Per pura coincidenza affettuoso e qui onomatopeico diminutivo di Gustavo, per caratteristiche sue intrinseche, sulle quali non sarà necessario indagare troppo, Vino insomma, eterno giovinotto barbuto, seduto su una interminabile panca al parimenti lunghissimo tavolo, in una festa quasi di paese, nel quartiere di Avellaneda, (un tempo residenziale, ma ora non più) con la musica alta e troppo liquido ingurgitato, si è messo a parlare con Lopezito, suo amico dall’infanzia, ma con una certa difficoltà logistica.
La sintassi e la grammatica non sono un’opinione,
i giri di parole però possono aiutare e stranamente è in sudamerica che ci sono
i maggiori maschilisti.
A Rosario, o a Cordoba la parlata è più conforme
allo spagnolo, ma a Buenos Aires, quello buono da bere (e in Argentina se ne
produce di ottimo) pur se si scrive Vino, tutti e due si pronunciano Bino.
Sono
andata al mercato
E ho
comprato il macinatooooo
Mi sono
fatta un medaglion
Dio
com’era buooooon!
Le Marie Sintetiche sono un trio femminile che
suona alle feste di paese, ogni tipo di musica e si direbbe piuttosto bene. Si
chiamano così non perché si ispirano a biscotti tradizionali a base di plastica
e affini, ma perché sono tre Marie di nome. Maria Clara, Maria Fernanda, Maria
e basta. Mentre i cognomi divergono. Inoltre i testi delle canzoni sono
piuttosto sintetici e minimalisti.
La loro musica è strumentale perlopiù, batteria, basso e chitarra elettrica, si divertono a fare tanti tipi di ballabili, oppure sono obbligate, usando sempre lo stesso testo cantato, a tre voci e cantano anche in modo assai gagliardo:
Sono
andata al mercato
E ho
comprato il macinatooooo
Mi sono
fatta un medaglion
Dio
com’era buoooooon!
La ripetizione di quelle stesse parole in tutte
le salse o rumbe fa divertire la gente semplice. Tutto a un tratto la musica dal
vivo sfuma e si comincia ad ascoltare meglio quello che dicono i due sbronzi, però
Vino, lui non se ne accorge e urla come prima.
“Ma
sì! Ingannami che mi piace!” E Lopezito anche ha un vocione che non scherza.
“Quanto
sei stronzo! Aspetta prima di giudicare!”
“No,
non ci credo, in vino veritas, ma in
grappa figuriamocis!”
“Due
o tre grappette non mi faranno certo male…”
“Veramente
io ne ho contate almeno sei…”
“Tu
però sei daltonico, oltre una certa ora e io non mi ubriaco mai, anche se
volessi…”
“No,
i colori qui non c’entrano, quella sembrava trasparente come l’acqua, ma c’era
anche la vite, traducendo era proprio acquavite…”
“Lo
sai che io l’alcool lo tengo molto meglio di te.”
“D’accordo,
se non fosse per i discorsi a biscaro che fai, ti scappano fuori come non mai.”
“Va
bene, lo ammetto, io l’alcool lo uso come lubrificante sociale. Vabbè, ora te la
racconto poi vediamo: Mara era una che veniva dal nord, vicino al Paraguay, una
che venne a lavorare al ristorante, raccomandata da un amico di uno dei due
proprietari. Si presentò sorridente, in tutta la sua bassa statura e tettone
prorompenti sotto la canottiera nera. Era simpatica e generosa, dopo poco tempo
camerieri e lavapiatti, impiegati e proprietari se l'erano già fatta in tutte
le posizioni, meno io.
Una
sera la incontro per caso e la invito a casa mia, lei capisce e rifiuta, mi
spiega che va con tutti perché non gli piacciono, ma con me è diverso.
Non
insisto, la seguo con lo sguardo mentre si allontana sculettando, col suo pacchiano
giubbottino di pelo bianco, Mara, campagnola in mezzo alla famosa piazza di cui
non ricordo il nome, ma ne ho in virtuale memoria una completa immagine
tridimensionale. Mi sarebbe piaciuto, una volta tanto, essere proprio come gli
altri.”
“E
quale sarebbe la morale della storia?”
“Io
più che le morali cerco domande e risposte eventuali, non sempre riesco a
rispondere alle mie questioni. Insomma: ho avuto tante donne nella mia vita, o
sono loro che mi hanno mandato affanculo? Non lo so e qualsiasi possibile
risposta mi lascia completamente indifferente e sull’orlo di una crisi di
nervi. All’ascoltatore occasionale queste due ultime condizioni sembreranno
incompatibili, ma non lo sono, anzi.”
Intorno
si è radunata una certa folla, i due si accorgono che involontariamente hanno
avuto un certo successo, li stanno perfino filmando con il cellulare, una
macchina fotografica quasi professionale. Tanto loro sono piuttosto sbronzi e
la sensazione di essere protagonisti di un film quasi impegnato sul sociale li
affascina.
“Non
fai che rafforzare tutte le mie già più ferree convinzioni.”
“Solo
perché tu sei stronzo, non te lo devi mai dimenticare. Tienilo sempre presente,
vedrai che in funzione di questo, tu capirai meglio tutto quello che ti
circonda. Un’altra storia strana è stata la seguente poi, ora ascoltami con
attenzione: Veronica era una bella ragazza, non di una bellezza classica, no,
pareva un'indiana, una pellerossa, era alta e aveva occhi profondi, capelli
scuri e pelle pure. Era anche intelligente, simpatica e me ne innamorai ben
presto. Certo, aveva sempre una gomma da masticare in bocca e le sue mandibole
le si erano già deformate da quel movimento ansioso e continuo, quel ruminare
nervoso e poco naturale.
