“Dall’altra parte di tale grotta, sulle colline
Pisane, Filippo Alicudi ha filmato i dinosauri, non si sa come, ha cercato,
invano, di comunicare con gli uomini di Neanderthal e intrapreso una serie di
riflessioni spazio-tempo che ci piacerebbe di ascoltare dalla sua profonda voce.
Purtroppo non sa più come tornare di là, eppure le prove filmate che ci ha consegnato
sono autentiche, secondo gli esperti e gli scienziati del ramo preposti. Partiamo
con l’intervista registrata all’uomo che ha scoperto una porta sul passato, che
secondo lui funzionerebbe anche sul futuro, se ne frega un po’ del presente,
del calendario romano come di quello laziale, insomma anche delle stagioni, del
giorno e della notte. Signori e signore ecco a voi Filippo detto Pippo ma
sempre e comunque Alicudi di cognome.”
“Buongiorno, anzi buonasera, ma che ore sono?”
“Pippo è ancora un po’ disorientato, ma la sua storia è bizzarra e può confondere le idee a chiunque. Forse è meglio iniziare a raccontare, poi mostreremo i filmati, cioè una selezione, almeno per ora.
Filippo è nato a Padova nel 1959, di origini
isolane omonime e quasi sicule, ha vissuto e lavorato come consulente
finanziario e amministrativo presso la ditta Carta Principessa di Capannori,
provincia di Lucca, ma vicino al confine con quella di Pisa. Si è sposato e si
è separato, come spesso succede sulle terre emerse, ha due figli in Norvegia
che vorremmo salutare, se ci stanno seguendo, ci dicono di sì e anche la sua ex
moglie Fabrizia, con la quale ha mantenuto buoni rapporti, ma piuttosto discontinui.
Insomma un giorno le cose sono cambiate. Che cosa
potremmo dire ai nostri telespettatori per introdurre l’argomento, Pippo?”
“Che la maggior parte della gente non ha la
concezione del tempo, non è certo colpa loro. Ma io ce l’ho, anzi ce ne ho di
più di quel che vorrei e mi piacerebbe liberarmene, magari solo per scherzo,
perché invece lo so che è importante. Forse non è proprio piacevole, ma serve
al suo scopo, che ora non so più bene qual è, ma ce l’ha. Almeno mi pare, una
volta ce l’aveva, insomma.”
“Vai al sodo Pippo, cioè a quello che interessa.”
“E come?”
“Salta il cappello, voglio dire l’introduzione, quella
l’ho già fatta io, mentre tu pensavi ai fatti tuoi, puoi direttamente iniziare
a raccontare i fatti e i controfatti.”
“Aspetta, fammi fare una cappellata minima: amici
miei, il tempo è una roba elastica, basta pensare a quando stai da solo, caro essere
umano medio, quanto dura il tempo in più, quando stai da solo?”
“Boh?”
“Bravo. Ma non dovevi rispondere te, va bene lo
stesso, non sono tanto schizzinoso io. La maggior parte della gente non sa
vivere da sola, dicevo, senza nessuno con cui parlare, allora accetta chiunque,
gli basta di avere qualcuno. Ma se stai da solo per giorni, o anche per
settimane, forse capisci meglio cos’è il tempo. E te stesso e il mondo e poi anche
la gente.
Quando lo hai capito poi, è meglio non esagerare
con la solitudine, ma prima anche quella devi capirla e ha molto a che fare con
il tempo… e lo spazio, per esempio una volta ho fatto un giro per l’Europa da
solo, in macchina, seimila chilometri che non ti dico, non potrei. Se tu me lo
chiedessi non saprei se stavo bene o male, ma di sicuro mi piacerebbe rifarlo.
Che ne so, magari in treno, stavolta insieme a qualche amico.”
“Ora sì che tutti avranno capito.”
“Mi pare di leggere dell’ironia malcelata nel tuo
sguardo.”
