sabato 18 aprile 2020

NATO A NAVACCHIO




Toscana: alle pendici del Monte Pisano, che poi è solo una collina un po' più alta, costeggiando il fiume Serchio, le Apuane a fare da sfondo, seguendo il percorso - ora seminascosto - dell’antico acquedotto, tra antiche e numerose fortezze e torri d'avvistamento, riusciamo a percorrere oggi un facile e affascinante tragitto che unisce e divide le città rivali di Lucca e Pisa. Nel Medioevo però, questo percorso non sarebbe stato così facilmente percorribile perché quelle torri e quelle fortezze, erette a difesa di questo confine, sorvegliavano il fiume e la strada che le affianca, sbarrandola agli eserciti nemici e poi sul cammino avremmo dovuto attraversare una frontiera tra due libere e orgogliose città spesso in guerra tra loro. Lucca, ricca città mercantile grazie ai commerci di tessuti con il Nord Europa e Pisa, potente Repubblica Marinara, da sempre in lotta per diritti commerciali, per il controllo del territorio, per i confini delle diocesi, ma anche per il grande scontro tra Guelfi e Ghibellini.

Nel corso degli anni questi territori furono teatro di ogni genere di scontri, valevano i saccheggi nei villaggi, gli assedi dei castelli come quello di Caprona, le battaglie in campo aperto per le quali le cronache, ricordano persino una fantascientifica battaglia navale sull'attualmente impraticabile lago di Bientina, quando nel 1147 le navi Pisane attaccarono il castello Lucchese posto sull'isola, di quello che oggi è uno scarsissimo padule, utilizzando 50 imbarcazioni con sopra le truppe e le macchine d'assedio. Uguccione della Faggiola, un po’ da una parte e un po’ dall’altra, il famoso Castruccio Castracani ma anche il temuto mercenario, Giovanni Acuto che per Pisa di Lucca fece razzia. La frontiera oggi non esiste più e le due città restano divise soltanto dal Monte Pisano, a causa del quale, come citato da Dante nell'Inferno, i Pisani veder Lucca non ponno.
Per via delle schiere armate della Repubblica di Pisa che almeno in quell’arco di tempo, erano solite attaccare e saccheggiare la Lucchesia, con temibili scorrerie notturne, era dunque meglio avere un morto in casa che un pisano all’uscio, modo di dire ancor oggi usato dai lucchesi. Dalle nostre parti invece la metafora per un prezzo esagerato è che costa di più che il fiume ai lucchesi, in riferimento alle ancora odierne piene che invadono i campi e le case e si portano tutto verso il mare. Ho avuto notizia che attualmente a Lucca non sanno più come fare ad arginare gli idioti che cadono dalle alte mura. È un fenomeno recente, eppure le mura sono lì da secoli, pare comunque che non siano affatto dei lucchesi, piuttosto dei giovani turisti. 
Da piccoli a Navacchio si imparava presto la sopravvivenza e anche se i computer non c’erano e nemmeno l’internet se qualcuno ci avesse ordinato di suicidarci, per un qualche simpatico giochino non-on-line, lo avremmo agilmente preso a pernacchie. Passando poi a parlare di vile calcio, che se non è proprio cultura è certamente un assai indicativo fenomeno sociale, oggi la Lucchese è in serie D e il Pisa in serie B; ma quando erano bloccate nello stesso infernal girone toscano, sempre o quasi di serie C, fossero i giocatori trentini, liguri, lucani o siciliani, quando il Pisa e la Lucchese entravano in campo, nel derby, se le davano di santa ragione. Loro stessi non sapevano perché, ma erano bacchiate sode e reciproche, non limitate alle articolazioni inferiori.
D'accordo: a Lucca si pensa che i pisani siano ignoranti, rozzi e maleducati. A Pisa che i lucchesi siano dei figli di papà, dei fighettini perfino assai snob. C’è un fondo di verità in queste affermazioni, ma non sono certo assolute. Alcune tra le persone più grette che personalmente ho conosciuto erano e sono lucchesi, alcune tra le più raffinate invece pisane DOC. Paradosso: Pisa ha la Normale, oltre che una prestigiosa quanto antica università, a Lucca non se ne parla neanche.
Per conto mio dopo un’infanzia pisana sono stato portato via dai miei genitori, senza nemmeno passare da Lucca, in autobus e poi in treno. L'aeroporto ora ce lo abbiamo noi qui a Pisa, che è anche meglio assai di quello di Firenze, mentre a Lucca ci passa ogni tanto un treno. Sono diventato scultore a tempo pieno in Norvegia, ma il maggiore successo l’ho raccolto a partire dall’Inghilterra, poi negli Stati Uniti e via per il mondo intero, ora in Canada. Il mio cognome è stato cambiato, per oscuri motivi di marketing internazionale Navacchio era più onomatopeico, cioè piaceva più di Gonfiantini, e Arnaldo assai più di Brunero. In Italia intanto nessuno ha sentito parlare di me, o forse pochi, ma in giro per il globo ho raccolto un certo successo di conchiglia, direi, un po' più grande di quello di nicchia, insomma, ma non troppo.
