sabato 27 aprile 2019

LE TERME DI CARACALLA



La casa è vecchiotta, ma rimessa a nuovo da poco, i muri sono larghi quasi un metro, le finestre a vetri doppi e il riscaldamento funziona bene. Fuori oggi è freddo e siamo in osservazione frammentaria e distratta dalla finestra della camera di mamma. In alcuni casi le immagini non ci arrivano nemmeno al cervello, ma lo attraversano piacevolmente. Sonnecchiamo, leggiamo un po', ci facciamo un caffè, ci facciamo due caffè, e poi tre, dopo perdiamo il conto.

Ecco che chiama di nuovo, gli anziani, specie quando sono malati di senilità, ritornano all'infanzia, come i bambini, la prima parola in caso di bisogno, anche solo immaginario, è quella: “Mamma... mamma...”
Facciamo a turno ad andare a vedere, ma io ci vado meno. È strano trovarsi a fare da madre a mia madre, ma la mamma vera qui è mia moglie Lorena, (per tutti e due,) e non è neanche italiana, cioè solo di origine, ma di nazionalità venezuelana. A volte mamma Nora fa le bizze, oppure necessita solo di calore umano, non sa dirci cosa vuole, le parole e di conseguenza anche le frasi che dice non hanno senso, almeno per noi. Lorena le chiede cosa le fa male, se poi le fa realmente male qualcosa o sta solo commentando quello che vede alla televisione senza audio, o una scena del passato che si è immaginata, o cos'altro noi non riusciamo a figurarci, ma il suo sguardo spesso è perso nel vuoto, ci guarda ma non sempre ci vede. Oltretutto passa a occhi chiusi la maggior parte del giorno.
Mia moglie le fa la solita lista orale delle possibili magagne. Senza risultato. La mette un po' più stesa sul seggiolone polifunzionale, un po' di acqua gel, sembra stare meglio e si riaddormenta. Mentre dorme ogni tanto una bella bestemmia, riferita a non so cosa, di solito un dio boia, due dio cani, tre o quattro dio maiali. Anche le parolacce fioccano tra le poche frasi comprensibili che ancora dice, forse non per caso, ma prima della malattia, da quando la conosco, non ne ha dette mai.
Oggi è abbastanza lucida, forse troppo, il medico le ha tolto un farmaco, il Destezil, che la rincretiniva assai, per vedere se senza non si incasina piuttosto il cervello e allora bisogna ridarglielo. Non il cervello, che purtroppo quello non si può più, solo il farmaco.
Una malata di alzheimer, specie del tipo agitato come lei, deve vivere costantemente sotto l'effetto di varie medicine che curino le ripetute reazioni psicotiche, che si manifestano con le parolacce verso i programmi televisivi e fin qui avrebbe anche ragione, però anche rivolte alle persone che sono lì per aiutarla o agli oggetti in generale, in ogni tipo di situazione in maniera disordinata e discontinua, nel suo caso. Negli altri casi non lo sappiamo e confesso che non sono nemmeno troppo curioso, per me questa realtà è già un pozzo senza fondo. Un giorno sembra star meglio, poi si torna a qualcosa di già visto e passato, poi un peggioramento, dopo un miglioramento, ma più piccolo, coscienza e incoscienza mischiate, poi separate, senza spazio né tempo, senza alcun ordine comprensibile, almeno per noi. I farmaci servono per non farla star male, cioè in quello stato di ansia esagerata e continua, ma soprattutto senza alcun motivo.
Le mie tre sorelle vivono nel nord Italia, non possono, non vogliono e non devono (aggiungo io) lasciare famiglia e lavoro. Noi anche se viviamo a Bruges, che è assai più lontano, non abbiamo figli né lavoro fisso, solo due cani e due gatti, ora lasciati alle cure dei vicini di là. Lorena è infermiera e viene pagata con i soldi della famiglia per stare qui, forse ci saremmo stati anche per nulla, ma visto che lei non lavora più, ha un logico bisogno di soldi. Anche questo è un fottuto lavoro, però, l'unica differenza è che se non fosse per mia madre non lo faremmo mai, non così, 24 ore su 24, neanche per tutti i soldi del mondo. Insegno italiano agli stranieri in internet, con Skype, ho pochi allievi ma alcuni da parecchio tempo.
