Difficilmente il lunedì di Pasqua il cielo si mantiene sereno, di
solito quando la gente parte per il picnic si aspetta già di doverlo
fare sotto i ponti, o in qualche capannone abbandonato. Dipendendo
dalla clemenza del tempo atmosferico la gente di Mologno, nel giorno
del cosiddetto Merendino, giocava a bocce sul circuito squadrato
delle strade sassose, quelle con la fascia di erba nel mezzo, che
come angoli avevano le loro quattro case in mezzo ai campi, oltre il
passaggio a livello del treno, andando verso il fiume Serchio. Mi
ricordo di averne seguito un giorno gli sviluppi, ero bambino e la
gente non litigava ancora per stabilire se Barga faceva o meno parte
della Garfagnana. Chi non giocava portava il vino e la roba da
mangiare, era un divertimento, perché si facevano coloriti commenti
accompagnati dalle relative bestemmie e da bicchierotti di rosso, una
cosa alimentava l'altra e il gioco era più che altro un veicolo di
ghiaia. Le vecchie tradizioni ora si sono perse e, anche chiedendo
agli abitanti dei luoghi in questione, si ricordano appena di questa
cosa, secondo me invece d'importanza non indifferente.
Quando sono a letto e non mi addormento facilmente, cosa niente
affatto rara, vado a cercare conforto nelle cose del passato remoto,
nei ricordi nebbiosi e lontani, almeno mi sento bene e - anche se non
dormo - la respirazione prende un ritmo più umano, più a misura di
polmoni conosciuti e rassicuranti.
Non ho potuto fare a meno di notare che le idee migliori mi vengono
quando sono sdraiato e al buio, forse perché così non le posso
annotare. Quelle che leggete qui ora sono solo una seconda o terza
scelta, un ricordo ormai assai sfocato di quelle belle frasi,
complete di virgole e punti, che mi sono automaticamente dimenticato
appena infilate le ciabatte. Svanite che mi sono dalla mente, una
volta che sto con la vorace penna in mano, o addirittura davanti al
computer acceso e scalpitante, trepido e impaziente mi scopro
piuttosto incapace, scrivo l'elenco della spesa da fare al
supermercato, dimenticandomi che poi non ho nemmeno la stampante.
L'uomo
è nevrotico. E il fenomeno non riguarda soltanto un limitato numero
di casi, è l'umanità, in sé, a essere nevrotica. Il problema non è
quindi quello di prendersi cura di alcuni individui; si tratta di
curare l'umanità in quanto tale. La nevrosi è la condizione
dell'uomo poiché ciascuno attraversa un'esperienza educativa
condizionante. Non gli si consente di essere semplicemente quello che
è... no, ognuno si sforza invano di sembrare normale, ma non lo è,
la normalità è una convenzione scomoda per tutti.
Personalmente non sono uno specialista, ma solo figlio di uno che in
vita lo è stato e modestamente la nostra casa era nel bel mezzo del
recinto dell'Ospedale Psichiatrico di Maggiano. Figurarsi che mi
hanno chiamato poi a fare lo scrutatore per tre volte nello stesso
manicomio, dove anche i pazienti votano, come ovunque in Italia,
giacché è difficile stabilire con certezza se una persona è
incapace d'intendere e di volere. A mio modesto parere quasi nessuna
lo è, anche se a vari e distinti livelli, il voto e i suoi stessi
risultati sono una manifestazione di questa mia teoria, piuttosto
difficilotta da dimostrare. Bisognerebbe fare prima dell'improbabile
autocritica e sarebbe pure una salutare ginnastica, ma purtroppo
preclusa ai più, per la stessa tendenza auto-affermativa della
società e quindi di riflesso dell'individuo, o viceversa. Causa ed
effetto girano a loro piacere, si scambiano il posto, in questo caso,
ma anche in altri che non sto qui a spiegare: pure io non li capisco.
A mio favore c'è anche la famosa legge Basaglia, ma forse avrebbe
liberato meglio i pazzi dai manicomi, se avesse dichiarato
apertamente l'inutilità degli stessi, visto che fuori ci sono più e
migliori matti che dentro. Gente che fa dei danni allargati anche a
livelli regionali, nazionali e internazionali. Stendiamo un velo
pietroso, dei macigni ci vorrebbero, eventualmente marmorei e apuani.
Come dicevo prima, mio padre era uno specialista della mente umana, di
quella degli altri, che nella sua non ci capiva altrettanto bene,
capita anche nelle peggiori famiglie. La menzogna è un passato senza
eccessivi testimoni, si potrebbe anche dire, se qualcuno ci
ascoltasse, ma non è questo il nostro caso attuale. Almeno negli
ultimi decenni, tutti parlano ma l'importante è che nessuno ascolta
veramente, qualcuno fa finta. Ogni tanto qualche parola, esigue parti
di frase, più raramente un'ombra di concetto, trapelano tra le
dichiarazioni auto-celebrative, perché sfuggono al loro controllo,
distratto da cose effettivamente assai più importanti. Mio padre
tecnicamente non era affatto bugiardo, era solo piuttosto esagerato.
La parte migliore veniva quando, dopo aver gonfiato a dismisura la
sua storia, chiedeva relativa conferma a mia madre, che pur senza
eccessivo entusiasmo assentiva e poi cercava ripetutamente, ma
invano, di cambiare argomento. Noi bambini qualche volta siamo
intervenuti in quei discorsi da grandi, pur non direttamente
interpellati, per puntualizzare le effettive misure di quelle
situazioni alle quali avevamo casualmente e nostro malgrado
partecipato. Ci hanno sempre e malamente scoraggiato però, anche se
non ne abbiamo capito bene il motivo ci siamo adeguati a tacere,
soffrivamo, come mia madre, ma in silenzio.