Una
ragazza in una città di provincia è condannata spesso a esprimersi attraverso
frasi fatte e stereotipi, Veronica anche era entrata, credo suo malgrado, in
quella lunghezza d'onda. Era di famiglia ricca, ma non pareva dare ai soldi
grande importanza, questo mi piaceva.
Le
frasi non dette sono quelle più interessanti, disse quel filosofo che ora non
mi viene in mente e che forse aveva conosciuto Veronica, o una che era come
lei. Dagli occhi capivi che era molto più interessante di quello che diceva, ma
forse non gli riusciva ancora di esprimerlo, o magari non aveva poi nessuna
importanza se tu capivi lei o la situazione, il loro ripetersi senza fretta nel
tempo.
O
magari era la sua bellezza selvaggia che t’ingannava, un sociologo che ora non
ricordo quale, ha detto che la stessa cosa detta da due persone, una bella e
una brutta, ha un impatto completamente differente. Quella bella sembra più
intelligente, ma invece spesso lo è meno, sia la persona che la cosa che sta
dicendo. Poi se un uomo bello dice una cosa che mi pare arguta, non ne vengo
assolutamente influenzato internamente, ma se invece è una donna bella che lo
fa, allora mi si rizza anche qualcosa sotto e ne resterò sicuramente più
impressionato, magari anche senza rendermene troppo conto, della differenza.
Insomma diciamocelo: siamo dei coglioni facilmente influenzabili anche dalla
luna e dalle maree, come ci si può fidare di noi stessi?
Veronica
aveva anche un figlio, di un padre che se ne era andato via da tempo, non so
dove e questo mi pareva un particolare che non avesse eccessiva importanza,
dato che lei mi piaceva e sarei stato disposto anche a prendermi tutti e due in
blocco, il bambino era simpatico e tutto, ma per fortuna o per sfortuna, ero io
che ero il più fuori di testa dei due, almeno all’epoca. Le feci una
dichiarazione d’amore stupida, sembrava che volessi più i suoi soldi che di lei
e invece a quelli non ci pensavo proprio, ero solo bloccato, imbarazzato, incapace
di esprimere cosa provavo e allora qualcosa la fece ritornare sui suoi passi, o
a me sembrò che fosse, magari non era, comunque meglio così.
Chi
lo sa che cosa sarebbe successo se le cose fossero andate in porto, ma il mare
era troppo in tempesta.”
“Aha!
Ti rifugi ancora nel Porto quando il mare è in tempesta?”
“Nooo,
il Porto è troppo dolce, sono anni che non lo bevo, come il Cointreau. Fanno
eccessivamente vomitare, basta molto meno. Casomai uno si sparerebbe uno Sherry
secco, un Jerez… e poi il mio mare non va più in tempesta, lo sai meglio di
me.”
“Infatti,
mi garbavi di più prima. Sei troppo malinconico e riflessivo. Non mi sarai mica
diventato anche un intellettuale?”
“Nooo,
quello maaaai. E poi garbare a te non è una delle mie priorità nella vita, anzi
ho notato che quando non ti piaccio, io mi sento molto meglio con me stesso.
Figurati.”
“Lo
so e se non ti conoscessi bene me ne offenderei anche. Ma il morale della
favola?”
“Mistero
assoluto e insondabile. Io so solo che tempo
fa, quando ero un ragazzo che beveva molto di più di quello che si poteva
permettere, non finanziariamente, ma a livello di salute …e sto parlando di
salute mentale, la mia idea della vita era completamente differente da quella
di ora. Cioè la mia idea era troppo fluttuante e cambiava, non solo giorno per
giorno, cioè dopo aver dormito, magari, no, anche a causa di qualche piccolo
shock o delusione, qualsiasi cosa mi poteva far cambiare direzione, ma non
solo, anche la concezione filosofica della vita.”
“In
pratica, voglio dire: per noi poveri stronzi, che cosa significa?”
“Significa
che come tutti gli italiani di origine avevo un’idea angelica delle donne, che
quando è crollata, sulla base di mille esperienze, certo non tutte gradevoli, ho
capito tante cose, belle e brutte, così-così, e soprattutto di quanto ero
stronzo.”
“Più,
o meno, di me?”
“Tu
sei irraggiungibile, basta vedere quante donne hai avuto e quante poche ti
hanno stimato.”
“Che
me ne frega a me della stima? L’importante è scopare.”
Il
pubblico femminile attorno fa bbbuuuuuuuu!!!
Ma anche parte di quello maschile, rumoreggia minaccioso, forse perché
pensano che scoprire il gioco non è intelligente.
“Lo
vedi? Eppure quello è solo un meccanismo fine a sé stesso!”
“Ma
chi se ne frega dei meccanismi, se mi garba e mi realizza?”
“Sei
solo un ingranaggio di un sistema.”
“Ma
che vuoi dire?”
“Che
anche l’orgasmo è un inganno per la procreazione della specie, un meccanismo,
lo capisci o no?”
Le
Tre Marie Sintetiche che erano in pausa, forse per bere qualcosa un po’ anche
loro, ricominciano con quel misto di generi da ballo tradizionale, solo qualche
saltuario tango, inevitabile in Argentina, ma molta o anche troppa salsa. Insomma
non si sente più niente di quello che Vino e Lopezito dicono, magari è meglio così.
La gente si disperde, alcune vanno a ballare, altri a prendere da bere. La
notte è piccola per loro, troppo piccolina, come dicevano oltreoceano anche le
gemelle Kessler, tanti anni prima.
E
avevano ragione.
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