Ci aiutano i vicini, che poi sono abbastanza lontani, ma rappresentano i terrestri più a portata di mano, fortunatamente gente simpatica e disponibile, qualche volta si fermano anche per fare quattro chiacchiere, ma raramente si arriva a cinque. Ci portano i prodotti dei loro orti, marmellate e conserve, libri usati a valanghe, magari i gusti letterari non coincidono, pretenderemmo troppo.
L'alzheimer è stato il destino di mia madre, come di tanti altri ed essendo Lorena l'unica badante da lei accettata, eccoci qua a disposizione, nella nostra casa di collina quasi montagna, con computer e internet, un cannocchiale che per fortuna il panorama è profondo, largo e interessante.
Siamo a Bagni, appena sopra Bagni di Lucca, nei pressi delle terme, sul ripido versante del monte opposto a noi ci sono poche case, una delle quali si raggiunge solo con una teleferica. Abbiamo visto molti film negli ultimi mesi, forse troppi, la maggior parte polizieschi, magari siamo stati anche influenzati, ma abbiamo deciso di filmare con il cellulare il su e giù di questa gente che va e viene con la teleferica, ma che cosa trasporta? Osservandoli con il binocolo non siamo riusciti a capirlo.
La nostra assistenza a mamma è giorno e notte, per lavarla, metterla sul seggiolone e riportarla a letto bisogna essere in due, altre cose di ordinaria amministrazione le fa mia moglie da sola. Per sistemare e cambiare il catetere viene un'infermiera ogni tanto, su nostra chiamata. Il sistema sanitario italiano, che per quanto ora incasinato e male organizzato è ancora dei più completi che ci sono in giro, a chi ha l'invalidità manderebbe gratis all'occorrenza gli OSS (Operatori Socio Sanitari) che nel nostro caso sono donne, ma possono essere anche uomini.
L’Italia è la dodicesima nazione europea in quanto a spesa sanitaria. Il paese ha impegnato in questo settore il 7,1% del proprio Pil. La Germania è la nazione che spende più soldi in sanità, ben 217 miliardi di euro. A seguire il Regno Unito, con 191 miliardi, e Francia, 178 miliardi. L’Italia in questa classifica è quarta con 112 miliardi. In questi anni, gli interventi legislativi sono stati occasionali, dettati dalla contingenza, dall’urgenza e non certo da una programmazione coerente con le problematiche che oggi affliggono i sistemi sanitari di tutto il mondo.
Durante il giorno a mamma più che altro bisogna darle un sostegno morale, quello che un figlio aiutato da una nuora possono fornire, le medicine da somministrarle regolarmente poi sono tante, oppure troppe. Quelle solide si sbriciolano con un pestello, poi si mischiano nell'acqua gel, che sostituisce l'acqua ed è una specie di gelatina che le si può dare con una siringa o col cucchiaio, perché mamma non deglutisce più bene e non gli si possono dare né i liquidi, né i solidi, solo pappette e gelatine, insomma cose intermedie.
La mattina appena sveglia la prima scarica di bombe chimiche: una pasticca di Quetiapina che è un antipsicotico; 200 milligrammi di Depakin liquido, uno stabilizzatore di umore; una pasticca di Bisoprololo per l'insufficienza cardiaca; una di Laxis che è un diuretico; una di Pantoprazolo un riduttore di acido nello stomaco e dieci gocce di Trittico, il famoso antidepressivo. Prima di andare a letto le stesse dosi di Trittico e Depakin, doppia dose di Quetiapina. Il Neuleptil è un antipsicotico che le diamo solo quando è assai agitata, contro aggressività e ostilità, ma agisce dopo molto tempo e la rincoglionisce completamente, secondo Lorena le inibisce anche l'importante capacità di deglutire, senza la quale avrebbe e avrà, presto o tardi, bisogno di una sonda sia per mangiare che per bere.
Quando è agitata mamma comincia a preoccuparsi per cosa deve fare da mangiare a pranzo la domenica, (ormai sono anni che non cucina più, eppure per lei è sempre domenica e guai se non si prepara qualcosa di speciale), o per i vestiti da selezionare perché vuole andare via. Pensa di essere in una specie di ospizio, o in una casa alla spiaggia, dice che quella non è casa sua e non c'è verso di convincerla. Per farla stare più tranquilla usiamo anche il Cannabis, che i medici naturalmente sconsigliano, forse perché non ci guadagnano niente sopra e il sistema farmaceutico mondiale è trai più corrotti e vili, combatte una guerra di concorrenza e di potere quotidiana, il benessere dei malati è la loro ultima priorità eppure la prima nella pubblicità.
