C’è un’industria che sfrutta
l’arte, o la presunta arte, la maccheronica e sedicente arte, insomma loro la
trasformano in denaro soprattutto quando non vale niente. Una mafia che invece
di sparare e di minacciare, non è che non lo faccia, ma ha altri sistemi, finge
di essere dalla tua parte e ti pugnala con piccoli aghi di indifferenza, incompetenza,
arroganza e via discorrendo. Quello che fanno non è illegale, per quanto
orribile, uccidere la letteratura non è un reato. Quella è già un ricordo ormai
sbiadito. Questi e-mail sono solo gli ultimi di tanti altri, i più attuali. Non
mi preoccuperò di nascondere nomi e numeri di telefono, quello che fanno è alla
luce del sole, anche se è un sole malato. In corsivo, come questo, i miei
commenti.
Salve,
ci dispiace, per adesso non
siamo interessati alla proposta.
Sperando in futuro di collaborare
con Lei, La ringraziamo.
Cordiali saluti
Edizioni Chillemi
Gentile Maurizio Bardoni,
abbiamo letto e valutato il
materiale che ci ha inviato relativo a L’OCA DEL GIUOCO.
L’intreccio è molto
originale. La commistione tra storia remota e meno remota, storia-leggenda
(citati perfino Vlad Dracula e Agatha Christie) e cronaca, è ottimamente
equilibrata.
Le descrizioni – dei
personaggi e dei luoghi – sono coinvolgenti e originali (curiosi i tic
“complementari” di Marianna e Alcide).
La sua scrittura è più che
corretta, incisiva, vivacizzata spesso da dialoghi essenziali e verosimili (il
rischio è sempre dietro l’angolo).
In definitiva, per noi il
suo testo è pubblicabile.
Mi corre l’obbligo,
superato questo livello nel nostro rapporto, di comunicarle altro.
Da quest’anno Fefè Editore
ha creato un nuovo marchio per la narrativa, che non tratterà più direttamente
come Fefè ma come IL PELO NELL’UOVO (marchio
comunque sempre “by Fefè Editore").
I libri pubblicati in IL
PELO NELL’UOVO godono degli stessi servizi dei libri di Fefè Editore,
ma richiedono una collaborazione economica da parte dell’Autore.
I servizi solitamente
previsti per i libri di IL PELO NELL’UOVO sono: • contratto di
edizione della durata di 18 mesi con pagamento finale dei diritti d’autore •
editing del testo • copertina personalizzata • promozione nazionale con
Messaggerie • distribuzione nazionale con Messaggerie • presenza su tutti i
siti di e.commerce, da Amazon e dal sito di IL PELO NELL’UOVO in
giù • presenza nelle librerie che ordineranno il libro • possibilità di
ordinare il libro nelle librerie che hanno contatti con Messaggerie (la quasi
totalità) • ufficio stampa • partecipazione a fiere eventi presentazioni,
compatibilmente con l’emergenza sanitaria • un’agenzia che ci rappresenta per
la vendita di diritti all’estero.
Tutti questi servizi
prevedono un coinvolgimento economico anche da parte sua.
Tanto più necessario nel
momento di crisi (generale e dell’editoria) che stiamo attraversando.
Un aiuto che potrà essere:
• sotto forma di copie preacquistate • con pagamento diretto rateizzato • l’una
e l’altra soluzione nella combinazione da lei preferita.
Per un libro di “medie
dimensioni” (fino a circa 230 pagine nel formato 12x20) e senza inserimento di
note, immagini, tabelle o simili (come parrebbe il suo), la cifra si aggira
intorno ai 1400 €.
Se in linea di massima si
trova d’accordo sulla proposta che le ho accennato, possiamo iniziare da subito
una collaborazione.
Potrei quindi inviarle
ulteriori dettagli editoriali, in particolare su tempi e modi.
La prego di darmi un cenno
di riscontro comunque.
Grazie per l’attenzione, un
saluto cordiale.
Naturalmente non gli
ho dato riscontro, né prima né dopo, questa gente non ha idea di cosa sia bello
o brutto, vuole solo i soldi, e neanche tanti, pochi da ogni autore. Per quanto
sia impossibile da capire, ma gli assurdi sono anche tanti altri, in Italia ci
sono più scrittori che lettori. O forse è il mondo che va così, non lo so.
