giovedì 18 febbraio 2021

OLTRE LA COLLINA IL MARE

 




“Dall’altra parte di tale grotta, sulle colline Pisane, Filippo Alicudi ha filmato i dinosauri, non si sa come, ha cercato, invano, di comunicare con gli uomini di Neanderthal e intrapreso una serie di riflessioni spazio-tempo che ci piacerebbe di ascoltare dalla sua profonda voce. Purtroppo non sa più come tornare di là, eppure le prove filmate che ci ha consegnato sono autentiche, secondo gli esperti e gli scienziati del ramo preposti. Partiamo con l’intervista registrata all’uomo che ha scoperto una porta sul passato, che secondo lui funzionerebbe anche sul futuro, se ne frega un po’ del presente, del calendario romano come di quello laziale, insomma anche delle stagioni, del giorno e della notte. Signori e signore ecco a voi Filippo detto Pippo ma sempre e comunque Alicudi di cognome.”

“Buongiorno, anzi buonasera, ma che ore sono?”

“Pippo è ancora un po’ disorientato, ma la sua storia è bizzarra e può confondere le idee a chiunque. Forse è meglio iniziare a raccontare, poi mostreremo i filmati, cioè una selezione, almeno per ora.

Filippo è nato a Padova nel 1959, di origini isolane omonime e quasi sicule, ha vissuto e lavorato come consulente finanziario e amministrativo presso la ditta Carta Principessa di Capannori, provincia di Lucca, ma vicino al confine con quella di Pisa. Si è sposato e si è separato, come spesso succede sulle terre emerse, ha due figli in Norvegia che vorremmo salutare, se ci stanno seguendo, ci dicono di sì e anche la sua ex moglie Fabrizia, con la quale ha mantenuto buoni rapporti, ma piuttosto discontinui.

Insomma un giorno le cose sono cambiate. Che cosa potremmo dire ai nostri telespettatori per introdurre l’argomento, Pippo?”

“Che la maggior parte della gente non ha la concezione del tempo, non è certo colpa loro. Ma io ce l’ho, anzi ce ne ho di più di quel che vorrei e mi piacerebbe liberarmene, magari solo per scherzo, perché invece lo so che è importante. Forse non è proprio piacevole, ma serve al suo scopo, che ora non so più bene qual è, ma ce l’ha. Almeno mi pare, una volta ce l’aveva, insomma.”

“Vai al sodo Pippo, cioè a quello che interessa.”

“E come?”

“Salta il cappello, voglio dire l’introduzione, quella l’ho già fatta io, mentre tu pensavi ai fatti tuoi, puoi direttamente iniziare a raccontare i fatti e i controfatti.”

“Aspetta, fammi fare una cappellata minima: amici miei, il tempo è una roba elastica, basta pensare a quando stai da solo, caro essere umano medio, quanto dura il tempo in più, quando stai da solo?”

“Boh?”

“Bravo. Ma non dovevi rispondere te, va bene lo stesso, non sono tanto schizzinoso io. La maggior parte della gente non sa vivere da sola, dicevo, senza nessuno con cui parlare, allora accetta chiunque, gli basta di avere qualcuno. Ma se stai da solo per giorni, o anche per settimane, forse capisci meglio cos’è il tempo. E te stesso e il mondo e poi anche la gente.

Quando lo hai capito poi, è meglio non esagerare con la solitudine, ma prima anche quella devi capirla e ha molto a che fare con il tempo… e lo spazio, per esempio una volta ho fatto un giro per l’Europa da solo, in macchina, seimila chilometri che non ti dico, non potrei. Se tu me lo chiedessi non saprei se stavo bene o male, ma di sicuro mi piacerebbe rifarlo. Che ne so, magari in treno, stavolta insieme a qualche amico.”

“Ora sì che tutti avranno capito.”

“Mi pare di leggere dell’ironia malcelata nel tuo sguardo.”

“No, ti sbagli, non è malcelata, è aperta ed evidente, c’è pure dello scetticismo, se guardi meglio, ma continua pure, vediamo dove vuoi arrivare.”

“Sì, quello è troppo importante. Grazie assai. Un tema che mi è caro ultimamente è la famigerata vecchiaia. Sarà perché ci sono vicino…”

“Più che vicino ci sei dentro con i piedi e tutto.”

“E invece te?”

“Pure io, ma in compenso non mi faccio certe illusioni.”