I re e le regine, i cavalieri, i soldati, i popolani, semplici cittadini o contadini del medioevo che ho da sempre scolpito, almeno da quando sono diventato quell’Arnaldo Navacchio, descrivevano ed esemplificano ancora la difficoltà che hanno sempre avuto i viventi nel mostrare qualcosa di sé stessi che non è affatto quello che sono, ma che gli piacerebbe di essere. La grana grossa che ho inventato per farli apparire rozzi e - solo fintamente - appena abbozzati, è stato il mio segreto per il raggiungimento del cosiddetto successo della cozza, o mitilo, se vogliamo.
Si notano due istinti uguali e contrari, negli umani di ogni dove, l’istinto di imitazione che si ha fin da piccoli, e quello di disprezzare tutto quello che si possiede e di desiderare tutto ciò che ci manca, eppure dicono che per contrappasso quello che non ci piace nelle altre persone è perché ne abbiamo dentro noi stessi, che ci disturba quotidianamente, in quantità e qualità.
È da considerarsi privilegiato chi è abbastanza profondo da carpire il suo personale senso nella vita, ma non così tanto da inabissarsi nella ricerca insensata del voler dar un motivo a tutto e di non poter fare a meno di spiegare razionalmente ogni singola cosa, come se fosse separata dal resto, e dunque avesse una sua distinta ragione, se non il fare parte di un disegno più grande che poi sarebbe il cosmo, roba che l'uomo non può comprendere, e forse nemmeno la donna.
Per farlo ho provato a partire dal sangue. Pare che nel corpo umano scorrano dai 4 ai 6 litri di sangue, francamente pensavo di più. Poi dentro c'è un sacco di roba differente. Per quanto possa sembrare strano il sangue è un tessuto anche se liquido e composto da plasma e da elementi detti corpuscolati. Il plasma è un liquido formato prevalentemente da acqua ma contenente anche certe proteine e poi i nutrienti. Gli elementi corpuscolati invece sono i famosi globuli rossi, i cosiddetti globuli bianchi e le note piastrine. Quindi tutto è sempre e comunque basato sull'integrazione, a partire dall'infimo, per arrivare al piccolo, al medio e poi al grande.
Mentre, nella vita sociale, quelli che non riescono a stare da soli non possono veramente apprezzare la compagnia, perché bella o brutta che sia, ce l'hanno sempre, questo crea una certa inconscia indifferenza. Chi ama il lato buono della solitudine, lui sì che l'assapora perbene, lo stare insieme agli altri, perché può finalmente scegliere, se non gli piacesse se ne starebbe piuttosto da solo.
Non sentire più quella malinconia cattiva di quando ero ragazzo che mi faceva un male costante, ora è un vantaggio che mi fa partire bene ogni giorno, che mi permette di pensare al passato senza nostalgia e al futuro senza timore. Fra un mese avrò 60 anni e se dicessi che non avrei mai pensato di arrivare così presto a questa età, forse direi una cosa ovvia, eppure vera.
Da quando ho incontrato Isa Scoglitto le cose sono cambiate in meglio, molto meglio. Ci siamo salvati a Vicenza, cioè reciprocamente, considerato che lei è di Schio, anche se ci siamo conosciuti a Bergen, in Norvegia, un bel po’ di anni addietro. Intanto c’abbiamo già dei figli grandi e i globuli rossi trasportano ancora l'ossigeno alle cellule dell'organismo e se ne rimuovono l'anidride carbonica, insomma quelli c'hanno sempre da fare. I globuli bianchi quelli sono più sornioni perché fanno parte del sistema immunitario, la sicurezza, cioè aiutano a combattere le eventuali infezioni. Le piastrine infine giocano anche loro un ruolo importante nella coagulazione del sangue, non vogliono necessariamente vincere, insomma tirano a pareggiare e se tutto va bene ci riescono anche. Per me sono un esempio, nella vita non è necessario vincere, nemmeno perdere, è meglio pareggiare.
Ne ricavo che colui che vede e guarda contemporaneamente, senza fissarsi su un meccanismo che non funziona, con giù le rispettive bestemmie, piuttosto cerca in ogni attimo del suo vivere di approfittare di quello che ha, senza essere irrimediabilmente disturbato da quello che invece purtroppo inevitabilmente gli fa difetto. Da noi si dice anche: di quello che c'è non manca niente.
Lo so a cosa state pensando e allora confesso che nemmeno io appartengo a questa categoria, se non saltuariamente, per quanto mi sforzi di essere saggio, per quanto - a forza di botte - abbia carpito queste tacite ma fondamentali leggi della vita, applicarle è dannatamente più difficile che saperle. Temo che sia un'ennesima invenzione dell'uomo, quella d'immaginarsi un qualcuno che possa risolvere se non materialmente almeno col pensiero, tutti i suoi guai. Ci sono quaggiù troppe dannate distrazioni per cui ci è impossibilitato di avere un fluido disegno d'assieme in movimento, che ci faccia agire e reagire in una maniera dinamica ed efficace, senza essere interrotti, confusi... e pare di dovere cominciare ogni volta tutto da capo.
