sabato 22 agosto 2020

ARTIGLIERIA A CAVALLO



Ho incontrato l’ex artigliere a cavallo Bartiromo, di nome Guglielmo, oggi alla fermata dell’autobus. Erano decenni che non lo vedevo, avevo saputo che era andato a vivere in Svezia, e allora più volte gli ho domandato a fare cosa, ma non mi ha mai risposto. Ho capito che vive ancora là, che è venuto in Italia, più precisamente a S.Marcello Pistoiese, in ferie, da solo. Mi avevano detto che era sposato con tre figlie, tutte femmine, ma non c’è stato verso di farsi raccontare qualcosa della sua famiglia.

Guglielmo è sempre stato un tipo singolare e raramente rispondeva a una domanda diretta, per non dire mai. Bartiromo e io siamo stati militari insieme a Milano, caserma Perrucchetti, in Via delle Forze Armate, non lontano dallo stadio di S.Siro.

A quei tempi per rendere più colta la sua frase, la cominciava o la terminava dicendo: “mi ciucci la fava!” A volte ce lo infilava velocemente anche in mezzo, ricordo che inizialmente qualcuno si imbarazzava, ma nei mesi a seguire non ci si è fatto più caso.

A causa del suo carattere bizzarro fu oggetto del nonnismo più estremo e crudele, che anche se a quei tempi il termine non esisteva ancora, è una forma di bullismo, se possibile ancora più stupido. Però tutti si sorpresero quando Guglielmo, a sua volta congedante, non usò affatto il suo potere, come fanno di solito coloro del quale sono stati in precedenza vittime, anzi si comportò normalmente, cioè come si era sempre comportato.

Magari ora non se lo ricorda più, io direi però che non è cambiato molto, è rimasto un bestione rosso di capelli e di barba, con lo sguardo perlopiù assente, la sua assai personale maniera un po’ rude di parlare e di interloquire, che può essere scambiata per scarsa raffinatezza o perfino per ignoranza. Ricordo che normalmente associava e combinava alle parole Dio, Madonna e S.Giuseppe (più i principali santi), un’infinità di aggettivi, sostantivi, avverbi e perfino verbi che qui non posso nemmeno esemplificare. I veneti ripetono sempre le stesse, ma un bestemmiatore toscano è sempre una spanna sopra gli altri, per fantasia e originalità, e stiamo parlando del mondo intero, non solo dell'Italia. Va da sé che si sorprendevano tutti quando poi lo vedevano leggere roba diversa come Kerouac, Miller, Hesse, Bukowski, Nietzsche o G.B. Shaw, di giornali prediligeva Il Manifesto, ma non disdegnava L’Unità. Probabilmente era stato un sognatore con i piedi per terra, o viceversa. Giovinotto di sinistra ma anche un po’ di destra, perché no? Attualmente mi sembrava anche più chiuso, forse anche disilluso. Forse la vita lo aveva bastonato, succede a tanti, o semplicemente si era aspettato di più e aveva trovato di meno.

Mi è venuto anche in mente che la lingua svedese si adattasse meglio al suo apparato fonatorio, dove un suono come SGRUNF, per esempio, non solo è normale ma anche frequente.

L’artigliere Bartiromo poteva stare zitto o anche totalmente assente per ore e poi iniziare resoconti dettagliati e chilometrici su cose che tu non gli avevi chiesto e delle quali, magari, serenamente non te ne importava niente. Lì ci metteva veramente dell’entusiasmo, ma in pochi lo apprezzavano.

Non solo non mi ha riconosciuto, ma non mi aveva nemmeno visto, il suo sguardo era fisso nel vuoto davanti a sé. Un po’ come ai vecchi tempi.

-  Allora ti garba-ti garba la Scandinavia?” Gli ho chiesto, cercando di rompere il ghiaccio. Lui ci ha pensato qualche mezzo secondo, poi ha risposto.

-  Guarda che è gente che bada al sodo, che non si perde nei cespugli di discorsi a biscaro come succede qui in Italia. Per esempio: Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia con la regione autonoma delle isole Åland, Islanda, le Faroe, e la Groenlandia, tramite il Consiglio dei ministri del Nord, hanno avviato un programma di educazione civica che, nei prossimi anni, offrirà molte occasioni culturali e attività pratiche per migliorare le comunità. Tutto il contrario dell’Italia?

