giovedì 25 febbraio 2021

CHE TE LO DICO A FARE?

 

 

C’è un’industria che sfrutta l’arte, o la presunta arte, la maccheronica e sedicente arte, insomma loro la trasformano in denaro soprattutto quando non vale niente. Una mafia che invece di sparare e di minacciare, non è che non lo faccia, ma ha altri sistemi, finge di essere dalla tua parte e ti pugnala con piccoli aghi di indifferenza, incompetenza, arroganza e via discorrendo. Quello che fanno non è illegale, per quanto orribile, uccidere la letteratura non è un reato. Quella è già un ricordo ormai sbiadito. Questi e-mail sono solo gli ultimi di tanti altri, i più attuali. Non mi preoccuperò di nascondere nomi e numeri di telefono, quello che fanno è alla luce del sole, anche se è un sole malato. In corsivo, come questo, i miei commenti.


 

Salve,

ci dispiace, per adesso non siamo interessati alla proposta.

Sperando in futuro di collaborare con Lei, La ringraziamo.

Cordiali saluti

 

Edizioni Chillemi

 

Gentile Maurizio Bardoni,

abbiamo letto e valutato il materiale che ci ha inviato relativo a L’OCA DEL GIUOCO.

L’intreccio è molto originale. La commistione tra storia remota e meno remota, storia-leggenda (citati perfino Vlad Dracula e Agatha Christie) e cronaca, è ottimamente equilibrata.

Le descrizioni – dei personaggi e dei luoghi – sono coinvolgenti e originali (curiosi i tic “complementari” di Marianna e Alcide).

La sua scrittura è più che corretta, incisiva, vivacizzata spesso da dialoghi essenziali e verosimili (il rischio è sempre dietro l’angolo).

In definitiva, per noi il suo testo è pubblicabile.

 

Mi corre l’obbligo, superato questo livello nel nostro rapporto, di comunicarle altro.

Da quest’anno Fefè Editore ha creato un nuovo marchio per la narrativa, che non tratterà più direttamente come Fefè ma come IL PELO NELL’UOVO (marchio comunque sempre “by Fefè Editore").

I libri pubblicati in IL PELO NELL’UOVO godono degli stessi servizi dei libri di Fefè Editore, ma richiedono una collaborazione economica da parte dell’Autore.

I servizi solitamente previsti per i libri di IL PELO NELL’UOVO sono: • contratto di edizione della durata di 18 mesi con pagamento finale dei diritti d’autore • editing del testo • copertina personalizzata • promozione nazionale con Messaggerie • distribuzione nazionale con Messaggerie • presenza su tutti i siti di e.commerce, da Amazon e dal sito di IL PELO NELL’UOVO in giù • presenza nelle librerie che ordineranno il libro • possibilità di ordinare il libro nelle librerie che hanno contatti con Messaggerie (la quasi totalità) • ufficio stampa • partecipazione a fiere eventi presentazioni, compatibilmente con l’emergenza sanitaria • un’agenzia che ci rappresenta per la vendita di diritti all’estero.

Tutti questi servizi prevedono un coinvolgimento economico anche da parte sua.

Tanto più necessario nel momento di crisi (generale e dell’editoria) che stiamo attraversando.

Un aiuto che potrà essere: • sotto forma di copie preacquistate • con pagamento diretto rateizzato • l’una e l’altra soluzione nella combinazione da lei preferita.

Per un libro di “medie dimensioni” (fino a circa 230 pagine nel formato 12x20) e senza inserimento di note, immagini, tabelle o simili (come parrebbe il suo), la cifra si aggira intorno ai 1400 €.

 

Se in linea di massima si trova d’accordo sulla proposta che le ho accennato, possiamo iniziare da subito una collaborazione. 

Potrei quindi inviarle ulteriori dettagli editoriali, in particolare su tempi e modi.

La prego di darmi un cenno di riscontro comunque.

Grazie per l’attenzione, un saluto cordiale.

 

Naturalmente non gli ho dato riscontro, né prima né dopo, questa gente non ha idea di cosa sia bello o brutto, vuole solo i soldi, e neanche tanti, pochi da ogni autore. Per quanto sia impossibile da capire, ma gli assurdi sono anche tanti altri, in Italia ci sono più scrittori che lettori. O forse è il mondo che va così, non lo so.

