lunedì 6 luglio 2020

IL TONNO ARTISTICO


(foto fatta da me al fiume)


Non tutti sanno che il tonno è un pesce. A volte grande come un uomo, o anche due, perfino tre. La gente non ci ha mai avuto a che fare personalmente, io stesso per lo più lo conosco attraverso le scatolette, qualche filetto alla brace, un crudo carpaccio ogni tanto, è vero, ma non per questo più indicativo del grande pesce dal quale è stato tagliato.
Lo sviluppo delle prime industrie del tonno si verificò in un'epoca compresa tra il III secolo a.C. e il II secolo, ed ebbe luogo nel Mediterraneo, in particolare nelle coste della Grecia, della Sicilia, della Sardegna, della Penisola Iberica e del  Nord Africa,  dove sorsero le tonniere.

Al IX secolo risale la nascita delle prime tonnare in Sicilia, un sistema di pesca dei tonni con reti da posta fisse inventato dagli Arabi. I Normanni, che cacciarono i dominatori saraceni dall'isola nell'XI secolo, apportarono delle innovazioni del sistema delle tonnare, con la costruzione di impianti - detti marafaraggi - ad esse attigui, per il deposito dei materiali e delle scorte, il ricovero dei natanti, di reti e di sugheri, per la salatura ed il confezionamento dei prodotti di tonno e lo stoccaggio prima del trasporto. Questo nuovo sistema di produzione attirò molti finanzieri amalfitani, genovesi,  pisanicatalani ed ebrei, che giunsero in Sicilia e investirono nel settore.
Le prime conserve di tonno in olio d'oliva fecero la propria comparsa nella Spagna del XV secolo, dove trovava largo impiego nella cucina sivigliana. La conservazione sott'olio riguardava in particolare quella della ventresca, la parte più pregiata del tonno, dopo averla sbollentata in acqua di mare e ben asciugata.
Il commercio del tonno sott'olio ebbe maggiore impulso a partire dal XVIII secolo, in modo particolare a Genova, nel cui porto i barili di tonno in olio di oliva divennero merce frequente nei propri traffici marittimi. Dopo l'assegnazione dei territori dell'ex Repubblica di Genova al Regno di Sardegna nel 1815, numerosi liguri divennero imprenditori delle tonnare sarde e inviavano nell'isola navi cariche di barili di olio che ritornavano ripieni di tonno sott'olio. La nascita delle prime industrie del tonno sott'olio si verificò nella seconda metà del XIX secolo: Gaetano Valazza, un commerciante originario di Torrazza Coste e titolare di una salumeria a Torino, verso il 1860 aprì a Porto Torres, in Sardegna, una fabbrica di conserve di sorra (pancia del tonno), conservata in scatole di latta secondo il Metodo di Appert, ideato in Francia sul finire del Settecento. Il tonno veniva inscatolato in recipienti che ne contenevano 6 kg e la produzione ammontava a 5.000 scatole per un valore complessivo di 12.500 lire. Il Valazza si presentò con questa sua formula innovativa di conservazione del tonno e delle sardine, all'Esposizione Nazionale di Firenze del 1861.
Un opificio per la conservazione del tonno rosso sott'olio dopo la bollitura e inscatolamento, venne aperto in Sicilia per opera di Ignazio Florio, che nel 1874 acquistò la tonnara di Favignana. I Florio intuirono l'avvenire industriale e commerciale di questo prodotto e svilupparono questo settore nuovo e dinamico dell'attività conserviera esportando tonno in tutto il mondo. Alla Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92, dedicata all'industria, al commercio, all'agricoltura e alle Belle Arti, la Florio presentò anche innovative scatolette di latta con apertura a chiave.
La moderna industria di trasformazione del tonno si sviluppò a metà degli anni cinquanta del XX secolo, in concomitanza con l'inizio della pesca industriale nei mari tropicali. Il forte aumento della domanda di conserve di tonno tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta, portò ad un significativo aumento delle navi con pesca a circuizione e di conseguenza ad uno sviluppo dell'industria conserviera necessaria a processare le grandi quantità di materia prima improvvisamente disponibile.
