Toscana:
alle pendici del Monte Pisano, che poi è solo una collina un po' più alta,
costeggiando il fiume Serchio, le Apuane a fare da sfondo, seguendo il percorso
- ora seminascosto - dell’antico acquedotto, tra antiche e numerose fortezze e
torri d'avvistamento, riusciamo a percorrere oggi un facile e affascinante
tragitto che unisce e divide le città rivali di Lucca e Pisa. Nel Medioevo
però, questo percorso non sarebbe stato così facilmente percorribile perché
quelle torri e quelle fortezze, erette a difesa di questo confine,
sorvegliavano il fiume e la strada che le affianca, sbarrandola agli eserciti
nemici e poi sul cammino avremmo dovuto attraversare una frontiera tra due
libere e orgogliose città spesso in guerra tra loro. Lucca, ricca città mercantile
grazie ai commerci di tessuti con il Nord Europa e Pisa, potente Repubblica
Marinara, da sempre in lotta per diritti commerciali, per il controllo del
territorio, per i confini delle diocesi, ma anche per il grande scontro tra
Guelfi e Ghibellini.
Nel
corso degli anni questi territori furono teatro di ogni genere di scontri,
valevano i saccheggi nei villaggi, gli assedi dei castelli come quello di
Caprona, le battaglie in campo aperto per le quali le cronache, ricordano
persino una fantascientifica battaglia navale sull'attualmente impraticabile
lago di Bientina, quando nel 1147 le navi Pisane attaccarono il castello
Lucchese posto sull'isola, di quello che oggi è uno scarsissimo padule,
utilizzando 50 imbarcazioni con sopra le truppe e le macchine d'assedio.
Uguccione della Faggiola, un po’ da una parte e un po’ dall’altra, il famoso
Castruccio Castracani ma anche il temuto mercenario, Giovanni Acuto che per Pisa di Lucca fece razzia. La
frontiera oggi non esiste più e le due città restano divise soltanto dal Monte
Pisano, a causa del quale, come citato da Dante nell'Inferno, i Pisani veder Lucca non ponno.
Per
via delle schiere armate della Repubblica di Pisa che almeno in quell’arco di
tempo, erano solite attaccare e saccheggiare la Lucchesia, con temibili
scorrerie notturne, era dunque meglio avere
un morto in casa che un pisano all’uscio, modo di dire ancor oggi usato dai
lucchesi. Dalle nostre parti invece la metafora per un prezzo esagerato è che costa
di più che il fiume ai lucchesi, in riferimento alle ancora odierne piene
che invadono i campi e le case e si portano tutto verso il mare. Ho avuto
notizia che attualmente a Lucca non sanno più come fare ad arginare gli idioti
che cadono dalle alte mura. È un fenomeno recente, eppure le mura sono lì da
secoli, pare comunque che non siano affatto dei lucchesi, piuttosto dei giovani
turisti.
Da piccoli a Navacchio si imparava presto la sopravvivenza e anche se i computer non c’erano e nemmeno l’internet se qualcuno ci avesse ordinato di suicidarci, per un qualche simpatico giochino non-on-line, lo avremmo agilmente preso a pernacchie. Passando poi a parlare di vile calcio, che se non è proprio cultura è certamente un assai indicativo fenomeno sociale, oggi la Lucchese è in serie D e il Pisa in serie B; ma quando erano bloccate nello stesso infernal girone toscano, sempre o quasi di serie C, fossero i giocatori trentini, liguri, lucani o siciliani, quando il Pisa e la Lucchese entravano in campo, nel derby, se le davano di santa ragione. Loro stessi non sapevano perché, ma erano bacchiate sode e reciproche, non limitate alle articolazioni inferiori.
