giovedì 16 giugno 2022

TIME TO MARKET

 


Arrivavano separatamente, una da una parte e una dall’altra. Helena passeggiava con la massima calma, talvolta canticchiava sommessamente, si poteva osservare che ogni passo metteva in dubbio il prossimo, sembrava che si volesse fermare. Magari per pensare meglio, o per guardare una cosa che non aveva notato prima, sostava un po’, con il piedino leggermente alzato per poi proseguire o inconsciamente forse per puntare la preda, come un Setter o un Pointer.

Era evidente che amasse i cani e a volte ne conduceva uno a guinzaglio, che però tirava troppo. Un pastore tedesco, che lei chiamava Zuppa, o Zuppa Inglese quando era più ben disposta con lui, che era un maschio, ma si vedeva che era meglio lasciarlo a casa, in giardino se ce ne aveva uno. In determinate occasioni, per quanto gli volesse bene, le rovinava irrimediabilmente il piacere di stare lì.

Una volta la fece cadere che si poteva anche fare del male e si sporcò tutta di fango che dovettero tornare a casa, lei bestemmiando trai denti e lui tutto contento. Petula la accompagnò sghignazzando e periodicamente venendo mandata affanculo.

Le mascherine erano state tolte in quell’epoca, poi le avrebbero rimesse, ma tanta gente non si fidava ancora e le teneva, specialmente quelli che guidavano da soli, o facevano camminate nei parchi.

In determinata occasione mi ero portato un registratorino direzionale abbestia, un gioiellino, a dire il vero altre volte lo avevo avuto con me, ma loro non erano venute, oppure non mi ci ero potuto sedere vicino. Avevo deciso che volevo usare le loro conversazioni per una commedia. Poi, come si sa, non ne scrissi più e passai al cinema, testa di cazzo che non sono altro, ma anche il mondaccio bastardo che magari mi ci ha spinto per sopravvivere.

Quando era da sola, cioè sempre dopo quell’incidente e camminava in quella sua maniera buffa, la sua canzoncina era questa, una specie di filastrocca infantile, o forse no, la musichetta sembrava per bambini, sì, ma il testo era per adulti, ho fatto pure delle ricerche a suo tempo, ma senza risultato, non saprei proprio da dove l’avesse tirata fuori:

 

 …quando ero piccola non ero grande

e andavo a giro in mutande

non posso farlo ora, ci ho provato

e i vicini hanno già protestato

 

la vita va presa con filosofia

ma anche un po' di storia e di geografia

 

dalla vita come dalla morte

spesso siamo tirati a sorte…

 

La loro maniera di vestire aveva qualcosa in comune, cioè i colori sgargianti, ma Helena era per le combinazioni Arlecchino e invece Petula per le tinte unite e a volte anche colori sobri. Lei aveva più gusto, secondo me, di Helena, la quale oltretutto disdegnava i tacchi e pensava di più alla praticità.

Petula eccola con un passo sostenuto, odiava arrivare in ritardo ma ci arrivava sistematicamente, chissà perché, colpa immancabile di qualcun’altro. Quando parlava spesso alzava gli occhi al cielo:

- Non mi piace nemmeno vangare in prima istanza, a dirla tutta, sulla madre terra, figurarsi se voglio rinvangare il passato.

(rivangare o rinvangare?) [Helena sorrise, ma non disse niente]

A dirla tutta, la storia è sempre parziale, è sempre successo qualcos’altro prima, voglio dire qualcosa di veramente importante che al momento non sappiamo… ma pensiamo lo stesso di poter giudicare, siamo molto limitati e più lo siamo e meno ce ne accorgiamo...

Disse distrattamente Petula sgranocchiando un biscottino integrale e infarinato. I convenevoli me li ero persi per via di un camioncino che aveva sbagliato strada ed era venuto a romperci a noi, proprio in quel momento, in un’isola pedonale sacra e inviolabile come quella.

Era vestita di un completino velluto cangiante rosso, ma quasi bordeaux, la passata trai capelli invece era gialla. Helena invece aveva mille colori addosso, eppure nessuno spadroneggiava, parlava senza guardare Petula in faccia, ma non sempre. Sembrava concentrata su un cucchiaino di finto argento, sulle verdissime fogliette degli alberelli là fuori, su eventuali cani o gatti di passaggio.

Ignoravano sistematicamente le persone, tutt’e due.