“No, ti sbagli, non è malcelata, è aperta ed
evidente, c’è pure dello scetticismo, se guardi meglio, ma continua pure,
vediamo dove vuoi arrivare.”
“Sì, quello è troppo importante. Grazie assai. Un
tema che mi è caro ultimamente è la famigerata vecchiaia. Sarà perché ci sono
vicino…”
“Più che vicino ci sei dentro con i piedi e tutto.”
“E invece te?”
“Pure io, ma in compenso non mi faccio certe illusioni.”
“Bravo,
ma neanch’io. Guarda, contro l’invecchiare rimane una sola cosa: bestemmiare.
Come facevano i contadini di una volta, quando stava per arrivare un temporale.
Gli bestemmiavano contro per fermarlo, quello non si fermava ma intanto loro si
sfogavano. Io mi sento così, so che non serve a niente, ma m’arrabbio, perché
il mondo è andato in una direzione che io non volevo e oltretutto non mi hanno
nemmeno chiesto niente. E non tornerà facilmente indietro anche ora che io ho
dichiarato tutto il mio disappunto, non gliene frega niente.
Ho
letto da qualche parte che l'Alzheimer è in pratica il rifiuto degli anziani a
tutto quello che li circonda, che piano-piano è diventato inaccettabile per
loro. Da questo punto di vista allora mi sento già un anziano, perché tutto o
quasi tutto quello che mi circonda per me è diventato inaccettabile, per la
maggior parte del tempo rimango a vagliare e a rifiutare la realtà che mi
circonda, pure con qualche bestemmia in mezzo, per la gente come cacchio è
diventata, la loro espressione di fronte ai normali cimenti quotidiani, il
mondo che è sfuggito al loro controllo, e proprio perché volevano controllarlo
troppo.
Che
cosa si salva da tutto questo? La natura, la bellezza delle cose viventi, o
anche inanimate, soprattutto tutto quello che non ha niente a che fare con
l’uomo.”
“Ha-ha.
Parlare male dell’uomo non ti servirà a scappare dal problema, anche tu sei un
uomo, o sbaglio?”
“Sbagli,
io mi dissocio sistematicamente, sia dall’uomo inteso come umanità, sia dallo
stesso uomo inteso però come individuo, come maschio della donna, insomma.
Sì,
anche perché l’uomo è l’unico che ha la presunzione della democrazia, cioè se
il 51 per cento stabilisce una cosa e il 49 deve rassegnarsi, e non è neanche
una questione di percentuali, pure se fosse il 99 per cento l’1 restante ha
diritto, secondo me, di fare come vuole, basta che non rompa i coglioni altrui,
beninteso.”
“Ecco,
figurati che io pensavo che le parolacce non si potessero dire in televisione.”
“Si
possono e si devono dire, quando te le tirano fuori a forza. Una giornata di
sole e poche cose che vanno come devono andare, una notte ben dormita e il
mondo è completamente differente, ma basta poco per rovinare tutto.”
“Quindi?”
“Basta
scorgerne la comicità, della nostra assurda vita, e tutto migliora. C’è la
tragedia, ma c’è anche la commedia. In ogni fottuto giorno della nostra
esistenza terrena.”
“Beh, è una
teoria che ho già sentito. Abbiamo capito. E allora?”
“Sto solo
scaldando il motore, lasciami fare.”
“Scusa ma non
mi avevano avvertito che tu fossi un diesel, però si dà il caso che qui abbiamo
poco tempo, oggi solo un’ora, che sono già diventati 57 minuti.”
“E
chi se ne frega? Guarda che a me mi girano pure i cabbasisi. Come si suol dire.
Dopo i tagli te li fai da solo. E se me lo chiedevi, te lo avrei facilmente
confessato. Ci vuole troppa calma nelle cose, nella vita… insomma qua sulla
terra. Siamo prigionieri, dove dobbiamo andare? Non ce ne possiamo fuggire, hai
capito o no? Quindi devi stare troppo calmo con me, sennò me ne vado pure. Di
qui ancora posso uscire, che ti credi?
