“Dentro
ogni persona anziana c'è una persona più giovane che si sta chiedendo cosa
diavolo sia successo.”
Sir Terry Pratchett
Sir Terry Pratchett
“Ostento
una certa padronanza nel linguaggio, vesto con ricercatezza di dettagli, sfoggio
calzature ispirate alla forma dei piedi, mi nutro con prodotti naturali, ma
bestemmio in modo classico. Magari sono sceso sul pianeta sbagliato, chi me
l’ha fatto fare non lo so. Me ne rendo conto quando penso che andare in giro
con una macchina enorme e lussuosa, tipo queste dove la gente ci si pavoneggia,
per me sarebbe motivo di vergogna. Non solo da questo, mi viene da pensare di
essere l’uomo sbagliato al momento peggio ancora, ma in generale dalla tendenza
fondamentale della mia vita che è di frenare dove tutti accelerano, di essere abitualmente
modesto e quasi di nascondermi, quando tutti si vogliono mettere in mostra e
fare i protagonisti. Sono un bastiano abbastanza contrario e in più non ci
tengo nemmeno a farlo sapere in giro. Non voglio assolutamente dare importanza
all’apparenza, perché quella inganna, ed è proprio ingannare che troppa gente vorrebbe,
mostrare quello che non è, fingere di avere quello che non ha e per cosa poi?
Pare che anche andare in vacanza sia un accumulo fine a sé stesso di inutili ci sono stato, una volta si spedivano
più cartoline, ora c’è il social network. Non posso fare a meno di notare che di
questa gente moderna non sono le cose cattive che danno i brividi, in fondo
simili e ripetute anche in altre epoche, ma sono quelle buone, quelle almeno comunemente
considerate positive. Per fortuna ci sono ancora tante persone piacevoli e
simpatiche, se ne stanno nascoste in questo mare di insensibili nei confronti
degli altri, allo stesso tempo troppo sensibili verso sé stessi. Si finisce per
assorbire e copiare modi di essere che non ci appartengono, che ci fanno
sentire simili anche se non lo siamo, la compagnia non è come l’aria, non se ne
ha così tanto bisogno, la nostra anima respira molto meglio da soli, se il
nostro obbiettivo non è riuscire a ignorare quello che il nostro cervello e il
nostro corpo ci vorrebbero suggerire.”
Gli amici lo frequentano abitualmente
ma irregolarmente, vogliono evitare l’assuefazione, sono loro che lo vanno a
trovare. Gli piace che arrivino senza annunciarsi prima, che gli facciano delle
improvvisate, anche solo per pochi minuti, se passano di lì per caso. Sono
tutte persone molto differenti tra di loro e anche da lui, ma in comune hanno
tutti qualcosa, cercano di andare oltre le apparenze. Da tanti, di quelli che
lo conoscono superficialmente, il presidente è considerato uno snob, insomma
uno che si fa i fatti suoi. Si dice che sia una specie di consumista alla sua
maniera, uno che non se ne rende conto, forse perché passa più tempo a cercare
i libri che a leggerli, anche in internet, ma soprattutto nelle librerie che
vendono l’usato, è lì che gli garba di più. Fa la spesa alla Coop e prende
libri in prestito, dona i suoi che ha già letto. Arriva in bicicletta, quasi
come un re norvegese, poca gente lo riconosce, non è un tipo da dare interviste
alla TV, concede poco o niente anche ai giornali. Su Facebook ha uno
pseudonimo: Dottor Pasquano, anche dopo che il personaggio è morto quasi
all’unisono insieme all’attore siciliano. Litiga soprattutto con quelli che
parlano male di un autore o di un libro, il suo principio inespresso è che se
qualcuno o qualcosa non gli piace è stupido e controproducente mettersi a
denigrarlo proprio con qualcuno che invece lo apprezza. Altrove la gente se è
di un parere contrario a qualsiasi cosa, o a qualunque altra persona, non ci tiene
così tanto a farlo sapere in giro, forse in Italia la gente si sente più viva,
magari più intelligente, se ama e se odia con tutta la sua forza, per partito
preso, senza alcun motivo valido se non per simpatia e antipatia. Si parla
anche troppo di comportamento assertivo, senza poterlo applicare che in teoria.
