pronunciate e specifiche nel ramo del dentismo, dall’altro lato era veramente una persona gradevole e simpatica.
Tanto che, sebbene soffrissi nel cervello, nel cuore e soprattutto nei denti, continuai ad essere suo cliente, o meglio: paziente.

Quel pomeriggio di qualche anno fa, non so se lui risolse il suo problema idraulico, dopo la nostra seconda seduta, ma la mia cura, poi, proseguì normalmente, o qualcosa del genere, più rispetto alla sua idea di normalità che non alla mia.
Mi disse di comprare un liquido per gargarismi che effettivamente mitigava periodicamente il mio dolore.
Il dolore però ritornava, dopo un poco di tempo, per quanto facessi frequenti e negli ultimi tempi anche rabbiosi risciacqui, come Martin Lutero mi aveva prescritto, almeno per quanto riguardava la parte della frequenza.
Poi, costretto dal dolore e dal lato più europeo della mia razionalità, tornai dal mio precedente dentista, dottor Bortolo Schwarzenheiden, uomo meno simpatico ma più capace, fuori zona ma più efficace, che saldò il conto con i miei denti ribelli e successivamente io saldai il suo, ma a rate.
Sarei diventato molto volentieri amico di Martin Lutero Guitierrez, ma a Vila Nova più che a Farneta, la vita ti prende e ti porta via, ti distrae, ti fa sempre perdere la tua rotta originaria, a meno che tu abbia tempo e disposizione, che sono due cose che in me non riescono a convivere quasi mai contemporaneamente.
E poi, qui succede che le persone simpatiche facciano regolare parte della routine.
Sono tante, se ne trovano tutti i giorni, entrando in un negozio di ferramenta, dando lezioni d’italiano o facendo benzina al distributore.
Per questo non si ha mai paura di perderle e non ci si attacca in maniera disperata all’ultima incontrata.
Certo che un autentico cognato di Luis Carlos Aguiarones non si conosce tutti i giorni…

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