Ramiro
Guitierrez di Buenos Aires, 58 anni, commercialista, sposato con 2
figli.
“Come va
l'esistenza?”
“Bene. Ho
attraversato periodi peggiori.”
“Per
esempio?”
“L'epoca
della dittatura, ma non ho voglia di parlarne, sembra che sia l'unico
argomento per noi Argentini. Che palle!”
“Mi ha
detto prima che lei scrive.”
“Sì.”
“Che cosa?
Cioè quale genere?”
“Riflessioni,
piccoli racconti, perlopiù.”
“Pubblicati?”
“Sì, ma
senza arricchirmi con le percentuali.”
“Ha
qualcosa da dire a riguardo?”
“Beh...
sì, magari che la riflessione è da sconsigliarsi quando la
stanchezza e lo stress accumulati durante il giorno lavorativo
possono ingannarci, calpestando ogni possibile buona idea, per
lamentarsi in coro delle ingiustizie della vita in generale e della
parte a noi destinata da chissà quali arroganti divinità. La nostra
mente al mattino, dopo una colazione leggera ma nutriente, si suppone
sia al massimo dell'efficienza, ammettendo che là dentro ce ne sia
ancora e che possa dare anche dei frutti piacevoli. Meglio lasciar
perdere del tutto il pensiero quando è negativo, dico io e magari
cogliere l'occasione propizia per ripassarsi le tabelline, che ne so,
magari i verbi irregolari della lingua inglese o anche di quella
tedesca.”
“Si sente
realizzato nella sua vita?”
“Sì. Non
pienamente, lucidamente credo che nessuno potrebbe dichiararlo, la
vita ci viene sempre fuori differente da come volevamo, ma posso dire
di essere fortunato, sia perché sono nato in una famiglia che con
tutti i suoi innumerevoli difetti, si è dimostrata meglio di tante
altre conosciute, sia perché la mia nazione, l'Argentina, mi ha
proposto, piuttosto obbligandomi a tante e assai variate prove di
pazienza dalle quali, uscitone sconfitto, vincitore o ancora più
spesso con un pareggio non sempre considerato onorevole, mi hanno
fortificato, quando anche potevano facilmente affossarmi più o meno
in maniera definiva, ma indubbiamente questo sono io e allora quello
che avrei potuto essere, se fossi stato più debole, o diverso in
altri aspetti da quello che sono, qui e ora non c'interessa.”
“La morale
conseguente?”
“Vincere o
perdere, questo pare il vero significato per molta gente, l'unico
motore dal quale vengono a poco a poco macinati, inevitabilmente,
perché la vittoria non esiste che in teoria, se in pratica si vedono
tutti i giorni altri vincitori almeno apparentemente ancora più
forti davanti a noi. Del povero pareggio non interessa niente a
nessuno, o quasi. Invece non competere è uno dei segreti del
successo, (se anche fosse il successo che c'interessasse, che non è
certo più il mio caso,) perché ci fa stare meglio con noi stessi e
con gli altri e non c'infarcisce la testa di falsi valori indotti
dalla società ipocrita. La gente vuole prendere tutto quello che
vede e non sa rinunciare a niente, poi si sorprende quando rimane con
un pugno di mosche in mano, ma se si fermasse un momento capirebbe
che tante cose non valgono nemmeno la pena e si potrebbero scartare a
priori.”
“Per
esempio?”
“Per
esempio tradire la propria moglie, o eventuale marito, sembra quasi
un cimento obbligato, con tutte le opzioni che ci sono attorno...
come si può rinunciare a tanta manna caduta dal cielo e almeno
teoricamente gratis?
Si calcola
che una grassa percentuale di tradimenti coniugali siano
statisticamente da accadere con amici e\o amiche di famiglia, le
quali, nei fatti, a guardarsi un po' intorno non si potrebbero
nemmeno considerare come potenziali candidate.”
“Ne ha
parlato con i suoi amici?”