Proprio perché
i sentimenti e i bisogni sono un fatto personale, non andrebbero mai
giustificati, allo stesso modo in cui non sentiamo di dover giustificare il
colore dei nostri capelli. Se una nostra scelta ha lo scopo di promuovere il
nostro benessere e non danneggia nessuno, non andrebbe giustificata in alcun
modo. Nel momento in cui lo facciamo, stiamo implicitamente ammettendo che
forse nemmeno noi la riteniamo così giusta: giustificarsi è come scusarsi e chi
si scusa, in genere, è perché si sente colpevole. Un messaggio assertivo
dovrebbe essere quindi semplice, diretto, conciso, non difensivo e sempre
centrato sui propri bisogni ed emozioni.
Si notano però numerose false persone
assertive, quelle che vogliono mostrare di essere aperti e cordiali, agili di
mente e pronti all’azione per una giusta causa, basta non toccarle
nell’orgoglio o peggio ancora nel portafoglio.
“Mi piacciono i polizieschi perché
penso che uno nella vita dovrebbe quotidianamente analizzare i fatti e i
controfatti per scoprire se lui stesso non è il colpevole. Si dovrebbe
arrestare sia la tendenza che l’eventuale responsabile di rovinare la sua
propria vita, che magari è l’unica a disposizione, non escludendo a priori una
potenziale reincarnazione, ma cercando di indagare prima, per scoprire se ci
sarà dopo, oppure no. Se potessi, vorrei fare qualche modifica, qua sulla
terra, per esempio la gente legge poco, ma quel poco è dedicato a personaggi
famosi per altri motivi, spesso incompetenti anche nel loro stesso ramo, ma che
si sentono in dovere di scrivere, come Veltroni, dei libri che se li avesse
firmati qualcun altro dal nome sconosciuto, riceverebbero sacrosante pernacchie.
Quei pochi libri letti vengono
divorati la sera a letto da gente stanca e sdraiata, dopo una giornata dura e
stressante, invece dovrebbero essere centellinati la mattina e il pomeriggio,
allora sì che li potrebbero apprezzare meglio, purtroppo tutti hanno da fare e
se non lo facessero non avrebbero da mangiare. Siamo condannati a rincorrerci
la coda da sempre. Sulla terra non c’è riposo. Lo stesso romanzo si presenta in
maniera diametralmente opposta se affrontato in condizioni d’intendere e di
volere, la differenza può essere da uno a dieci, dallo schifo all’entusiasmo.
Il libro sarebbe una maniera come un’altra di rilassarsi, anche una passeggiata
può avere la stessa funzione. Inoltre il turismo di massa ha sconvolto un po’
la bellezza di andare in un bel luogo, di mare o di montagna e di starci un po’
in pace, dove arrivano regolarmente le turme ululanti non è più possibile.”
Una volta il presidente ha detto
che i criticoni per partito preso e i ruffiani nati da noi sommano quasi il totale
della popolazione, secondo lui l’italiano deve sempre e comunque esagerare e
già che c’è esagera anche lui. È dell’idea che la violenza verbale attenui
quella fisica, in Italia c’è sempre stata meno violenza materiale, o forse solo
una volta. Magari è colpa degli stranieri, si dice, ora ce ne sono tanti, anzi
troppi. Sono stranieri poveri e la violenza è aumentata, soprattutto contro le
donne.
Il presidente ha viaggiato assai
anche prima di farlo per lavoro. Dice che non ha mai conosciuto un popolo così
polemico e amante della discussione fine a sé stessa, avvocati del diavolo a
oltranza, anche a costo di scontrarsi col diavolo in persona, non lo
riconoscono nemmeno, ma ci discutono di tutto e gli vorrebbero insegnare
perfino come si fa a stare correttamente all’inferno.
Il presidente ama molto gli
animali, ma non gli piace per niente quando li vogliono umanizzare per forza mettendogli
dei cappottini colorati o li addestrano a fare cose idiote.