“Bravo, ma neanch’io. Guarda, contro l’invecchiare rimane una sola cosa: bestemmiare. Come facevano i contadini di una volta, quando stava per arrivare un temporale. Gli bestemmiavano contro per fermarlo, quello non si fermava ma intanto loro si sfogavano. Io mi sento così, so che non serve a niente, ma m’arrabbio, perché il mondo è andato in una direzione che io non volevo e oltretutto non mi hanno nemmeno chiesto niente. E non tornerà facilmente indietro anche ora che io ho dichiarato tutto il mio disappunto, non gliene frega niente.

Ho letto da qualche parte che l'Alzheimer è in pratica il rifiuto degli anziani a tutto quello che li circonda, che piano-piano è diventato inaccettabile per loro. Da questo punto di vista allora mi sento già un anziano, perché tutto o quasi tutto quello che mi circonda per me è diventato inaccettabile, per la maggior parte del tempo rimango a vagliare e a rifiutare la realtà che mi circonda, pure con qualche bestemmia in mezzo, per la gente come cacchio è diventata, la loro espressione di fronte ai normali cimenti quotidiani, il mondo che è sfuggito al loro controllo, e proprio perché volevano controllarlo troppo.

Che cosa si salva da tutto questo? La natura, la bellezza delle cose viventi, o anche inanimate, soprattutto tutto quello che non ha niente a che fare con l’uomo.”

“Ha-ha. Parlare male dell’uomo non ti servirà a scappare dal problema, anche tu sei un uomo, o sbaglio?”

“Sbagli, io mi dissocio sistematicamente, sia dall’uomo inteso come umanità, sia dallo stesso uomo inteso però come individuo, come maschio della donna, insomma.

Sì, anche perché l’uomo è l’unico che ha la presunzione della democrazia, cioè se il 51 per cento stabilisce una cosa e il 49 deve rassegnarsi, e non è neanche una questione di percentuali, pure se fosse il 99 per cento l’1 restante ha diritto, secondo me, di fare come vuole, basta che non rompa i coglioni altrui, beninteso.”

“Ecco, figurati che io pensavo che le parolacce non si potessero dire in televisione.”

“Si possono e si devono dire, quando te le tirano fuori a forza. Una giornata di sole e poche cose che vanno come devono andare, una notte ben dormita e il mondo è completamente differente, ma basta poco per rovinare tutto.”

“Quindi?”

“Basta scorgerne la comicità, della nostra assurda vita, e tutto migliora. C’è la tragedia, ma c’è anche la commedia. In ogni fottuto giorno della nostra esistenza terrena.”

“Beh, è una teoria che ho già sentito. Abbiamo capito. E allora?”

“Sto solo scaldando il motore, lasciami fare.”

“Scusa ma non mi avevano avvertito che tu fossi un diesel, però si dà il caso che qui abbiamo poco tempo, oggi solo un’ora, che sono già diventati 57 minuti.”

“E chi se ne frega? Guarda che a me mi girano pure i cabbasisi. Come si suol dire. Dopo i tagli te li fai da solo. E se me lo chiedevi, te lo avrei facilmente confessato. Ci vuole troppa calma nelle cose, nella vita… insomma qua sulla terra. Siamo prigionieri, dove dobbiamo andare? Non ce ne possiamo fuggire, hai capito o no? Quindi devi stare troppo calmo con me, sennò me ne vado pure. Di qui ancora posso uscire, che ti credi?

La vita è questione d’interpretazione, ma dentro questa stessa nostra vita c’è gente, direi molta gente, che d’interpretare non ne ha voglia e neanche di essere interpretata. Conosce solo un modo fisiologico di ridere, di vivere, di bere e di mangiare, come se non ci fosse scelta e tutto quello che chiedono è di non chiedere niente.”

“E noi niente gli rispondiamo. Vogliamo cominciare?”

“Va bene, andiamo al sodo.

Proprio per mia personale costituzione, oltre naturalmente a quella dello stato federale del Kentucky, forse anche del Wisconsin, sono contrario a essere favorevole e favorevole a essere contrario.

A cosa? A tutto e a niente, ma soprattutto a tutto, qui la ripetizione è necessaria e inevitabile. Per principio e fine, insomma se vorrei, finalmente potrei e se potessi, fortissimamente volessi. Riassumendo non conosco il verbo dovere, e non lo voglio neppure conoscere… e la grammatica mi sta stretta quasi come la sintassi, forse di più o di meno, non so.”

