martedì 13 settembre 2022

IL GIARDINO DEL MAGO

 


Gli alberi in Brasile facevano troppa sporcizia, crescevano assai rapidamente e alcuni, con i venti forti e le loro insufficienti radici, rischiavano di cadere addosso alla gente, alle macchine e alle case. La gente evitava di averne in giardino.

Alberi altissimi invece si vedevano di là slanciarsi verso il cielo, nessun altro attorno ne aveva tanti e di quel tipo.

Riceveva delle visite, spesso di notte. Forse erano i suoi clienti. I vicini avevano tentato di comunicare con lui senza risultato, avevano sentito suonare un telefono qualche volta, ma non sapevano come si chiamava e che numero avesse. Chiamarlo a voce non serviva a niente, i suoi cani poi abbaiavano minacciosamente e per un bel po'.

Il mago aveva gatti e cani in quantità e qualità. Tutti si chiedevano cosa gli dava da mangiare.

Meno lui ci teneva a mostrarsi, più loro diventavano curiosi. C'erano sempre quei quattro muri alti che ne impedivano la vista e il mago stesso, se era ancora lì, era piuttosto riservato e silenzioso.  I vicini dicevano che non si sapeva cosa mangiasse, perché non lo avevano mai visto andare o tornare con dei sacchetti, anzi non lo vedevano proprio da un anno all'altro.

Lo chiamavano il mago perché, le poche volte che era stato avvistato, era vestito con una lunga tunica scura i suoi occhi pareva che fiammeggiassero.

Una volta un ladro inseguito dai derubati, loro più armati di lui, era scappato oltre il muro del giardino, si era sentito un gemito sordo, poi un rumore di ossa rotte e di masticazione conseguente, nessuno aveva avuto il coraggio di andare a vedere cosa era successo, o cosa ne era rimasto.

Per coincidenza pare pure che, nottetempo, si facessero anche magicamente sparire delle montagne di ossi che un vicino macellaio ammucchiava vicino casa.

Quando accadeva un fatto inspiegabile insomma veniva immancabilmente attribuito a lui, ecco anche perché lo chiamavano il mago. Non ci sono purtroppo filmati disponibili, foto o altre testimonianze.

 “Si dice che osservando gli animali si capiscano meglio gli esseri umani, quando poi, avendoli compresi o no, arriviamo all’eventuale conclusione che non ci sia bisogno di perderci altro tempo... allora vale ancora di più la pena di osservare gli animali.

Non amano disquisire su temi di attualità, questa per me è una virtù, non s’intendono di musica, ma quando metto della classica calma, o della strumentale melodica e rilassante, tutti i miei cani si mettono a dormire a pancia all’aria e mi pare un segno di gradimento piuttosto lusinghiero.

La musica ad alto volume li fa allontanare, cercano riparo, meglio degli umani sanno capire che non è una cosa sana fracassarsi i timpani. I miei vicini ascoltano della musica così insopportabile e così ad alto volume che i cani vogliono entrare in casa.

Adara è sterilizzata, ma si comporta da mamma con Vilnius, che ha un paio di mesi, forse quasi tre. Cascioferro è il più vecchio e fa il ruolo del padre di stampo antico, non vuole essere disturbato e siccome il cucciolo non rispetta la sua privacy, gli ringhia continuamente, ma non lo ha mai morso. Si vede che gli vuole bene, lo noto quando bestemmio verso di lui, che è così vivace da annichilire ogni resistenza e vuole tutto, subito e continuamente, allora Cascioferro abbassa le orecchie e mi guarda come a intercedere, a scusarlo, che bisogna avere pazienza con i bambini.

Adara in questi casi si mette proprio in mezzo, scodinzola, mi guarda e fa delle smorfie con il muso, emette un rumore come un brontolio. È lo stesso che fa anche quando sono arrabbiato con lei, per esempio quando si mette ad abbaiare per ore di notte, dialogando con cani lontanissimi che non conosce nemmeno di vista e sveglia tutti.

Gli animali non li può amare chi ha sempre vissuto in città, chi la campagna la vede a distanza, meglio alla TV o al cinema. In giro per i campi e per i boschi io ci sono sempre stato, con piccoli lassi di tempo come eccezione, anche a Vienna visitavo spesso i parchi e là c’è molto più verde che in qualsiasi altra città oltre il milione di abitanti.

Klinckenhammer, con un tipico comportamento canino, mi ha fatto capire come siamo noi, cioè assai diversi da loro, ma loro sono meglio. Guardando dalla finestra, da fuori, mi vede e va di corsa alla porta. Io non ho voglia di andarci, anzi da essere umano penso che è un sempliciotto, Klinckenhammer.