Gentile dott. Bardoni,
le comunichiamo la nostra
posizione riguardo alla sua opera, L’Oca del Giuoco.
Due
nostri referee hanno condotto una lettura preliminare sul suo
dattiloscritto, ritenendolo interessante sia dal punto di vista stilistico che
da quello del contenuto e, dunque, degno di nota per un’eventuale
pubblicazione.
Le riportiamo un estratto
del loro giudizio:
«Poliziesco di campagna,
capriola stilistica, egloga attualizzata seppur nostalgica, e, agli occhi di un
lettore di un anno fa, distopia apocalittica in salsa umoristica. O forse
un pastiche di tutto questo, con la nobile quanto ironicamente
leggera speranza di portare in superficie certi meccanismi triti del nostro “brave
new world”, tutto post e niente contenuto. Che poi è anche il procedimento
principe del postmodernismo, il quale sfrutta le forme atrofizzate di vari
generi letterari per smascherare i valori sublimati di una società in degrado.
A questo punto non ci sorprende che il caso fantasmagorico di un corpo
smembrato, di cui una parte rinvenuta riporta al centro del dibattito il tesoro
dei Templari, si riveli nel finale l’ultimissima trovata del mondo televisivo,
in connivenza con chi di dovere, per intrattenere lo spettatore (e il lettore,
di riflesso).
Una passeggiata affannata
nella pittoresca provincia di Lucca, tra pergamene vergate a mano e mappe
tatuate, zampe caprine e commesse di alimentari sovrappeso che si improvvisano
storiche, torture esilaranti e un tasso elevato di sano buon senso, ovviamente
dispensato nelle circostanze più improbabili. Il tutto nell’attualissimo
presente, con tanto di mascherine e il perenne oblio che ne accompagna l’uso.
L’autore cavalca questa
ordinarietà allucinata, da cui neanche il villaggio più sperduto sembra potersi
ritrarre, con garbo e consapevolezza, ammiccando al lettore che intravede nei
personaggi il suo vicino di casa, i programmi giornalieri e le acrobazie della
stampa. Nella lingua variopinta e dialettale dei dialoghi, il romanzo dimostra
la sua vera natura di ritratto sociologico, e le conclusioni che se ne possono
trarre sono commoventi fino al riso. Consigliato a chi pur dilettandosi della
riflessione metaletteraria – culminante nel finale, ma che fa capolino qui e lì
in tutto il romanzo – continua a cercare una storia e dei protagonisti
vividamente individuali, vicini a noi e reali secondo la superiore verità della
letteratura».
Mi è pure
piaciuta questa valutazione, forse simile a quello che ne avrei pensato io
stesso, anche se si usano parole che non avevo mai visto, come egloga o
distopia. Per loro forse che uno debba andare a prendersi il dizionario è una
virtù e da questo già si capisce che sono io al posto sbagliato, per me invece
se si capisce tutto, senza inutili sfoggi di cultura, è inspiegabilmente
meglio.
Dalla valutazione complessiva
emerge dunque che dal punto di vista contenutistico la sua opera è di rilievo,
ragion per cui saremmo disponibili ad avviare per lei il nostro servizio di
Rappresentanza editoriale presso un (buon) editore. Sin d’ora la
informiamo che sottoporremmo il suo testo, direttamente e/o tramite scout, a
una serie di editori di nicchia, medi e grandi.
Nello specifico evidenziamo
che abbiamo contatti stabili, direttamente e/o tramite scout, con diverse fra
le maggiori case editrici nazionali (Einaudi, Feltrinelli, Giunti, il Mulino,
Laterza, Mondadori, Rizzoli, Sellerio); come anche con editori medi e
specializzati nei vari settori editoriali (Adelphi, Aracne, Armando, Bollati
Boringhieri, Bruno Mondadori, Carocci, Castelvecchi, Chiarelettere, Città del sole,
Coccolebooks, Csa, D’Ettoris, Dehoniane, Dissensi, Editoriale Progetto
2000, Edizioni e/o, Falco, Falzea, Franco Angeli, Guanda, Guida, Hoepli, il
Ciliegio, Infinito, Il Saggiatore, Il Seme Bianco, Kimerik, la Rondine, La Vita
Felice, Loescher, Longanesi, minimum fax, Newton & Compton, Pearson,
Raffaello Cortina, Robin, Rubbettino, Solfanelli, Tabula Fati, Teomedia, Todaro
ecc.).
