Ho incontrato l’ex artigliere a
cavallo Bartiromo, di nome Guglielmo, oggi alla fermata dell’autobus. Erano
decenni che non lo vedevo, avevo saputo che era andato a vivere in Svezia, e
allora più volte gli ho domandato a fare cosa, ma non mi ha mai risposto. Ho
capito che vive ancora là, che è venuto in Italia, più precisamente a
S.Marcello Pistoiese, in ferie, da solo. Mi avevano detto che era sposato con
tre figlie, tutte femmine, ma non c’è stato verso di farsi raccontare qualcosa
della sua famiglia.
Guglielmo è sempre stato un tipo singolare e raramente rispondeva a una domanda diretta, per non dire mai. Bartiromo e io siamo stati militari insieme a Milano, caserma Perrucchetti, in Via delle Forze Armate, non lontano dallo stadio di S.Siro.
A quei tempi per rendere più colta
la sua frase, la cominciava o la terminava dicendo: “mi ciucci la fava!” A
volte ce lo infilava velocemente anche in mezzo, ricordo che inizialmente
qualcuno si imbarazzava, ma nei mesi a seguire non ci si è fatto più caso.
A causa del suo carattere bizzarro
fu oggetto del nonnismo più estremo e crudele, che anche se a quei tempi il
termine non esisteva ancora, è una forma di bullismo, se possibile ancora più
stupido. Però tutti si sorpresero quando Guglielmo, a sua volta congedante, non
usò affatto il suo potere, come fanno di solito coloro del quale sono stati in
precedenza vittime, anzi si comportò normalmente, cioè come si era sempre
comportato.
Magari ora non se lo ricorda più,
io direi però che non è cambiato molto, è rimasto un bestione rosso di capelli
e di barba, con lo sguardo perlopiù assente, la sua assai personale maniera un
po’ rude di parlare e di interloquire, che può essere scambiata per scarsa
raffinatezza o perfino per ignoranza. Ricordo che normalmente associava e combinava
alle parole Dio, Madonna e S.Giuseppe (più i principali santi), un’infinità di
aggettivi, sostantivi, avverbi e perfino verbi che qui non posso nemmeno
esemplificare. I veneti ripetono sempre le stesse, ma un bestemmiatore toscano
è sempre una spanna sopra gli altri, per fantasia e originalità, e stiamo
parlando del mondo intero, non solo dell'Italia. Va da sé che si sorprendevano
tutti quando poi lo vedevano leggere roba diversa come Kerouac, Miller, Hesse,
Bukowski, Nietzsche o G.B. Shaw, di giornali prediligeva Il Manifesto, ma non
disdegnava L’Unità. Probabilmente era stato un sognatore con i piedi per terra,
o viceversa. Giovinotto di sinistra ma anche un po’ di destra, perché no?
Attualmente mi sembrava anche più chiuso, forse anche disilluso. Forse la vita
lo aveva bastonato, succede a tanti, o semplicemente si era aspettato di più e
aveva trovato di meno.
Mi è venuto anche in mente che la
lingua svedese si adattasse meglio al suo apparato fonatorio, dove un suono
come SGRUNF, per esempio, non solo è normale ma anche frequente.
L’artigliere Bartiromo poteva
stare zitto o anche totalmente assente per ore e poi iniziare resoconti
dettagliati e chilometrici su cose che tu non gli avevi chiesto e delle quali,
magari, serenamente non te ne importava niente. Lì ci metteva veramente
dell’entusiasmo, ma in pochi lo apprezzavano.
Non solo non mi ha riconosciuto,
ma non mi aveva nemmeno visto, il suo sguardo era fisso nel vuoto davanti a sé.
Un po’ come ai vecchi tempi.
- Allora
ti garba-ti garba la Scandinavia?” Gli ho chiesto, cercando di rompere il
ghiaccio. Lui ci ha pensato qualche mezzo secondo, poi ha risposto.
- Guarda che è gente che bada al sodo, che non si perde nei cespugli di discorsi a biscaro
come succede qui in Italia. Per esempio: Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia
con la regione autonoma delle isole Åland, Islanda, le Faroe, e la Groenlandia,
tramite il Consiglio dei ministri del Nord, hanno avviato un programma di
educazione civica che, nei prossimi anni, offrirà molte occasioni culturali e
attività pratiche per migliorare le comunità. Tutto il contrario dell’Italia?