Era primavera a Bruges e la cittadina da chiunque poteva essere considerata incantevole, togliendo naturalmente quelle orde di turisti ululanti e piuttosto eccessivamente selfanti.

Quella volta le due amiche stavano parlando di televisione, che ovviamente nessuna delle due guardava, secondo loro, giammai, specialmente Helena:

- Sì, cioè no. Alla televisione ci vanno solo gli imbecilli, per fortuna io non ci sono mai andata e non ci tengo nemmeno ad andarci, se lo vuoi sapere, a me di mettermi in mostra non m'interessa proprio

- Cosa ti fa pensare che ci vadano solo gli imbecilli?

- Un esempio trai tanti: un vicino di casa che ci è andato, in un programma dove si va a litigare con la moglie davanti a tutti

- E allora? 

- Poi è morto

- E la moglie è viva?

- Sì.

- Non mi dire che te non ci sei mai andata.

- Sì, ma solo per una decina di minuti

- In quale occasione?

- Il lancio del mio secondo libro.

- Ma qual era? Io non mi ricordo…

- Il mio Ciccetto.

- Caruccio assai, il migliore secondo me, almeno della tua prima produzione…

- Sì, cioè no, secondo me è Lupo-Lupino o chi vuoi tu.

- Beh, effettivamente, bello anche quello, a dirla tutta, ma se mi permetti io lo metterei come secondo o terzo.

- Vabbè, tornando a noi…

- Ma è stato a Bruxelles?

- Sì.

- E che impressione ne hai avuto?

- Insomma, c'era un intervistatore omosessuale molto simpatico e affabile e un altro scrittore, uno di successo, un francese stronzetto, che mi voleva far fare la figura della scema.

- Ah! E c'è riuscito?

- Non lo so, penso di essere arrossita.

- Perché?

- Perché mi ha detto di non raccontare il finale della storia del libro. Imbecillotto!

- E allora?

- Ero alle prime armi, ero emozionata e mi sono effettivamente comportata in maniera confusa.

- Beh...

- E poi non mi ha vista nessuno, era una tv commerciale e locale che ha passato l'intervista di pomeriggio il mercoledì, figuriamoci.

- Non ti ha visto proprio nessuno?

- Solo un cameriere di una tavola calda dove andavo a mangiare.

- Da Lanfranchinì?

- Ecco, proprio quella.

- Uno simpatico e che incondizionatamente stimavi, il cameriere? 

- Nooo, Chung-Li, un sempliciotto inespressivo.

- E lo scrittore di successo francese?

- Ha preso il cancro.

- È morto?

- Ancora no.

- Ma chi diavolo era? Turring?

- No, non mi ricordo il nome, a dire il vero, un solenne imbecille, comunque.

- Insomma, a dirla tutta sei in pericolo.

- Perché?

- Non hai appena detto che sei stata alla televisione?

- Non ti rispondo perché sono troppo una signora. Comunque vaffanculo.

Petula rise soddisfatta del suo scherzo, dopo un po’ anche la sua amica cedette e sorrise.

Helena Scroffignon era un’italiana quasi francese, ma sembrava decisamente tedesca, insomma una svizzera. Petula Diaz invece ne aveva passate di cotte e di crude anche lei, era cubana di origine, ma cresciuta a Marsiglia. Di loro sapevo tutto o quasi, perché le avevo studiate per un bel po’, prima e dopo quel giorno.

Il loro dialogo era frizzante e c’era da farsi anche delle risate, quando erano sedute fuori al Caffè dei Princìpi - e non dei Prìncipi come tanti pensavano - io ne approfittavo per sedermici vicino per ascoltarle con un certo piacere, non so se sono mai riuscite ad accorgersene, secondo me non gliene fregava granché. Non avevano grande considerazione per la gente, o per gli uomini, in generale, ma gli omosessuali gli stavano più simpatici.

Helena parlava di più, con un’aria spesso distratta diceva cose forse anche bizzarre, ma se le andavi a controllare erano anche sensate. Petula amava sottilmente provocarla, ma in fondo spesso la pensava come lei, sulla maggior parte degli argomenti a disposizione. E ne inventavano sempre di nuovi. Era comunque una che sapeva ascoltare, Petula, cosa sempre più rara, e senza interrompere troppo. E poi diceva delle cose che magicamente avevano relazione con quello che si era detto prima, e perfino pensato in precedenza, o che sarebbe addirittura venuto fuori subito dopo. Petula viveva costantemente in anticipo, ma non sempre era una virtù e lei lo sapeva, ma non ci poteva fare niente.