Da piccoli a Navacchio si imparava presto la sopravvivenza e anche se i computer non c’erano e nemmeno l’internet se qualcuno ci avesse ordinato di suicidarci, per un qualche simpatico giochino non-on-line, lo avremmo agilmente preso a pernacchie. Passando poi a parlare di vile calcio, che se non è proprio cultura è certamente un assai indicativo fenomeno sociale, oggi la Lucchese è in serie D e il Pisa in serie B; ma quando erano bloccate nello stesso infernal girone toscano, sempre o quasi di serie C, fossero i giocatori trentini, liguri, lucani o siciliani, quando il Pisa e la Lucchese entravano in campo, nel derby, se le davano di santa ragione. Loro stessi non sapevano perché, ma erano bacchiate sode e reciproche, non limitate alle articolazioni inferiori.
D'accordo:
a Lucca si pensa che i pisani siano ignoranti, rozzi e maleducati. A Pisa che i
lucchesi siano dei figli di papà, dei fighettini perfino assai snob. C’è un
fondo di verità in queste affermazioni, ma non sono certo assolute. Alcune tra
le persone più grette che personalmente ho conosciuto erano e sono lucchesi,
alcune tra le più raffinate invece pisane DOC. Paradosso: Pisa ha la Normale,
oltre che una prestigiosa quanto antica università, a Lucca non se ne parla
neanche.
Per
conto mio dopo un’infanzia pisana sono stato portato via dai miei genitori,
senza nemmeno passare da Lucca, in autobus e poi in treno. L'aeroporto ora ce
lo abbiamo noi qui a Pisa, che è anche meglio assai di quello di Firenze,
mentre a Lucca ci passa ogni tanto un treno. Sono diventato scultore a tempo
pieno in Norvegia, ma il maggiore successo l’ho raccolto a partire
dall’Inghilterra, poi negli Stati Uniti e via per il mondo intero, ora in
Canada. Il mio cognome è stato cambiato, per oscuri motivi di marketing
internazionale Navacchio era più onomatopeico, cioè piaceva più di Gonfiantini,
e Arnaldo assai più di Brunero. In Italia intanto nessuno ha sentito parlare di
me, o forse pochi, ma in giro per il globo ho raccolto un certo successo di
conchiglia, direi, un po' più grande di quello di nicchia, insomma, ma non
troppo.
I
re e le regine, i cavalieri, i soldati, i popolani, semplici cittadini o
contadini del medioevo che ho da sempre scolpito, almeno da quando sono
diventato quell’Arnaldo Navacchio, descrivevano ed esemplificano ancora la
difficoltà che hanno sempre avuto i viventi nel mostrare qualcosa di sé stessi
che non è affatto quello che sono, ma che gli piacerebbe di essere. La grana
grossa che ho inventato per farli apparire rozzi e - solo fintamente - appena
abbozzati, è stato il mio segreto per il raggiungimento del cosiddetto successo
della cozza, o mitilo, se vogliamo.
Si
notano due istinti uguali e contrari, negli umani di ogni dove, l’istinto di
imitazione che si ha fin da piccoli, e quello di disprezzare tutto quello che
si possiede e di desiderare tutto ciò che ci manca, eppure dicono che per
contrappasso quello che non ci piace nelle altre persone è perché ne abbiamo
dentro noi stessi, che ci disturba quotidianamente, in quantità e qualità.
È
da considerarsi privilegiato chi è abbastanza profondo da carpire il suo
personale senso nella vita, ma non così tanto da inabissarsi nella ricerca
insensata del voler dar un motivo a tutto e di non poter fare a meno di
spiegare razionalmente ogni singola cosa, come se fosse separata dal resto, e
dunque avesse una sua distinta ragione, se non il fare parte di un disegno più
grande che poi sarebbe il cosmo, roba che l'uomo non può comprendere, e forse
nemmeno la donna.
Per
farlo ho provato a partire dal sangue. Pare che nel corpo umano scorrano dai 4
ai 6 litri di sangue, francamente pensavo di più. Poi dentro c'è un sacco di
roba differente. Per quanto possa sembrare strano il sangue è un tessuto anche
se liquido e composto da plasma e da elementi detti corpuscolati. Il plasma è
un liquido formato prevalentemente da acqua ma contenente anche certe proteine
e poi i nutrienti. Gli elementi corpuscolati invece sono i famosi globuli
rossi, i cosiddetti globuli bianchi e le note piastrine. Quindi tutto è sempre
e comunque basato sull'integrazione, a partire dall'infimo, per arrivare al
piccolo, al medio e poi al grande.
