In mia madre ci vedo il passato e il futuro, meno di tutti il presente. Ci vedo mia nonna e quindi sua madre, mio nonno e perciò suo padre, mio zio Pieroni e dunque suo fratello. Per forza di cose era Pieroni anche lei, mia madre, prima di sposare quello che era stato - a suo tempo - mio padre, il Lunardi, ma nessuno li chiamava mai per cognome.
Non è appena
una questione di somiglianza fisica, dei Pieroni, in questo caso, pur che
fossero convenzionati in Lunardi, ma anche di modo di fare, di frasi disegnate
sull’umida parete della memoria, di ricordi spezzati e sommariamente attaccati,
senza volerlo, di futuri a tratti intravisti o immaginati, eppure nemmeno
vicini a una certa realtà.
Ci vedo me
stesso, un giorno neanche tanto lontano, quando sarò forse così, ma non credo.
Ci vedo il bello e il brutto, insomma, cose intermedie e familiari, ma per
niente noiose, anzi quasi esotiche, ora che il mondo è così cambiato, e senza
per niente migliorare.
Quello che
siamo oggi è il risultato conseguente del nostro ieri, è vero che io assomiglio
ai miei genitori, cosiddetti Pieroni e Lunardi, un po’ meno ai miei nonni, meno
ancora ai bisnonni, tutti i cognomi non me li ricordo e nemmeno i nomi.
Ebbene sì, mi
dà un certo piacere ricordare lo zio Pieroni, fratello maggiore di mia madre, un
disumano studioso della vita umana, quasi Garfagnino, alla sua maniera, nato e
cresciuto sul fiume Serchio, proprio vicino all’invisibile confine.
Per esempio
quando seduto su un muretto, con la pipa in bocca, veniva interrogato dagli
occasionali passanti del paese, alcuni carichi di merci, potevano essere patate
o castagne, su cosa ci facesse lì, oppure che diavolo guardasse con tanto
interesse davanti a sé. Il Pieroni rispondeva sempre con giovialità e umorismo,
a volte anche involontario, mi ha raccontato mia madre, di solito la gente ci
rideva e lo salutava. Una volta sola ho assistito, da bambino, alla scena
ricorrente, stava piovigginando già da un po’ e alla domanda di rito lui ebbe a
rispondere che la Garfagnana, per chi la osservasse con occhio attento, era
piuttosto interessante, ma a volte gli si appannava il periscopio. Quelli non
ci avevano mai fatto caso, avevano sempre gli occhi indaffarati e distratti, il
periscopio non sapevano cos’era, per questo risero e lo salutarono.
A rigor di
logica, nei pressi di Barga non si trattava nemmeno di Garfagnana, anche se su
questo determinato argomento si dibatte ancora attualmente, più o meno
inutilmente e sono passati cinquant’anni. Sempre secondo mia madre, lo zio
diceva che non era una polemica del tutto inutile, grazie alla quale lui capiva
rapidamente chi fosse un imbecille e chi no. Però non le ha voluto mai spiegare
la sua tecnica.
Il Pieroni
veniva chiamato da tutti con il cognome, non si sa perché. Solo sua moglie,
finché rimase in vita, aveva il diritto, forse anche il privilegio, di poterlo chiamare
Bastiano.
Mio zio aveva
uno sguardo sognante e vuoto, che non si capiva facilmente se era rivolto verso
l’interno o verso l’esterno e una papalina marrone scuro, che in tanti potrebbero
giurare di non averlo mai visto senza. Mia madre a suo tempo ebbe a raccontarmi
che a tavola però se la toglieva, per mangiare, ma allora la sua testa pareva a
tutti incompleta, insomma che gliene mancasse un pezzo.
A tavola non
parlava mai e guardava dritto davanti a sé, sorbiva l’immancabile minestrone a
lente cucchiaiate, un po’ alla volta ci metteva dentro pezzettoni del pane che
faceva lui. A quei tempi quasi tutti si facevano il pane in casa, ma non a
tutti veniva fuori così casalingo come a lui. Lo faceva due volte al mese, il
primo e il quindici, se era Pasqua, Natale, o un eventuale Ramadan, a lui non
gliene fregava niente. Si era costruito da solo un forno con le pietre di
fiume, in quella zona di un territorio del pollaio dove nessuno metteva mai
piede, se non lui e la zia per fare il pane. In casa, al secondo piano, aveva
allestito un corridoietto allungato, con l’unica finestra in fondo, verso il
monte Forato, e ci aveva messo due madie, una di fronte all’altra. Poche volte
l’ho visto all’opera, ma era una specie di cerimonia solenne. Per farlo ammodo si
toglieva perfino la pipa di bocca e se gli domandavi qualcosa, rispondeva anche, ma solo a monosillabi. Il fiasco del vino era obbligatorio e il bicchierotto su
una mensola.
Il pane del primo
giorno era un’opera d’arte campagnola, il colorito scuro, i grandi buchi che a
volte scoppiavano sotto la crosta, gli davano un aspetto rustico e gradevole
all’occhio, l’odore invitante si sentiva da centinaia di metri, ma soprattutto
il sapore era la sua migliore attrattiva, che due giorni dopo per alcuni era
considerato anche migliore. Il 14esimo giorno era un po’ duretto, a rigor del
vero, ma non diventava giammai gommoso e le galline e i conigli non se ne sono
mai lamentati, secondo mia madre, nemmeno i tacchini e il maiale.
Il Pieroni
era tacitamente considerato un filosofo, da chi conosceva il significato della
parola, nessuno l’ha mai visto perdere la calma. Ne era incapace, si direbbe.
In compenso
era bravissimo a farla perdere agli altri. Se qualcuno si arrabbiava con lui, situazione
di routine al bar Pianaccio, la sua faccia rimaneva tra l’impassibile e il
sorridente. Più lui dimostrava gioviale indifferenza, più gli altri
s’incazzavano a bestia. C’era della gente un po’ meno sull’intellettuale a quei
tempi, secondo mia madre talvolta anche piuttosto manesca.
Se gli chiedevano
perché diavolo non reagisse, perché non diceva niente, lui spiegava quasi
sussurrando che stava tentando di ascoltare il silenzio che c’era dietro a tutti
quegli urli, che quello - il silenzio - a lui personalmente piaceva di più, un
po’ come il cielo sereno oltre le nuvole grigie.
Se
insistevano nella polemica ad alta voce, non di rado accompagnata dal
turpiloquio e dalla bestemmia, lui si alzava, salutava e se ne andava a fare un
giretto per la Media Valle adducendo che la Garfagnana per lui era diventata troppo
rumorosa. Quelli all’inizio tentavano di fermarlo, poi di seguirlo, ma si
mettevano a litigare tra di loro, se lì a Barga fosse o no parte della
Garfagnana, e lui ne approfittava per allontanarsi con il suo passo lento e
caracollante.
Nessun commento:
Posta un commento