Non lo vedo più, però so che lui è là, fuori scodinzolante e seduto, ansioso davanti alla porta. Mi induce con la sua sottile ma intensa psicologia a smuovermi dalla mia decisione, ad aprire e ad andargli incontro, ad accarezzarlo e a gioire anch’io della sua dimostrazione di affetto.

Non ho mai avuto grande simpatia per i gatti, quando ce ne hanno portati due non li volevo, ma ora ci sono affezionato e sento la loro mancanza, quando non sono qui. Sì perché quando scrivo io viaggio parecchio e vado lontano assai, ma dopo, al mio ritorno, loro sono lì ad aspettarmi.

Avevano detto che se andavamo via per dei mesi loro se ne sarebbero andati dalla casa, dal nostro terreno, invece no, ci hanno aspettato e una volta tornati non ce lo hanno fatto pesare, né loro né i cani, tutto come prima, con una piccola interruzione, l’ultima, di due anni e mezzo. Dopo mia moglie se ne è andata e non è più tornata.

Paco, il primo nostro gatto maschio, l’ho salvato dalle bocche di due grossi cani del vicino di casa, ho scavalcato il muro e mi ci è voluto un po’ per convincerli a bastonate, mi sento ancora in colpa perché prima di decidermi ad agire ho aspettato, quasi ipnotizzato da quella scena.

L’altro vicino, tempo fa, lo aveva salvato dai nostri cani, quando era più piccolo, io non c’ero, chissà dov’ero. In entrambi i casi aveva sangue addosso che abbiamo pensato fosse suo, invece era dei cani che aveva sgraffiato, per difendersi a unghiate. Recentemente lo ho anche salvato che cercava di affogare, i gatti hanno un’istintiva paura dell’acqua, ma che ci era andato a fare in piscina?

Forse aveva visto un film alla tv degli orsi che si pigliano i salmoni e se li mangiano.

Diciamo che è sempre stato alla ricerca dei pericoli, oppure che non li sa distinguere, ma è un gattone molto affettuoso che passerebbe le giornate a strusciarsi addosso a tutti e a fare le fusa.

Sua sorella Gina o Dina, in portoghese brasiliano la pronuncia è identica, invece è un tipo molto riservato, dorme lontano dalla casa e il suo territorio è quello da sopra al garage fino al muro di sopra. È una grande cacciatrice di uccelli, topi e di quel tipo di gechi che stanno sui muri e si mimetizzano come i camaleonti. Probabilmente anche Paco lo è ma è molto più pigro, e si fa vedere meno, perché di giorno dorme, di notte sparisce e torna la mattina, ma non si sa dove va. Sia lui che Gina sono arrivati qui già sterilizzati.

Dall'osservazione del comportamento dei cani capiremo meglio quello dei gatti, in seguito quello degli uccelli e dei topi, dei gechi, poi degli scarafaggi e delle formiche, dopo i microbi, poi quello degli uomini intesi come umanità, ma anche a livello individuale. È più difficile capirli, ma hanno anche loro una certa logica, a pensarci bene.”

Il terreno era grande, ma la quantità di gatti e di cani che vivevano là dentro pure era cospicua, come facevano poi ad andare d'accordo era un mistero, però trattandosi di un mago allora tutto pareva se non proprio automatico almeno possibile, certo in un altro tipo di realtà, magari parallela, oppure piuttosto perpendicolare.

Gli avvoltoi giravano sopra a centinaia di metri di altezza, e il mondo moderno attorno continuava giorno per giorno a guardare la TV e ad andare a lavorare, chiedendosi ogni tanto che cosa facesse il mago là dentro.

Non ci sono purtroppo filmati disponibili, foto o altre testimonianze, ma dicevano che tra i cespugli e i rampicanti c’era una vecchia piscina, dove lui allevava i pesci per mangiarseli, un pollaio nascosto dalla vegetazione, poi pecore, capre e maiali, la puzza quella si sentiva bene, dipendendo dal vento come girava.

Inviati dal municipio avevano cercato di mettersi in comunicazione con lui, ma ci avevano rinunciato e non avevano avuto coraggio di fare nient’altro. Il mago pareva che non pagasse le tasse, ufficialmente non aveva luce elettrica né telefono, secondo le voci immagazzinava l’acqua piovana con una grande cisterna.