La
vita è questione d’interpretazione, ma dentro questa stessa nostra vita c’è
gente, direi molta gente, che d’interpretare non ne ha voglia e neanche di
essere interpretata. Conosce solo un modo fisiologico di ridere, di vivere, di
bere e di mangiare, come se non ci fosse scelta e tutto quello che chiedono è
di non chiedere niente.”
“E
noi niente gli rispondiamo. Vogliamo cominciare?”
“Va
bene, andiamo al sodo.
Proprio
per mia personale costituzione, oltre naturalmente a quella dello stato
federale del Kentucky, forse anche del Wisconsin, sono contrario a essere
favorevole e favorevole a essere contrario.
A
cosa? A tutto e a niente, ma soprattutto a tutto, qui la ripetizione è necessaria
e inevitabile. Per principio e fine, insomma se vorrei, finalmente potrei e se
potessi, fortissimamente volessi. Riassumendo non conosco il verbo dovere, e
non lo voglio neppure conoscere… e la grammatica mi sta stretta quasi come la
sintassi, forse di più o di meno, non so.”
“Questa
parte però la tagliamo, sennò quelli magari pensano che tu sia un pazzo.”
“I
pazzi invece siete voi, anch’io naturalmente, non dico di no, ma questa è già
un’altra storia, troppo lunga e ramificata direi, quindi veniamo al dunque… o
dunque veniamo al quindi? No, così non funziona.
Vabbè:
mi piace fare le foto, non solo perché la foto è spazio e tempo, ma c’è anche
il fattore umano di mezzo, la tecnica e l’arte, la sensibilità di chi le fa, ma
anche di chi le guarda, ci vuole un po’ di calma e non c’è bisogno di guardare
continuamente l’orologio, quello guarda te già tutto il tempo e batte freneticamente
il ritmo con le dita che ha sul quadro, cioè le lancette.
Ebbene
sì, quando le varie cose combinano, allora viene fuori una bella foto, tante
altre volte invece no. Se le contiamo quelle brutte sono molte di più, ma ciò
che conta veramente per me non sono i numeri, ma piuttosto è l’emozione e non
sono certo alla ricerca della perfezione. Come tanti altri frustati e frustrati
dal suono delle stesse parole non dette, ma talvolta pensate, sia quando guardo
le foto degli altri che quando ne scatto io, poi nello sceglierle per fare
delle selezioni, ma sono troppe e dopo non ci capisco più niente, anzi spesso
butto via quelle buone e conservo le altre che fanno schifo. Che ci vuoi fare?
Vado
in giro in bici o a piedi, riassumendo, di solito in campagna, ma anche nei
borghi antichi, per le strade deserte di un paese o di una piccola città, non
cerco cose moderne, anzi le scanso più che posso, per esempio non sono mai
stato a Manhattan, però ho visto alcuni film di Woody Allen e a Dubai non ci
vado nemmeno se mi pagano a peso d’oro, quello per me è l’inferno in terra, se
c’è il paradiso terrestre c’è anche l’inferno, naturalmente vuole nascondersi e
somigliare a un paradiso, come gli angeli deviati che diventano i diavoli. Ma
che te lo dico a fare?
