venerdì 9 settembre 2022

SALUTAME A SOCRATE

 




Ho sempre avuto un rapporto discontinuo con i sogni, e quasi sempre non me li ricordo, forse vado a epoche, o a fasi.

Quella di ora è che nei sogni, specie verso la mattina e dopo la necessaria gita al gabinetto, mi metto a ragionare e a ricordare lucidamente, come se stessi sveglio e mi rammento poi tutto, nei particolari, come non mi è mai successo prima.

 Ultimamente ho avuto un contatto ripetuto e continuato con Socrate, che è forse, tra i filosofi, quello che mi piace di più. Mi è venuto perfino il dubbio che in qualche altra dimensione esistesse ancora veramente, che volesse davvero parlarmi e aiutarmi.

 La prima volta eravamo in tre e stavamo seduti sul bordo del lavatoio di Tuscania detto delle Sette Fontane.

Socrate era in un virato seppia marroncino, come tutto il resto, forse in ricordo di quello che è stato, quando non esistevano le foto. Insomma il virato dà alla scena un'idea di antichità notevole e romantica. Socrate però è ancora attuale oggigiorno, quello che ha detto e soprattutto le domande che ha fatto, nelle sue discussioni spesso riportate da Platone, ancora funzionerebbe con la logica attuale, se mai ce ne fosse una in giro.

Nel sogno lui ha taciuto pensieroso, poi ha parlato per un po’ di alcuni problemi tipicamente ateniesi, che a me logicamente interessavano meno, finché gli ho detto:

“Ti rendi conto che l'acqua appare quasi sempre nei miei sogni, o proiezioni mentali che siano, ci deve essere un motivo o no?” Mi ha guardato e ha sorriso malinconico.

“Anche le foto stesse o i video che metto su Facebook.” Ho aggiunto io.

“È un sogno ricorrente?” Ha poi chiesto lui.

“No, quello è senza acqua, quelli cioè, mi sogno che sono ancora a scuola, a fare il servizio militare, o al Caffè Voltaire.

“Situazioni in cui ti sei sentito prigioniero?” Chiede Socrate.

“Sì, infatti!” Qui è intervenuto Freud, che nei miei sogni invade spesso.

“Ecco l'acqua invece ti fa sentire libero, è instabile e incontrollabile, figuriamoci che segue le fasi della luna e cose di questo genere. O anche di altri.” Sigmund, pur se non invitato troppo volentieri, è ovviamente contemporaneo mio e di Socrate. Il quale sorride e chiede:

“Ma che tipo di acqua ti sogni: stagnante? Piena di limo e alghe? Acqua che scorre, come un torrente? Oppure il mare?”

“Tutte. Spesso è limpida, mai acqua torbida.”

“Allora è la libertà.” Interviene lesto Sigmund. “Sei così privo di regole e lunatico, non sai limitare la tua libertà, fino al punto di esserne schiavo, non vuoi un lavoro come dipendente né come imprenditore. Non vuoi una famiglia, anche se ti piacciono quelle degli altri. Non vuoi un figlio, ma per cinque minuti adori il figlio di qualcun altro. Non vuoi legarti a niente e a nessuno, ma ti senti solo.”

“Vero, ma allora cosa devo fare?”

“Niente. Hai i tuoi bei sessantatré anni, pensi ancora di poter cambiare?” Ha risposto Socrate domandando. 

Sono rimasto piuttosto deluso. Sigmund mi ha guardato, poi ha sorriso e approvato con un cenno della testa.

 

(Il titolo è una frase di Luciano De Crescenzo del quale sono un non indifferente estimatore. Mi sono preso la libertà di usarla perché lui alla fine non l’ha fatto, voleva metterla come titolo al suo libro su Socrate, ma poi ha pensato che l’avrebbero capita solo i napoletani e ha lasciato perdere.)

 



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