martedì 21 giugno 2022

ORRICO E VACCARIELLO

 


La vita è assurda e ingiusta, non sono io a scoprirlo, ma è una verità. Anche se nessuno mai è stato d'accordo con gli individui che hanno detto la verità, a tutti piace da morire, ne sono terrorizzati, pur se non lo ammetterebbero facilmente, più ne hanno paura e meno lo possono ammettere.

Le menzogne sì che sono dolci. Le bugie fanno un porco comodo, sì, fanno troppo comodo, sono eccessivamente convenienti e nessuno vuol fare l’eroe, perché dovrebbero?

La verità non accetta compromessi. No, sei tu a dover cambiare, a doverti adattare alla verità. La verità non cambia, non si adatta alla tua convenienza, non è per niente elastica.

Le menzogne si comportano diversamente, sono più democratiche, hanno un profondo senso della politica e non solo di quella moderna: sono disposte a sacrificarsi, a cambiare a seconda di quello che fa comodo a te. Per questo le menzogne hanno dominato l'umanità, mentre la verità è stata crocifissa. Parliamoci chiaro, guardiamoci in faccia, questa è l’epoca in cui si è mentito di più e sistematicamente e non è ancora finita, è appena cominciata.

Non sono state inventate oggi le fake news, ma oggi con tutto il bombardamento di notizie che ci dobbiamo sopportare, scopriamo che le notizie sono diventate una merce e quindi le progettano come gli pare, tutto e il contrario di tutto a rotazione, a cosa serve il potere se non a legittimare sé stesso e a schiacciare il poveraccio?

 Qualcuno ha detto che l’internet e le fake news sono una cosa di destra, ma non è vero, è a disposizione di tutti e tutti ne stanno approfittando schifosamente, anche se in parti disuguali, ma non sono divise affatto per partito, solo tra chi - più o meno - ha veramente assimilato che sono uno strumento di potere, anche per un altro motivo.

Il consenso è una cosa abbastanza recente, per carità, una volta i potenti spiaccicavano apertamente chi li ostacolava e non chiedevano neppure perdono, ora invece no. Certo per loro è molto più facile, ma devono simulare e dissimulare, non ne avrebbero certo voglia, non ne sentirebbero alcun bisogno, per questo oggi siamo molto più ipocriti di una volta, dobbiamo tutti fingere e aver paura, sempre, anche solo di essere scoperti a dire la verità.

Per questo le menzogne sono state incoronate e la verità è stata condannata a morte. L’invenzione del consenso non ha cambiato certo la sostanza, solo la maniera.

La situazione non è affatto cambiata, è sempre la stessa, l’internet sembrava uno strumento di cultura, perfino tutto il contrario della Tv, ma è bastato che se ne accorgessero ed è diventata la stessa cosa, più larga, meno controllabile capillarmente. È un costo in più, d’accordo, ma basta mettere su una rete di gente pagata per dire bugie mirate, e poi una rete di reti, collegate alla Tv eccetera.

 Oggigiorno basta che tu dica la verità e tutti sono in collera con te. Basta che tu dica la verità per irritare tutti coloro che vivono comodamente nelle menzogne. Hai turbato la loro pace, hai interrotto il loro sonno, hai disturbato i loro dolci sogni. E se ti scappa anche un piccolo vaffanculo sei un violento, non sei per niente democratico.

Vaffanculo a te e a tutti quelli come te.

Quando un ti garba più nulla è meglio andà a letto, penso spesso in lucchese puro e ci vado. Però ci sono giorni che non mi alzerei nemmeno. Poi inaspettatamente mi diverto, mi sento bene, penso che nonostante tutto valga la pena, insomma a volte è solo stanchezza, anche delle ripetizioni, i già visti e rivisti e la famigerata routine.