Mentre
ragionavo sui miei casi personali e sul mondo in generale, che ce n’è
abbastanza da confondersi le budella, mi sono imbattuto in quella piccola e
rotonda cava abbandonata. Non credevo di poterci fare delle buone inquadrature,
per un fastidioso pessimismo insito nel mio essere… vabbè, ma anche perché era buia
e troppo imbottita di alberi che quasi non ci si passava. Però mi è sembrata
strana, quello sì… ed essendo io prima di tutto curioso - soprattutto a livello
di storia, natura e di animali, poi anche sugli esseri umani, ma senza essere
eccessivamente pettegolo - mi sono infilato dentro anche sgraffiandomi abbastanza
e dovendo tornare indietro in alcuni punti, per trovare un vicolo, un possibile
cammino, uno sfogo alle copiose bestemmie che scurivano l’aria, che non era
troppo chiara neanche prima. Infatti era più o meno l’ora del tramonto e freddo
assai, c’era la nebbia che calava giù come se le nuvole avessero deciso che si
erano stancate di stare in cielo e volessero riposarsi un po’ anche loro sulla
terra. Insomma s’intuiva che dopo poco sarebbe scesa l’oscurità più densa e
umida, ma mi sono arrischiato. Se solo scovo una potenziale cazzata da fare è
raro che me la perda, con ovvio rispetto parlando, è così che a forza di
capocciate uno trova la scala per il cielo, no?
Insomma, quando ho visto l’apertura nella roccia, per caso ma non troppo,
avevo anche una torcia a pile nello zaino e sono entrato.
La
grotta era abbastanza calda, stranamente e si allargava e si strettiva, poi di
nuovo larga, ma senza curve e si vedeva un pallino di luce andando avanti e alla
fine era anche piuttosto corta, inaspettatamente, solo dopo pochi minuti sono
uscito dall’altra parte, cioè su quella che doveva essere la pianura in
provincia di Pisa che però non c’era più. Nemmeno la torre pendente. Al suo
posto c’era il mare, e l’aria era calda, il sole era alto nel cielo, regnava
una pace di vento e un formicolare aereo di insetti grandi e piccoli, tanti
uccelli che volteggiavano a caccia, alcuni anche a pesca e da quello ho
concluso che erano delle specie di gabbiani o mezzi cormorani, non lo so e non
lo sapevo. Pareva un film, ma doveva essere tutto vero, perché non c’era la
colonna sonora di violini e continuava e continuava, con un silenzio rotto da
pochi piccoli e misteriosi rumorini, come il sottofondo della calma risacca del
mare. Non capivo proprio cosa stava succedendo e di solito questa è la parte
che mi piace di più. La vita è un po’ troppo prevedibile e quando ti accorgi
che un giorno sia eccessivamente uguale al precedente sei praticamente fottuto,
il cervello comincia ad andare in funzione alzheimer, ma naturalmente te ne
accorgi solo dopo, quando è troppo tardi.
Dovevo
anche pensare a rientrare io, perché se lì era giorno di qua era sicuramente
notte, ma il giretto che avevo fatto, per quanto non troppo lungo, mi aveva
fatto perdere l’orientamento e l’entrata della grotta, forse nascosta dalla
fitta vegetazione, assai più tropicaleggiante di quella Toscana attuale, non
riuscivo più a trovarla.
Oltretutto
era molto piacevole e alla fine ho pensato che non dovevo preoccuparmi, me ne
potevo e volevo fregare alla grande, lì era caldo e potevo anche dormire fuori
o sotto gli alberi. Ho trovato una noce di cocco, l’ho aperta con il coltello e
ho bevuto l’acqua dolce che conteneva e ne ho mangiato la polpa morbida.
Il
mare sotto era liscio e senza vento, non c’era nessuno, neanche una barchetta,
solo uccelli, insetti e trai cespugli udivo anche rumori di animali più grandi
forse, ma non vedevo gente, né alcun segno che ce ne fosse nemmeno stata prima.
Che
cosa era accaduto? Non c’era nessun rumore di motoscafo, aereo, automobile...
un cazzo di trattore, nulla! Il mare oltretutto sembrava essere dove
anticamente era stato, al posto del lago di Massaciuccoli, poco più in alto
c’erano le terme romane ed erano sulla riva del mare. Come facevo a saperlo? Ho
camminato in quella direzione e la conformazione geografica pareva coincidere,
ci ho messo quasi un’ora delle nostre moderne per arrivare sul posto, insomma
quelle dell’orologio, (quanto lo odio io,) invece delle rovine delle terme e
della chiesa molto posteriore nei secoli, non c’era niente, eppure il luogo
pareva quello.