(pausa di tre secondi)
- IL
CENTRO EUROPEO WERGELAND (EWC), fondato a Oslo dieci anni fa e intitolato al
poeta campione dei diritti umani, sarà il partner della Commissione Europea in
un programma che durerà tre anni, partendo dal prossimo novembre. Si chiama
“Liberi di parlare, al sicuro nell’ imparare” e la prima fase è dedicata al
tema “Scuole democratiche per Tutti”. All’iniziativa si associano anche i Paesi
Bassi che ora introducono un programma scolastico specifico sull’educazione
alla cittadinanza. Il ministro dell’istruzione Arie Slob osserva che “i bambini
non nascono col gene della democrazia, quindi è la scuola a dover insegnare i
loro diritti e a spiegare perché conviene rispettare i diritti degli altri”.
Finora l’educazione civica in Olanda era svolta nelle ore di storia e studi
sociali, affidata molto all’iniziativa delle scuole. Le ispezioni annuali hanno
osservato che la maggior parte degli istituti ha approfondito, con progetti
pratici e studio, temi come la libertà d’espressione, l’omosessualità e
l’antisemitismo, ma alcune non hanno dedicato abbastanza tempo a questi temi e
alla conoscenza della storia contemporanea. Serviva un programma generale
quanto meno indicativo, un testo per aiutare i docenti in ore dedicate. Ora la
legge è al centro di consultazioni aperte a tutti e sarà inserita nei programmi
scolastici 2019-2020. Troppi ragazzi, ad esempio, sono incerti sul significato
di festa del Keti Koti, che nella lingua di Suriname significa “la catena è
stata spezzata”: ogni primo luglio i discendenti degli ex schiavi delle Antille
olandesi, molti dei quali vivono nei Paesi Bassi, festeggiano l’emancipazione.
Non è da posizioni autoritarie o
moralistiche che si rimedia, ma affrontando in assoluta libertà ogni tema,
anche i più controversi, e servendo attivamente a livello locale la propria
comunità. Jon Lauglo e Tormod Øia, del Dipartimento di educazione
dell’università di Oslo partono dal presupposto che “i sostenitori radicali e
liberali della scolarizzazione di massa a fine Ottocento e inizio Novecento
pensavano che l’educazione illuminasse e che questa illuminazione poteva
liberare e potenziare le persone”. Dalle parole ai fatti: oggi l’isola di Utøya
è sede di un centro internazionale giovanile di studio e attività sulla
democrazia ed è tornato a essere un campo residenziale.
È anche sede della Hegnhuset, la
“Casa della salvaguardia”, per custodire la memoria di ciò che accadde il 22
luglio del 2011. Quel giorno l’estremista di destra Anders Breivik assassinò 69
ragazzi della gioventù laburista che nell’isola stavano facendo un campo
estivo. Breivik aprì il fuoco contro tutti. Poco prima dell’attacco a Utøya,
che da sessant’anni rappresenta un luogo di educazione tra pari aperto a tutti
i ragazzi, Breivik aveva fatto esplodere un’auto bomba nel quartiere
governativo di Oslo; otto persone morirono. Il bilancio dei feriti dei due
attacchi fu di 319 persone, 67 in modo grave. Immediatamente il primo ministro
Stoltenberg, che perse nell’attentato figli di amici personali e la Casa reale,
colpita nella principessa Mette-Marit il cui fratello per parte di padre morì
nell’attacco a Utøya, risposero all’odio con la ragione, assieme all’opinione
pubblica norvegese. Sostenere la
democrazia, la diversità e la libertà di parola possono richiedere un prezzo
alto – fu il commento –. La violenza, le minacce e l’odio possono essere
fronteggiate solo dalla conoscenza, dal dibattitto e dalla tolleranza, sia come
individui che come società. Gli estremisti non devono spingerci a rendere le
nostre società meno aperte e più intolleranti.
Non so in Italia che sarebbe
successo. O dimmelo te?”
(Mentre ci pensavo, un attimo dopo
lui è ripartito)
- BREIVIK è STATO CONDANNATO al
massimo della pena in Norvegia, 21 anni, ed è detenuto in una prigione ad alta
sicurezza ma che le autorità vogliono mantenere rispettosa dei diritti umani in
ogni aspetto. Ha tre celle, una per dormire, una per mangiare, una per fare
ginnastica, ha libero accesso alla TV e ai giornali, contatti con volontari e
professionisti. Da Utøya è stato avviato nei mesi scorsi un programma a lungo
termine del Consiglio dei ministri del Nord Europa e del Centro Wergeland
intitolato Insegnare argomenti
controversi e Gestire le controversie,
per rafforzare le fiducia reciproca all’interno delle comunità di fronte
all’estremismo violento di qualunque tipo e alla radicalizzazione di punti di
vista che possono condurre all’odio e a comportamenti distruttivi.
