La vita è assurda e ingiusta, non sono io a
scoprirlo, ma è una verità. Anche se nessuno
mai è stato d'accordo con gli individui che hanno detto la verità, a tutti
piace da morire, ne sono terrorizzati, pur se non lo ammetterebbero facilmente,
più ne hanno paura e meno lo possono ammettere.
Le menzogne sì che sono dolci. Le bugie fanno un porco comodo, sì, fanno troppo comodo, sono eccessivamente convenienti e nessuno vuol fare l’eroe, perché dovrebbero?
La verità non
accetta compromessi. No, sei tu a dover cambiare, a doverti adattare alla
verità. La verità non cambia, non si adatta alla tua convenienza, non è per
niente elastica.
Le menzogne
si comportano diversamente, sono più democratiche, hanno un profondo senso
della politica e non solo di quella moderna: sono disposte a sacrificarsi, a
cambiare a seconda di quello che fa comodo a te. Per questo le menzogne hanno
dominato l'umanità, mentre la verità è stata crocifissa. Parliamoci chiaro,
guardiamoci in faccia, questa è l’epoca in cui si è mentito di più e
sistematicamente e non è ancora finita, è appena cominciata.
Non sono
state inventate oggi le fake news, ma oggi con tutto il bombardamento di
notizie che ci dobbiamo sopportare, scopriamo che le notizie sono diventate una
merce e quindi le progettano come gli pare, tutto e il contrario di tutto a
rotazione, a cosa serve il potere se non a legittimare sé stesso e a schiacciare
il poveraccio?
Qualcuno ha detto che l’internet e le fake
news sono una cosa di destra, ma non è vero, è a disposizione di tutti e tutti
ne stanno approfittando schifosamente, anche se in parti disuguali, ma non sono
divise affatto per partito, solo tra chi - più o meno - ha veramente assimilato
che sono uno strumento di potere, anche per un altro motivo.
Il consenso è
una cosa abbastanza recente, per carità, una volta i potenti spiaccicavano apertamente
chi li ostacolava e non chiedevano neppure perdono, ora invece no. Certo per
loro è molto più facile, ma devono simulare e dissimulare, non ne avrebbero
certo voglia, non ne sentirebbero alcun bisogno, per questo oggi siamo molto
più ipocriti di una volta, dobbiamo tutti fingere e aver paura, sempre, anche solo
di essere scoperti a dire la verità.
Per questo le
menzogne sono state incoronate e la verità è stata condannata a morte.
L’invenzione del consenso non ha cambiato certo la sostanza, solo la maniera.
La situazione
non è affatto cambiata, è sempre la stessa, l’internet sembrava uno strumento
di cultura, perfino tutto il contrario della Tv, ma è bastato che se ne
accorgessero ed è diventata la stessa cosa, più larga, meno controllabile
capillarmente. È un costo in più, d’accordo, ma basta mettere su una rete di
gente pagata per dire bugie mirate, e poi una rete di reti, collegate alla Tv
eccetera.
Oggigiorno basta che tu dica la verità e tutti
sono in collera con te. Basta che tu dica la verità per irritare tutti coloro
che vivono comodamente nelle menzogne. Hai turbato la loro pace, hai interrotto
il loro sonno, hai disturbato i loro dolci sogni. E se ti scappa anche un piccolo
vaffanculo sei un violento, non sei per niente democratico.
Vaffanculo a te
e a tutti quelli come te.
Quando un ti
garba più nulla è meglio andà a letto, penso spesso in lucchese puro e ci vado.
Però ci sono giorni che non mi alzerei nemmeno. Poi inaspettatamente mi
diverto, mi sento bene, penso che nonostante tutto valga la pena, insomma a
volte è solo stanchezza, anche delle ripetizioni, i già visti e rivisti e la
famigerata routine.
Anche io dunque, come tutti gli altri, ho
imparato a ingannare me stesso, sennò non sarei sopravvissuto e Facebook ha
anche dei lati positivi, per esempio è un innegabile veicolo di cultura e di
integrazione, selezionando le amicizie fittizie, se quello che uno desidera è
accrescere la propria conoscenza e il diametro della sua cosiddetta anima.