 

(pausa di tre secondi)

 

-  IL CENTRO EUROPEO WERGELAND (EWC), fondato a Oslo dieci anni fa e intitolato al poeta campione dei diritti umani, sarà il partner della Commissione Europea in un programma che durerà tre anni, partendo dal prossimo novembre. Si chiama “Liberi di parlare, al sicuro nell’ imparare” e la prima fase è dedicata al tema “Scuole democratiche per Tutti”. All’iniziativa si associano anche i Paesi Bassi che ora introducono un programma scolastico specifico sull’educazione alla cittadinanza. Il ministro dell’istruzione Arie Slob osserva che “i bambini non nascono col gene della democrazia, quindi è la scuola a dover insegnare i loro diritti e a spiegare perché conviene rispettare i diritti degli altri”. Finora l’educazione civica in Olanda era svolta nelle ore di storia e studi sociali, affidata molto all’iniziativa delle scuole. Le ispezioni annuali hanno osservato che la maggior parte degli istituti ha approfondito, con progetti pratici e studio, temi come la libertà d’espressione, l’omosessualità e l’antisemitismo, ma alcune non hanno dedicato abbastanza tempo a questi temi e alla conoscenza della storia contemporanea. Serviva un programma generale quanto meno indicativo, un testo per aiutare i docenti in ore dedicate. Ora la legge è al centro di consultazioni aperte a tutti e sarà inserita nei programmi scolastici 2019-2020. Troppi ragazzi, ad esempio, sono incerti sul significato di festa del Keti Koti, che nella lingua di Suriname significa “la catena è stata spezzata”: ogni primo luglio i discendenti degli ex schiavi delle Antille olandesi, molti dei quali vivono nei Paesi Bassi, festeggiano l’emancipazione.

Non è da posizioni autoritarie o moralistiche che si rimedia, ma affrontando in assoluta libertà ogni tema, anche i più controversi, e servendo attivamente a livello locale la propria comunità. Jon Lauglo e Tormod Øia, del Dipartimento di educazione dell’università di Oslo partono dal presupposto che “i sostenitori radicali e liberali della scolarizzazione di massa a fine Ottocento e inizio Novecento pensavano che l’educazione illuminasse e che questa illuminazione poteva liberare e potenziare le persone”. Dalle parole ai fatti: oggi l’isola di Utøya è sede di un centro internazionale giovanile di studio e attività sulla democrazia ed è tornato a essere un campo residenziale.

È anche sede della Hegnhuset, la “Casa della salvaguardia”, per custodire la memoria di ciò che accadde il 22 luglio del 2011. Quel giorno l’estremista di destra Anders Breivik assassinò 69 ragazzi della gioventù laburista che nell’isola stavano facendo un campo estivo. Breivik aprì il fuoco contro tutti. Poco prima dell’attacco a Utøya, che da sessant’anni rappresenta un luogo di educazione tra pari aperto a tutti i ragazzi, Breivik aveva fatto esplodere un’auto bomba nel quartiere governativo di Oslo; otto persone morirono. Il bilancio dei feriti dei due attacchi fu di 319 persone, 67 in modo grave. Immediatamente il primo ministro Stoltenberg, che perse nell’attentato figli di amici personali e la Casa reale, colpita nella principessa Mette-Marit il cui fratello per parte di padre morì nell’attacco a Utøya, risposero all’odio con la ragione, assieme all’opinione pubblica norvegese. Sostenere la democrazia, la diversità e la libertà di parola possono richiedere un prezzo alto – fu il commento –. La violenza, le minacce e l’odio possono essere fronteggiate solo dalla conoscenza, dal dibattitto e dalla tolleranza, sia come individui che come società. Gli estremisti non devono spingerci a rendere le nostre società meno aperte e più intolleranti.

Non so in Italia che sarebbe successo. O dimmelo te?”

 

(Mentre ci pensavo, un attimo dopo lui è ripartito)

 

- BREIVIK è STATO CONDANNATO al massimo della pena in Norvegia, 21 anni, ed è detenuto in una prigione ad alta sicurezza ma che le autorità vogliono mantenere rispettosa dei diritti umani in ogni aspetto. Ha tre celle, una per dormire, una per mangiare, una per fare ginnastica, ha libero accesso alla TV e ai giornali, contatti con volontari e professionisti. Da Utøya è stato avviato nei mesi scorsi un programma a lungo termine del Consiglio dei ministri del Nord Europa e del Centro Wergeland intitolato Insegnare argomenti controversi e Gestire le controversie, per rafforzare le fiducia reciproca all’interno delle comunità di fronte all’estremismo violento di qualunque tipo e alla radicalizzazione di punti di vista che possono condurre all’odio e a comportamenti distruttivi.

