L’immagine di Dio, lassù in cielo, in mezzo alle nuvole,
affrescato o dipinto sui quadri in chiesa, mi è parso sempre qualcosa di
affascinante, diciamo che per i primi due o tre anni di catechismo sono stato -
almeno teoricamente - un buon cristiano. Dopo la prima comunione e la cresima,
che all’epoca si celebravano nell’arco di poco tempo, le cose mi quadravano già
meno.
Per me la natura è sempre stata una cosa grande e bella, profonda e misteriosa, piena di fascino e di significato. Una volta, per esempio, il temporale per me era molto più spaventoso di adesso, perché non sapevo spiegarmelo; ora ne ho un’idea meno vaga e non mi fa paura. Sono nato in campagna e lo studio del comportamento umano sarebbe diventato necessario dopo.
È stato un bene che io sia cresciuto in un manicomio, perché
presto o tardi quella sarebbe stata una cosa da affrontare e facendolo subito
mi misi in avanti con gli studi. Ognuno di noi cammina a un passo dalla pazzia,
anche se non ce ne rendiamo conto, basta poco.
Solo molto tempo dopo appresi che la rigidità porta alla rottura,
che quella che noi chiamiamo società è assai rigida, piena di regole
apparentemente fini a sé stesse, ma in verità utili ai privilegiati e molto
meno alla collettività. La nostra società è molto più moralista e conservatrice
di quello che è necessario, assai di più di quello che sembra, assai di più di
quello che noi dovremmo sopportare.
Dentro questa trappola, la responsabilità e quindi il lavoro,
trasformano i bambini in uomini, pur rimanendo degli eterni principianti,
perché il mondo cambia, perché è troppo complesso, perché le regole valgono principalmente
per chi non può sfuggirgli.
Da piccolo anche la scienza mi era abbastanza oscura, ma avevo
un’idea, seppur vaga, di cosa potesse significare quando gli scienziati, alla
televisione, dicevano che il vino faceva male e il giorno dopo, invece, che
faceva bene, magari senza volerlo, mi confondevano le idee e non solo a me.
Il nuovo prete del Quercione senza volerlo mi tolse qualche
dubbio, cacciando tutti i bambini dal campetto di calcio, sotto la collina dove
sorgevano la chiesa e l’adiacente canonica. Quando ci chiamò per servire alla
processione della settimana seguente, non so se ci fece caso, ma c’erano alcuni
bambini che non avevano risposto, che poi sarebbero scomparsi per sempre anche
dalla messa.
Qualche anno prima, io e mio fratello
Umberto, avevamo frequentato l’asilo delle suore, a S.Marta in Collina e non
avevamo mai preso tante manate, scappellotti e stintignate, specialmente dalle sorelle più giovani.
Mia madre era credente e anche relativamente praticante,
affiancata da mio padre che invece criticava la religione e la chiesa, andava
alla messa forse anche per far piacere a lei, ogni tanto, magari a Natale.
Eppure lui aveva due amici preti, con i quali andavamo anche in vacanza.
Ho sviluppato di conseguenza la tendenza a cavalcare il dubbio, la
gente lo teme e lo evita, pur se apparentemente scomodo stimola a riflettere, a
non fidarsi degli stereotipi, a non dare mai niente per scontato.
Da bambini ci hanno insegnato che mentire è peccato, la nostra
cultura cattolica però mostra persone che vanno alla messa la domenica e fanno
cose orribili durante la settimana. È normale che un povero disgraziato poi
cresca confuso, attorno è tutto un fiorire d’inganni.
Quando ero piccolo non ci pensavo, ma con il passare del tempo la
riflessione mi è apparsa come la soluzione migliore, per adattarmi meglio al
mio ambiente, ma anche per saper mettere in pratica quel che pensavo, quello
che imparavo vivendo.
A che cosa può servire una filosofia di vita nella società
moderna, dove ciò che non è proibito è obbligatorio, dove la libertà del
cittadino è strozzata dalle norme elementari di sopravvivenza della società
stessa, che rispetta le regole economiche e morali, molto meno quelle di un
dimenticato o forse mai conosciuto libero arbitrio?
Direi che è utile per saper distinguere, in funzione della
situazione del momento, o nel corso del tempo, più a lungo termine, saper
ragionare per agire di conseguenza. Non per avere ragione, in una qualsiasi
discussione con gli amici, ma per capire la realtà.
Mi accorgo di aver sempre avuto di una grande libertà relativa,
rispetto ai bambini di oggi, ma anche di altri coetanei della mia stessa
infanzia. Mio padre però mi obbligava quasi a viaggiare, in vacanza, anche
all’estero, il che non mi piaceva molto, al momento di partire, ma che
naturalmente mi aprì gli orizzonti. Non mi rendevo conto, ma ora lo riconosco e
ne ringrazio i miei genitori, per la loro scelta di voler vivere sempre in
campagna.
Ringrazio anche la fortuna di aver potuto crescere in quel
periodo, ormai lontano anche idealmente, in cui tutto aveva una dimensione
molto più umana di adesso.
Sono certo che hanno segnato anche la mia grande volontà di
esplorare sempre mondi nuovi, di cercare costantemente le novità, di vivere
sempre in prossimità della natura, di seguire con piacere le stagioni e i
fenomeni dell’atmosfera. Più m’interesso alla vita, più la vita s’interessa a
me, questo l’ho imparato abbastanza presto.
L’entusiasmo è necessario, per tutto quello che facciamo. E'
importante farcelo piacere, senza fingere.
Avere uno spazio intorno aperto a trecentosessanta gradi però può
anche essere motivo di paura, tanto tempo a disposizione e un orologio che ci
possa far sentire piccoli, nei secoli dei secoli, può dare una sensazione di insicurezza.
Riempire lo spazio di cose fa sembrare il tempo meno pericoloso, le azioni
tutte attaccate alle altre ci impediscono di pensare. Ma è solo una trappola che
ci costruiamo giorno per giorno, mattone su mattone.
Un essere umano per mantenersi in salute mentale, in ogni porzione
di vita, denominata giornata, dovrebbe avere divertimento, riposo, compagnia,
solitudine e riflessione.
Nessun commento:
Posta un commento