 

Gentile dott. Bardoni,

 

le comunichiamo la nostra posizione riguardo alla sua opera, L’Oca del Giuoco.

 

Due nostri referee hanno condotto una lettura preliminare sul suo dattiloscritto, ritenendolo interessante sia dal punto di vista stilistico che da quello del contenuto e, dunque, degno di nota per un’eventuale pubblicazione.

Le riportiamo un estratto del loro giudizio: 

«Poliziesco di campagna, capriola stilistica, egloga attualizzata seppur nostalgica, e, agli occhi di un lettore di un anno fa, distopia apocalittica in salsa umoristica. O forse un pastiche di tutto questo, con la nobile quanto ironicamente leggera speranza di portare in superficie certi meccanismi triti del nostro “brave new world”, tutto post e niente contenuto. Che poi è anche il procedimento principe del postmodernismo, il quale sfrutta le forme atrofizzate di vari generi letterari per smascherare i valori sublimati di una società in degrado. A questo punto non ci sorprende che il caso fantasmagorico di un corpo smembrato, di cui una parte rinvenuta riporta al centro del dibattito il tesoro dei Templari, si riveli nel finale l’ultimissima trovata del mondo televisivo, in connivenza con chi di dovere, per intrattenere lo spettatore (e il lettore, di riflesso).

Una passeggiata affannata nella pittoresca provincia di Lucca, tra pergamene vergate a mano e mappe tatuate, zampe caprine e commesse di alimentari sovrappeso che si improvvisano storiche, torture esilaranti e un tasso elevato di sano buon senso, ovviamente dispensato nelle circostanze più improbabili. Il tutto nell’attualissimo presente, con tanto di mascherine e il perenne oblio che ne accompagna l’uso.

L’autore cavalca questa ordinarietà allucinata, da cui neanche il villaggio più sperduto sembra potersi ritrarre, con garbo e consapevolezza, ammiccando al lettore che intravede nei personaggi il suo vicino di casa, i programmi giornalieri e le acrobazie della stampa. Nella lingua variopinta e dialettale dei dialoghi, il romanzo dimostra la sua vera natura di ritratto sociologico, e le conclusioni che se ne possono trarre sono commoventi fino al riso. Consigliato a chi pur dilettandosi della riflessione metaletteraria – culminante nel finale, ma che fa capolino qui e lì in tutto il romanzo – continua a cercare una storia e dei protagonisti vividamente individuali, vicini a noi e reali secondo la superiore verità della letteratura».

 

Mi è pure piaciuta questa valutazione, forse simile a quello che ne avrei pensato io stesso, anche se si usano parole che non avevo mai visto, come egloga o distopia. Per loro forse che uno debba andare a prendersi il dizionario è una virtù e da questo già si capisce che sono io al posto sbagliato, per me invece se si capisce tutto, senza inutili sfoggi di cultura, è inspiegabilmente meglio.

Dalla valutazione complessiva emerge dunque che dal punto di vista contenutistico la sua opera è di rilievo, ragion per cui saremmo disponibili ad avviare per lei il nostro servizio di Rappresentanza editoriale presso un (buon) editore. Sin d’ora la informiamo che sottoporremmo il suo testo, direttamente e/o tramite scout, a una serie di editori di nicchia, medi e grandi. 

Nello specifico evidenziamo che abbiamo contatti stabili, direttamente e/o tramite scout, con diverse fra le maggiori case editrici nazionali (Einaudi, Feltrinelli, Giunti, il Mulino, Laterza, Mondadori, Rizzoli, Sellerio); come anche con editori medi e specializzati nei vari settori editoriali (Adelphi, Aracne, Armando, Bollati Boringhieri, Bruno Mondadori, Carocci, Castelvecchi, Chiarelettere, Città del sole, Coccolebooks, Csa, D’Ettoris,  Dehoniane, Dissensi, Editoriale Progetto 2000, Edizioni e/o, Falco, Falzea, Franco Angeli, Guanda, Guida, Hoepli, il Ciliegio, Infinito, Il Saggiatore, Il Seme Bianco, Kimerik, la Rondine, La Vita Felice, Loescher, Longanesi, minimum fax, Newton & Compton, Pearson, Raffaello Cortina, Robin, Rubbettino, Solfanelli, Tabula Fati, Teomedia, Todaro ecc.).