“Questa parte però la tagliamo, sennò quelli magari pensano che tu sia un pazzo.”

“I pazzi invece siete voi, anch’io naturalmente, non dico di no, ma questa è già un’altra storia, troppo lunga e ramificata direi, quindi veniamo al dunque… o dunque veniamo al quindi? No, così non funziona.

Vabbè: mi piace fare le foto, non solo perché la foto è spazio e tempo, ma c’è anche il fattore umano di mezzo, la tecnica e l’arte, la sensibilità di chi le fa, ma anche di chi le guarda, ci vuole un po’ di calma e non c’è bisogno di guardare continuamente l’orologio, quello guarda te già tutto il tempo e batte freneticamente il ritmo con le dita che ha sul quadro, cioè le lancette.

Ebbene sì, quando le varie cose combinano, allora viene fuori una bella foto, tante altre volte invece no. Se le contiamo quelle brutte sono molte di più, ma ciò che conta veramente per me non sono i numeri, ma piuttosto è l’emozione e non sono certo alla ricerca della perfezione. Come tanti altri frustati e frustrati dal suono delle stesse parole non dette, ma talvolta pensate, sia quando guardo le foto degli altri che quando ne scatto io, poi nello sceglierle per fare delle selezioni, ma sono troppe e dopo non ci capisco più niente, anzi spesso butto via quelle buone e conservo le altre che fanno schifo. Che ci vuoi fare?

Vado in giro in bici o a piedi, riassumendo, di solito in campagna, ma anche nei borghi antichi, per le strade deserte di un paese o di una piccola città, non cerco cose moderne, anzi le scanso più che posso, per esempio non sono mai stato a Manhattan, però ho visto alcuni film di Woody Allen e a Dubai non ci vado nemmeno se mi pagano a peso d’oro, quello per me è l’inferno in terra, se c’è il paradiso terrestre c’è anche l’inferno, naturalmente vuole nascondersi e somigliare a un paradiso, come gli angeli deviati che diventano i diavoli. Ma che te lo dico a fare?

Mentre ragionavo sui miei casi personali e sul mondo in generale, che ce n’è abbastanza da confondersi le budella, mi sono imbattuto in quella piccola e rotonda cava abbandonata. Non credevo di poterci fare delle buone inquadrature, per un fastidioso pessimismo insito nel mio essere… vabbè, ma anche perché era buia e troppo imbottita di alberi che quasi non ci si passava. Però mi è sembrata strana, quello sì… ed essendo io prima di tutto curioso - soprattutto a livello di storia, natura e di animali, poi anche sugli esseri umani, ma senza essere eccessivamente pettegolo - mi sono infilato dentro anche sgraffiandomi abbastanza e dovendo tornare indietro in alcuni punti, per trovare un vicolo, un possibile cammino, uno sfogo alle copiose bestemmie che scurivano l’aria, che non era troppo chiara neanche prima. Infatti era più o meno l’ora del tramonto e freddo assai, c’era la nebbia che calava giù come se le nuvole avessero deciso che si erano stancate di stare in cielo e volessero riposarsi un po’ anche loro sulla terra. Insomma s’intuiva che dopo poco sarebbe scesa l’oscurità più densa e umida, ma mi sono arrischiato. Se solo scovo una potenziale cazzata da fare è raro che me la perda, con ovvio rispetto parlando, è così che a forza di capocciate uno trova la scala per il cielo, no?  Insomma, quando ho visto l’apertura nella roccia, per caso ma non troppo, avevo anche una torcia a pile nello zaino e sono entrato.

La grotta era abbastanza calda, stranamente e si allargava e si strettiva, poi di nuovo larga, ma senza curve e si vedeva un pallino di luce andando avanti e alla fine era anche piuttosto corta, inaspettatamente, solo dopo pochi minuti sono uscito dall’altra parte, cioè su quella che doveva essere la pianura in provincia di Pisa che però non c’era più. Nemmeno la torre pendente. Al suo posto c’era il mare, e l’aria era calda, il sole era alto nel cielo, regnava una pace di vento e un formicolare aereo di insetti grandi e piccoli, tanti uccelli che volteggiavano a caccia, alcuni anche a pesca e da quello ho concluso che erano delle specie di gabbiani o mezzi cormorani, non lo so e non lo sapevo. Pareva un film, ma doveva essere tutto vero, perché non c’era la colonna sonora di violini e continuava e continuava, con un silenzio rotto da pochi piccoli e misteriosi rumorini, come il sottofondo della calma risacca del mare. Non capivo proprio cosa stava succedendo e di solito questa è la parte che mi piace di più. La vita è un po’ troppo prevedibile e quando ti accorgi che un giorno sia eccessivamente uguale al precedente sei praticamente fottuto, il cervello comincia ad andare in funzione alzheimer, ma naturalmente te ne accorgi solo dopo, quando è troppo tardi.