In Finlandia dal 2010 si stanno moltiplicando i centri Me & My City, già attivi nelle città di Espoo, Helsinki, nella provincia di Ostrobothnia e Pirkanmaa e ora anche in Svezia, a Stoccolma: sono dedicati agli studenti del primo anno delle medie e delle superiori. Ricostruiscono una città che viene totalmente gestita dai ragazzi. Gli studenti assumono vari ruoli sociali ed economici. Capire come funziona una banca, un ufficio postale, un servizio di fornitura, un museo o un consiglio comunale gestendoli aiuta a diventare membri attivi e critici di una comunità. Il programma raggiunge ormai il 70% degli allievi.

Mentalmente e numericamente i giovani sono sempre meno, in Scandinavia, ma anche in Italia. Qui forse è anche peggio.”

 

Tutte le volte che menzionava l’Italia io mi sentivo chiamato in causa e cercavo di dire qualcosa, ma lui mi ignorava, allo stesso tempo, però, chissà perché alzava la voce.

 

-  A NORD IL PROGRAMMA DEMBRA, che ha un team in ogni scuola, è centrato sulla percezione che i ragazzi hanno degli altri e fornisce supporto didattico e di attività pratiche per affrontare l’antisemitismo, la xenofobia, il razzismo e i pregiudizi in generale. In Dembra i ragazzi si sentono liberi ed ascoltati, mai giudicati. Secondo uno studio su Dembra i temi emergenti sono la sfiducia nei confronti delle élites politiche, intellettuali, scientifiche, una crescente somiglianza tra gli argomenti usati dall’estrema destra e l’estrema sinistra, la squalificazione dell’utilità del confronto pubblico e della nozione di verità. Cammini educativi che richiedono lavoro e pazienza e, soprattutto, nessuna retorica.

 

Poi si è bloccato per qualche minuto, anche grazie all’arrivo dell’autobus, ci siamo saliti ed è rimasto zitto per un po’, ci siamo seduti accanto, intanto io stavo riordinando le idee dopo quel suo mare di notizie, anche interessanti. Poi, guardando fuori dal finestrino, mi ha raccontato questa storia, non so se crederci o no, a quanto ho capito lui l’ha letta sul giornale o su qualche rivista, anche perché è successa molto prima che lui arrivasse a Göteborg.

 

- NEL SETTEMBRE DEL 1987 la centrale di Polizia Urbana di Möösk, una cittadina di poco più di ventimila abitanti, in Svezia, fu messa a dura prova, soprattutto la loro sanità mentale, quella dei nuovi arrivati.

C’era stato un cambio della guardia, nel senso che i sistemi erano obsoleti e avevano dovuto rivoluzionare un po’ tutto. La solita politica di cambiare quando tutto cade a pezzi e i pezzi caduti hanno già fatto delle vittime importanti.

I nuovi uomini, con un nuovo capitano appena capitanato si stabilirono nell’edificio fatiscente e mentre i locali venivano rinnovati, gli archivi venivano trasferiti nei computer.

Attività febbrile e febbricitante.

Venne fuori che il capo precedente Dirk Maas era una persona incazzereccia e piena di temperamento in diverse occasioni, soprattutto quelle in cui invece avrebbe dovuto stare calmo.

Pare che ci fosse stata una fuga di notizie, qualche talpa che avvisava i delinquenti dei movimenti della polizia, le solite cose che non succedono solo nei film.

Furioso Maas aveva cazziato tutti, che naturalmente c’erano abituati e se ne fregavano. Poi aveva cambiato metodo, ogni cosa doveva essere in doppia copia. Accorgimento che per l’eventuale talpa migliorava e facilitava le cose, ma per lui invece risolveva il problema.

Sull’intelligenza di Maas non fu detta una parola, magari furono pensate delle locuzioni, alcune frasi intere. Su suo ordine il materiale probatorio in cassetta video doveva essere filmato da due poliziotti addetti, e loro stessi mentre filmavano, dovevano essere filmati da altri due. Bisognava scrivere sulle etichette delle cassette quali fossero i primi due e i secondi due poliziotti, con grado, nome e cognome. Siccome quelli probabilmente tardavano a capire gli ordini, lui gli aveva detto, probabilmente urlato, che due idioti dovevano filmare con la telecamera, altri due idioti, i secondi due idioti, dovevano filmare i primi idioti e le cassette VHS quindi di ogni cosa erano due, la prima con sopra scritto chi filmava, seguivano gradi gerarchici dei due, poi nomi e cognomi. La seconda con la stessa logica, se così la possiamo chiamare.

Per esempio sulla prima cassetta si leggeva Primi Idioti: sergente Baervald Carlsson, poliziotto semplice Morten Hedstrom; Secondi Idioti: sergente maggiore Felix Gudmundsson, guardia scelta Per Schwartz.

Sulla seconda all’inverso, Secondi Idioti: sergente maggiore Felix Gudmundsson, guardia scelta Per Schwartz; Primi Idioti: sergente Baervald Carlsson, poliziotto semplice Morten Hedstrom.