Il tema era quasi sempre Helena a lanciarlo, ma Petula lo acchiappava al volo e dopo dibattevano senza litigare, eppure con un certo interesse e il loro stile oratorio era raffinato e ruspante allo stesso tempo. Insomma erano naturali e artefatte, un po’ come tutti, ma amavano le sorprese e ogni volta riuscivano a stupirmi, purtroppo cosa non tanto facile.

- No! Guarda: in qualche modo conscia di essere sistematicamente presa in giro, già a cominciare dal nome beffardo, la paziente è il tipo di persona più impaziente che esista, combatte una guerra persa contro il dolore e il tempo, contro medici e paramedici, parenti e amici volenterosi ma incompetenti.

Nessuno a questo mondo può mettersi nei panni della paziente e nessuno veramente vuole, perché sarebbe anche quella stessa pur temporanea simulazione già una cosa dolorosa. Ci si limita a dirgli che andrà tutto bene, e a fare dei sorrisini nervosi, ma pieni di umanità e compassione, a cercare di convincerla, senza esserne per niente convinti, che alla fine, in fondo alla storia, e lo sanno tutti, il male sarà sconfitto come merita, è solo una questione di tempo.

In seguito lo sforzo della paziente è diventato quello principale di non mandare tutti affanculo, contro il dolore sa già che non potrà fare niente. Quella mera questione di tempo, che per tutti gli altri sembra così sottile e marginale, per lei è diventata massiccia e impenetrabile, interminabile e senza alcuna interruzione o pietà.

Anche solo psicologicamente, pur quando il dolore sia provvisoriamente latente, il paziente continua a soffrire, perché sa che immancabilmente ricomincerà e quella che per gli altri è un’insignificante questione di tempo, gli sembrerà un’eternità da scontare tra le fiamme dell’inferno.

Se ne strafrega, se così ha capito a fondo la famosa relatività del tempo, stavolta e finalmente, vorrebbe tornare a essere ignorante e insensibile come gli altri, ma non può.

Riscopre l’assurda praticità della blasfemia che aveva più volte pubblicamente deprecato, si chiude in sé stessa aspettando la fine come un sollievo. Prega e bestemmia verso un dio in cui non ha mai creduto e, una volta arrivata alla meta, operazione chirurgica già consumata, torna tra gli altri pensando che salterà al collo per mordere chiunque pronuncerà un’espressione idiota come una banalissima ernia crurale.

- Ma non era inguinale?

- Per gli uomini, per le donne si dice crurale.

- Ah. Però come sei sempre esagerata… [Sospirò Petula.]

- Sì, cioè no, guarda, non mi pare proprio. Non mi ero accorta di questa pesante ironia finché non sono diventata una di loro, ma ora lo so e vorrei tanto essere rimasta beata ignorante come ero, pur senza sapere di esserlo, chi se ne frega?

- Be, il cervello umano è stato progettato però, non si sa bene da chi, per potersi dimenticare velocemente del dolore sofferto, per assumere a intermittenza ruoli una volta poco auspicabili e triti, di cui appena passato dall’altro lato ci si scorda e si continua così, come robot, la nostra esistenza senza senso. [Disse Petula e alzò gli occhi al cielo.]

- Sì, cioè no. Benché gli studiosi del comportamento umano abbiano sistematicamente ignorato la nostra dilagante stupidità c’è un’enorme produzione di letteratura scientifica sull’intelligenza. Della seconda fa piacere a tutti parlare, sottintendendo che personalmente la conosciamo bene assai, l'altra è piuttosto ignorata, magari nel timore di esserne parte attiva. [Helena si agitava sulla poltroncina e sembrava che ogni parola che dicesse la obbligasse a cambiare posizione]

- Ahahah! Segavano i rami sui quali erano seduti e si scambiavano a gran voce la loro esperienza di come segare più in fretta, e precipitarono con uno schianto, e quelli che li videro scossero la testa segando e continuarono a segare.

- Sì, ma Bertold Brecht la maggior parte di quelli che lo leggevano o lo vedevano a teatro non capivano a cosa diavolo si riferisse. Prova a chiedere a qualcuno se lo conosce, tutt’oggi, sono pochi, te lo dico io.