“Da bambino non ho avuto
eccessivi cani perché mio padre non voleva. Il primo fu Dick, un bastardo
sporco e simpatico trovato per strada, come si diceva a quei tempi, in cui non
bisognava ancora arrufianarsi con le parole. Probabilmente era stato sperso e
la mia famiglia anche fece lo stesso, dopo pochi giorni, l’ho saputo da poco,
già da vecchietto. Dicevano che puzzava, ma non sarebbe bastato un bagno? Dopo
diversi anni in cui siamo rimasti senza, fu adottato il primo Blacky, donato a
mio padre da qualcuno, dove lavorava. Era nero e anche lui non di razza pura,
poi quasi completamente oscurato nella nostra memoria dalla maggior personalità
e simpatia del secondo Blacky, molto simile al primo, almeno fisicamente, preso
al canile da mio padre a dispetto delle sue convinzioni precedenti. Per anni
aveva detto e ridetto che se prendevamo un cane se ne andava via lui e sebbene
non ci paresse proprio una cattiva idea, forse per motivi di praticità, non si
passò mai alla pratica. Successivamente lui cambiò opinione, perché noi figli
non gli stavamo fornendo quei nipoti di cui avrebbe avuto bisogno per fare il
nonno.
E poi perché i cani si devono sempre
chiamare con nomi inglesi? Magari perché sono più corti, o forse perché si
vedono troppi film americani. Non mi garba tutta questa assurda moda, i miei
cani hanno avuto tutti nomi italiani e corti. Alfio è stato il primo, un
pastore tedesco che gli mancava la parola, tanto era intelligente. Altra moda senza
senso, molto meglio che non parlino, almeno loro, che a parlare ci pensa la gente
e di gente che parla ce n’è già anche troppa. Quello che apprezzo nei cani è proprio
il silenzio, il loro sguardo pieno di entusiasmo bambino, quel loro respiro
forte, ma che infonde tranquillità, mi rassicurano e mi tranquillizzano, è
bello dormire insieme a loro davanti alla televisione senza volume e una fioca
abat-jour accesa.”
Appena può torna a Dolceacqua, in
provincia di Imperia. Lì lo conoscono tutti e lo stimano, anche se non tutti
capiscono perché un uomo di potere non lo usa il suo, perché uno come lui non
sia ancora neanche un po’ ricco e inoltre così modesto e umile. Il vecchio
appartamento dei genitori morti, dove lui è nato e cresciuto, viene spolverato
e pulito da una donna di servizio ogni settimana.
Dolceacqua è un tipico borgo
medievale della val Nervia, lungo il torrente
omonimo. La parte più antica del borgo, posta ai piedi del monte
Rebuffao, è dominata dal castello dei Doria e viene chiamata
dagli abitanti Terra (Téra nel dialetto locale). Quella più moderna,
chiamata il Borgo, si allunga sulla riva opposta, ai lati della strada che sale
la valle. Il clima è
mite di tipo mesomediterraneo subumido. Nella stazione meteorologica di
Dolceacqua-Borgonuovo (rete ARPA Liguria) si registrano infatti una temperatura
media nel mese di gennaio di +7,6 °C e una nel mese di luglio di
+22,3 °C; le precipitazioni che sono moderate (circa 750 mm/annui) si
hanno mediamente per 55 giorni/anno.
“I personaggi tipici non dicono troppo
sulla gente di un paese, perché si assomigliano tra di loro, con quelli di
altri paesi, sono manovrati dalla televisione e troppo evidenti per essere
utili… sono gli atipici che forniscono, a chi la sa leggere, un’idea più esatta,
eppure approssimativa, di come è un mondo di persone tutte diverse tra di loro,
in continua evoluzione, un insieme di esagerazioni semplici e complesse.