Tuttavia, ci teniamo a precisare che è nostra prassi procedere con tale servizio solo quando ci troviamo con un testo sicuramente valido qualitativamente, ma anche provvisto della giusta veste tecnico-editoriale.

 

Per questa ragione vorremmo invitarla a correggere la sua opera che, dal punto di vista formale, presenta numerose problematiche di carattere grammaticale.

 

Le riportiamo alcuni esempi: tra tali errori, segnaliamo quelli ortografici come l’omissione dell’accento, l’omissione dell’apostrofo tra articolo indeterminativo e sostantivo femminile; quelli morfologici relativi alla concordanza tra nome e aggettivo; quelli sintattici relativi all’errata concordanza dei verbi, all’uso errato della punteggiatura tecnica e all’incoerenza nell’uso della maiuscola.

 

Specifichiamo che questi sono solo alcuni esempi di un numero di errori ben maggiore.

 

Non dubitiamo che lei sappia bene come si scrivano i termini citati e che si tratta solo di meri errori di distrazione ma, oggettivamente, ci sono.

 

Questi errori naturalmente non ci sono, anche perché il programma di scrittura stesso me li segnala, quando anche me ne dimenticassi e io sono piuttosto pignolo in queste cose.

 

Per la correzione degli stessi può provvedere autonomamente o tramite qualche professionista di sua fiducia o, in alternativa, può scegliere di affidare la sua opera alla nostra agenzia. L’importante è che chiunque svolga il lavoro di editing lo esegua con professionalità (in tal senso, quindi, le sconsigliamo di affidarsi a persone improvvisate). 

 

Se dovesse affidarlo a noi, oltre alla correzione degli errori grammaticali e tecnico-editoriali, riceverà anche alcune proposte di miglioramento stilistico e, se necessario, contenutistico. Si tratterebbe ovviamente di suggerimenti non invasivi, opportunamente segnalati con un colore diverso, per darle così la possibilità di accettarli o meno.

 

Capirà che non possiamo inviare agli editori un testo che presenta così tante erroneità.

 

Per conoscere i pareri di autori che hanno precedentemente collaborato con noi, può consultare il seguente link: www.bottegaeditoriale.it/bottega/p4sx.asp.

 

In attesa delle sue determinazioni, le porgiamo i più cordiali saluti, invitandola, per qualsiasi delucidazione, a contattarci telefonicamente al seguente recapito: 392 9251770

 

 

Cordialmente,

p. Bottega editoriale,

 

Ilaria Iacopino

 

 

Dopo aver risposto tante volte a lettere del genere e cercato di interloquire invano, mi sono trattenuto da mandargli degli insulti volgari eppure privi di errori, volutamente pensati in quella maniera. Sono andato a vedere i prezzi, qui si fa un trattamento separato per ogni cosa, di solito invece si paga il pacco completo. Insomma vengono fuori dei bei soldoni e vorrei vedere poi come lo fanno questo lavoro, perché uno pagherebbe anche volentieri, se non sapesse che poi non applicano per niente alla lettera quello che dicono, solo i prezzi e i pagamenti non devono sgarrare.

 

Buongiorno! Molto interessante il suo testo.

Ibiskos Servizi editoriali si occupa di tutta la parte redazionale, eseguendo un attentissimo editing professionale sul testo, impaginando e studiando la copertina. Una volta approvato dall’autore il nostro lavoro, gli consegniamo il file pronto per la stampa.

Collaboriamo con una casa editrice di Firenze che acquisisce il file, lo stampa e lo promuove e distribuisce. L’autore comunque può avvalersi di qualsiasi altro editore per la stampa.

Se desidera approfondire la nostra proposta ed avere un preventivo, siamo a sua disposizione.

In attesa la salutiamo cordialmente e le auguriamo un ottimo 2021.