Dovevo anche pensare a rientrare io, perché se lì era giorno di qua era sicuramente notte, ma il giretto che avevo fatto, per quanto non troppo lungo, mi aveva fatto perdere l’orientamento e l’entrata della grotta, forse nascosta dalla fitta vegetazione, assai più tropicaleggiante di quella Toscana attuale, non riuscivo più a trovarla.

Oltretutto era molto piacevole e alla fine ho pensato che non dovevo preoccuparmi, me ne potevo e volevo fregare alla grande, lì era caldo e potevo anche dormire fuori o sotto gli alberi. Ho trovato una noce di cocco, l’ho aperta con il coltello e ho bevuto l’acqua dolce che conteneva e ne ho mangiato la polpa morbida.

Il mare sotto era liscio e senza vento, non c’era nessuno, neanche una barchetta, solo uccelli, insetti e trai cespugli udivo anche rumori di animali più grandi forse, ma non vedevo gente, né alcun segno che ce ne fosse nemmeno stata prima.

Che cosa era accaduto? Non c’era nessun rumore di motoscafo, aereo, automobile... un cazzo di trattore, nulla! Il mare oltretutto sembrava essere dove anticamente era stato, al posto del lago di Massaciuccoli, poco più in alto c’erano le terme romane ed erano sulla riva del mare. Come facevo a saperlo? Ho camminato in quella direzione e la conformazione geografica pareva coincidere, ci ho messo quasi un’ora delle nostre moderne per arrivare sul posto, insomma quelle dell’orologio, (quanto lo odio io,) invece delle rovine delle terme e della chiesa molto posteriore nei secoli, non c’era niente, eppure il luogo pareva quello.

Alla fine, visto che il giorno continuava con il sole alto, sono tornato indietro, senza incontrare nessuno, ma ho visto nel cielo, al posto di aerei o quei soliti droni, dei pipistrelli enormi, che sembravano gli antichi pteranodonti, ma erano lontani e il grido che facevano, nell’approssimativo silenzio attorno, assomigliava un po’ a quello dei corvi, mi pareva.

Cercando tra le frasche poi ho ritrovato la grotta, anche se non è stato facile, ma sono riuscito a infilarmi dentro e a sbucare, dopo poco dall’altra parte, dove tutto era ancora normale, si sentiva il rumore dell’autostrada, era notte e un freddo della madonnaccia, che questa non è parolaccia, né bestemmia, se non erro.

Presa la macchina in pochi minuti ero a casa, mi chiedevo cosa era successo al mondo, ma quello non mi rispondeva. Mi ripromettevo di tornarci il giorno dopo, magari più organizzato, con un po’ di viveri e visto che ero in ferie, a prepararmi anche per dormire una notte o più dall’altra parte.

Ho telefonato anche a un mio amico, Saverio, compagno di escursioni, ma non c’era e non ha nemmeno la segreteria telefonica, il cellulare doveva essere spento.

Era un’epoca quella in cui tutto andava di traverso: mi stavo separando da mia moglie, i miei figli erano in Norvegia e alle prese con problemi non indifferenti, il mio lavoro di commercialista in una fabbrica stavo per perderlo per chiusura della stessa fabbrica, in pensione non mi ci mandavano più e non mi pagavano nemmeno la cassa integrazione, la Pandemia imperversava e la crisi che ne usciva fuori aumentava, il mondo intorno sembrava andare verso il baratro, ma importante era che fosse con la regolamentare mascherina.

A casa mi sono fatto una doccia, ho mangiato, e sono andato a letto. Per addormentarmi, anche se ero esausto, mi ci è voluto un po’ e mi fischiavano le orecchie.