D’accordo: per la massa di solito non è così,
allora la sua funzione e tendenza diventa il valorizzare un pettegolezzo e
stimolare il battibecco, il bullismo e il rifiuto delle differenze, di
qualsiasi tipo siano. Per le elezioni si raggiunge il massimo del minimo
consentito, e il livello aumenta sempre, cioè diminuisce.
Però non ci si può mettere una foto di una
puppora, figuriamoci se due, anche se è una copertina di una rivista come
Espresso o di un disco di Lucio Battisti.
Tanta gente che io conosco ha rifiutato Facebook
come i computer a suo tempo, secondo me hanno fatto bene, ma meno ne conosco
che abbiano rifiutato i cellulari e gli smartphones, che quelli sono anche
strumenti di lavoro e soprattutto uno se li porta sempre dietro.
A proposito girando per la Toscana e la Maremma
Viterbese, con un cellulare brasiliano e relativo GPS che pronunciava tutti i
nomi delle strade e delle piazze da schiantare da ridere, ma sbagliati, ci
siamo divertiti a vagare bestemmiando come mosche senza testa, cercando
indirizzi veramente esistenti in italiano, ma piuttosto improbabili in
portoghese brasiliano.
Senza saperlo, poi ho fatto un esperimento su me
stesso, stavo dicendo e dentro un ignaro e distratto Facebook. Ho diviso la mia
personalità in due parti, Maurizio Bardoni è il mio nome, ma dall’altra parte da
qualche anno c’è un personaggio che io pensavo fosse solo fittizio, Anatoli
Orrico.
E mi sbagliavo.
Non mi ricordo perché avevo creato quest’altra
personalità, almeno all'inizio, forse solo per vedere se era possibile. C’avevo
messo una foto in bianconero di un capo indiano, ma era una faccia scura, in
qualche maniera minacciosa, la gente era spaventata e me lo ha fatto notare
Adriana, io non me ne ero accorto.
Il comportamento di Anatoli Orrico era già quasi delineato
e differente da quello di Maurizio Bardoni perché nascondendomi sotto una foto
e un nome diverso, non avevo paura di essere giudicato, quindi rendendomi conto
poi che questa foto del capo indiano mi faceva sembrare in una maniera che non
era quello che a me piaceva, ho cambiato e ho messo la foto con la faccia di
Hermeto Pascoal. Si tratta di un musicista jazz brasiliano molto simpatico, ma
sconosciuto in Europa come in Brasile, almeno in quanto foto, filmati eccetera.
Un anziano e bravissimo polistrumentista che ho visto in diverse interviste e
mi è piaciuto molto per quello che diceva e mi garba anche la sua musica,
comunque non tutta. Ho notato che dimostrava pure una certa autoironia,
per esempio in un programma di interviste, quello di Jo Soares, ha
scherzato dicendo che era sempre stata bello, anche da bambino, ma scherzava
e lo hanno capito tutti. Ha gli occhi storti ed è tutto fuori che carino,
assomiglia a una specie di Babbo Natale con i capelli lunghi bianchi, vestito
spesso con camicette sgargianti, che qualcuno sceglie per lui, perché è quasi
cieco. Anche per questo mi ricorda mia zia Natalia e mi ci sono affezionato.
Insomma questo era il mio primo e duraturo Alter
Ego su Facebook, scelto abbastanza per caso, solo per simpatia, il che non è
poco, almeno per me. Era importante anche che nelle foto fosse ritratto mentre
cantava e suonava, questo gli dava un look da artista che magari mi piaceva in
misura supplementare.
Che cos'è successo poi?
