domenica 10 maggio 2020

IL FEROCE SALATINO



Dentro ogni persona anziana c'è una persona più giovane che si sta chiedendo cosa diavolo sia successo.”
                                               Sir Terry Pratchett


 “Ostento una certa padronanza nel linguaggio, vesto con ricercatezza di dettagli, sfoggio calzature ispirate alla forma dei piedi, mi nutro con prodotti naturali, ma bestemmio in modo classico. Magari sono sceso sul pianeta sbagliato, chi me l’ha fatto fare non lo so. Me ne rendo conto quando penso che andare in giro con una macchina enorme e lussuosa, tipo queste dove la gente ci si pavoneggia, per me sarebbe motivo di vergogna. Non solo da questo, mi viene da pensare di essere l’uomo sbagliato al momento peggio ancora, ma in generale dalla tendenza fondamentale della mia vita che è di frenare dove tutti accelerano, di essere abitualmente modesto e quasi di nascondermi, quando tutti si vogliono mettere in mostra e fare i protagonisti. Sono un bastiano abbastanza contrario e in più non ci tengo nemmeno a farlo sapere in giro. Non voglio assolutamente dare importanza all’apparenza, perché quella inganna, ed è proprio ingannare che troppa gente vorrebbe, mostrare quello che non è, fingere di avere quello che non ha e per cosa poi? Pare che anche andare in vacanza sia un accumulo fine a sé stesso di inutili ci sono stato, una volta si spedivano più cartoline, ora c’è il social network. Non posso fare a meno di notare che di questa gente moderna non sono le cose cattive che danno i brividi, in fondo simili e ripetute anche in altre epoche, ma sono quelle buone, quelle almeno comunemente considerate positive. Per fortuna ci sono ancora tante persone piacevoli e simpatiche, se ne stanno nascoste in questo mare di insensibili nei confronti degli altri, allo stesso tempo troppo sensibili verso sé stessi. Si finisce per assorbire e copiare modi di essere che non ci appartengono, che ci fanno sentire simili anche se non lo siamo, la compagnia non è come l’aria, non se ne ha così tanto bisogno, la nostra anima respira molto meglio da soli, se il nostro obbiettivo non è riuscire a ignorare quello che il nostro cervello e il nostro corpo ci vorrebbero suggerire.”

Gli amici lo frequentano abitualmente ma irregolarmente, vogliono evitare l’assuefazione, sono loro che lo vanno a trovare. Gli piace che arrivino senza annunciarsi prima, che gli facciano delle improvvisate, anche solo per pochi minuti, se passano di lì per caso. Sono tutte persone molto differenti tra di loro e anche da lui, ma in comune hanno tutti qualcosa, cercano di andare oltre le apparenze. Da tanti, di quelli che lo conoscono superficialmente, il presidente è considerato uno snob, insomma uno che si fa i fatti suoi. Si dice che sia una specie di consumista alla sua maniera, uno che non se ne rende conto, forse perché passa più tempo a cercare i libri che a leggerli, anche in internet, ma soprattutto nelle librerie che vendono l’usato, è lì che gli garba di più. Fa la spesa alla Coop e prende libri in prestito, dona i suoi che ha già letto. Arriva in bicicletta, quasi come un re norvegese, poca gente lo riconosce, non è un tipo da dare interviste alla TV, concede poco o niente anche ai giornali. Su Facebook ha uno pseudonimo: Dottor Pasquano, anche dopo che il personaggio è morto quasi all’unisono insieme all’attore siciliano. Litiga soprattutto con quelli che parlano male di un autore o di un libro, il suo principio inespresso è che se qualcuno o qualcosa non gli piace è stupido e controproducente mettersi a denigrarlo proprio con qualcuno che invece lo apprezza. Altrove la gente se è di un parere contrario a qualsiasi cosa, o a qualunque altra persona, non ci tiene così tanto a farlo sapere in giro, forse in Italia la gente si sente più viva, magari più intelligente, se ama e se odia con tutta la sua forza, per partito preso, senza alcun motivo valido se non per simpatia e antipatia. Si parla anche troppo di comportamento assertivo, senza poterlo applicare che in teoria.
Proprio perché i sentimenti e i bisogni sono un fatto personale, non andrebbero mai giustificati, allo stesso modo in cui non sentiamo di dover giustificare il colore dei nostri capelli. Se una nostra scelta ha lo scopo di promuovere il nostro benessere e non danneggia nessuno, non andrebbe giustificata in alcun modo. Nel momento in cui lo facciamo, stiamo implicitamente ammettendo che forse nemmeno noi la riteniamo così giusta: giustificarsi è come scusarsi e chi si scusa, in genere, è perché si sente colpevole. Un messaggio assertivo dovrebbe essere quindi semplice, diretto, conciso, non difensivo e sempre centrato sui propri bisogni ed emozioni.
Si notano però numerose false persone assertive, quelle che vogliono mostrare di essere aperti e cordiali, agili di mente e pronti all’azione per una giusta causa, basta non toccarle nell’orgoglio o peggio ancora nel portafoglio.