Mamma rimane parte della mattina e quasi tutto il pomeriggio su un seggiolone polifunzionale a rotelle, che si può mettere in varie posizioni e inclinazioni, per mettercela sopra una specie di paranco metallico, entrambi imprestati dal nostro buon sistema sanitario. Durante questa operazione lei non economizza gli urli. Il resto del tempo è a letto, perché non si può più muovere autonomamente da qualche mese a questa parte.
Quando la puliamo, almeno una volta al giorno, la prende come un grave gesto d'invasione e si arrabbia parecchio, ci apostrofa con tutte le variazioni possibili della parola puttana: puttanaccia, puttanosa, puttaniera, puttanesca, puttanante e puttaneggia, occasionalmente anche al maschile e al plurale, coadiuvati dai meno frequenti maledetti, troie, budelloni e alcune minacce di morte incluse, più qualche parola di uso differente da quello che lei intende o inventa parole che anche se non esistono possono essere capite, come culagna merdò e puzzante. Cerca di darci calci, sgraffiarci e qualche volta, raramente, degli sputi leggeri che di saliva purtroppo o per fortuna ne ha poca. Mi chiama babbo, nonno e Sandro, che era suo marito e mio padre. Per Lorena ha tirato fuori nomi nuovi e vecchi che da tempo non udivo come Mariannina, che era una donnina sua parente lontana della Garfagnana, che a volte era venuta ad aiutare in famiglia. Se parlando si menziona qualche nome proprio, specie se ha conosciuto qualcuno così chiamato, dopo poco lei lo viene a usare per qualche situazione incomprensibile di cui si captano alcuni vocaboli e a volte si riesce a ricostruire l'intenzione della sua frase, ma più spesso non ci si riesce e allora, per cambiare discorso gli si mette in bocca qualcosa da mangiare o da bere.
Quel che c'è di bello, nell'assurda tragicità della situazione, è che ogni cosa viene dimenticata subito dopo, anche quando si arrabbia con noi perché invadiamo la sua sfera privata e ci offende con tutta la forza che ha, (accompagnando anche i titoli poco nobiliari con gesti della mano, con il dito indice alzato e una faccetta molto poco amichevole, per esempio,) dopo pochi minuti non ricorda più niente e, tornata al calduccio delle sue coperte, ci guarda amorevolmente, magari dice che siamo belli assai e che sta veramente bene.
Siamo sempre più incuriositi dal movimento di questa casa, di persone sempre diverse, che salgono e scendono con contenitori di plastica e sacchi capienti. Dal loro camino poi s'innalza sempre un fumo nero, giorno e notte.
Chiariamo subito che la polizia non mi garba troppo, ma i trafficanti di droga sono un gradino ancora più sotto, nel mio indice di gradimento, che con il tempo ha automaticamente sovrapposto decine di livelli e sfumature.
Nei rari momenti di lucidità mamma chiede perdono per offese verbali e materiali, ci fa fare qualche risata e lei stessa ride contenta, specialmente la mattina quando si sveglia e non si ricorda ancora in che condizioni sta vivendo da un po' di tempo a questa parte. Dichiara e ripete che il suo sogno è di andare alle Terme di Caracalla, da tanti anni ha questo obbiettivo che non si è mai potuto realizzare per una serie di coincidenze, poi è arrivata la malattia, di tante o quasi tutte le cose si è dimenticata, ma di questa no.
Dopo ripetute domande, seguite non sempre da risposte, eventualmente poco coerenti, abbiamo inteso però che lei vorrebbe recarcisi per fare dei bagni terapeutici, ma sono un po' lontanucci per una che non cammina e non connette più se non raramente o quasi per caso.  Quelle terme da tempo immemore non sono più funzionanti e sono una specie di località storica da visitare, pagando anche il biglietto.
Ci sorprendiamo a pensare un po' troppo spesso alla fine della nostra vita, oltre all'impotenza di cui siamo protagonisti ogni giorno sulla terra, forse senza rendercene conto che in determinate occasioni, come questa, per esempio.   Un'infermiera che riflette ricorrentemente sulla morte è più che normale, la scura e sensazionalista falciatrice la frequenta costantemente ogni giorno sul lavoro, ma io non ci avevo mai pensato troppo, almeno finora. È un argomento interessante, lo ammetto, non tanto complesso quanto l'esistenza, ma meno semplice di quello che si pensi.
Che cosa tiene in vita mia madre ora che non ne ha più alcun piacere, se non il caldo rassicurante del suo letto, o il sapore di una pappetta centrifugata? Tra poco anche quest'ultimo le sarà negato oltretutto, si paventa già l'uso della sonda, dalla quale passerà sotto forma di liquido tutto quello che ingerirà.