La mattina era un freddo ghiacciato, normalissimo visto che era l’inizio di febbraio e pensare che di là dalla grotta ci fosse tutto quel caldo mi ha messo fretta, ho preparato dei panini e ho portato attrezzi di vario tipo per ogni evenienza, una borraccia piena d’acqua, un sacco a pelo.

Delusione: la grotta non c’era più, ho girato per un’ora e mezza alla ricerca di un anfratto che doveva essere lì e lo spazio a disposizione era così poco che non ci si poteva sbagliare.”

“Cos’era successo?”

“Non lo so e non lo sapevo.

Sono tornato a casa tra il triste e il deluso, quello che stava succedendo sembrava impossibile, ma non stavo certo sognando. Non bevevo, non usavo droghe, né prendevo medicine, sono sempre stato abbastanza razionale e scettico, nonostante tutto.

Per diversi giorni ho cercato di nuovo l’apertura, senza successo, finché per caso ci sono tornato la sera, come la prima volta, verso l’ora del tramonto, l’ho ritrovata aperta. Ho pensato che fosse una questione d’orario.”

“Invece no?”

“Invece no, ma l’ho capito solo dopo. Uscito dall’altro lato ho messo dei segnali preparati per poter trovare agevolmente l’apertura, sono sceso dritto davanti a me sulla spiaggia era un caldo estivo e invitante. Ho legato anche lì delle strisce di stoffa rosse e bianche agli alberi per ritrovare il cammino.

Mi sono steso al sole a godermi il suono delle piccole onde, mi sono addormentato. Ho sentito rumori forti nella boscaglia che costeggiava il mare, prima di salire verso la collina, piuttosto rocciosa. Poi ho vagato per un po’ attorno, visto che avevo tempo, sono salito sul ripido pendio oltre il quale c’era più o meno la stessa conformazione geografica, ma era estate anche di là e la cava abbandonata piena di alberi non c’era e neanche la grotta. Ovviamente anche la mia macchina era sparita, l’avevo posteggiata in un luogo che assomigliava, ma era anche assai differente e soprattutto non c’erano strade, automobili, persone. A piedi sono andato verso casa mia, il luogo si riconosceva bene, pensavo, perché era sulla riva di un laghetto, ai piedi di alte colline. Ci ho messo un po’ per arrivarci, anche perché invece della strada c’erano tanti ostacoli naturali. Il laghetto non c’era, ma la conformazione del terreno sembrava simile, anche gli alberi erano diversi, e i corsi d’acqua per arrivarci erano senza alcuna manutenzione umana, quindi differenti, più sparsi e paludosi, nessun ponte. Alla fine non sapevo nemmeno più se era lo stesso posto. Le colline attorno le cui forme conoscevo bene erano simili, ma in alcuni punti erano diverse. Rumori di rami rotti dalla fitta boscaglia e ruggiti e gemiti di animali non propriamente domestici. E il giorno durava molto di più, per arrivare alla notte ci voleva pazienza, o forse non c’era proprio. Niente oscurità? Quei pipistrelloni che gridavano come corvi giganti erano veramente Pteranodonti? Comunque mi sono messo in perlustrazione, anche col binocolo, che quello nello zaino c’è sempre, come la macchina fotografica. Ho sonnecchiato sulle alture più fresche e fatto il bagno in un mare pieno di pesci che non avevano paura di me, volevano giocare. C’era frutta in abbondanza e se fossi stato pescatore o cacciatore avrei avuto di che arrostirmi parecchia roba, mi sono accontentato di qualche conchiglia cruda con limone strizzato sopra.

Bòne.

A mezzanotte il sole era ancora alto nel cielo, alle quattro ho rinunciato alla notte, che invece è venuta a sorpresa verso le sei, secondo il mio orologio, ma è durata solo due ore. Mi aspettavo dei dinosauri e alla fine li ho visti, erano in una laguna situata più o meno dove nel Regno delle Quattro Stagioni ci sarebbe stato il paese di Colognole, in un futuro che ogni tanto per me diventava passato, erano degli erbivori e mi hanno guardato con placida curiosità, mentre io pensavo che da qualche parte ci doveva pur essere un Tirannosauro, o dei gruppi di temibili Velociraptor. Invece dalle alture ho visto col binocolo una nave di vichinghi che è passata tranquillamente a qualche centinaio di metri dalla riva e ha veleggiato verso sud.”

“Ma… i vichinghi nel Mar Tirreno?”