 

Per Ibiskos: Antonietta Risolo

 

 

 

Gentilissimo

Grazie per averci contattato. Sicuramente il suo è un bel libro, dal tono piacevolmente ironico e a tratti surreale. In poche parole, merita di essere pubblicato. Tuttavia, la programmazione editoriale di Oligo è già delineata per il prossimo anno e non ce la sentiamo quindi 
di inserirla a catalogo, anche viste le ben note difficoltà del momento.
Tuttavia, la nostra casa editrice dispone di un altro marchio 
editoriale: Il Rio Edizioni, distribuito da fasbook e seguito dal 
medesimo ufficio stampa di Oligo. La invitiamo quindi a visitare il nostro sito www.ilrio.it e a vagliare i nostri canali social per 
prendere in considerazione questa eventualità.
In ogni caso, visto il momento terrificante e le prospettive di 
vendita basse, siamo costretti a comunicarle già che, in caso le 
interessasse pubblicare con noi, saremo costretti a chiederle un 
acquisto copie per dare il là al progetto editoriale.
La cosa migliore sarebbe vedersi di persona. In tal caso, potremmo fissarle un appuntamento presso uno dei nostri uffici a Mantova o a Verona. Altrimenti, potremmo organizzare un appuntamento telefonico. Intanto, può scriverci a casaeditrice@ilrio.it Grazie per l'attenzione
La Redazione

 

Si premette un immancabile gentile o gentilissimo quale io purtroppo non sono, perlomeno non più, da quando ho capito che più originale e interessante sono e meno vendo, non è solo colpa degli editori, il sistema mafioso è parte di un ingranaggio globalizzato, figurarsi che la distribuzione si frega già il 66 % degli utili di un libro.

L’autore esordiente è stimolato a scrivere, non importa come, gli si danno dei corsi inutili per diventare un fantasma che non ha personalità, ma della tecnica standardizzata, un vestito senza un corpo dentro, come se esistesse un modo per scrivere universale, che non c’è e direi per fortuna, ma chi si discosta è controcorrente e l’indifferenza totale è il suo premio.

Non è solo il mondo della letteratura, ormai marginale e secondario, la gente non cerca più certe cose, ma stereotipi ai quali sia già abituata, non ha tempo di cercarsi qualcosa di originale che all’inizio non capisca nemmeno. Il mondo attorno è diventato un circolo in cui tutto si è appiattito, dal cinema, al calcio, alla politica, non ci sono sorprese. Dove sono finiti i comici? Solo alcuni e qualche saltuaria volta, fanno ridere veramente. Il peggio si annuncia continuamente alla TV, succederà inevitabilmente e sistematicamente. Oggi è un giorno leggermente peggio di ieri e impercettibilmente meglio di domani.

 Ma il peggio qual è?

La noia, il ripetersi di giorni sempre uguali, fatti di persone e prodotti prefabbricati in cui la sorpresa, il divertimento, il piacere sono standardizzati e clonati. La banalità e l’arroganza fanno da condimento, la prepotenza quando necessaria, l’indifferenza è uno sfondo a tutto, senza dimenticare l’insensibilità verso gli altri, anche eccessiva nei propri confronti.

Ciliegiona sulla tortina un attualissimo testo di Francesco Erspamer, che ci fa capire da che parte pende il mondo occidentale e l’Italia che ci circonda non fa certo eccezione.

 

Dunque Draghi nel suo discorso programmatico davanti al Parlamento, per esporre la politica fiscale del governo ha scopiazzato un articolo dello scorso giugno scritto dall’ingegnere-economista ultraliberista Francesco Giavazzi, del quale ricordo un libro apparso nel pieno della crisi finanziaria del 2008 per proporre come rimedio agli abusi e fallimenti delle grandi banche speculative, dosi ancora più massicce di deregulation e libero mercato; un libro scritto in collaborazione con un mio collega di Harvard, Alberto Alesina, morto l’anno scorso dopo una carriera spesa a celebrare le virtù del capitalismo selvaggio. Questo per ricordare ai grillini e piddini chi siano i punti di riferimento ideologici del loro presidente del consiglio: i Boccino boys Giavazzi e Alesina (così li chiamava Paul Krugman) e dietro di loro la solita Thatcher e il solito Reagan, che oltre tutto a Draghi ricorderanno i suoi trent’anni ruggenti.