Niente di peggio, per capire le cose, che l'ansia di dover arrivare in fretta ad una soluzione. Ci vuole o almeno ci vorrebbe della calma. E non dimentichiamoci che il gruppo sanguigno purtroppo o per fortuna è una componente ereditaria e si identifica grazie agli antigeni sempre presenti e sugli attenti, almeno sulla superficie dei globuli rossi. Nel sangue ci sono inoltre, anche se opportunamente rimpiattati, gli anticorpi contro gli antigeni assenti sui globuli rossi di un individuo X. Esistono più di trenta sistemi diversi di classificazione, a che servono così tanti? Non lo so. Prendiamone uno a caso: secondo il sistema AB0 (Abzero) i gruppi sanguigni sono quattro: A, B, AB oppure 0. L’esistenza della classificazione dei gruppi sanguigni per come la conosciamo oggi si deve a Karl Landsteiner, un austriaco che, nel 1901, siccome non aveva nient'altro da fare, cercò e individuò il sistema AB0. Successivamente, emigrato come tanti (o quasi tutti) negli Stati Uniti, scoprì ulteriori interessantissimi fattori che distinguono i diversi tipi di sangue (il fattore Rh).
Secondo questa classificazione è possibile somministrare trasfusioni di sangue seguendo i relativi e rigorosi criteri. Va da sé che una maggiore attenzione debba essere riservata alla donna in stato di gravidanza, in quanto il feto può incorrere a una seria patologia denominata eritroblastosi fetale.
Ovviamente nella vita di un individuo appena nato concorrono vari elementi e motivi che possono aiutare, ostacolare, quindi formare o distruggere totalmente, o anche solo parzialmente, questo stesso individuo, almeno per quanto riguarda l'ambito della sua esistenza terrena, che forse non è l'unica possibile, ma intanto è quella che conosciamo meglio e quindi a cui siamo più legati.
L’ambiente dove crescere è determinante, ammettiamolo, ma non può nemmeno quello avere l’ultima parola, come del resto i fattori ereditari c'entrano ma fino a un certo punto. È stato ampiamente dimostrato che Lombroso si sbagliava: non sono i lineamenti del volto di una persona che ne evidenziano l'attitudine o meno alla delinquenza. Le facce si assomigliano tra di loro, divise in tanti modelli di maschere ripetute e ricopiate da sé stesse, ma dentro è tutta un'altra roba e lasciatemelo dire: totalmente indipendente.
Per cui nascere a Navacchio non so se per me sia stato un bene o un male. Alcuni la potrebbero considerare piuttosto una disgrazia, personalmente direi che partire in salita può bloccare definitivamente, ma anche più o meno progressivamente stimolare, alla luce di quello che è successo dopo, credo che sia stato un trampolino di lancio non indifferente. Non che io sia diventato un presidente degli Stati Uniti, che onestamente non mi sarebbe neppure interessato, ma ho avuto il mio successo, anche se solo di conchiglia o cozza che sia. 
A cosa serve il successo se non ad auto-giustificarsi una vita, per credere di rendersi immortali, come fare figli o cos’altro per cercare di sconfiggere la sensazione di transitorio, il limite che ogni vita umana ha e non può assolutamente trascendere?
Mi è stato detto che se fosse stato Ripafratta, Vicopisano o Vecchiano, S.Giuliano, Migliarino, Bientina, Avane o perfino Filettole, non sarebbe stata la stessa cosa. C’è - secondo questi signori un po' snob - un che di volgare, d’ignorante nel suono del nome che influenzerebbe - nel bene e nel male - lo stesso comportamento del suo abitante originario, soprattutto una volta uscitosene, come è capitato a me, in giro per il mondo. Sommando a tutto ciò il mio cognome, Gonfiantini, che non mi ha certo aiutato, e il mio nome, Brunero, che potrebbe essere stato diciamo un po' più… agevole, la mia vita è cominciata in salita, ma questo non ha fatto che stimolarmi.
Fatto sta che quando mi sono messo a scolpire il legno ero già più che ventenne e deve ammettere che prima dei dieci anni non ero mai nemmeno uscito dalla provincia di Pisa, territorio nemmeno troppo esteso, visto che Firenze, Siena, Arezzo e Grosseto sono più grandi. Però fin da piccolo sapevo che Lucca era lì accanto in agguato, minacciosa e torva, sempre pronta e ghignante a deridere un pisano e soprattutto uno che, pur senza la minima intenzione a riguardo, fosse nato e cresciuto a Navacchio.
Il sangue rigenera continuamente sé stesso, per fortuna o purtroppo, incredibile alla mia vetusta età accorgersi di non sentirsi più un pisano, ma piuttosto un cittadino del mondo. Più difficile togliersi di dosso la rivalità con Lucca, anche se uno vive a Vancouver e casualmente dall’altra parte della città rispetto alla sede dell’associazione Lucchesi nel Mondo.


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