“Non si sa mai, per esempio, perché i russi sono chiamati così?”

“Beh, un’ipotesi accreditata è che russavano molto quando dormivano.”

“Forse, però alcuni storici dicono che russi deriva da rus, nome con cui erano chiamati gli invasori vichinghi che stabilirono la capitale a Kiev nel IX secolo. Lo dice anche Crichton nel suo bellissimo libro Mangiatori di Morte.”

“Dal quale è stato tratto il film con Antonio Banderas, Il 13° guerriero. Meglio il libro del film? Lo so, è un classico della modernità. Bene, questo sistema tutto. E quando hai conosciuto la signora Ciarrapico?”

“Ah, quella è importante, e non solo perché mi ha spiegato tutto, per quel che poteva, non è che anche lei comprendesse al cento per cento, ma aveva un’idea più solida dei meccanismi di quel mondo nuovo anche per lei, ma già un po’ più frequentato rispetto a me.

L’ho conosciuta dopo qualche mese, in cui ero entrato e uscito tante volte, c’avevo capito poco o nulla, però di sicuro la porta non rispondeva a orari fissi ma solo al caso, dal mio punto di vista. Cioè spesso facevo il viaggio a vuoto, ma tante altre volte ci sono rimasto a settimane, e la notte se ne veniva quando le garbava a lei, e quanto voleva durare lo decideva da sola.”

“Era sempre caldo dall’altra parte?”

“Sempre, la signora Olga Ciarrapico, che si era stabilmente rinchiusa in quel mondo aperto, dopo tante delusioni dalla nostra parte, che chiamerò Il Regno delle Quattro Stagioni, come lo chiamava lei… insomma Olga mi ha spiegato che quel mondo oltre la collina era un ideale che noi ci eravamo creati nel cervello, noi esseri privilegiati dalla nostra stessa creatività, artisti o cose del genere, quello alla fine o da sempre si era materialmente costituito, ma non era accessibile a tutti.”

“Perché? Questo è importante credo.”

“Perché la gente non ha fantasia, non ha fede, non crede in un mondo migliore e anche se si fosse trovata la grotta e passata di là non avrebbe visto e sentito niente di speciale, secondo lei.”

“Ma questo mondo migliore è quasi senza gente allora?”

“Sì, Olga mi ha detto che la gente è il pericolo maggiore, per la gente stessa, è troppa e si disturba a vicenda. Il mondo comincia a essere troppo pesante e gira a fatica. Metaforicamente. I dinosauri va bene, gli animali feroci, la paura che ti fanno è tangibile ma in fondo facilmente evitabile, perché loro hanno i loro ritmi e le loro priorità, basta saperle e agire di conseguenza, l’uomo è una preda che non gli interessa neanche tanto.”

“Ma tu non hai incontrato un Tirannosauro?”

“Sì. L’ho anche filmato, ma lui non mi ha nemmeno considerato, c’era un gruppetto di Iguanodonti e se n’è mangiato uno. Nel filmato si vede nei particolari, ma fa un po’ schifo, devo avvertirvi.”

“Che cosa ti ha detto poi la signora Olga?”

“Prima di tutto mi ha detto che là non c’era il tempo, le stagioni e l’orologio non funzionavano proprio, il giorno e la notte, insomma, facevano un po’ a caso, come gli pareva.”

“E non c’era un dio o qualche divinità da seguire?”

“No, insomma non c’era nemmeno nessuno a cui chiedere. Non c’era energia elettrica, niente automobili, che bellezza! Nessun mezzo di trasporto moderno, come treni o aerei, insomma tutto come all’età della pietra, c’erano anche i relativi cavernicoli, ma quelli facevano il loro tipo di vita tranquillamente, non gliene fregava niente di farsi la barba o la guerra e se vedevano passare dei pirati o degli astronauti non gliene importava assolutamente nulla di nulla.”

“Quindi mancavano un po’ quell’aggressività gratuita e quell’ambizione insensata che caratterizzano l’uomo moderno, che vuole sempre di più e studia per imparare di più e meglio a guastarsi la vita?”

“Infatti, anche se i propositi sono esattamente il contrario di quello che ottengono poi, alla fine, ma anche nel mezzo. Olga si era stabilita oltre la collina da tempo, ma ogni tanto tornava a visitare la famiglia, che si scapicollava per capire dove se ne stava tutto il tempo, avevano anche cercato di seguirla, invano. Perché lei di là non ce li voleva, le avrebbero rovinato tutto, o forse la porta della grotta non li avrebbe nemmeno lasciati passare, mi diceva, ma non voleva neppure rischiare.”