Alla
fine, visto che il giorno continuava con il sole alto, sono tornato indietro,
senza incontrare nessuno, ma ho visto nel cielo, al posto di aerei o quei
soliti droni, dei pipistrelli enormi, che sembravano gli antichi pteranodonti,
ma erano lontani e il grido che facevano, nell’approssimativo silenzio attorno,
assomigliava un po’ a quello dei corvi, mi pareva.
Cercando
tra le frasche poi ho ritrovato la grotta, anche se non è stato facile, ma sono
riuscito a infilarmi dentro e a sbucare, dopo poco dall’altra parte, dove tutto
era ancora normale, si sentiva il rumore dell’autostrada, era notte e un freddo
della madonnaccia, che questa non è parolaccia, né bestemmia, se non erro.
Presa
la macchina in pochi minuti ero a casa, mi chiedevo cosa era successo al mondo,
ma quello non mi rispondeva. Mi ripromettevo di tornarci il giorno dopo, magari
più organizzato, con un po’ di viveri e visto che ero in ferie, a prepararmi
anche per dormire una notte o più dall’altra parte.
Ho
telefonato anche a un mio amico, Saverio, compagno di escursioni, ma non c’era
e non ha nemmeno la segreteria telefonica, il cellulare doveva essere spento.
Era
un’epoca quella in cui tutto andava di traverso: mi stavo separando da mia
moglie, i miei figli erano in Norvegia e alle prese con problemi non
indifferenti, il mio lavoro di commercialista in una fabbrica stavo per
perderlo per chiusura della stessa fabbrica, in pensione non mi ci mandavano
più e non mi pagavano nemmeno la cassa integrazione, la Pandemia imperversava e
la crisi che ne usciva fuori aumentava, il mondo intorno sembrava andare verso
il baratro, ma importante era che fosse con la regolamentare mascherina.
A
casa mi sono fatto una doccia, ho mangiato, e sono andato a letto. Per
addormentarmi, anche se ero esausto, mi ci è voluto un po’ e mi fischiavano le
orecchie.
La
mattina era un freddo ghiacciato, normalissimo visto che era l’inizio di
febbraio e pensare che di là dalla grotta ci fosse tutto quel caldo mi ha messo
fretta, ho preparato dei panini e ho portato attrezzi di vario tipo per ogni
evenienza, una borraccia piena d’acqua, un sacco a pelo.
Delusione:
la grotta non c’era più, ho girato per un’ora e mezza alla ricerca di un
anfratto che doveva essere lì e lo spazio a disposizione era così poco che non
ci si poteva sbagliare.”
“Cos’era
successo?”
“Non
lo so e non lo sapevo.
Sono
tornato a casa tra il triste e il deluso, quello che stava succedendo sembrava
impossibile, ma non stavo certo sognando. Non bevevo, non usavo droghe, né
prendevo medicine, sono sempre stato abbastanza razionale e scettico,
nonostante tutto.
Per
diversi giorni ho cercato di nuovo l’apertura, senza successo, finché per caso
ci sono tornato la sera, come la prima volta, verso l’ora del tramonto, l’ho ritrovata
aperta. Ho pensato che fosse una questione d’orario.”
“Invece
no?”
“Invece
no, ma l’ho capito solo dopo. Uscito dall’altro lato ho messo dei segnali preparati
per poter trovare agevolmente l’apertura, sono sceso dritto davanti a me sulla
spiaggia era un caldo estivo e invitante. Ho legato anche lì delle strisce di
stoffa rosse e bianche agli alberi per ritrovare il cammino.
Mi
sono steso al sole a godermi il suono delle piccole onde, mi sono addormentato.