Esistono essenzialmente due tipi di
persone: quelli che vogliono la qualità e quelli che invece preferiscono la
quantità, che sono poi i più numerosi, non per caso. I secondi vogliono fare
tutto alla svelta e vivono in ansia perenne di produrre e immagazzinare quelli
che per loro sono i beni, ma non se li godono mai, perché hanno il cervello e
il cuore sbilanciati in avanti, su un futuro che non arriva mai a diventare
presente. I primi invece amano la calma e si vorrebbero godere quel poco che
hanno e che gli basterebbe se non ci fossero quegli altri a scassare attorno le
beneamate. Vogliono meno ma meglio, però sono la minoranza e quindi in
democrazia non hanno mai ragione.”
Una volta il presidente Tino Sala ha
detto che non è che uno debba pensare sempre e costantemente all’etica nella
vita, ma anche non pensarci mai è sbagliato. Ci sono due tipi di persone:
quelli che credono sempre che la situazione in cui si stanno comportando male
sia un’eccezione, e quelli che invece hanno un codice, una linea di
comportamento non rigorosa ma coerente, con sé stessi e con gli altri, in ogni
tipo di situazione.
“Il primo difetto che salta agli
occhi in tanti film e in alcuni romanzi, è l’inguaribile tratto manicheistico
dell’autore. I personaggi della vita vera non sono mai così completamente buoni
o cattivi. Le due componenti base, del bene e del male, sono immancabilmente
mischiate e oltre a questo la falsità imposta da ogni tipo di società simula e
dissimula con una certa efficacia cosa ci sia sotto certi atteggiamenti e ruffianate,
per nascondere istinti e tendenze che fanno parte dell’uomo come individuo, o
inteso come membro di una qualsiasi comunità."
Ai più pare un po’ troppo rigido, il presidente,
ma quasi nessuno ne sa la storia, a livello generale si direbbe che le storie siano
passate un po’ di moda, non c’è così tanto tempo per conoscerle, sono troppe e
complicate, alla gente basta e avanza quella propria. Lui ne approfitta per
mantenersi in attività, pure se è passato di moda, ma per fortuna o per
sfortuna non se ne sono accorti, o forse non gliene frega niente.
In alcune cose però risulta
all’avanguardia. Nella sua impresa ha pubblicato diverse statistiche che hanno
dimostrato l’importanza di investire sulla qualità della work life balance, ovvero l’equilibrio
tra lavoro e vita privata. A livello pratico lo ha dimostrato l’azienda
informatica svedese Filimundus con
una sperimentazione all’avanguardia. L’amministratore delegato Linus Feldt ha
deciso di ridurre la giornata lavorativa da otto a sei ore, senza però ridurre
stipendi o benefit. I dipendenti hanno ricevuto la stessa paga mensile
lavorando il 25% in meno del tempo, con risultati molto positivi. Anche se la
produttività non ha subito variazioni, i dipendenti si sono detti più felici,
concentrati ed efficaci nelle loro attività, mentre le assenze per malattia
sono diminuite del 25%. L’idea che ridurre le ore lavorative migliori la
qualità della vita e delle prestazioni dei dipendenti è ormai confermata da
decine di diversi studi. Molti di questi sono riuniti nel libro dello scrittore
Morten Hansen intitolato Great at Work,
in cui l’autore evidenzia e prova l’efficacia di concentrare il lavoro in un
lasso minore di tempo.
“Le mode scivolano sulla superficie,
cosa rimane sotto e viene fuori dalla storia, sono le fasi in cui l’uomo, in
perenne lotta per la sopravvivenza, ma anche contro sé stesso, riesce a
scindere il piacere dal dovere, la routine dalla soddisfazione, il culo dalle quarant’ore.
Vivere è facile in fondo, ma vivere
bene non lo è affatto, difficile è essere corretti con sé stessi e poi con gli
altri, anche sapendo cosa è giusto e cosa è sbagliato, applicarlo non è per
niente semplice. In più la gente attorno non lo sa e soprattutto non lo vuol
sapere. Cercare di essere relativamente liberi e rispettare l’altrui potenziale
libertà, essere rigorosi, certo, ma non su tutto il fronte, sulle cose
fondamentali e poi anche non troppo, saper distinguere e separare… e nonostante
gli sforzi vedere intorno la maggioranza che fa di ogni erba un fascio, che quasi
tutti se ne fregano…”
Di che cosa è presidente il
presidente?