“Mi piacciono i polizieschi perché penso che uno nella vita dovrebbe quotidianamente analizzare i fatti e i controfatti per scoprire se lui stesso non è il colpevole. Si dovrebbe arrestare sia la tendenza che l’eventuale responsabile di rovinare la sua propria vita, che magari è l’unica a disposizione, non escludendo a priori una potenziale reincarnazione, ma cercando di indagare prima, per scoprire se ci sarà dopo, oppure no. Se potessi, vorrei fare qualche modifica, qua sulla terra, per esempio la gente legge poco, ma quel poco è dedicato a personaggi famosi per altri motivi, spesso incompetenti anche nel loro stesso ramo, ma che si sentono in dovere di scrivere, come Veltroni, dei libri che se li avesse firmati qualcun altro dal nome sconosciuto, riceverebbero sacrosante pernacchie.
Quei pochi libri letti vengono divorati la sera a letto da gente stanca e sdraiata, dopo una giornata dura e stressante, invece dovrebbero essere centellinati la mattina e il pomeriggio, allora sì che li potrebbero apprezzare meglio, purtroppo tutti hanno da fare e se non lo facessero non avrebbero da mangiare. Siamo condannati a rincorrerci la coda da sempre. Sulla terra non c’è riposo. Lo stesso romanzo si presenta in maniera diametralmente opposta se affrontato in condizioni d’intendere e di volere, la differenza può essere da uno a dieci, dallo schifo all’entusiasmo. Il libro sarebbe una maniera come un’altra di rilassarsi, anche una passeggiata può avere la stessa funzione. Inoltre il turismo di massa ha sconvolto un po’ la bellezza di andare in un bel luogo, di mare o di montagna e di starci un po’ in pace, dove arrivano regolarmente le turme ululanti non è più possibile.”

Una volta il presidente ha detto che i criticoni per partito preso e i ruffiani nati da noi sommano quasi il totale della popolazione, secondo lui l’italiano deve sempre e comunque esagerare e già che c’è esagera anche lui. È dell’idea che la violenza verbale attenui quella fisica, in Italia c’è sempre stata meno violenza materiale, o forse solo una volta. Magari è colpa degli stranieri, si dice, ora ce ne sono tanti, anzi troppi. Sono stranieri poveri e la violenza è aumentata, soprattutto contro le donne.
Il presidente ha viaggiato assai anche prima di farlo per lavoro. Dice che non ha mai conosciuto un popolo così polemico e amante della discussione fine a sé stessa, avvocati del diavolo a oltranza, anche a costo di scontrarsi col diavolo in persona, non lo riconoscono nemmeno, ma ci discutono di tutto e gli vorrebbero insegnare perfino come si fa a stare correttamente all’inferno.
Il presidente ama molto gli animali, ma non gli piace per niente quando li vogliono umanizzare per forza mettendogli dei cappottini colorati o li addestrano a fare cose idiote.

