Una
volta la Terra era una nuvoletta di gas addensato come quelle che possiamo
vedere oggi con il telescopio. Ha girato per qualche milione di anni attorno al
sole, senz'acqua e senza vita. Prima ancora c'erano solamente ignote e strane
stelle giganti e corpi celesti più piccoli che turbinavano, tra le nuvole di
gas nello spazio incommensurabile dell'infinito.
Noi umani, nel nostro piccolo, per quanto ci possiamo rendere conto, non riusciamo a capire l’idea di un universo infinito e che oltretutto si stia ulteriormente dilatando. Ci siamo sempre dovuti accontentare di spiegazioni parziali, d’ipotesi, di cose dette da non si sa chi. Sapere di non sapere è già un elementare principio di saggezza, eppure sfugge ai più.
L’uomo
da sempre vuole capire i fenomeni della natura, mettere in discussione gli dei,
affrontare tutte quelle questioni immediate, alle quali poi, non ha trovato
risposte definitive, pur facendo notevoli progressi in nome di una verità
comunemente accettata. In seguito si è dedicato, in mancanza di meglio, a
cercare di risolvere le questioni della società, delle tendenze umane
all’interno di comunità sempre più popolate.
La
filosofia, a partire dagli inizi, aveva accompagnato sempre le esigenze umane,
a seconda della località in cui si trovava e del tipo di vita che la gente
faceva, della storia che aveva attraversato per arrivarci. Noi piccoli e
insignificanti esseri umani abbiamo sempre avuto la necessità di spiegare i fenomeni
della natura, per questo sono stati inventati i miti, perché a quei tempi
lontani non esisteva la scienza.
Tecnicamente
nessuno lavorava, ma si spostavano dove c’erano i frutti del suolo, il cibo.
La
terra però è rimasta della stessa grandezza e la popolazione è diventata sempre
più densa, le foreste assai meno numerose e fitte, i mari depredati dei pesci
senza alcun rispetto per la riproduzione, così per le specie animali.
Secondo
me ci si poteva organizzare meglio, non lo so, ma forse ormai è tardi. Intanto
il lavoro è una violenza alla quale si potrebbe trovare qualche sostituto,
perlomeno parziale, se non si continuasse a far troppi figli, se non ci fosse
quest’idea di accumulare capitale, di sottrarre mezzi agli altri con vari
trucchi.
Una
volta c’era meno gente, ma il meccanismo iniziò a svilupparsi in quel modo, da
quando si abbandonò il nomadismo per abbracciare l’agricoltura, si costruirono
le prime città e nacque la politica, la guerra e anche le malattie
proliferarono.
La
chiesa, che ha sempre avuto una risposta per ogni domanda, diceva che il Dio
era lo stesso per tutti i popoli, solo che aveva nomi differenti, per via della
lingua, della differente cultura.
Spiegavano
anche perché in Grecia ne avessero così tanti, Dio corrispondeva a Zeus e gli
altri dei erano i santi.
Nel
700 avanti Cristo, però Omero ed Esiodo avevano già messo per scritto il tesoro
della mitologia greca. Senofane, nato verso il 570 A.C. diceva che la gente
creava gli dei a sua immagine, sia nell’aspetto fisico che nella maniera di
comportarsi e perfino nel modo di vestire.
I
primi filosofi capirono che la loro missione era prima di tutto criticare gli
dei, dicendo che erano capricciosi, vili e traditori esattamente come gli
esseri umani, successivamente si iniziò addirittura a mettere in dubbio la loro
stessa esistenza.
Socrate
era una persona rara, di quelle che credono in quello che pensano e non solo lo
dicono apertamente, ma lo mettono anche in pratica. Attorno a lui tutti hanno
sempre mentito per seguire quello che gli pareva più comodo, da sempre hanno
contraddetto sé stessi, all’occorrenza negando ogni evidenza.
Se
nell’antica Grecia i lavori materiali erano tutti svolti dagli schiavi, i primi
filosofi, non avendo troppo da fare, iniziarono tranquillamente a pensare alle
prime cose che gli venivano in mente, che erano certo più legate ai fenomeni
della natura che al comportamento umano.