Tra la fine del XX secolo e l'inizio del XXI, molte aziende produttrici di tonno in scatola hanno avviato molti progetti per salvaguardare la sostenibilità ambientale, con la creazione di iniziative e certificazioni ad hoc, finalizzate alla conservazione e alla tutela dell'ecosistema marino e della biodiversità, alla difesa dell'equilibrio tra le risorse e l'attività di pesca, assicurando il naturale rinnovamento, evitando il sovra-sfruttamento, la pesca illegale e accidentale.
Il tonno è specie in estinzione, solo alcuni tipi sopravvivono, eppure l’industria che gli va dietro è in espansione. I nutrizionisti sconsigliano il suo uso, dicono che per quello che gli viene fatto e come gli viene fatto non è un cibo sano. Eppure se ne vende sempre di più.
Probabilmente è stata una cosa graduale, non è che ora le scatole da mezzo chilo non si trovino più, ma non sono così richieste come quelle piccole, specialmente quelle da una porzione. Non si riesce a stabilire un esatto momento storico in cui dalle scatole grandi di tonno si è passati a quelle piccole fino a 80 grammi, di cui 30 di olio d’oliva.
E qui entra di forza la ciliegina sulla torta, anche se salata, cioè l’opera di Fiorenzo Zigoni. La storia del tonno in scatola sarebbe incompleta se non parlassimo del lavoro artistico di Fiorenzo Zigoni, della sua attitudine, forse innata, a notare la spazzatura in ogni dove, però con una particolare attenzione a un determinato involucro metallico, la scatoletta di tonno.
Il suo mestiere di spazzino lo ha aiutato a notare ovunque i residui del consumismo, la spazzatura fluttuante, a rendersi conto che un tipo specifico di rifiuto solido resisteva da tanti anni perché il prodotto in esso racchiuso non abbandonava il mercato, anzi la sua richiesta aumentava. L’aveva trovata un po’ dappertutto e forse per caso, ma con un certo lungimirante fiuto, la aveva più volte fotografata: la scatoletta di tonno.
In riva al mare, portata dalle onde, in un bosco lasciata lì ad arrugginire, testimonianza di uno spuntino di cacciatori, perfino in città, caduta da un sacchetto della spazzatura e leccata dai gatti, in un parco pubblico di fronte al Taji Mahal ad Agra, in India, una delle sue foto più famose. I critici potevano inventare un sacco di storie, immaginare mille maniere di come la scatoletta sarebbe potuta giungere lì, nel deserto del Sahara, sulla cima dell’Everest, sullo sfondo di una Statua della Libertà e così via. I produttori di tonno, attraverso i loro esperti di marketing non potevano averlo ignorato, lo avevano già notato e registrato.
Naturalmente qualcuno aveva insinuato che era Fiorenzo stesso che portava nei posti più incredibili quelle scatolette vuote di tonno, ma nel giro di poco tempo lui gli aveva scaricato l’arma a doppio taglio che avevano in mano, imparando a dipingere, con l’aiuto di sua moglie Fabrizia, anche lei spazzina, ma pochi anni prima aveva studiato all’istituto d’Arte ed era abilissima nel copiare quadri, specialmente paesaggi marinari, ci arrotondava lo stipendio. Improvvisamente non era più importante se le scatolette erano arrivate lì da sole o se erano state messe in metallica posa da lui.
I suoi quadri oggi nell’esposizione di Genova, terza località di un lungo tour europeo, sono sponsorizzati dal Tonno Marazzana di Siracusa, che potrebbe essere il suo sponsor stabile nel futuro, sembra che i suoi piani siano internazionali, sua moglie è il manager delle imprese di Fiorenzo, ma l’idea e la mano sono ancora le sue.



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