“Da bambino non ho avuto eccessivi cani perché mio padre non voleva. Il primo fu Dick, un bastardo sporco e simpatico trovato per strada, come si diceva a quei tempi, in cui non bisognava ancora arrufianarsi con le parole. Probabilmente era stato sperso e la mia famiglia anche fece lo stesso, dopo pochi giorni, l’ho saputo da poco, già da vecchietto. Dicevano che puzzava, ma non sarebbe bastato un bagno? Dopo diversi anni in cui siamo rimasti senza, fu adottato il primo Blacky, donato a mio padre da qualcuno, dove lavorava. Era nero e anche lui non di razza pura, poi quasi completamente oscurato nella nostra memoria dalla maggior personalità e simpatia del secondo Blacky, molto simile al primo, almeno fisicamente, preso al canile da mio padre a dispetto delle sue convinzioni precedenti. Per anni aveva detto e ridetto che se prendevamo un cane se ne andava via lui e sebbene non ci paresse proprio una cattiva idea, forse per motivi di praticità, non si passò mai alla pratica. Successivamente lui cambiò opinione, perché noi figli non gli stavamo fornendo quei nipoti di cui avrebbe avuto bisogno per fare il nonno.
E poi perché i cani si devono sempre chiamare con nomi inglesi? Magari perché sono più corti, o forse perché si vedono troppi film americani. Non mi garba tutta questa assurda moda, i miei cani hanno avuto tutti nomi italiani e corti. Alfio è stato il primo, un pastore tedesco che gli mancava la parola, tanto era intelligente. Altra moda senza senso, molto meglio che non parlino, almeno loro, che a parlare ci pensa la gente e di gente che parla ce n’è già anche troppa. Quello che apprezzo nei cani è proprio il silenzio, il loro sguardo pieno di entusiasmo bambino, quel loro respiro forte, ma che infonde tranquillità, mi rassicurano e mi tranquillizzano, è bello dormire insieme a loro davanti alla televisione senza volume e una fioca abat-jour accesa.”

Appena può torna a Dolceacqua, in provincia di Imperia. Lì lo conoscono tutti e lo stimano, anche se non tutti capiscono perché un uomo di potere non lo usa il suo, perché uno come lui non sia ancora neanche un po’ ricco e inoltre così modesto e umile. Il vecchio appartamento dei genitori morti, dove lui è nato e cresciuto, viene spolverato e pulito da una donna di servizio ogni settimana.
Dolceacqua è un tipico borgo medievale della val Nervia, lungo il torrente omonimo. La parte più antica del borgo, posta ai piedi del monte Rebuffao, è dominata dal castello dei Doria e viene chiamata dagli abitanti Terra (Téra nel dialetto locale). Quella più moderna, chiamata il Borgo, si allunga sulla riva opposta, ai lati della strada che sale la valle. Il clima è mite di tipo mesomediterraneo subumido. Nella stazione meteorologica di Dolceacqua-Borgonuovo (rete ARPA Liguria) si registrano infatti una temperatura media nel mese di gennaio di +7,6 °C e una nel mese di luglio di +22,3 °C; le precipitazioni che sono moderate (circa 750 mm/annui) si hanno mediamente per 55 giorni/anno.

“I personaggi tipici non dicono troppo sulla gente di un paese, perché si assomigliano tra di loro, con quelli di altri paesi, sono manovrati dalla televisione e troppo evidenti per essere utili… sono gli atipici che forniscono, a chi la sa leggere, un’idea più esatta, eppure approssimativa, di come è un mondo di persone tutte diverse tra di loro, in continua evoluzione, un insieme di esagerazioni semplici e complesse.
Esistono essenzialmente due tipi di persone: quelli che vogliono la qualità e quelli che invece preferiscono la quantità, che sono poi i più numerosi, non per caso. I secondi vogliono fare tutto alla svelta e vivono in ansia perenne di produrre e immagazzinare quelli che per loro sono i beni, ma non se li godono mai, perché hanno il cervello e il cuore sbilanciati in avanti, su un futuro che non arriva mai a diventare presente. I primi invece amano la calma e si vorrebbero godere quel poco che hanno e che gli basterebbe se non ci fossero quegli altri a scassare attorno le beneamate. Vogliono meno ma meglio, però sono la minoranza e quindi in democrazia non hanno mai ragione.”