Trai libri che mi hanno portato i vicini sto leggendo “Piccoli suicidi tra amici” del finlandese Arto Paasilinna, che mi piace parecchio, sia perché non prende tanto sul serio la morte, sia perché in Italia i suicidi all'anno sono ormai intorno ai 4000, quindi si comincia o si dovrebbe cominciare a considerare di più quest'esercito poco casuale, un fenomeno da studiare piuttosto, magari pure nelle sue cause e se ci sono, anche delle responsabilità. Secondo me e lo scrittore finlandese ci sono.
I due protagonisti principali, casualmente trovatisi a suicidarsi nello stesso fienile, trovano nuovi spunti e stimoli per vivere e suggeriscono ai suicidi di unirsi. Sia per morire insieme che eventualmente per ricominciare una vita differente e per quanto possibile migliore.
Difficilmente ci si suicida per mancanza di salute, più facilmente mancano lavoro, soldi, compagnia e amore. Insomma un senso per vivere, un qualcosa con cui e per cui mantenersi occupati. Mi pare buffo che chi fisicamente ha la salute dalla sua parte si tolga la vita, mentre mamma che non ha più la forza di stare al mondo, non vuole a nessun costo lasciarlo.
Intanto quei personaggi sospetti, continuano a portare su e giù con la teleferica qualcosa, ma non si capisce cosa. Decidiamo di chiedere consiglio a Moreno, uno dei vicini, un poliziotto. Se ne viene a casa nostra un pomeriggio, due o tre giorni dopo e ci rimane a osservare, con il cannocchiale o senza, fino alla sera tardi. Dopo i ripetuti caffè ci spariamo alcune grappette da polverose bottiglie che sono in casa da chissà quando, credo almeno da quando era vivo mio padre, quindi sono assai invecchiate.
Gli facciamo vedere i filmati che abbiamo registrato con il cellulare, ma dice che non si vede niente di potenzialmente utile e non possiamo non dargli ragione.
Tra un sorso e l'altro Moreno ci chiede cosa abbiamo visto e non filmato, cosa ci è sembrato il materiale trasportato, ma poi gli argomenti degenerano e quando se ne va ci stiamo quasi addormentando parlando di cinema e teatro.
Forse ci siamo distratti troppo, oppure è stata semplicemente sfortuna, ma non è stato avvistato nessuno salire né scendere con la teleferica, nessuno in casa o negli immediati dintorni.
Un giorno poi cediamo alle sue periodiche insistenze, portiamo mamma alle Terme di Caracalla, il medico ha detto che basta proteggerla dal freddo ed essendo metà luglio, pensiamo che non ci siano problemi. Per il catarro le farà anche bene.
Coll'ambulanza facciamo un giretto per Bagni di Lucca e magicamente arriviamo alla Roma imperiale. Mamma sorride e sguazza, come una bambina di 89 anni e si guarda intorno, avrà notato che la struttura attorno è magari un po' successiva a quella delle autentiche Terme di Caracalla? Non lo sappiamo, ci sembra di no, è assai contenta, forse troppo e si spegne tra le nostre braccia, mentre ancora in acqua la stiamo facendo scivolare fuori dal materassino gonfiabile per riportarla sul bordo della piscina e poi a casa.
Dicevi sempre. “È colpa mia se non mi riesce morire?” Ora sarai contenta.
Dopo sommarie indagini Moreno ha agevolmente scoperto che la casa con la teleferica non è di trafficanti di droga o peggio, ci vivono piuttosto venti indiani di Sri Lanka, sei donne e quattordici uomini che producono a raffica specialità tipiche da vendere a Lucca, dove hanno un negozio. Trasportano su e giù le leccornie pronte, le materie prime e le rimanenze che poi se le mangiano. Il continuo fumo dal camino è normale con un forno in piena attività. Una fumata nera come quella del papa morto, non ancora eletto il nuovo, mia madre non c'è più e noi, che pensavamo che sarebbe stato un sollievo per tutti, in questi giorni ci sentiamo assai pesanti. Con qualche lacrima di nascosto. Dopo quasi due anni di clausura torniamo al mondo là fuori sapendo che probabilmente rimpiangeremo questi lunghi mesi di relativa pace, in cui ci siamo sentiti utili più di quello che ci eravamo sentiti prima, e che magari ci sentiremo anche dopo.



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