Ho sentito rumori forti nella boscaglia che costeggiava il mare, prima di
salire verso la collina, piuttosto rocciosa. Poi ho vagato per un po’ attorno,
visto che avevo tempo, sono salito sul ripido pendio oltre il quale c’era più o
meno la stessa conformazione geografica, ma era estate anche di là e la cava
abbandonata piena di alberi non c’era e neanche la grotta. Ovviamente anche la
mia macchina era sparita, l’avevo posteggiata in un luogo che assomigliava, ma
era anche assai differente e soprattutto non c’erano strade, automobili,
persone. A piedi sono andato verso casa mia, il luogo si riconosceva bene,
pensavo, perché era sulla riva di un laghetto, ai piedi di alte colline. Ci ho
messo un po’ per arrivarci, anche perché invece della strada c’erano tanti
ostacoli naturali. Il laghetto non c’era, ma la conformazione del terreno
sembrava simile, anche gli alberi erano diversi, e i corsi d’acqua per
arrivarci erano senza alcuna manutenzione umana, quindi differenti, più sparsi
e paludosi, nessun ponte. Alla fine non sapevo nemmeno più se era lo stesso
posto. Le colline attorno le cui forme conoscevo bene erano simili, ma in
alcuni punti erano diverse. Rumori di rami rotti dalla fitta boscaglia e ruggiti
e gemiti di animali non propriamente domestici. E il giorno durava molto di
più, per arrivare alla notte ci voleva pazienza, o forse non c’era proprio. Niente
oscurità? Quei pipistrelloni che gridavano come corvi giganti erano veramente
Pteranodonti? Comunque mi sono messo in perlustrazione, anche col binocolo, che
quello nello zaino c’è sempre, come la macchina fotografica. Ho sonnecchiato
sulle alture più fresche e fatto il bagno in un mare pieno di pesci che non
avevano paura di me, volevano giocare. C’era frutta in abbondanza e se fossi
stato pescatore o cacciatore avrei avuto di che arrostirmi parecchia roba, mi
sono accontentato di qualche conchiglia cruda con limone strizzato sopra.
Bòne.
A
mezzanotte il sole era ancora alto nel cielo, alle quattro ho rinunciato alla
notte, che invece è venuta a sorpresa verso le sei, secondo il mio orologio, ma
è durata solo due ore. Mi aspettavo dei dinosauri e alla fine li ho visti,
erano in una laguna situata più o meno dove nel Regno delle Quattro Stagioni ci
sarebbe stato il paese di Colognole, in un futuro che ogni tanto per me
diventava passato, erano degli erbivori e mi hanno guardato con placida
curiosità, mentre io pensavo che da qualche parte ci doveva pur essere un
Tirannosauro, o dei gruppi di temibili Velociraptor. Invece dalle alture ho
visto col binocolo una nave di vichinghi che è passata tranquillamente a
qualche centinaio di metri dalla riva e ha veleggiato verso sud.”
“Ma…
i vichinghi nel Mar Tirreno?”
“Non
si sa mai, per esempio, perché i russi sono chiamati così?”
“Beh,
un’ipotesi accreditata è che russavano molto quando dormivano.”
“Forse,
però alcuni storici dicono che russi deriva da rus, nome con cui erano chiamati gli invasori vichinghi
che stabilirono la capitale a Kiev nel IX secolo. Lo dice anche Crichton nel
suo bellissimo libro Mangiatori di Morte.”
“Dal
quale è stato tratto il film con Antonio Banderas, Il 13° guerriero. Meglio il libro del film? Lo so, è un classico
della modernità. Bene, questo sistema tutto. E quando hai conosciuto la signora
Ciarrapico?”
“Ah,
quella è importante, e non solo perché mi ha spiegato tutto, per quel che
poteva, non è che anche lei comprendesse al cento per cento, ma aveva un’idea
più solida dei meccanismi di quel mondo nuovo anche per lei, ma già un po’ più
frequentato rispetto a me.
L’ho
conosciuta dopo qualche mese, in cui ero entrato e uscito tante volte, c’avevo
capito poco o nulla, però di sicuro la porta non rispondeva a orari fissi ma
solo al caso, dal mio punto di vista. Cioè spesso facevo il viaggio a vuoto, ma
tante altre volte ci sono rimasto a settimane, e la notte se ne veniva quando le
garbava a lei, e quanto voleva durare lo decideva da sola.”