Gli
esseri umani, per quanto cercassero già un po’ di allontanarsene, fin dai
primordi avevano a che fare direttamente con la natura e questo lo avevano più
chiaro loro di noi, ai nostri tempi moderni, distratti da mille cose superflue.
Perciò
i primi filosofi si facevano le loro belle domande, infantili ma forse anche
fondamentali: da dove viene questo, da dove arriva quell’altro, questioni che
avevano relazione immediata con tutte quelle trasformazioni e fenomeni naturali
che poi la scienza, senza fretta, ha spiegato in seguito.
La
filosofia greca, paradossalmente nacque in Turchia, i primi filosofi
svilupparono le proprie virtù a partire da Mileto, sulla costa mediterranea,
allora colonia greca. Talete si preoccupò di stabilire quale fosse il principio
alla base di tutto ciò che esiste. Secondo lui era l’acqua. Ed è il primo
filosofo di cui si abbia notizia, nel sesto secolo avanti Cristo, che non
sapeva ancora di esserlo, ma era uno che non lavorava, viaggiava, si chiedeva
il perché delle cose e tanto bastava. Prima di avere i primi pensatori proprio
sul suolo ellenico, se ne ebbero vari nelle colonie, tra cui la Magna Grecia,
nel sud dell’Italia.
Non
per caso apparvero i primi filosofi laddove non c’era l’obbligo del lavoro,
anzi, i cittadini veri e propri se ne sarebbero perfino offesi se qualcuno lo
avesse preteso da loro.
Nell’antica
Grecia, grazie anche agli schiavi che si sobbarcavano tutti i lavori faticosi,
si iniziò a pensare al motivo delle cose, a mettere in dubbio i miti che
avevano fino a quel momento spiegato tutti i fenomeni atmosferici e perciò
tutto quello che riguardava l’origine umana e della nostra terra all’interno
dell’universo.
Parlare
del motivo di tutte le cose è argomento infinito e senza soluzione pratica, ma
che tutto è connesso si vede e si sente, purtroppo o per fortuna, c’è anche
quello che non si vede e non si sente, ma esiste.
Separare
per capire meglio, come si è fatto finora, invece serve a non comprendere, la
concezione meccanicistica ormai è superata, ma chi è
che conosce la quantistica?
Ogni
tanto ho consultato il vecchio ma intramontabile Socrate, che non ha lasciato
niente di scritto, ma attraverso il resoconto del suo allievo Platone, invece
di spiegare le sue idee, poneva piuttosto delle serie di questioni, che gli
interlocutori si risolvevano da soli e alla fine davano immancabilmente le
risposte di cui lui aveva bisogno.
Tra
le sue perle brillanti di esperienza terrena mi sono garbate principalmente
queste:
Più gente conosco e più apprezzo il mio cane.
Praticare il bene è un affare. Se l'uomo
non lo persegue è solo perché non ha la minima idea di dove si trovi il bene.
Pertanto non è malvagio ma ignorante.
Chi sa che cosa è giusto fa la cosa giusta.
Perciò:
Non esiste vento favorevole per il
marinaio che non sa dove andare.
Detto
in altre parole: chi non sa che cosa è
giusto, fa la cosa sbagliata.
Infine
porsi le domande, spesso senza arrivare a delle risposte, comunque mai
definitive, che invece scienza e religione hanno la vana pretesa di darci.
Nato
in una provincia lontana della Cina nel 551 avanti Cristo, uomo di famiglia
aristocratica, ma di un ramo povero, Confucio diventò professore a tempo pieno.
Credeva che i nobili dovessero governare in maniera saggia e umana.
Come
la classe dominante Greca, nella stessa epoca, credeva più nella gerarchia che
nell’uguaglianza. Predicava cortesia, lealtà, umiltà e delicatezza; esaltava la
saggezza degli anziani che avevano molto da insegnare ai giovani. Ben presto,
arrivò alla pratica conclusione che una vita terrena ben vissuta era più
importante di qualsiasi vita da raggiungersi dopo la morte.