Il suo lavoro è anche una sua
personale invenzione, a livello di sistematico import-export di persone, aiuta
gli italiani ad andarsene all’estero, per cominciare una nuova vita,
lateralmente aiuta gli stranieri a venire in Italia, sempre con lo stesso
ammirevole proposito. Non guadagna tanto, i suoi collaboratori nemmeno, però
questa prospettiva delle nuove vite gli fa bene, forse anche a loro.
Il presidente Valentino Sala, Tino
per gli amici, detto anche il Feroce Salatino dai suoi collaboratori per via
delle multe pesanti a chi sgarra nei suoi uffici, dei suoi cazziatoni sempre a
sfondo filosofico, a causa della sua eccessiva onestà. Supplica poi di non
andare a dire in giro che non ha soldi, che è incorruttibile, che è un anacronistico
uomo tutto di un pezzo, magari non ci crederebbero, ma è sempre meglio evitare
guai. Vive da solo, in maniera spartana, quasi tutto quello che guadagna lo
devolve in beneficenza. Sulle pareti antica carta da parati di tonalità
pastello scolorito verdastre, meno che in bagno e in cucina. Ama la gastronomia
più semplice dei piatti di pesce, con aglio, prezzemolo, basilico e olio, che
mette in pratica ogni tanto con discreti risultati. Ha un gatto e una cagnolina,
due pesci rossi. In maniera piuttosto discontinua scrive racconti e storie per
bambini, che gli vengono ancora più saltuariamente pubblicati, con lo
pseudonimo Piero Dardanelli. Dipinge paesaggi, compone al pianoforte e alla
chitarra. Ha più volte accennato al normale eppure totale dimenticarsi
dell’esistenza di tutto il resto che c’è fuori, una volta chiusa la porta del
suo modesto appartamento. Qualcuno gli ha detto che avrebbe potuto essere un eremita,
un frate o un artista, se avesse voluto, oppure se avesse avuto un po’ più di tempo,
chi lo sa? Magari qualche neurone in meno massacrato dall’altrui incompetenza.
Lui non sa se crederci, ma tiene sempre presente che la relazione tra la vita e
l’arte spesso sfugge alla logica dei lettori, o del pubblico in generale. La
consapevolezza del lettore medio è che non c’è un effettivo bisogno di muovere
le labbra mentre si scorrono le frasi, ma non molto oltre. Questo non gli
impedisce di criticare, spesso in maniera poco costruttiva, chi si sforza di
fargli imparare qualcosa, anche se lui non vuole.
“Lo so che devo morire, lo capisco
anche dal fatto che sempre più spesso ho la sensazione di essere connesso
direttamente con la natura, per alcuni lunghi attimi, ogni giorno, sento fluire
il sangue e il respiro soffia all’unisono con quello del mondo. Certo con la
vecchiaia mi sento più vicino alle piante, alla terra, in definitiva alla vita
e alla morte. Questa forte ma sottile sensazione mi può venire in ogni momento,
ma raramente in una sala d’aspetto di dentista, al supermercato o in un
aeroporto. Guardo un albero che si piega al soffiare del vento, in relativo
silenzio ammiro il respirare dei pesci rossi che nuotano senza fretta nell’acquario.
Guardando alla Tv senza volume un documentario sulle scimmie della foresta
amazzonica, leggendo un libro che mi dice cose su cui rifletto e poi parto per
altri ragionamenti concatenati, visioni connesse o concentriche tra di loro, mi
perdo in un altopiano di erba e cespugli nella nebbia appena mossa da una
brezza leggera. In fondo sensazioni che non hanno nome specifico, almeno che io
sappia riconoscere, tranne la mia profonda respirazione. Mi piace il silenzio,
sia per rigenerare l’anima che per immaginarci dentro scenari che non fanno
chiasso inutile. Il mondo è diventato troppo rumoroso. La morte ha il suo
fascino, la vedo come un bel riposo finale, dopo una vita più movimentata e
caotica di quello che avremmo voluto.”
Le prime tre righe sono state scritte da Marco Toci
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