martedì 12 marzo 2024

QUASI TAGLIATI FUORI

 

 Da casa mia si vede il fiume e intorno c'è una bella cornice di verde, la natura è selvaggia e invadente. Gli opossum vengono regolarmente ammazzati dai miei cani e una volta nel mio terreno di 720 metri quadrati vivevano anche dei Lagartos, che sono lucertoloni di una certa stazza, possono arrivare anche a un metro di lunghezza.

In tanti casi, chi vive qui non ha optato per amore della pace e della natura, ma perché costa meno. Una volta Vila Nova era un villaggio poi è diventato un quartiere di Porto Alegre, ci sono favelas nascoste intorno e qui quasi tutti hanno un allacciamento clandestino alla luce elettrica.

Un giorno diventerà un quartiere residenziale, forse, ma ora chi vive qui è gente che lavora parecchio e appena può festeggia mettendo la musica ad alto volume.

Attorno a me ci sono dei vicini normali, credo, almeno per questa parte del Brasile, dell'estremo sud, e comunque di un quartiere decentrato e pressoché campagnolo. Sono io che non sono tanto normale qui in giro, ogni tanto è bene ricordarselo, forse non lo sarei nemmeno in Italia, dove sono nato e cresciuto fino più o meno ai 35 anni.

La salita per arrivare quassù sul crinale della collina è ripida e foderata di parallelepipedi di cemento, nella mia stradina invece è sterrata e quando piove si formano buche e avvallamenti considerevoli.

Una volta la strada ha ceduto e c'era un buco in mezzo, che cresceva ogni giorno, sulla salita pavimentata.  La fogna pubblica di sotto, a cui siamo tutti allacciati clandestinamente, si era aperta finché un enorme camion della birra Brahma ci si è incastrato e ha bloccato il traffico, così dopo mesi di latitanza sono venuti ad aggiustarlo.

Ci sono dei grossi uccelli che vivono sulla collina di fronte, che ci divide dalla parte della città più fittamente abitata, che essendo considerata zona verde è ancora ricoperta di foresta vergine. Si chiamano Jacù, sono grossi più o meno come galline, però volano e ogni mattina formano un numeroso corteo starnazzante che gira su nel cielo per una mezz'ora o più.

In una certa epoca un rapace grande come un piccione si era stabilito dentro casa mia e volava per le stanze non facendo certo attenzione a dove sporcava, la notte usciva e si metteva sul punto più alto della casa, oltre gli otto metri, e fischiava che a non saperlo sembrava una persona umana,  dormire era un problema.

Ho cercato di dissuaderlo in tutte le maniere, alla fine ho comprato una carabina ad aria compressa e gli ho sparato, colpendolo più volte di striscio, ma lui non la capiva, magari pensava che fosse un gioco, finché l'ho dovuto ammazzare.

Più volte pipistrelli e uccelli più piccoli hanno svolazzato dentro, forse entrando per sbaglio. Un uccello abbastanza comune qua veniva a beccare i vetri di una finestra e ci stava delle ore. Non voleva entrare, perché se la finestra era aperta la beccava lo stesso, non so se ce l'aveva con la sua immagine riflessa, forse un disturbo della personalità, insomma anche lui ha fatto una finaccia.

Nella vita spesso apprezziamo soprattutto quello che non abbiamo, se poi i desideri si realizzano ci sorprendiamo di constatare che non erano poi quel granché. Quando ero piccolo sentivo meglio e di più l'importanza di certe situazioni e cose quando ce le avevo in quantità limitata e in un luogo lontano da tutto, dove era difficile procurarsele.

Tutto questo anche se poi questa lontananza o difficoltà erano solo apparenti.

Per esempio i giornalini di Geppo o Braccio di Ferro mi parevano molto più appassionanti se li leggevo nel letto di Mologno, in quella camera freddissima dove potevamo resistere al gelo solo immergendoci interamente sotto le pesantissime coperte. Le storielle dovevano essere seguite in un fioco raggio di luce attraverso un piccolo varco tra le coltri. L'effettiva distanza da un giornalaio era però la stessa di quella normale di sempre, anche da lì.

A Massaciuccoli si mangiava di solito peggio che a casa mia. Mio padre faceva dei goulash ignobili, pensava che fosse sufficiente buttare tutto dentro la pentola e scaldare per un po'.

In seguito, un po' alla volta imparò a fare degli spezzatini buonissimi, da lui detti firmati, che ci lavorava dei pomeriggi interi.

Però a quei tempi lì alla baracca sul lago anche un sudatissimo prosciutto e melone sembrava un cibo sopraffino, perché per tornare sulla terra ferma si doveva addirittura usare la barca e remare per un quarto d'ora, venti minuti.

Quassù sulla collina di Villanova, se si rimane senza qualcosa, si deve fare dei chilometri in macchina. Prima c'era l'alimentari di Tonico, non che c'avesse una grande scelta e spesso i suoi già ordinari prodotti confezionati erano scaduti, ma per le emergenze anche i suoi tremendi panini gommosi potevano soccorrerci. Dopo diverse rapine però Tonico ha chiuso e scendere a valle per noi è diventata l'unica possibilità. Qualche volta Tonico viene da me a bere qualche birra, se c'è qualche partita da vedere alla TV, ma raramente. Di solito lo saluto da lontano, quando entrambi ci troviamo a fare dei lavoretti fuori casa.

La spesa la faccio una volta alla settimana, stringendo i denti resisto per 10 giorni. La mia vita da pensionato in uno spazio di 720 metri quadrati si anima di coraggio e soprattutto di necessità, per scendere nel traffico infernale del quartiere Cavalhada, come se fossi in missione per conto di Dio.


Nessun commento:

Posta un commento