Una volta adulto non sono affatto diventato un intellettuale, per
carità, né un antropologo, no, però mi sorprendo spesso a studiare
il comportamento umano. Come ieri al banchetto dei libri usati,
nell'omonima piazzetta poco frequentata. Quasi senza accorgermene mi
sono progressivamente avvicinato a quei due, apparentemente attirato
dai volumi grossi e pieni di pagine, che invece non avrei mai
comprato giacché assai poco pratici da leggere a letto. Solo per
ascoltare quel dialogo seduto tra la commessa e un suo amico barbuto
con l'accento sudista. Parlavano di amore senza mai nominarlo, di
vibrazioni ricordandone spesso la natura tremula e incontrollabile.
Mi sono incuriosito, all'inizio senza rendermene conto, ma mi muovevo
già in loro direzione. Uno strano fenomeno si stava verificando,
mentre io senza fingere credevo d'interessarmi davvero a quei
pesantissimi tomi lì accanto, i due parlavano a turno, forse di
rapporti tra uomini e donne, di casi specifici ai quali avevano preso
parte attiva. Senza interrompersi però, né cambiare continuamente
argomento, sembravano addirittura ascoltarsi a vicenda e per
sincerarmene, ogni tanto, da qualche finestrella trai libri degli
scaffali, ne scrutavo attentamente le facce, che parevano
autenticamente assorte, dalla maniera di guardarsi negli occhi e
dalle prossime e relative orecchie persino seguire le vibrazioni tra le righe delle scambievoli
frasi. Un tenero affresco dei tempi che furono: commentavano a tono
quello che avevano poc'anzi udito, e niente affatto a sproposito. Non
voglio entrare nel merito dell'intelligenza delle loro affermazioni,
ma era tanto tempo che non assistevo a uno spettacolo così
ammirevole, che quei libroni enormi che non avrei accettato nemmeno
in regalo, per una qualche proprietà transitiva, improvvisamente mi
sembravano cose rare e auspicabili perfino per una futura lettura, o
anche solo per guardare le figure. Io stesso, che come attore sono il
peggiore che conosco, dovevo parere così assorbito da quell'indagine
letteraria, che loro non ci hanno fatto caso più di tanto, anche se
ero a un metro e mezzo di distanza, hanno continuato a confessarsi i
reciproci fatti personali più intimi totalmente a loro agio, finché
lui se n'è andato e io ho comprato una monumentale storia degli
ebrei, solo per quattro euri, perché la
copertina era rovinata e mancavano sei pagine strappate. Mi sono
avviato verso la macchina schiacciato da quel peso non indifferente,
è vero, ma alleggerito in tutti gli altri sensi.
La storia illustrata degli ebrei mi ha sempre affascinato, a suo
tempo me ne avevano prestata una bellissima in portoghese, piena di
foto, pitture, papiri e testimonianze. Però avevo fatto l'errore di
restituirla, anche sapendo che al proprietario non gliene fregava
niente, non l'aveva e non avrebbe mai letta, si era addirittura
scordato di averne mai posseduta una, cercò perfino di convincermi a
tenermela. L'onestà è una cosa incontrollabile, come la puntualità,
non so da chi le ho ereditate, la colpa credo che sia ancora di mio
padre. Certo che una volta erano robe più scusabili e tollerate, ma
ora non più.
Tornando alla letteratura, questa sconosciuta,
riesco a perdonare molti difetti ai libri gialli e a quelli comici,
quelli buoni sono i più difficili da scrivere, ma sono pochi che ci
riescono. Lo stesso ai film corrispondenti. Tolleranza zero ai film
d'amore e alle tragedie, parimenti ai libri da cui sono tratti. È
così facile identificarcisi che si possono fare a occhi chiusi e si
assomigliano un po' tutti. Chi riuscisse poi in un'unica opera a
ficcarci dentro tutto, in un ordine anche sparso ma comprensibile,
senza perdersi nel mare dello spazio siderale, dono tutta la mia
massima considerazione, per quel poco che vale, gli posso perdonare
quasi tutto, ma anche in questo caso non posso esagerare. Premesso ma
non concesso che non interessa a nessuno del mio giudizio, terminerei
dicendo che non riesco proprio a giustificare i film o i libri che
ricalcano storie già lette e rifilmate, che se ne vadano
rispettivamente affanculo. Lo so che sono la maggior parte, di tante
o forse troppe disponibili, pazienza. Tutti scrivono e nessuno legge,
tutti filmano e nessuno sa distinguere un pastrocchio d'ingredienti
cucinati a caso da un'opera d'arte.
Meno male che non siamo tutti uguali,
d'accordo, ma non c'era bisogno di esagerare tanto, dico io. Chi
siamo noi si riassume nei ricordi, poi, il risultato di tante cose
passate è quello che oggi vediamo allo specchio. Riflettere è
sinonimo di specchiarsi, in alcuni casi, di vedere il proprio
riflesso, di pensare alla situazione, a se stessi, alla vita, alla
nostra porzione attuale. Intanto scene del passato spuntano fuori da
un quadro, da un calendario, da un libro, dallo stesso computer,
perfino da uno specchio.
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