Mentre,
nella vita sociale, quelli che non riescono a stare da soli non possono
veramente apprezzare la compagnia, perché bella o brutta che sia, ce l'hanno
sempre, questo crea una certa inconscia indifferenza. Chi ama il lato buono
della solitudine, lui sì che l'assapora perbene, lo stare insieme agli altri,
perché può finalmente scegliere, se non gli piacesse se ne starebbe piuttosto
da solo.
Non
sentire più quella malinconia cattiva di quando ero ragazzo che mi faceva un
male costante, ora è un vantaggio che mi fa partire bene ogni giorno, che mi
permette di pensare al passato senza nostalgia e al futuro senza timore. Fra un
mese avrò 60 anni e se dicessi che non avrei mai pensato di arrivare così
presto a questa età, forse direi una cosa ovvia, eppure vera.
Da
quando ho incontrato Isa Scoglitto le cose sono cambiate in meglio, molto
meglio. Ci siamo salvati a Vicenza, cioè reciprocamente, considerato che lei è
di Schio, anche se ci siamo conosciuti a Bergen, in Norvegia, un bel po’ di
anni addietro. Intanto c’abbiamo già dei figli grandi e i globuli rossi trasportano
ancora l'ossigeno alle cellule dell'organismo e se ne rimuovono l'anidride
carbonica, insomma quelli c'hanno sempre da fare. I globuli bianchi quelli sono
più sornioni perché fanno parte del sistema immunitario, la sicurezza, cioè
aiutano a combattere le eventuali infezioni. Le piastrine infine giocano anche
loro un ruolo importante nella coagulazione del sangue, non vogliono
necessariamente vincere, insomma tirano a pareggiare e se tutto va bene ci
riescono anche. Per me sono un esempio, nella vita non è necessario vincere,
nemmeno perdere, è meglio pareggiare.
Ne
ricavo che colui che vede e guarda contemporaneamente, senza fissarsi su un
meccanismo che non funziona, con giù le rispettive bestemmie, piuttosto cerca
in ogni attimo del suo vivere di approfittare di quello che ha, senza essere
irrimediabilmente disturbato da quello che invece purtroppo inevitabilmente gli
fa difetto. Da noi si dice anche: di quello che c'è non manca niente.
Lo
so a cosa state pensando e allora confesso che nemmeno io appartengo a questa
categoria, se non saltuariamente, per quanto mi sforzi di essere saggio, per
quanto - a forza di botte - abbia carpito queste tacite ma fondamentali leggi
della vita, applicarle è dannatamente più difficile che saperle. Temo che sia un'ennesima
invenzione dell'uomo, quella d'immaginarsi un qualcuno che possa risolvere se
non materialmente almeno col pensiero, tutti i suoi guai. Ci sono quaggiù
troppe dannate distrazioni per cui ci è impossibilitato di avere un fluido
disegno d'assieme in movimento, che ci faccia agire e reagire in una maniera
dinamica ed efficace, senza essere interrotti, confusi... e pare di dovere
cominciare ogni volta tutto da capo.
Niente
di peggio, per capire le cose, che l'ansia di dover arrivare in fretta ad una soluzione.
Ci vuole o almeno ci vorrebbe della calma. E non dimentichiamoci che il gruppo
sanguigno purtroppo o per fortuna è una componente ereditaria e si identifica
grazie agli antigeni sempre presenti e sugli attenti, almeno sulla superficie
dei globuli rossi. Nel sangue ci sono inoltre, anche se opportunamente
rimpiattati, gli anticorpi contro gli antigeni assenti sui globuli rossi di un
individuo X. Esistono più di trenta sistemi diversi di classificazione, a che
servono così tanti? Non lo so. Prendiamone uno a caso: secondo il sistema AB0
(Abzero) i gruppi sanguigni sono quattro: A, B, AB oppure 0. L’esistenza della
classificazione dei gruppi sanguigni per come la conosciamo oggi si deve a Karl
Landsteiner, un austriaco che, nel 1901, siccome non aveva nient'altro da fare,
cercò e individuò il sistema AB0. Successivamente, emigrato come tanti (o quasi
tutti) negli Stati Uniti, scoprì ulteriori interessantissimi fattori che
distinguono i diversi tipi di sangue (il fattore Rh).