- Lo so, lo so, che non lo so? E noi intanto si corre come criceti in gabbia, su di una ruota che ti sfinisce senza portarti da nessuna parte. A dirla tutta in pochi trovano il coraggio di fermare questa ruota, in pochi trovano il coraggio di smettere di “superarsi”, [Petula fa il gesto delle virgolette con le dita] di smettere di adattarsi, smettere di piegarsi a un sistema che non ti permette di costruirti una vita fatta su misura.

- Del resto, lo stesso sistema si nutre di una paura inconscia presente in molti di noi: siamo così terrorizzati dall’idea di mollare tutto per un benessere ancora sconosciuto che preferiamo aggrapparci al solito, fottuto, malessere conosciuto.

- Quando sei appena nata stai benissimo perché non hai piena percezione di ciò che ti circonda. Pian piano ti rendi conto che le cose che hai intorno, e le persone anche, la vita insomma... devi accettarla, devi accettare tutto quello che vedi, che tocchi... e devi fartela piacere, devi convincerti che è tutto bellissimo, risolvibile... e cresci con l'illusione che lo sia perché negli anni è questo ciò che hai creduto. Ma qualcosa dentro di te ti parla, ti rende insofferente alla banalità, alla monotonia, al grigiore dei colori. Lontano, sulla spiaggia, senti i bambini ridere forte e non ti spieghi il perché; cosa può esserci di divertente in un pensiero che annega nel mare. Una beata minkia, cari amici, a dirla tutta.

- Allora: durante la prima parte della mia vita non ho seguito nessuna filosofia, forse nemmeno dopo, d’accordo, ma allora ho assimilato più cose che potevo, vivendo alla giornata. Ho fatto esperienze che ho messo a frutto in un secondo momento, quando ciò che era stato seminato era pronto per essere raccolto, insomma quasi. Ma se i miei progressi in campo della routine avvenivano in modo del tutto normale, almeno mi pare, lo stesso non si poteva dire per le questioni lavorative. Lì è sempre più diventata una guerra quotidiana, di chi è la colpa?

- Di tutti e di nessuno. Ecco, è solo un continuo e costante compromesso. La Nuda, Pura e Preziosa Libertà spetta a pochi, prescelti, selezionati, o estratti direbbe qualcuno, temerari, impavidi scartati, isolati direi io. L'indottrinamento, inizia da piccolissimi, ricordate "se fai la brava allora la mamma......" e li ti inculcano il senso del dare avere, del ricevere solo se. Ed è un domino continuo, impetuoso esponenziale. Già da lì si dovrebbe capire, che la tanto beneamata Libertà si è andata a farsi fottere. Scuola, gruppi di amici, palestra, scuola di ballo, fin su a salire al mondo del lavoro. Riuscirai ad avere solo se, e tralasciamo i meriti... perché nel frattempo la meritocrazia e andata a fare compagnia alla Libertà. Anzi spesso, come naturale legge del contrappasso, più dai e sdai e meno ottieni, più ti esponi e comprometti e più attiri… ma non simpatie e benevolenze, mentre chi con fare sornione e passo felpato si destreggia nelle ombre, seppur criticabile asserisce il merito di fare il suo, nulla di più, nulla di meno. E la lotta continua si arricchisce sempre di più e tu guardando allo specchio guardi il personaggio, metà gladiatrice metà schiava e non si sa tu quale metà hai deciso di costruire. Ogni giorno, che passa nei meandri più reconditi della mente e nelle stanze più nascoste dell'anima si attende l'occasione giusta, il treno che non passa mai, il jolly dal mazzo per sovvertire gli esiti di una partita, a cui ti sei trovata tuo malgrado seduta e mentre mugugni e rifletti non ti accorgi che di treno ne è passato 1, di jolly ne sono usciti 2 e di occasioni 3 forse 4. E così nel tuo palmares dove da bambina sognavi grandi numeri, in fondo ad una sfilza di zeri c'è un solo 1. Poco male penserai, è un buon punto di partenza, fin tanto che non ti accorgi che gli zeri pesano come macigni. E la tua anima si incatena a quegli sbagli, che forse dettati dall'inesperienza e dall'eccessiva cautela, vengono giustificati dai pensieri che ieri come allora ti ronzavano negli orecchi. Fin tanto che ti accorgi che quei pensieri non sono, né erano i tuoi ma quelli di amici, parenti, colleghi e lì ti accorgi di quanto una parola sussurrata all'orecchio si trasformi in seme, arbusto, pianta albero, anche se tu non lo vuoi, non lo volevi. E lì, il pensiero si incatena accanto all'anima, ed una donna privata di queste due fondamentali libertà, torna a vivere una vita non sua, schiava fino al midollo, solo il cuore a tratti gli ricorda di essere viva, ma indietro non si torna, la strada è interrotta, davanti è incerta e buia, anche nel cuore del giorno... provi a pensare ma il rumore assordante delle catene assopisce ogni pensiero, solo il lamento dell'anima lo supera, mentre attonita ti guardi attorno, e non vedi scintille ma solo occhi persi nel vuoto. Pensi a chi prescelta o per scelta si è ribellata, ribellata a tutto questo schifo e vive libera di pensare con la propria anima…