Una volta il presidente Tino Sala ha detto che non è che uno debba pensare sempre e costantemente all’etica nella vita, ma anche non pensarci mai è sbagliato. Ci sono due tipi di persone: quelli che credono sempre che la situazione in cui si stanno comportando male sia un’eccezione, e quelli che invece hanno un codice, una linea di comportamento non rigorosa ma coerente, con sé stessi e con gli altri, in ogni tipo di situazione.

“Il primo difetto che salta agli occhi in tanti film e in alcuni romanzi, è l’inguaribile tratto manicheistico dell’autore. I personaggi della vita vera non sono mai così completamente buoni o cattivi. Le due componenti base, del bene e del male, sono immancabilmente mischiate e oltre a questo la falsità imposta da ogni tipo di società simula e dissimula con una certa efficacia cosa ci sia sotto certi atteggiamenti e ruffianate, per nascondere istinti e tendenze che fanno parte dell’uomo come individuo, o inteso come membro di una qualsiasi comunità."

Ai più pare un po’ troppo rigido, il presidente, ma quasi nessuno ne sa la storia, a livello generale si direbbe che le storie siano passate un po’ di moda, non c’è così tanto tempo per conoscerle, sono troppe e complicate, alla gente basta e avanza quella propria. Lui ne approfitta per mantenersi in attività, pure se è passato di moda, ma per fortuna o per sfortuna non se ne sono accorti, o forse non gliene frega niente.
In alcune cose però risulta all’avanguardia. Nella sua impresa ha pubblicato diverse statistiche che hanno dimostrato l’importanza di investire sulla qualità della work life balance, ovvero l’equilibrio tra lavoro e vita privata. A livello pratico lo ha dimostrato l’azienda informatica svedese Filimundus con una sperimentazione all’avanguardia. L’amministratore delegato Linus Feldt ha deciso di ridurre la giornata lavorativa da otto a sei ore, senza però ridurre stipendi o benefit. I dipendenti hanno ricevuto la stessa paga mensile lavorando il 25% in meno del tempo, con risultati molto positivi. Anche se la produttività non ha subito variazioni, i dipendenti si sono detti più felici, concentrati ed efficaci nelle loro attività, mentre le assenze per malattia sono diminuite del 25%. L’idea che ridurre le ore lavorative migliori la qualità della vita e delle prestazioni dei dipendenti è ormai confermata da decine di diversi studi. Molti di questi sono riuniti nel libro dello scrittore Morten Hansen intitolato Great at Work, in cui l’autore evidenzia e prova l’efficacia di concentrare il lavoro in un lasso minore di tempo.

“Le mode scivolano sulla superficie, cosa rimane sotto e viene fuori dalla storia, sono le fasi in cui l’uomo, in perenne lotta per la sopravvivenza, ma anche contro sé stesso, riesce a scindere il piacere dal dovere, la routine dalla soddisfazione, il culo dalle quarant’ore.
Vivere è facile in fondo, ma vivere bene non lo è affatto, difficile è essere corretti con sé stessi e poi con gli altri, anche sapendo cosa è giusto e cosa è sbagliato, applicarlo non è per niente semplice. In più la gente attorno non lo sa e soprattutto non lo vuol sapere. Cercare di essere relativamente liberi e rispettare l’altrui potenziale libertà, essere rigorosi, certo, ma non su tutto il fronte, sulle cose fondamentali e poi anche non troppo, saper distinguere e separare… e nonostante gli sforzi vedere intorno la maggioranza che fa di ogni erba un fascio, che quasi tutti se ne fregano…”