Dopo un certo periodo, la routine di Facebook mi
ha portato a rendermi conto che tutte le volte che dovevo pubblicare qualcosa
che mi lasciava dei dubbi, che mi faceva temere qualche rischio, qualche
critica, lo facevo fare ad Anatoli Orrico. E allora anche quando facevo delle
battute, cose stravaganti che mi venivano poi naturali, non so perché,
impersonavo lui. Attualmente succede anche che quando sono Maurizio Bardoni
capita che io vada dall'altra parte, quando mi viene in mente qualcosa di più bizzarro.
Anatoli pubblica meno, faccio più cose con il mio nome vero, e la mia relativa foto
vera e attuale, ma mi sta molto più simpatico l’Orrico del Bardoni, è molto più
sincero e spontaneo, mi garba di più insomma. E non solo a me, quando è il suo
compleanno a decine gli fanno gli auguri sebbene ogni volta io dica che il
compleanno è inventato e lui non esiste, è un personaggio fittizio, la gente se
ne frega, gli auguri arrivano a vagonate. Oltretutto anche i pezzi musicali che
mette lui sono migliori e non capisco perché. Forse perché lui è un musicista e
io no, è logico che se ne intenda di più e meglio.
In precedenza c’ho avuto anche la foto di un
koala, per Maurizio Bardoni, ed era carino assai, ma ho finito per concludere
che era ambiguo. Come poi Laszlo Vaccariello, effimero terzo profilo, più
intellettuale di Anatoli, certo meno rude e anche un po’ più fighettino di
Maurizio, forse influenzato dal nome e dalla foto, di non mi ricordo chi. Me lo
hanno scoperto quasi subito però, e me lo hanno chiuso, ma mi mandano inviti e
riferimenti costanti a lui che non riesco ad evitare, quasi come a prendermi in
giro, ma non credo, è solo una delle tante loro automazioni che non funzionano.
E non possono impedirmi di usare questo pseudonimo per i proverbi e le frasi
fondamentali che invento ogni tanto.
Diciamo pure che nella vita mi sento anche troppo
plurale, dentro di me c’è una tribù che sta eleggendo continuamente - e a suon
di mazzate - il nuovo capo, lo stregone e lo scemo del villaggio.
A proposito di inganni e di quello che non riesci
a cancellare del tuo passato, in una certa epoca ho dovuto aprire un altro
Maurizio Bardoni, perché il mio non me lo lasciavano più usare. Mi chiedevano
oltre alla password di quando avevo aperto il profilo, la data esatta, o altre
cose che nessuno potrebbe rispondere, a meno che non fosse un perfetto idiota
che si segna anche quanti rotoli di carta igienica e di quale marca ha usato nell’ultimo
decennio o cose del genere.
Così hanno fatto anche con Laszlo Vaccariello,
non me l’hanno chiuso dicendo che me lo chiudevano, mi hanno fatto un test per
vedere se ero proprio io e pur essendolo innegabilmente, sennò non vedo chi,
non avrei potuto rispondere a quelle domande ipocritamente progettate per non
aver risposta.
Quando sono riuscito a riaprire il mio Maurizio
Bardoni originale quell’altro non mi serviva più. Ma su quello vero mio, a suo
tempo fatto in Brasile, ero riuscito a non mettere la data del compleanno,
perché mi rompono le scatole i compleanni, e non parlo solo del mio.
Forse perché significa un anno di vita in meno e
uno in più di romantici ricordi, oppure giacché Adriana è fissata con il
ricordarsi e fare l’obbligatorio regalo a tutta la gente che conosce. Non è
affatto poca, il che significa praticamente uno o due regali da fare 365 giorni
all’anno, tutti gli anni, per tutta la vita, eventuali reincarnazioni incluse, magari
auspicherei da patteggiare.
Bene, anzi male, il secondo profilo di Maurizio
Bardoni, forse perché fatto in Italia, ha avuto la data del compleanno
automatica e l’avviso di ogni dannato gancio di questo secondo profilo sulla
cassa dei messaggi Gmail.
Ho scoperto che il contrappasso non c’è solo
nell’inferno, ecco vagonate di auguri inarrestabili e cinquantine di avvisi su
Gmail per ognuno di essi.
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