In Finlandia dal 2010 si stanno
moltiplicando i centri Me & My City, già attivi nelle città di Espoo,
Helsinki, nella provincia di Ostrobothnia e Pirkanmaa e ora anche in
Svezia, a Stoccolma: sono dedicati agli studenti del primo anno delle medie e
delle superiori. Ricostruiscono una città che viene totalmente gestita dai
ragazzi. Gli studenti assumono vari ruoli sociali ed economici. Capire come
funziona una banca, un ufficio postale, un servizio di fornitura, un museo o un
consiglio comunale gestendoli aiuta a diventare membri attivi e critici di una
comunità. Il programma raggiunge ormai il 70% degli allievi.
Mentalmente e numericamente i
giovani sono sempre meno, in Scandinavia, ma anche in Italia. Qui forse è anche
peggio.”
Tutte le volte che menzionava
l’Italia io mi sentivo chiamato in causa e cercavo di dire qualcosa, ma lui mi
ignorava, allo stesso tempo, però, chissà perché alzava la voce.
-
A NORD IL PROGRAMMA DEMBRA, che ha un team in ogni scuola, è centrato
sulla percezione che i ragazzi hanno degli altri e fornisce supporto didattico
e di attività pratiche per affrontare l’antisemitismo, la xenofobia, il
razzismo e i pregiudizi in generale. In Dembra i ragazzi si sentono liberi ed
ascoltati, mai giudicati. Secondo uno studio su Dembra i temi emergenti sono la
sfiducia nei confronti delle élites politiche, intellettuali, scientifiche, una
crescente somiglianza tra gli argomenti usati dall’estrema destra e l’estrema
sinistra, la squalificazione dell’utilità del confronto pubblico e della
nozione di verità. Cammini educativi che richiedono lavoro e pazienza e,
soprattutto, nessuna retorica.
Poi si è bloccato per qualche
minuto, anche grazie all’arrivo dell’autobus, ci siamo saliti ed è rimasto
zitto per un po’, ci siamo seduti accanto, intanto io stavo riordinando le idee
dopo quel suo mare di notizie, anche interessanti. Poi, guardando fuori dal
finestrino, mi ha raccontato questa storia, non so se crederci o no, a quanto
ho capito lui l’ha letta sul giornale o su qualche rivista, anche perché è
successa molto prima che lui arrivasse a Göteborg.
- NEL SETTEMBRE DEL 1987 la centrale di Polizia Urbana
di Möösk, una cittadina di
poco più di ventimila abitanti, in Svezia, fu messa a dura prova, soprattutto
la loro sanità mentale, quella dei nuovi arrivati.
C’era stato un cambio della
guardia, nel senso che i sistemi erano obsoleti e avevano dovuto rivoluzionare
un po’ tutto. La solita politica di cambiare quando tutto cade a pezzi e i
pezzi caduti hanno già fatto delle vittime importanti.
I nuovi uomini, con un nuovo
capitano appena capitanato si stabilirono nell’edificio fatiscente e mentre i
locali venivano rinnovati, gli archivi venivano trasferiti nei computer.
Attività febbrile e febbricitante.
Venne fuori che il capo precedente
Dirk Maas era una persona incazzereccia e piena di temperamento in diverse
occasioni, soprattutto quelle in cui invece avrebbe dovuto stare calmo.
Pare che ci fosse stata una fuga
di notizie, qualche talpa che avvisava i delinquenti dei movimenti della
polizia, le solite cose che non succedono solo nei film.
Furioso Maas aveva cazziato tutti,
che naturalmente c’erano abituati e se ne fregavano. Poi aveva cambiato metodo,
ogni cosa doveva essere in doppia copia. Accorgimento che per l’eventuale talpa
migliorava e facilitava le cose, ma per lui invece risolveva il problema.
Sull’intelligenza di Maas non fu
detta una parola, magari furono pensate delle locuzioni, alcune frasi intere.
Su suo ordine il materiale probatorio in cassetta video doveva essere filmato
da due poliziotti addetti, e loro stessi mentre filmavano, dovevano essere
filmati da altri due. Bisognava scrivere sulle etichette delle cassette quali
fossero i primi due e i secondi due poliziotti, con grado, nome e cognome.
Siccome quelli probabilmente tardavano a capire gli ordini, lui gli aveva
detto, probabilmente urlato, che due idioti dovevano filmare con la telecamera,
altri due idioti, i secondi due idioti, dovevano filmare i primi idioti e le
cassette VHS quindi di ogni cosa erano due, la prima con sopra scritto chi
filmava, seguivano gradi gerarchici dei due, poi nomi e cognomi. La seconda con
la stessa logica, se così la possiamo chiamare.
Per esempio sulla prima cassetta
si leggeva Primi Idioti: sergente Baervald Carlsson, poliziotto semplice Morten
Hedstrom; Secondi Idioti: sergente maggiore Felix Gudmundsson, guardia scelta
Per Schwartz.
Sulla seconda all’inverso, Secondi
Idioti: sergente maggiore Felix Gudmundsson, guardia scelta Per Schwartz; Primi
Idioti: sergente Baervald Carlsson, poliziotto semplice Morten Hedstrom.