“Avete avuto un rapporto, tu e Olga, voglio dire?”

“Sessuale no, e nemmeno sentimentale, ci facevamo simpatia ma, non so se di proposito o no, evitavamo alcune abitudini obbligatorie e tipicamente umane. Parlavamo e basta, le ho prestato dei libri, che di là ovviamente non ce n’erano, anche lei me ne ha dati alcuni interessanti, ma io avevo un altro tipo di lettura, più leggero, in generale, lei leggeva roba più complicata, saggi e roba tecnica. Beh, qualche volta abbiamo mangiato e bevuto insieme, poi ognuno per la sua strada, anche se di strade lì non ce n’erano e meno male.”

“E dove dormivate?”

“Sulla spiaggia, sotto un albero, era caldo, anche quando pioveva tutto si asciugava rapidamente, e non pioveva tanto, la neve si vedeva da lontano, sulle montagne…”

“E gli insetti non vi pungevano?”

“No, perlomeno non me ne sono mai accorto.”

“Non c’erano altri esseri umani come voi, della nostra epoca e fuggiti lì per cambiare la loro realtà?”

“Sì, ma io non ne ho mai visti, Olga mi ha detto che c’erano, non tanto numerosi, credeva, ma che c’erano anche altre porte, vicine e lontane da noi, cioè in provincia di Pisa, per così dire.”

“Secondo te perché la porta di accesso al mondo di oltre la collina ti si è chiusa e non si apre più?”

“Esattamente non lo so, ma credo che abbia a che fare con i filmati, io li ho fatti tutti in una botta, tre giorni di documentario, tanto materiale, poi sono tornato di qua. Che coglione che sono stato! Con rispetto parlando, ovviamente.”

“Taglio. E quindi?”

“Dopo qualcuno si è incazzato, credo, (scusa ma la parolaccia da un po’ di tempo mi esce fuori da sola, perché sono una testaccia di cazzo e non potrei dirlo in altra maniera, ti sto già risparmiando la bestemmia, diciamocelo,) insomma una specie di dirigente cosmico delle alte sfere, magari, perché avevo filmato quella roba, nessuno mi aveva detto che non potevo. Olga anche non lo sapeva, sennò credo che me lo avrebbe detto, oppure voleva liberarsi di me, comunque non ha voluto che la filmassi, non appare mai nelle immagini. Dopo vediamo anche che ci sono delle riprese che ha fatto lei, mentre cerco di parlare con degli indios, direi quasi amazzonici, ma senza grandi risultati, non si capiva una mazza. Insomma dopo tutta questa roba che tra poco visioneremo e commenteremo insieme, da quel momento niente da fare. Tutto chiuso, sono stato anche a casa di Olga, i suoi genitori sono morti da tempo naturalmente, c’è la sorella e il marito, ci sono i figli, e sono pure piuttosto preoccupati, è un po’ che non la vedono.”

“E allora?”

“E allora forse con la mia cazzata ho tagliato i ponti anche a lei, stanca come me del Mondo delle Quattro Stagioni se ne stava di là e quando aveva voglia andava a visitare la famiglia, perfetto… insomma, si fa per dire, ma sempre meglio che vivere in una realtà che non ti garba.

Io poi mi sono fregato con le mie mani, hai capito o no? Coglione che non sono altro, sempre con rispetto parlando, è chiaro.

E quando mi ricapita più di poter fuggire ogni tanto, per giorni interi, o settimane addirittura, dalla modernità?

Quello era il mio sogno proibito, quello era il mio paradiso in terra, ma io - testina di vitello - mi sono fatto un bel selfie di tre giorni e mi sono zappato sui piedi. Me lo merito proprio, che ti devo dire? Di peggio non potevo fare. Cazzi miei, perché è la modernità che si vendica e mi riporta dentro, con uno dei suoi mezzi più tecnologici eppure alla portata di tutti.”

“Eh sì, caro mio, il turismo ha perso il suo odore di selvatico, insomma ha smesso di essere bello, quando è diventato un fenomeno di massa!”

“Vero. E ultimamente, non dimentichiamoci, con le visite guidate nelle cave di marmo, anche di Carrara.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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