 “Dall'osservazione dei vicini capiremo meglio perché è opportuno non uscire, da quella della TV perché è consigliabile starsene a casa, dall'internet poi la conferma che il rispettivo culo non è assolutamente da spostarsi da qua, almeno finché è possibile.

La mia è la casa più vecchia, qua intorno non ce ne erano altre, poi sono arrivati a far rumore, ad aprire e chiudere cancelli e porte, ad andare su e giù con le macchine. Quello schifo di musica alta.

Il rumore qua è il problema maggiore, ma ho dei tappi di cera per fortuna, che mi metto quando scrivo e il mondo intorno pare già molto diverso e migliore. Insomma più accettabile.

Mi piace il mio giardino, se così si può chiamare, ma è più una boscaglia tipo giungla, diverso da tutti qua a Porto Alegre, pieno di piante e di uccelli, piccoli e grandi tra cui i colibrì, tanti gatti e troppi cani, milioni di formiche e insetti di ogni tipo, spesso invaso anche da altri animali, istrici e opossum, ma tutti devono fare i conti con Alcamo, il capo in carica al momento, che è il cane più giovane e forte.

Tutti i giorni vengono su venditori ambulanti con i megafoni e liste di articoli usati e nuovi, per me incomprensibili gridate al cielo, ma qua sulla terra non ci si capisce niente. Là sotto la modernità impazza ma quassù siamo ancora nel secolo passato, si prevede un futuro più silenzioso, forse dopo guerre e pandemie, oppure ancora più frastuono?”

La verità vera, ma non ancora totalmente dimostrata, si venne a sapere quando Alcione, una vicina che aveva parenti in Italia e ci andava quasi ogni anno, comprò un libro, Il Giardino del Mago, di un certo Menelao Bertarelli Schioppa. Le era piaciuto e poi aveva comprato Non mi rompete, nel suo seguente viaggio oltreoceano.

Il tema dei libri di Bertarelli Schioppa era sempre lo stesso: la vita in un giardino recintato, che poi era quasi una foresta, c’era un vecchio professore d’italiano, abbandonato dalla moglie, che si era chiuso là dentro. I suoi libri vendevano abbastanza, cioè non tantissimo, ma era una nicchia internazionale, perché rappresentavano l’amore per la natura e per gli animali, il rifiuto della modernità, della vita in società, un tema sempre più diffuso e attuale, in progressiva distribuzione.

Allacciamenti clandestini di elettricità e internet, tubi di acqua riusciti a collegare con l’acquedotto pubblico, non si sa come, permettevano al mago di evitare di spendere quei soldi che non aveva.

Sua ex moglie era la complice esterna. Lo aveva abbandonato, ma non del tutto. Le faceva pena il mago, o meglio: si facevano pena a vicenda, per motivi opposti, ma lei gli forniva un appoggio discontinuo, sì, ma a suo modo regolare. I figli, ormai adulti, gli portavano la spesa dal lato boschivo del terreno, non si sa perché non passassero dall’ingresso principale, forse si vergognavano.

Se quella non era la storia del nostro mago ci assomigliava parecchio, come minimo doveva essere la storia di uno come lui.

 

Non mi svegliate ve ne prego
Ma lasciate che io dorma questo sonno,
Sia tranquillo da bambino
Sia che puzzi del russare da ubriaco.
Perché volete disturbarmi
Se io forse sto sognando un viaggio alato
Sopra un carro senza ruote
Trascinato dai cavalli del maestrale,
Nel maestrale... in volo.

Non mi svegliate ve ne prego
Ma lasciate che io dorma questo sonno,
C'è ancora tempo per il giorno
Quando gli occhi si imbevono di pianto,
I miei occhi... di pianto.

 

La gente non conosceva quella musica misteriosa che a basso volume, ogni tanto, si sentiva provenire da lì, si trattava di un vecchio gruppo italiano ormai sciolto, di cui il mago era da sempre appassionato.

Il Banco del Mutuo Soccorso è un gruppo musicale italiano fondato a Roma nel 1968. Insieme alla Premiata Forneria Marconi, gli Area e Le Orme è l'esempio più rappresentativo e noto, anche all'estero, di rock progressivo in Italia, in Brasile sconosciuti.

Nelle notti di luna piena, alcuni - non tutti ubriachi -giuravano di aver visto una silhouette scura, sembrava quasi umana, muoversi tra gli alberi e le rocce sulla collina di fronte. Altre ombre, parevano creature di varia grandezza e forma, gli giravano attorno guardinghi e silenziosi. Non ci sono purtroppo filmati disponibili, foto o altre testimonianze.

 

 

 

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