In questa maniera avevano sufficientemente dimostrato di essere idioti, tutti, non ultimo il capitano Maas. Avevano continuato per anni così, Maas non aveva mai controllato e il materiale era quantitativamente enorme. Gli altri ovviamente non avevano detto niente.

 

(Ogni tanto qualche risatona di Guglielmo mi induceva a ridere, la storia era effettivamente buffa.)

 

- Per capire quella logica ci volle un po’, e un altro po’ per copiare tutto, nel frattempo erano passati dei mesi.

La burocrazia nella polizia era aumentata in tutto il mondo, non solo in Svezia, le scartoffie anche, nonostante i computer e gli archivi virtuali, per via dell’autenticità dei documenti con i timbri e le relative firme, spesso anche falsificate.

La nuova legge però parlava chiaro, ci dovevano essere anche le testimonianze scritte, sia del materiale probatorio video che audio. Gli idioti però non venivano più scritti in quella maniera, per ogni documento diventavano tre, per tre, obbligatoriamente erano citati sulle etichette, ma solo grado, nome e cognome.

Per fare questo lavoro erano stati assunti nuovi poliziotti, cucite nuove uniformi, costruiti nuovi uffici, si parlava di migliaia di nuovi incarichi, ma il dato non era ancora ufficiale. E non lo diventò nemmeno in seguito.

Si notava che per la strada però erano sempre meno, sennò i cittadini diventavano nervosi, avrebbero pensato che la situazione gli era sfuggita di mano, invece no, non ce l’avevano mai avuta.

 

L’ultima narrazione provava una serie di cose: una era che anche gli svedesi erano irrazionali e non sempre freddi come il ghiaccio, poi che Guglielmo era un tipo intelligente e perfino ironico alla sua maniera, anche se non sembrava. Terza cosa: che probabilmente non amava parlare di sé stesso.

Quando siamo arrivati a Pistoia siamo scesi dall’autobus e su mio suggerimento ci siamo seduti in un bar per fare una sommaria colazione. Mentre scorreva il Tirreno, cronaca di Pistoia, a sorpresa lui mi ha chiesto, senza alzare gli occhi dal giornale, cosa facevo io: lavoro, famiglia, le solite cose. Sorseggiando un cappuccino, avevo appena articolato le prime frasi che mi ha interrotto:

- NEL 1746 LA SVEZIA PROVO’ A INTRODURRE una sorta di proibizionismo del caffè. La bevanda si stava diffondendo nel paese e la monarchia decise di intervenire per una serie di motivi: proteggere il mercato della birra (che era prodotta localmente mentre il caffè veniva importato), proteggere la salute degli svedesi (si riteneva che il caffè fosse nocivo), forse anche una antipatia per una bevanda spesso consumata nei locali dove si ritrovavano gli intellettuali che contestavano il potere costituito.

 

(Risate sue, ogni tanto, accompagnate dalle mie.)

 

- Fu introdotta una tassa (che fra l’altro riguardava anche il tè, non solo il caffè) e per i trasgressori si predispose la confisca di tazzine e piattini (oggi suscita un po’ di ilarità ma spesso erano prodotti di pregio e quindi era un danno economico vederseli confiscati). In un secondo momento ci fu una proibizione totale della bevanda. Soprattutto le classi più ricche, però, non rinunciarono al caffè e si sviluppò un mercato nero del caffè. È interessante notare il parallelismo col proibizionismo degli alcolici negli Stati Uniti! La battaglia contro il caffè fu portata avanti decenni ma dagli anni venti dell’Ottocento il regime si arrese e il caffè fu legalizzato. Oggi gli svedesi sono uno dei paesi col più alto consumo di caffè nel mondo (è considerato praticamente un rito culturale, la pausa caffè nella società svedese ha un valore quasi identitario con una serie di riti associati).

 

Prima di liquidarmi, che aveva ulteriori cose da espletare, i soliti documenti e commissioni varie, mi ha detto che di mestiere fa il restauratore di mobili, costruisce cornici, un po’ di scultura su legno, insomma è quasi un artista. Con sua moglie si è separato, le figlie stanno con lei. Ha pagato i suoi macchiato e bombolone alla crema, poi senza salutare se ne è andato via. Rimasto da solo, mi sono sentito molto più in compagnia di prima, intanto avevo compreso che tutte quelle notizie erano per non parlare dei suoi guai, della famiglia che era andata a ramengo.

Alla fine però, l’ex artigliere si era vergognato della sua stessa insensata vergogna e - pur se laconicamente - ha confessato.

 

 


Nessun commento:

Posta un commento