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Lo sai che una volta pubblicavo regolarmente un fumetto?
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Chi?
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Io.
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Ma se non sai disegnare!
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Infatti.
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Infatti cosa?
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Se avessi saputo disegnare la notizia non avrebbe suscitato il tuo stupore, no?
- Beh, no, indubbiamente. Ma come hai fatto?
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Intanto erano altri tempi, ora nessuno sarebbe interessato a quell’immagine
stereotipata, ferma e ripetuta e a quelle poche parole, a volte anche
leggermente surreali.
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Leggermente? Nooo. Ma di cosa parlava? Insomma ci sarà stato un argomento…
-
Tutti e nessuno, prova a immaginare due sagome nere di uomini di spalle, seduti
su una panchina a parlare, dietro l'orizzonte, le montagne, una nuvoletta o
due, un albero da un lato e dall’altro un cane seduto, a volte in piedi, a
volte acciambellato per terra, se ne usciva dall’inquadratura e si vedevano le
gambe di dietro e la coda, altre volte ritornava e si vedevano la testa e le
gambe davanti in movimento, poi qualche passerotto che volava, o che beccava
qualche briciola per terra, il tutto disegnato in una maniera assai sintetica
ed elementare, un po' come i disegni di un bambino…
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Sai che comincia a incuriosirmi?
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Piaceva anche a me. Sì, era curioso, più che altro, ma il bello è che piacque
pure all’editore Spicchio, che me ne pubblicò una ventina di storie.
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Te le pagavano anche?
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Certo, una miseria, ma io mi ci divertivo.
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Ma che giornaletto era?
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Roba Stramba, non ne hai mai sentito
parlare? Tutto fatto qui a Monza, un quindicinale in edicola per tutta
l'Italia. È durato poco comunque, un paio di anni, forse tre, magari quattro
scarsi.
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Nooo. Lo leggevo! Figurati, anche spesso, come mai non mi ricordo di una cosa
del genere?
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Beh, non è che uscisse in ogni numero, ma quando gli mandavo una storia
Spicchio me la pubblicava al volo.
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E chi era Spicchio?
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Eraldo Metz, un omettino calmissimo e geniale, lo chiamavano così perché era
sempre bianco in faccia, pallido insomma e puzzava d’aglio già da lontano. Ora
sarà morto e sepolto, ma sono sicuro che la sua tomba candida e marmorea avrà
quella sua tipica fragranza.
Pubblicavano
anche altre cose, riviste e roba di vario tipo, sicuramente di maggior
successo, ma il fumetto era la sua passione personale, ci teneva
particolarmente. Mi trattava come un’autorità del campo, mi metteva in
imbarazzo, tanto era riverente ed umilissimo, mi dava del voi. Peccato che
quella storia non gli sia andata tanto bene, gli fruttò anche dei debiti, mi
hanno detto. Forse era troppo di avanguardia, se ne fregava persino dei gusti
del mercato. Nessuno può sottovalutarli, nessuno lo sa meglio di te.
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Lasciamo perdere. C’erano delle cose che non mi piacevano, infatti, magari la
tua l’avevo scartata, non tutto mi garbava…
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Forse è andata così, anche io trovandomi di fronte a una cosa del genere non so
come avrei reagito… pure altre storie, là su Roba Stramba, erano estremamente di nicchia, c’era anche uno che
disegnava gli esseri umani come fanno i bambini piccoli, col corpo fatto di
stecchi dritti e la testa tonda, ma quello che dicevano era anche peggio…
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Volgarità?
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Estrema, guarda.
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Ma cosa dicevano i tuoi di personaggi? Erano sempre e solo due no?
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Sì, uno aveva un bastone ed era pelato, l’altro aveva un berretto, uno più alto
e l’altro grassoccio, si vedeva solo la silhouette nera di loro e del cane, la
sagoma scura della panchina, degli eventuali passerotti, un aereo in
lontananza, qualche piccione in volo… una volta ci misi anche un gatto, ma il
cane gli abbaiò e gli corse dietro. Quello si arrampicò sull’albero, a livello
di disegno fu il più impegnativo.
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Quanto ci mettevi a fare una storia?
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Poco, due o tre ore, il testo m’impegnava di più del disegno, ma quelle cose mi
venivano in mente al lavoro, mentre camminavo per strada, anche al gabinetto,
per così dire. Figurati che ogni scena era una fotocopia con qualche aggiunta
eventuale, disegnata dopo, le sagome nere si potevano sovrapporre facilmente, i
fumetti ce li incollavo sopra, i due uomini non si muovevano mai.
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Erano due pensionati?
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Si poteva pensare, anche quello che dicevano era di quel genere, magari.
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Ma allora cosa dicevano?
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Il più alto cominciava sempre con una frase tipo: sapevi che la Lorena e
l’Alsazia furono la causa della guerra tra Francia e Germania?
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E altro che diceva?
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L’altro era più ignorante e menefreghista, lo prendeva in giro, qualche volta.
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Per esempio, alla prima battuta lui cosa rispondeva?
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Ma chi era la più bòna, l’Alsazia o la Lorena?
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Ahah! E l’altro?
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E allora quello alto col berretto si arrabbiava, ogni tanto.
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Lo mandava piuttosto affanculo?
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In un certo senso, se vogliamo, ma le parolacce non c’erano.
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Cioè non potevi o non volevi mettercele?
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Nelle altre storie c’erano anche spesso, degli altri autori, per così dire. Te
l’ho detto. Il giornaletto era abbastanza libero e sensazionalista, tendeva a
stupire, anche a scandalizzare. Ma non faceva parte del mio stile.
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Infatti, neanche ora le dici, sei sempre stato un bravissimo ragazzo, pensavo
che da giovane magari, quando non ti conoscevo, invece…
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No, anche le bestemmie non mi sono mai garbate.
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No. Infatti, mannaggia li pescetti. Ma allora era una cosa umoristica?
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Sì e no, nella mia intenzione voleva mostrare uno stereotipo rassicurante, due
uomini che potevano parlare di tutto quello che gli interessava, che gli
piacesse o meno, oppure che li infastidiva…
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Come noi due ora?
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Effettivamente…
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Cioè, fammi capire: hai disegnato noi due, uno pelato e uno col berretto, con
una trentina, quasi quarant’anni di anticipo?
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Beh, ci siamo conosciuti solo dopo…
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Questo lo so. Ma la panchina, uno grasso, più ignorante e scherzoso, quello
alto più rigido e colto, il bastone, i passerotti, il cane, perfino il fottuto
gatto, le montagne, le nuvolette…
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Sì, del tutto casualmente, insomma, uno stereotipo rassicurante, no?
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A me non mi rassicura per niente, anzi. È inquietante!
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Dipende anche un po’ dal lettore.
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Infatti! Ma chi cazzo se lo leggeva?
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Questo non lo so, penso che qualcuno se lo sarà anche letto, se me lo
pubblicavano.
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Forse altri vecchietti rincoglioniti seduti nel parco?
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E chi lo sa? Magari sì.
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