Secondo
questa classificazione è possibile somministrare trasfusioni di sangue seguendo
i relativi e rigorosi criteri. Va da sé che una maggiore attenzione debba
essere riservata alla donna in stato di gravidanza, in quanto il feto può
incorrere a una seria patologia denominata eritroblastosi fetale.
Ovviamente
nella vita di un individuo appena nato concorrono vari elementi e motivi che
possono aiutare, ostacolare, quindi formare o distruggere totalmente, o anche
solo parzialmente, questo stesso individuo, almeno per quanto riguarda l'ambito
della sua esistenza terrena, che forse non è l'unica possibile, ma intanto è
quella che conosciamo meglio e quindi a cui siamo più legati.
L’ambiente
dove crescere è determinante, ammettiamolo, ma non può nemmeno quello avere
l’ultima parola, come del resto i fattori ereditari c'entrano ma fino a un
certo punto. È stato ampiamente dimostrato che Lombroso si sbagliava: non sono
i lineamenti del volto di una persona che ne evidenziano l'attitudine o meno
alla delinquenza. Le facce si assomigliano tra di loro, divise in tanti modelli
di maschere ripetute e ricopiate da sé stesse, ma dentro è tutta un'altra roba
e lasciatemelo dire: totalmente indipendente.
Per cui nascere a Navacchio non so se per
me sia stato un bene o un male. Alcuni la potrebbero considerare piuttosto una
disgrazia, personalmente direi che partire in salita può bloccare
definitivamente, ma anche più o meno progressivamente stimolare, alla luce di
quello che è successo dopo, credo che sia stato un trampolino di lancio non
indifferente. Non che io sia diventato un presidente degli Stati Uniti, che
onestamente non mi sarebbe neppure interessato, ma ho avuto il mio successo,
anche se solo di conchiglia o cozza che sia.
A cosa serve il successo se non ad
auto-giustificarsi una vita, per credere di rendersi immortali, come fare figli
o cos’altro per cercare di sconfiggere la sensazione di transitorio, il limite
che ogni vita umana ha e non può assolutamente trascendere?
Mi è stato detto che se fosse stato
Ripafratta, Vicopisano o Vecchiano, S.Giuliano, Migliarino, Bientina, Avane o
perfino Filettole, non sarebbe stata la stessa cosa. C’è - secondo questi
signori un po' snob - un che di volgare, d’ignorante nel suono del nome che
influenzerebbe - nel bene e nel male - lo stesso comportamento del suo abitante
originario, soprattutto una volta uscitosene, come è capitato a me, in giro per
il mondo. Sommando a tutto ciò il mio cognome, Gonfiantini, che non mi ha certo
aiutato, e il mio nome, Brunero, che potrebbe essere stato diciamo un po' più…
agevole, la mia vita è cominciata in salita, ma questo non ha fatto che
stimolarmi.
Fatto sta che quando mi sono messo a
scolpire il legno ero già più che ventenne e deve ammettere che prima dei dieci
anni non ero mai nemmeno uscito dalla provincia di Pisa, territorio nemmeno
troppo esteso, visto che Firenze, Siena, Arezzo e Grosseto sono più grandi.
Però fin da piccolo sapevo che Lucca era lì accanto in agguato, minacciosa e
torva, sempre pronta e ghignante a deridere un pisano e soprattutto uno che, pur
senza la minima intenzione a riguardo, fosse nato e cresciuto a Navacchio.
Il sangue rigenera continuamente sé
stesso, per fortuna o purtroppo, incredibile alla mia vetusta età accorgersi di
non sentirsi più un pisano, ma piuttosto un cittadino del mondo. Più difficile
togliersi di dosso la rivalità con Lucca, anche se uno vive a Vancouver e casualmente
dall’altra parte della città rispetto alla sede dell’associazione Lucchesi nel
Mondo.
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