“Era
sempre caldo dall’altra parte?”
“Sempre,
la signora Olga Ciarrapico, che si era stabilmente rinchiusa in quel mondo
aperto, dopo tante delusioni dalla nostra parte, che chiamerò Il Regno delle
Quattro Stagioni, come lo chiamava lei… insomma Olga mi ha spiegato che quel
mondo oltre la collina era un ideale che noi ci eravamo creati nel cervello,
noi esseri privilegiati dalla nostra stessa creatività, artisti o cose del
genere, quello alla fine o da sempre si era materialmente costituito, ma non
era accessibile a tutti.”
“Perché?
Questo è importante credo.”
“Perché
la gente non ha fantasia, non ha fede, non crede in un mondo migliore e anche
se si fosse trovata la grotta e passata di là non avrebbe visto e sentito
niente di speciale, secondo lei.”
“Ma
questo mondo migliore è quasi senza gente allora?”
“Sì,
Olga mi ha detto che la gente è il pericolo maggiore, per la gente stessa, è
troppa e si disturba a vicenda. Il mondo comincia a essere troppo pesante e
gira a fatica. Metaforicamente. I dinosauri va bene, gli animali feroci, la
paura che ti fanno è tangibile ma in fondo facilmente evitabile, perché loro hanno
i loro ritmi e le loro priorità, basta saperle e agire di conseguenza, l’uomo è
una preda che non gli interessa neanche tanto.”
“Ma
tu non hai incontrato un Tirannosauro?”
“Sì.
L’ho anche filmato, ma lui non mi ha nemmeno considerato, c’era un gruppetto di
Iguanodonti e se n’è mangiato uno. Nel filmato si vede nei particolari, ma fa
un po’ schifo, devo avvertirvi.”
“Che
cosa ti ha detto poi la signora Olga?”
“Prima
di tutto mi ha detto che là non c’era il tempo, le stagioni e l’orologio non
funzionavano proprio, il giorno e la notte, insomma, facevano un po’ a caso,
come gli pareva.”
“E
non c’era un dio o qualche divinità da seguire?”
“No,
insomma non c’era nemmeno nessuno a cui chiedere. Non c’era energia elettrica, niente
automobili, che bellezza! Nessun mezzo di trasporto moderno, come treni o
aerei, insomma tutto come all’età della pietra, c’erano anche i relativi cavernicoli,
ma quelli facevano il loro tipo di vita tranquillamente, non gliene fregava
niente di farsi la barba o la guerra e se vedevano passare dei pirati o degli
astronauti non gliene importava assolutamente nulla di nulla.”
“Quindi
mancavano un po’ quell’aggressività gratuita e quell’ambizione insensata che
caratterizzano l’uomo moderno, che vuole sempre di più e studia per imparare di
più e meglio a guastarsi la vita?”
“Infatti,
anche se i propositi sono esattamente il contrario di quello che ottengono poi,
alla fine, ma anche nel mezzo. Olga si era stabilita oltre la collina da tempo,
ma ogni tanto tornava a visitare la famiglia, che si scapicollava per capire
dove se ne stava tutto il tempo, avevano anche cercato di seguirla, invano.
Perché lei di là non ce li voleva, le avrebbero rovinato tutto, o forse la
porta della grotta non li avrebbe nemmeno lasciati passare, mi diceva, ma non voleva
neppure rischiare.”
“Avete
avuto un rapporto, tu e Olga, voglio dire?”