Tuttavia, ci teniamo a
precisare che è nostra prassi procedere con tale servizio solo quando ci
troviamo con un testo sicuramente valido qualitativamente, ma anche provvisto
della giusta veste tecnico-editoriale.
Per questa ragione vorremmo
invitarla a correggere la sua opera che, dal punto di vista formale, presenta
numerose problematiche di carattere grammaticale.
Le riportiamo alcuni esempi: tra tali
errori, segnaliamo quelli ortografici come l’omissione
dell’accento, l’omissione dell’apostrofo tra articolo indeterminativo e
sostantivo femminile; quelli morfologici relativi alla concordanza tra nome e
aggettivo; quelli sintattici relativi all’errata concordanza dei
verbi, all’uso errato della punteggiatura tecnica e all’incoerenza nell’uso
della maiuscola.
Specifichiamo che questi
sono solo alcuni esempi di un numero di errori ben maggiore.
Non dubitiamo che lei
sappia bene come si scrivano i termini citati e che si tratta solo di meri
errori di distrazione ma, oggettivamente, ci sono.
Questi
errori naturalmente non ci sono, anche perché il programma di scrittura stesso
me li segnala, quando anche me ne dimenticassi e io sono piuttosto pignolo in
queste cose.
Per la correzione degli
stessi può provvedere autonomamente o tramite qualche professionista di sua
fiducia o, in alternativa, può scegliere di affidare la sua opera alla nostra
agenzia. L’importante è che chiunque svolga il lavoro di editing lo esegua con
professionalità (in tal senso, quindi, le sconsigliamo di affidarsi a persone
improvvisate).
Se dovesse affidarlo a noi,
oltre alla correzione degli errori grammaticali e tecnico-editoriali, riceverà
anche alcune proposte di miglioramento stilistico e, se necessario,
contenutistico. Si tratterebbe ovviamente di suggerimenti non invasivi,
opportunamente segnalati con un colore diverso, per darle così la possibilità
di accettarli o meno.
Capirà che non possiamo
inviare agli editori un testo che presenta così tante erroneità.
Per conoscere i pareri di
autori che hanno precedentemente collaborato con noi, può consultare il
seguente link: www.bottegaeditoriale.it/bottega/p4sx.asp.
In attesa delle sue
determinazioni, le porgiamo i più cordiali saluti, invitandola, per qualsiasi
delucidazione, a contattarci telefonicamente al seguente recapito: 392
9251770.
Cordialmente,
p. Bottega
editoriale,
Ilaria Iacopino
Dopo aver
risposto tante volte a lettere del genere e cercato di interloquire invano, mi
sono trattenuto da mandargli degli insulti volgari eppure privi di errori, volutamente
pensati in quella maniera. Sono andato a vedere i prezzi, qui si fa un
trattamento separato per ogni cosa, di solito invece si paga il pacco completo.
Insomma vengono fuori dei bei soldoni e vorrei vedere poi come lo fanno questo
lavoro, perché uno pagherebbe anche volentieri, se non sapesse che poi non
applicano per niente alla lettera quello che dicono, solo i prezzi e i
pagamenti non devono sgarrare.
Buongiorno! Molto
interessante il suo testo.
Ibiskos Servizi editoriali
si occupa di tutta la parte redazionale, eseguendo un attentissimo editing
professionale sul testo, impaginando e studiando la copertina. Una volta
approvato dall’autore il nostro lavoro, gli consegniamo il file pronto per la
stampa.
Collaboriamo con una casa
editrice di Firenze che acquisisce il file, lo stampa e lo promuove e
distribuisce. L’autore comunque può avvalersi di qualsiasi altro editore per la
stampa.
Se desidera approfondire la
nostra proposta ed avere un preventivo, siamo a sua disposizione.
In attesa la salutiamo
cordialmente e le auguriamo un ottimo 2021.
Per Ibiskos: Antonietta
Risolo
Gentilissimo
Grazie per averci contattato. Sicuramente il suo è un bel libro, dal tono
piacevolmente ironico e a tratti surreale. In poche parole, merita di
essere pubblicato. Tuttavia, la programmazione editoriale di Oligo è già
delineata per il prossimo anno e non ce la sentiamo quindi
di inserirla a catalogo, anche viste le ben note difficoltà del momento.