Di che cosa è presidente il presidente?
Il suo lavoro è anche una sua personale invenzione, a livello di sistematico import-export di persone, aiuta gli italiani ad andarsene all’estero, per cominciare una nuova vita, lateralmente aiuta gli stranieri a venire in Italia, sempre con lo stesso ammirevole proposito. Non guadagna tanto, i suoi collaboratori nemmeno, però questa prospettiva delle nuove vite gli fa bene, forse anche a loro.
Il presidente Valentino Sala, Tino per gli amici, detto anche il Feroce Salatino dai suoi collaboratori per via delle multe pesanti a chi sgarra nei suoi uffici, dei suoi cazziatoni sempre a sfondo filosofico, a causa della sua eccessiva onestà. Supplica poi di non andare a dire in giro che non ha soldi, che è incorruttibile, che è un anacronistico uomo tutto di un pezzo, magari non ci crederebbero, ma è sempre meglio evitare guai. Vive da solo, in maniera spartana, quasi tutto quello che guadagna lo devolve in beneficenza. Sulle pareti antica carta da parati di tonalità pastello scolorito verdastre, meno che in bagno e in cucina. Ama la gastronomia più semplice dei piatti di pesce, con aglio, prezzemolo, basilico e olio, che mette in pratica ogni tanto con discreti risultati. Ha un gatto e una cagnolina, due pesci rossi. In maniera piuttosto discontinua scrive racconti e storie per bambini, che gli vengono ancora più saltuariamente pubblicati, con lo pseudonimo Piero Dardanelli. Dipinge paesaggi, compone al pianoforte e alla chitarra. Ha più volte accennato al normale eppure totale dimenticarsi dell’esistenza di tutto il resto che c’è fuori, una volta chiusa la porta del suo modesto appartamento. Qualcuno gli ha detto che avrebbe potuto essere un eremita, un frate o un artista, se avesse voluto, oppure se avesse avuto un po’ più di tempo, chi lo sa? Magari qualche neurone in meno massacrato dall’altrui incompetenza. Lui non sa se crederci, ma tiene sempre presente che la relazione tra la vita e l’arte spesso sfugge alla logica dei lettori, o del pubblico in generale. La consapevolezza del lettore medio è che non c’è un effettivo bisogno di muovere le labbra mentre si scorrono le frasi, ma non molto oltre. Questo non gli impedisce di criticare, spesso in maniera poco costruttiva, chi si sforza di fargli imparare qualcosa, anche se lui non vuole.

“Lo so che devo morire, lo capisco anche dal fatto che sempre più spesso ho la sensazione di essere connesso direttamente con la natura, per alcuni lunghi attimi, ogni giorno, sento fluire il sangue e il respiro soffia all’unisono con quello del mondo. Certo con la vecchiaia mi sento più vicino alle piante, alla terra, in definitiva alla vita e alla morte. Questa forte ma sottile sensazione mi può venire in ogni momento, ma raramente in una sala d’aspetto di dentista, al supermercato o in un aeroporto. Guardo un albero che si piega al soffiare del vento, in relativo silenzio ammiro il respirare dei pesci rossi che nuotano senza fretta nell’acquario. Guardando alla Tv senza volume un documentario sulle scimmie della foresta amazzonica, leggendo un libro che mi dice cose su cui rifletto e poi parto per altri ragionamenti concatenati, visioni connesse o concentriche tra di loro, mi perdo in un altopiano di erba e cespugli nella nebbia appena mossa da una brezza leggera. In fondo sensazioni che non hanno nome specifico, almeno che io sappia riconoscere, tranne la mia profonda respirazione. Mi piace il silenzio, sia per rigenerare l’anima che per immaginarci dentro scenari che non fanno chiasso inutile. Il mondo è diventato troppo rumoroso. La morte ha il suo fascino, la vedo come un bel riposo finale, dopo una vita più movimentata e caotica di quello che avremmo voluto.”

Le prime tre righe sono state scritte da Marco Toci

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