“Sessuale
no, e nemmeno sentimentale, ci facevamo simpatia ma, non so se di proposito o
no, evitavamo alcune abitudini obbligatorie e tipicamente umane. Parlavamo e
basta, le ho prestato dei libri, che di là ovviamente non ce n’erano, anche lei
me ne ha dati alcuni interessanti, ma io avevo un altro tipo di lettura, più
leggero, in generale, lei leggeva roba più complicata, saggi e roba tecnica. Beh,
qualche volta abbiamo mangiato e bevuto insieme, poi ognuno per la sua strada,
anche se di strade lì non ce n’erano e meno male.”
“E
dove dormivate?”
“Sulla
spiaggia, sotto un albero, era caldo, anche quando pioveva tutto si asciugava
rapidamente, e non pioveva tanto, la neve si vedeva da lontano, sulle
montagne…”
“E
gli insetti non vi pungevano?”
“No,
perlomeno non me ne sono mai accorto.”
“Non
c’erano altri esseri umani come voi, della nostra epoca e fuggiti lì per
cambiare la loro realtà?”
“Sì,
ma io non ne ho mai visti, Olga mi ha detto che c’erano, non tanto numerosi,
credeva, ma che c’erano anche altre porte, vicine e lontane da noi, cioè in
provincia di Pisa, per così dire.”
“Secondo
te perché la porta di accesso al mondo di oltre la collina ti si è chiusa e non
si apre più?”
“Esattamente
non lo so, ma credo che abbia a che fare con i filmati, io li ho fatti tutti in
una botta, tre giorni di documentario, tanto materiale, poi sono tornato di
qua. Che coglione che sono stato! Con rispetto parlando, ovviamente.”
“Taglio.
E quindi?”
“Dopo
qualcuno si è incazzato, credo, (scusa ma la parolaccia da un po’ di tempo mi
esce fuori da sola, perché sono una testaccia di cazzo e non potrei dirlo in
altra maniera, ti sto già risparmiando la bestemmia, diciamocelo,) insomma una
specie di dirigente cosmico delle alte sfere, magari, perché avevo filmato
quella roba, nessuno mi aveva detto che non potevo. Olga anche non lo sapeva,
sennò credo che me lo avrebbe detto, oppure voleva liberarsi di me, comunque
non ha voluto che la filmassi, non appare mai nelle immagini. Dopo vediamo
anche che ci sono delle riprese che ha fatto lei, mentre cerco di parlare con
degli indios, direi quasi amazzonici, ma senza grandi risultati, non si capiva
una mazza. Insomma dopo tutta questa roba che tra poco visioneremo e
commenteremo insieme, da quel momento niente da fare. Tutto chiuso, sono stato
anche a casa di Olga, i suoi genitori sono morti da tempo naturalmente, c’è la
sorella e il marito, ci sono i figli, e sono pure piuttosto preoccupati, è un
po’ che non la vedono.”
“E
allora?”
“E
allora forse con la mia cazzata ho tagliato i ponti anche a lei, stanca come me
del Mondo delle Quattro Stagioni se ne stava di là e quando aveva voglia andava
a visitare la famiglia, perfetto… insomma, si fa per dire, ma sempre meglio che
vivere in una realtà che non ti garba.
Io
poi mi sono fregato con le mie mani, hai capito o no? Coglione che non sono
altro, sempre con rispetto parlando, è chiaro.
E
quando mi ricapita più di poter fuggire ogni tanto, per giorni interi, o
settimane addirittura, dalla modernità?
Quello
era il mio sogno proibito, quello era il mio paradiso in terra, ma io - testina
di vitello - mi sono fatto un bel selfie di tre giorni e mi sono zappato sui
piedi. Me lo merito proprio, che ti devo dire? Di peggio non potevo fare. Cazzi
miei, perché è la modernità che si vendica e mi riporta dentro, con uno dei
suoi mezzi più tecnologici eppure alla portata di tutti.”
“Eh
sì, caro mio, il turismo ha perso il suo odore di selvatico, insomma ha smesso
di essere bello, quando è diventato un fenomeno di massa!”
“Vero.
E ultimamente, non dimentichiamoci, con le visite guidate nelle cave di marmo,
anche di Carrara.”
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