Tuttavia, la nostra casa editrice dispone di un altro marchio
editoriale: Il Rio Edizioni, distribuito da fasbook e seguito dal
medesimo ufficio stampa di Oligo. La invitiamo quindi a visitare il nostro
sito www.ilrio.it e a vagliare i nostri
canali social per
prendere in considerazione questa eventualità.
In ogni caso, visto il momento terrificante e le prospettive di
vendita basse, siamo costretti a comunicarle già che, in caso le
interessasse pubblicare con noi, saremo costretti a chiederle un
acquisto copie per dare il là al progetto editoriale.
La cosa migliore sarebbe vedersi di persona. In tal caso,
potremmo fissarle un appuntamento presso uno dei nostri uffici a Mantova o
a Verona. Altrimenti, potremmo organizzare un appuntamento telefonico. Intanto,
può scriverci a casaeditrice@ilrio.it Grazie per
l'attenzione
La Redazione
Si premette un immancabile gentile
o gentilissimo quale io purtroppo non sono, perlomeno non più, da quando ho
capito che più originale e interessante sono e meno vendo, non è solo colpa
degli editori, il sistema mafioso è parte di un ingranaggio globalizzato, figurarsi
che la distribuzione si frega già il 66 % degli utili di un libro.
L’autore esordiente è stimolato
a scrivere, non importa come, gli si danno dei corsi inutili per diventare un
fantasma che non ha personalità, ma della tecnica standardizzata, un vestito
senza un corpo dentro, come se esistesse un modo per scrivere universale, che
non c’è e direi per fortuna, ma chi si discosta è controcorrente e l’indifferenza
totale è il suo premio.
Non è solo il mondo della
letteratura, ormai marginale e secondario, la gente non cerca più certe cose,
ma stereotipi ai quali sia già abituata, non ha tempo di cercarsi qualcosa di
originale che all’inizio non capisca nemmeno. Il mondo attorno è diventato un
circolo in cui tutto si è appiattito, dal cinema, al calcio, alla politica, non
ci sono sorprese. Dove sono finiti i comici? Solo alcuni e qualche saltuaria
volta, fanno ridere veramente. Il peggio si annuncia continuamente alla TV, succederà
inevitabilmente e sistematicamente. Oggi è un giorno leggermente peggio di ieri
e impercettibilmente meglio di domani.
Ma il peggio qual è?
La noia, il ripetersi di giorni
sempre uguali, fatti di persone e prodotti prefabbricati in cui la sorpresa, il
divertimento, il piacere sono standardizzati e clonati. La banalità e l’arroganza
fanno da condimento, la prepotenza quando necessaria, l’indifferenza è uno
sfondo a tutto, senza dimenticare l’insensibilità verso gli altri, anche eccessiva
nei propri confronti.
Ciliegiona sulla tortina un attualissimo
testo di Francesco Erspamer, che ci fa capire da che parte pende il mondo occidentale
e l’Italia che ci circonda non fa certo eccezione.
Dunque
Draghi nel suo discorso programmatico davanti al Parlamento, per esporre la
politica fiscale del governo ha scopiazzato un articolo dello scorso giugno
scritto dall’ingegnere-economista ultraliberista Francesco Giavazzi, del quale
ricordo un libro apparso nel pieno della crisi finanziaria del 2008 per
proporre come rimedio agli abusi e fallimenti delle grandi banche speculative,
dosi ancora più massicce di deregulation e libero mercato; un libro scritto in
collaborazione con un mio collega di Harvard, Alberto Alesina, morto l’anno
scorso dopo una carriera spesa a celebrare le virtù del capitalismo selvaggio.
Questo per ricordare ai grillini e piddini chi siano i punti di riferimento
ideologici del loro presidente del consiglio: i Boccino boys Giavazzi e Alesina
(così li chiamava Paul Krugman) e dietro di loro la solita Thatcher e il solito
Reagan, che oltre tutto a Draghi ricorderanno i suoi trent’anni ruggenti.