Anche io dunque, come tutti gli altri, ho imparato a ingannare me stesso, sennò non sarei sopravvissuto e Facebook ha anche dei lati positivi, per esempio è un innegabile veicolo di cultura e di integrazione, selezionando le amicizie fittizie, se quello che uno desidera è accrescere la propria conoscenza e il diametro della sua cosiddetta anima.

D’accordo: per la massa di solito non è così, allora la sua funzione e tendenza diventa il valorizzare un pettegolezzo e stimolare il battibecco, il bullismo e il rifiuto delle differenze, di qualsiasi tipo siano. Per le elezioni si raggiunge il massimo del minimo consentito, e il livello aumenta sempre, cioè diminuisce.

Però non ci si può mettere una foto di una puppora, figuriamoci se due, anche se è una copertina di una rivista come Espresso o di un disco di Lucio Battisti.

Tanta gente che io conosco ha rifiutato Facebook come i computer a suo tempo, secondo me hanno fatto bene, ma meno ne conosco che abbiano rifiutato i cellulari e gli smartphones, che quelli sono anche strumenti di lavoro e soprattutto uno se li porta sempre dietro.

A proposito girando per la Toscana e la Maremma Viterbese, con un cellulare brasiliano e relativo GPS che pronunciava tutti i nomi delle strade e delle piazze da schiantare da ridere, ma sbagliati, ci siamo divertiti a vagare bestemmiando come mosche senza testa, cercando indirizzi veramente esistenti in italiano, ma piuttosto improbabili in portoghese brasiliano.

Senza saperlo, poi ho fatto un esperimento su me stesso, stavo dicendo e dentro un ignaro e distratto Facebook. Ho diviso la mia personalità in due parti, Maurizio Bardoni è il mio nome, ma dall’altra parte da qualche anno c’è un personaggio che io pensavo fosse solo fittizio, Anatoli Orrico.

E mi sbagliavo.

Non mi ricordo perché avevo creato quest’altra personalità, almeno all'inizio, forse solo per vedere se era possibile. C’avevo messo una foto in bianconero di un capo indiano, ma era una faccia scura, in qualche maniera minacciosa, la gente era spaventata e me lo ha fatto notare Adriana, io non me ne ero accorto.

Il comportamento di Anatoli Orrico era già quasi delineato e differente da quello di Maurizio Bardoni perché nascondendomi sotto una foto e un nome diverso, non avevo paura di essere giudicato, quindi rendendomi conto poi che questa foto del capo indiano mi faceva sembrare in una maniera che non era quello che a me piaceva, ho cambiato e ho messo la foto con la faccia di Hermeto Pascoal. Si tratta di un musicista jazz brasiliano molto simpatico, ma sconosciuto in Europa come in Brasile, almeno in quanto foto, filmati eccetera. Un anziano e bravissimo polistrumentista che ho visto in diverse interviste e mi è piaciuto molto per quello che diceva e mi garba anche la sua musica, comunque non tutta.  Ho notato che dimostrava pure una certa autoironia, per esempio in un programma di interviste, quello di Jo Soares, ha scherzato dicendo che era sempre stata bello, anche da bambino, ma scherzava e lo hanno capito tutti. Ha gli occhi storti ed è tutto fuori che carino, assomiglia a una specie di Babbo Natale con i capelli lunghi bianchi, vestito spesso con camicette sgargianti, che qualcuno sceglie per lui, perché è quasi cieco. Anche per questo mi ricorda mia zia Natalia e mi ci sono affezionato.

Insomma questo era il mio primo e duraturo Alter Ego su Facebook, scelto abbastanza per caso, solo per simpatia, il che non è poco, almeno per me. Era importante anche che nelle foto fosse ritratto mentre cantava e suonava, questo gli dava un look da artista che magari mi piaceva in misura supplementare.

Che cos'è successo poi?