In questa maniera avevano
sufficientemente dimostrato di essere idioti, tutti, non ultimo il capitano
Maas. Avevano continuato per anni così, Maas non aveva mai controllato e il
materiale era quantitativamente enorme. Gli altri ovviamente non avevano detto
niente.
(Ogni tanto qualche risatona di
Guglielmo mi induceva a ridere, la storia era effettivamente buffa.)
- Per capire quella logica ci
volle un po’, e un altro po’ per copiare tutto, nel frattempo erano passati dei
mesi.
La burocrazia nella polizia era
aumentata in tutto il mondo, non solo in Svezia, le scartoffie anche,
nonostante i computer e gli archivi virtuali, per via dell’autenticità dei
documenti con i timbri e le relative firme, spesso anche falsificate.
La nuova legge però parlava
chiaro, ci dovevano essere anche le testimonianze scritte, sia del materiale
probatorio video che audio. Gli idioti però non venivano più scritti in quella
maniera, per ogni documento diventavano tre, per tre, obbligatoriamente erano
citati sulle etichette, ma solo grado, nome e cognome.
Per fare questo lavoro erano stati
assunti nuovi poliziotti, cucite nuove uniformi, costruiti nuovi uffici, si
parlava di migliaia di nuovi incarichi, ma il dato non era ancora ufficiale. E
non lo diventò nemmeno in seguito.
Si notava che per la strada però
erano sempre meno, sennò i cittadini diventavano nervosi, avrebbero pensato che
la situazione gli era sfuggita di mano, invece no, non ce l’avevano mai avuta.
L’ultima narrazione provava una
serie di cose: una era che anche gli svedesi erano irrazionali e non sempre
freddi come il ghiaccio, poi che Guglielmo era un tipo intelligente e perfino
ironico alla sua maniera, anche se non sembrava. Terza cosa: che probabilmente
non amava parlare di sé stesso.
Quando siamo arrivati a Pistoia
siamo scesi dall’autobus e su mio suggerimento ci siamo seduti in un bar per
fare una sommaria colazione. Mentre scorreva il Tirreno, cronaca di Pistoia, a
sorpresa lui mi ha chiesto, senza alzare gli occhi dal giornale, cosa facevo
io: lavoro, famiglia, le solite cose. Sorseggiando un cappuccino, avevo appena
articolato le prime frasi che mi ha interrotto:
-
NEL 1746 LA SVEZIA PROVO’ A INTRODURRE una sorta di proibizionismo del caffè.
La bevanda si stava diffondendo nel paese e la monarchia decise di intervenire
per una serie di motivi: proteggere il mercato della birra (che era prodotta
localmente mentre il caffè veniva importato), proteggere la salute degli
svedesi (si riteneva che il caffè fosse nocivo), forse anche una antipatia per
una bevanda spesso consumata nei locali dove si ritrovavano gli intellettuali che contestavano il potere
costituito.
(Risate sue, ogni tanto, accompagnate dalle
mie.)
- Fu introdotta una tassa (che fra l’altro
riguardava anche il tè, non solo il caffè) e per i trasgressori si predispose
la confisca di tazzine e piattini (oggi suscita un po’ di ilarità ma spesso
erano prodotti di pregio e quindi era un danno economico vederseli confiscati).
In un secondo momento ci fu una proibizione totale della bevanda. Soprattutto
le classi più ricche, però, non rinunciarono al caffè e si sviluppò un mercato
nero del caffè. È interessante notare il parallelismo col proibizionismo degli
alcolici negli Stati Uniti! La battaglia contro il caffè fu portata avanti
decenni ma dagli anni venti dell’Ottocento il regime si arrese e il caffè fu
legalizzato. Oggi gli svedesi sono uno dei paesi col più alto consumo di caffè
nel mondo (è considerato praticamente un rito culturale, la pausa caffè nella
società svedese ha un valore quasi identitario con una serie di riti
associati).
Prima di liquidarmi, che aveva
ulteriori cose da espletare, i soliti documenti e commissioni varie, mi ha
detto che di mestiere fa il restauratore di mobili, costruisce cornici, un po’
di scultura su legno, insomma è quasi un artista. Con sua moglie si è separato,
le figlie stanno con lei. Ha pagato i suoi macchiato e bombolone alla crema,
poi senza salutare se ne è andato via. Rimasto da solo, mi sono sentito molto
più in compagnia di prima, intanto avevo compreso che tutte quelle notizie
erano per non parlare dei suoi guai, della famiglia che era andata a ramengo.
Alla fine però, l’ex artigliere si
era vergognato della sua stessa insensata vergogna e - pur se laconicamente -
ha confessato.
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