L’avete
ascoltata o letta la proposta di Giavazzi, pardon, Draghi? Tagliare le tasse ai
ricchi e alle multinazionali, il consunto eppure sempre verde mantra
thatcheriano e reaganiano. Quei ricchi e quelle multinazionali che mentre la
classe media e le piccole e medie imprese soffrivano per la pandemia, hanno
fatto un sacco di soldi. Perché dargliene ancora di più? Perché così spendono e
fanno PIL. In inglese si chiama “trickle-down”, letteralmente gocciolare giù,
un’immagine brutale nella sua trasparenza: il massimo a cui la gente ordinaria
può aspirare sono le briciole che cadono dalla tavola a cui i nababbi si
ingozzano, e deve anche essere riconoscente in quanto niente le sarebbe dovuto.
Balle:
non solo i popoli hanno diritto a tutta la ricchezza, equamente distribuita fra
tutti i cittadini, ma chi la produce la produrrebbe lo stesso, anzi di più,
anche se dovesse accontentarsi di stare bene e avere abbastanza per sé e per i
propri figli invece di accumulare patrimoni osceni. Ma un punto della
narrazione propagandistica dei poteri forti della finanza è vero: quando la
gran parte del denaro finisce nelle tasche dei benestanti, la borsa sale.
Cos’altro potrebbero farci, di tutti quei miliardi? Impossibile spenderli:
hanno tutto e di più; l’unica è investire. È una bolla ma finché il sistema non
cambia può continuare a gonfiarsi. Soprattutto se la classe media, che col solo
lavoro può sopravvivere ma non arricchirsi, appena ha qualcosa da parte prova
pure lei a speculare – gli italiani prudenti, sobri e risparmiatori sono un
mito d’altri tempi. Certo, i piccoli investitori realizzano profitti molto inferiori
a quelli dei milionari; ma chiunque abbia un piccolo capitale può moltiplicarlo
senza lavorare (il sogno del leghista tipico, che al tempo stesso e senza
avvertire la contraddizione odia il reddito di cittadinanza perché premia i
lavativi).
Basta
qualche anno di mercati in crescita e la gente si abitua, prende a considerarlo
un diritto inalienabile. Per cui se i giornali e telegiornali le fanno capire
che per tenere su la borsa occorre autorizzare i licenziamenti, privatizzare la
sanità, eliminare regole e controlli (il sogno di Salvini), aprire i porti a
milioni di migranti da sfruttare (il sogno dei liberal e uguali), la gente vota
a destra o comunque per i partiti delle liberalizzazioni. Giustamente, perché
nel brevissimo termine fanno effettivamente i suoi interessi e del doman non
solo non v’è certezza ma a pochi gliene importa qualcosa (ormai i valori sono a
obsolescenza programmata).
Volete
lo stesso vedere quello che state per diventare grazie al governo Giavazzi,
pardon Draghi? Guardate agli Stati Uniti. L’intera popolazione è ostaggio di
Wall Street: se la borsa crollasse gran parte dei cittadini si troverebbe senza
pensione, senza lavoro e dunque senza assistenza sanitaria, nell’impossibilità
di pagare il mutuo della casa, dell’automobile, dell’iPhone o i debiti fatti
per andare all’università. Altro che Grande Depressione. Il 2008, come ben
sanno Giavazzi e Draghi, fu una prova generale, perfettamente riuscita:
dimostrò che un popolo drogato di media e consumi e desideroso solo di denaro,
nei momenti critici preferisce salvare le grandi banche e i miliardari
piuttosto che la propria qualità della vita, il proprio avvenire e i diritti
sociali, sindacali e politici faticosamente conquistati in passato.
Un
ultimo commento. La maggioranza dei giornali e giornalisti hanno taciuto del
plagio di Draghi (quelli bravi non vanno criticati, fosse che non fosse che
qualcuno possa notare che non lo sono); però anche quelli che lo hanno
denunciato hanno mancato di metterne in evidenza l’aspetto più allarmante: che
per annunciare una banalità quale il reaganismo fiscale alla Giavazzi, Draghi
non abbia saputo usare parole sue ma le abbia dovute citare da un articolo
altrui. Come se ciò che diceva, e che farà, non fosse il frutto del suo
pensiero e della sua competenza (chiamiamola così) bensì un discorso di riuso,
simile a quello dei testi sacri, che si possono solo ripetere identici perché
qualsiasi variazione sarebbe eresia. Succede, nell’epoca del fondamentalismo
liberista e del conformismo mediatico.
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