Sospirarono in coro e si guardarono attorno distrattamente. Helena era assistente sociale, scriveva anche libri per bambini che venivano letti piuttosto dagli adulti, ma lei cercava di ignorare più che poteva questo aspetto. Petula invece era una poetessa esperta di marketing, che da qualche anno faceva l’analista di sistemi, ma era insoddisfatta ugualmente e da sempre del suo lavoro.

Erano divorziate con figli adolescenti, ma avevano deciso di non parlare troppo della famiglia quando si incontravano, di uscire piacevolmente e più che potevano dal quotidiano. E dal lavoro. Non ci riuscivano quasi mai, ma ci provavano sempre. Venivano affrontati argomenti che facevano capo alle leggi della filosofia più spiccia e quotidiana, ma derivati dalla sopravvivenza nel mondo della Deregulation, di Amazon e della globalizzazione selvaggia, dei computer e relativa internet.

Ci fu un’altra interruzione, un gruppo di turisti rumorosi si sedette in mezzo a noi, riuscii a mettermi a un tavolo più prossimo, ma mi ero perso qualche gancio alla realtà di quello che dissero dopo. Petula parlava di una cosa interessante eppure orribile e attualissima.

- Temo che invece ci sia più di un fondo di verità. Per esempio, il time to market è una variabile nata circa 50 anni fa, e diventata fondamentale da circa 20, in tutti i tipi di produzione, compresa quella intellettuale e artistica. In sintesi brutale (ovviamente è più complesso di così) consiste nel "portare il prodotto all'utente nel minor tempo possibile", e chi ci riesce prima degli altri fa più profitti, anzi spesso è l'unico a farli, e tutti quelli che arrivano dopo hanno problemi di sopravvivenza. È chiaro che fare in fretta comporti generalmente un calo di accuratezza, cura del dettaglio, qualità. Ci si accontenta di una cosa fatta peggio, purché fatta prima. Internet e in generale la trasmissione istantanea delle informazioni ha accentuato questa tendenza. Il fenomeno è osservabilissimo e conclamato nei settori dove il prodotto è composto principalmente da informazione: le news, per esempio. Ma vale, con diverse gradazioni, in tutti i settori.

Chi lavora sulla qualità sopravvive solo se può contare su un mercato di nicchia che non lo abbandona. Ma la massa sceglie la velocità fregandosene della qualità, ed è la massa a produrre profitto e a decretare la sopravvivenza.

Un discorso molto simile può essere fatto per i bassi costi (che si risolvono quasi sempre nel pagare meno i lavoratori, e quindi abbassare la competenza). Quindi se sopravvivenza = bassi costi + velocità di produzione, avremo che oltre a tagliare la qualità a vantaggio della velocità di lavorazione, la taglieremo anche per aver pagato meno le persone.

- Sì, cioè no. Se sia causa o effetto non lo so, ma è spaventoso che dobbiamo essere governati dalle leggi del marketing.

- Effettivamente. Ma dove sta andando il mondo non si può prevedere.

- Si sa, magari non ci vogliamo pensare, ma si sa.

Quando la loro rassegnazione e la loro più recondita frustrazione gli scappavano fuori, ecco che cominciavano a parlare degli ex mariti, ce ne erano di cose da dire, e dei figli, bullismo e droghe a scuola. Lì davano il massimo, il più e il meno all’estremo, dipendeva dai punti di vista, ma questa parte ve la risparmio.

 

(Questo racconto è stato scritto cucendo e adattando frasi o pezzi di conversazioni di Facebook, alcune provenienti forse anche da libri, commedie o cose varie. È un esperimento per vedere se raccolgo pure qualche denuncia, me ne approfitto che vivo in Brasile, comunque la maggior parte del testo è ancora da me inventato)

 


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