Uno
dei trucchi di alcune religioni, tra cui quella Cristiana Cattolica, è dire che
sulla terra gli umani fanno solo una preparazione per lo stato superiore che
viene dopo la morte, approfittando che nessuno poi torna indietro a
smascherarle.
Molto
più recentemente, circa 150 anni fa, un tedesco di Landshut (Cappello della
Terra) tale Ludwig Feuerbach (Ludovico Ruscello di Fuoco) influenzò assai il
pensiero di Karl Marx. Tra le altre cose, disse che non sono stati gli dei a
creare gli uomini, ma viceversa, che ci facevano troppo comodo per affibbiargli
le disgrazie della vita, ma anche per sentirci sempre protetti e giustificati.
Bertrand
Russell, pensatore inglese di scuola razionalista, nato nel 1872, più o meno
quando Feuerbach è morto, diceva che la filosofia è una specie di terra di
nessuno, tra la Scienza e la Teologia ed esposta all’attacco di entrambe.
Qualcosa
di molto vulnerabile, quindi, sensibile a cambiamenti continui. Ha in sé
l’elasticità per cambiare se stessa, necessariamente rinnovandosi con i tempi e
gli spazi, con la routine quotidiana.
Tutte
le altre discipline funzionano attraverso dogmi, la filosofia, invece si deve
sempre ridimensionare e rimettere in discussione. Per me, dovremmo fare così
anche noi, nella nostra pratica quotidiana.
A
volte il nostro bisogno non è effettivamente ciò che noi crediamo che sia
necessario, ma piuttosto quello che la società pretende da noi. Una persona
pratica ha però l’occasione di intervenire per cambiare quello che tutti
credono normale e fisiologico, per forgiare la sua personale maniera di
interpretare la vita. Una volta che si accorgesse di aver sbagliato, potrà
cambiare ancora, insomma: l’errore è regolare e permesso, non è affatto un
disonore.
L’onore,
in sé, è una cosa indotta da una società retrograda e perciò, come spesso
accade, inutile o perfino deleteria. La società insegue modelli di potere, di
competizione, tutto in nome di economie e relativi gradini di status simbolici,
che invece di favorire il cittadino lo tarpano.
Individualmente
però noi possiamo scegliere di evitare le regole della società, spesso sono
proprio quelle che ci conducono verso il baratro, la collettività è condannata
ad essere carne da cannone, da sempre. L’ideale di patria è un’ennesima
fregatura, i soldati non hanno mai capito perché combattevano le guerre, sennò
non l’avrebbero fatto.
Qua,
oltre l’oceano, ho trovato quello che viene definito l’unico filosofo
brasiliano vivente, Oswaldo Porchat Pereira, che si definisce uno Scettico
Tranquillo ed ho scoperto che mi identifico con questa corrente, empirica e
contraria ai dogmi.
Nel
frattempo mi sono sposato due volte, ma con donne diverse, ho capito che il mio
amore per una femmina avrebbe poco a che fare con la bellezza fisica, ma molto
con l’amicizia, un affetto pratico, un aiuto reciproco, non solo spirituale.
C’è
troppa solitudine in giro per il mondo, per questo apprezziamo una buona
compagnia, qualcuno che semplifichi invece di complicare. Siamo soli dalla
nascita alla morte, ci dovremmo essere abituati, invece no. Pensiamo poco a quello
che abbiamo e tanto, oppure troppo, a quello che ci manca.
Quello
che più mi piace dei miei cani è che non parlano. D’inverno, quando arriva la
sera, è bello accendere il caminetto e approfittare del silenzio intorno,
appena rotto dallo scoppiettio della legna sulle fiamme. Gli occhi
liquidi di questi angeli pelosi dicono tutto quello che c’è da dire, li
accarezzo lentamente, accompagnando il soffio del loro respiro.
I
cani imparano da piccoli che correre dietro alla loro coda gli fa girare la
testa, ma gli uomini no, e la coda non ce l’hanno nemmeno più, da millenni.
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