L’avete ascoltata o letta la proposta di Giavazzi, pardon, Draghi? Tagliare le tasse ai ricchi e alle multinazionali, il consunto eppure sempre verde mantra thatcheriano e reaganiano. Quei ricchi e quelle multinazionali che mentre la classe media e le piccole e medie imprese soffrivano per la pandemia, hanno fatto un sacco di soldi. Perché dargliene ancora di più? Perché così spendono e fanno PIL. In inglese si chiama “trickle-down”, letteralmente gocciolare giù, un’immagine brutale nella sua trasparenza: il massimo a cui la gente ordinaria può aspirare sono le briciole che cadono dalla tavola a cui i nababbi si ingozzano, e deve anche essere riconoscente in quanto niente le sarebbe dovuto.

Balle: non solo i popoli hanno diritto a tutta la ricchezza, equamente distribuita fra tutti i cittadini, ma chi la produce la produrrebbe lo stesso, anzi di più, anche se dovesse accontentarsi di stare bene e avere abbastanza per sé e per i propri figli invece di accumulare patrimoni osceni. Ma un punto della narrazione propagandistica dei poteri forti della finanza è vero: quando la gran parte del denaro finisce nelle tasche dei benestanti, la borsa sale. Cos’altro potrebbero farci, di tutti quei miliardi? Impossibile spenderli: hanno tutto e di più; l’unica è investire. È una bolla ma finché il sistema non cambia può continuare a gonfiarsi. Soprattutto se la classe media, che col solo lavoro può sopravvivere ma non arricchirsi, appena ha qualcosa da parte prova pure lei a speculare – gli italiani prudenti, sobri e risparmiatori sono un mito d’altri tempi. Certo, i piccoli investitori realizzano profitti molto inferiori a quelli dei milionari; ma chiunque abbia un piccolo capitale può moltiplicarlo senza lavorare (il sogno del leghista tipico, che al tempo stesso e senza avvertire la contraddizione odia il reddito di cittadinanza perché premia i lavativi).

Basta qualche anno di mercati in crescita e la gente si abitua, prende a considerarlo un diritto inalienabile. Per cui se i giornali e telegiornali le fanno capire che per tenere su la borsa occorre autorizzare i licenziamenti, privatizzare la sanità, eliminare regole e controlli (il sogno di Salvini), aprire i porti a milioni di migranti da sfruttare (il sogno dei liberal e uguali), la gente vota a destra o comunque per i partiti delle liberalizzazioni. Giustamente, perché nel brevissimo termine fanno effettivamente i suoi interessi e del doman non solo non v’è certezza ma a pochi gliene importa qualcosa (ormai i valori sono a obsolescenza programmata).

Volete lo stesso vedere quello che state per diventare grazie al governo Giavazzi, pardon Draghi? Guardate agli Stati Uniti. L’intera popolazione è ostaggio di Wall Street: se la borsa crollasse gran parte dei cittadini si troverebbe senza pensione, senza lavoro e dunque senza assistenza sanitaria, nell’impossibilità di pagare il mutuo della casa, dell’automobile, dell’iPhone o i debiti fatti per andare all’università. Altro che Grande Depressione. Il 2008, come ben sanno Giavazzi e Draghi, fu una prova generale, perfettamente riuscita: dimostrò che un popolo drogato di media e consumi e desideroso solo di denaro, nei momenti critici preferisce salvare le grandi banche e i miliardari piuttosto che la propria qualità della vita, il proprio avvenire e i diritti sociali, sindacali e politici faticosamente conquistati in passato.

Un ultimo commento. La maggioranza dei giornali e giornalisti hanno taciuto del plagio di Draghi (quelli bravi non vanno criticati, fosse che non fosse che qualcuno possa notare che non lo sono); però anche quelli che lo hanno denunciato hanno mancato di metterne in evidenza l’aspetto più allarmante: che per annunciare una banalità quale il reaganismo fiscale alla Giavazzi, Draghi non abbia saputo usare parole sue ma le abbia dovute citare da un articolo altrui. Come se ciò che diceva, e che farà, non fosse il frutto del suo pensiero e della sua competenza (chiamiamola così) bensì un discorso di riuso, simile a quello dei testi sacri, che si possono solo ripetere identici perché qualsiasi variazione sarebbe eresia. Succede, nell’epoca del fondamentalismo liberista e del conformismo mediatico.

 

 


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