Dopo un certo periodo, la routine di Facebook mi ha portato a rendermi conto che tutte le volte che dovevo pubblicare qualcosa che mi lasciava dei dubbi, che mi faceva temere qualche rischio, qualche critica, lo facevo fare ad Anatoli Orrico. E allora anche quando facevo delle battute, cose stravaganti che mi venivano poi naturali, non so perché, impersonavo lui. Attualmente succede anche che quando sono Maurizio Bardoni capita che io vada dall'altra parte, quando mi viene in mente qualcosa di più bizzarro. Anatoli pubblica meno, faccio più cose con il mio nome vero, e la mia relativa foto vera e attuale, ma mi sta molto più simpatico l’Orrico del Bardoni, è molto più sincero e spontaneo, mi garba di più insomma. E non solo a me, quando è il suo compleanno a decine gli fanno gli auguri sebbene ogni volta io dica che il compleanno è inventato e lui non esiste, è un personaggio fittizio, la gente se ne frega, gli auguri arrivano a vagonate. Oltretutto anche i pezzi musicali che mette lui sono migliori e non capisco perché. Forse perché lui è un musicista e io no, è logico che se ne intenda di più e meglio.

In precedenza c’ho avuto anche la foto di un koala, per Maurizio Bardoni, ed era carino assai, ma ho finito per concludere che era ambiguo. Come poi Laszlo Vaccariello, effimero terzo profilo, più intellettuale di Anatoli, certo meno rude e anche un po’ più fighettino di Maurizio, forse influenzato dal nome e dalla foto, di non mi ricordo chi. Me lo hanno scoperto quasi subito però, e me lo hanno chiuso, ma mi mandano inviti e riferimenti costanti a lui che non riesco ad evitare, quasi come a prendermi in giro, ma non credo, è solo una delle tante loro automazioni che non funzionano. E non possono impedirmi di usare questo pseudonimo per i proverbi e le frasi fondamentali che invento ogni tanto.

Diciamo pure che nella vita mi sento anche troppo plurale, dentro di me c’è una tribù che sta eleggendo continuamente - e a suon di mazzate - il nuovo capo, lo stregone e lo scemo del villaggio.

A proposito di inganni e di quello che non riesci a cancellare del tuo passato, in una certa epoca ho dovuto aprire un altro Maurizio Bardoni, perché il mio non me lo lasciavano più usare. Mi chiedevano oltre alla password di quando avevo aperto il profilo, la data esatta, o altre cose che nessuno potrebbe rispondere, a meno che non fosse un perfetto idiota che si segna anche quanti rotoli di carta igienica e di quale marca ha usato nell’ultimo decennio o cose del genere.

Così hanno fatto anche con Laszlo Vaccariello, non me l’hanno chiuso dicendo che me lo chiudevano, mi hanno fatto un test per vedere se ero proprio io e pur essendolo innegabilmente, sennò non vedo chi, non avrei potuto rispondere a quelle domande ipocritamente progettate per non aver risposta.

Quando sono riuscito a riaprire il mio Maurizio Bardoni originale quell’altro non mi serviva più. Ma su quello vero mio, a suo tempo fatto in Brasile, ero riuscito a non mettere la data del compleanno, perché mi rompono le scatole i compleanni, e non parlo solo del mio.

Forse perché significa un anno di vita in meno e uno in più di romantici ricordi, oppure giacché Adriana è fissata con il ricordarsi e fare l’obbligatorio regalo a tutta la gente che conosce. Non è affatto poca, il che significa praticamente uno o due regali da fare 365 giorni all’anno, tutti gli anni, per tutta la vita, eventuali reincarnazioni incluse, magari auspicherei da patteggiare.

Bene, anzi male, il secondo profilo di Maurizio Bardoni, forse perché fatto in Italia, ha avuto la data del compleanno automatica e l’avviso di ogni dannato gancio di questo secondo profilo sulla cassa dei messaggi Gmail.

Ho scoperto che il contrappasso non c’è solo nell’inferno, ecco vagonate di auguri inarrestabili e cinquantine di avvisi su Gmail per ognuno di essi.

 

 


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