“Con
qualcuno sì.”
“Non si
sono offesi?”
“No,
perché non parlavo di loro, ma degli altri, un po' in senso generale
e gliel' ho anche specificato, naturalmente.”
“Si
spieghi meglio, per favore.”
“Parlo
delle donne degli amici, perché ovviamente gli uomini delle amiche
non m'interessano da questo punto di vista. Non che siano brutte, no,
no, anzi, ma la società moderna, anche se quella antica non la
conosco perché non c'ero... beh, quella moderna e attuale,
specialmente nelle grandi città, produce esseri stressati e
sgradevoli che averci una semplice conversazione, sentirsi
interessati a quello che possono dire e così via, insomma a starci
insieme anche solo dei quarti d'ora è una scommessa persa in
partenza. Nel meccanismo dell'attrazione sessuale, si muovono varie
componenti, certo, ma là nel mezzo c'è anche qualcosa di
mentalmente riconducibile alla maniera di fare del partner, forma e
contenuto insomma, o ci dovrebbe essere, ma nel mio caso specifico,
(che poi sono vari e ripetuti casi simili almeno nel risultato,) non
c'è.”
“Ne ha
parlato a sua moglie?”
“Sì,
nessuno di noi due vuole un rapporto extra, intendiamoci, si tratta
solo di teorie, sulle quali lei si è dimostrata d'accordo con me.”
“Che
lavoro fa sua moglie?”
“Neuropsichiatra
infantile.”
“Continui
pure se ha qualcos'altro da dire a riguardo.”
“Certo.
Quando ero giovane tante donne che io idealizzavo, senza conoscerle,
mi sembravano fenomenali, m'innamoravo in quella tipica maniera
latina, senza essere minimamente corrisposto, poi non avevo occasione
di vederle come erano e mi creavo inutili ma dolorosi idoli. Ora che
sono più attempato mi accade proprio il contrario, la bellezza conta
poco o nulla, la sensualità se è costruita diventa addirittura
ridicola, la simpatia poco spontanea diventa addirittura peggiore
dell'antipatia. Noi uomini di mezza età, se non siamo schiavi di
personaggi stratificatisi col tempo e la noia, non stiamo cercando
affatto occasioni del genere, stiamo solo considerando che se queste
signore dovessero esserci appetibili dal punto di vista sessuale o
anche intellettuale, meglio ancora se un misto delle due cose... beh,
lasciamo perdere. Sono fortunato quindi perché la nostra generazione
ci ha destinato persone così poco simpatiche, (non parlo solo delle
donne, ma anche degli uomini, naturalmente,) che quelle del passato
sembrano stupende. Non solo, ma quando si trova una persona gradevole
allora la vita ci pare meravigliosa e qualche volta succede,
raramente, ma così forse è anche meglio, meno scontata e un po'
misteriosa.”
“Quindi il
suo discorso si estende anche agli amici?”
“Sì,
certo, molti di loro sono cambiati in peggio, poi ci sono anche le
nuove conoscenze potenziali, perché spesso o quasi sempre è meglio
lasciar perdere fin dall'inizio. Certo che poi qualcuno dei vecchi è
anche migliorato e ogni tanto si conosce qualcuno nuovo che vale la
pena.”
“E
attraverso le reti sociali?”
“Anche, ho
buoni amici di internet che personalmente non ho mai incontrato, ma
che stimo e mi fanno pure divertire.”
“Anche
all'estero?”
“Sì,
direi soprattutto.”
“Qual è
il senso della vita, secondo lei?”
“Boh?
Cercare di stare bene, forse, di far star bene le persone a noi
vicine.”
“Lei ha
paura di qualcosa in particolare?”
“No, non
mi pare, forse del domani, chi ha attraversato una dittatura come la
nostra...”
“La gente
che conosce, in generale di cosa ha paura?”
“Di tutto,
vedo gente che vive in funzione di una fuga dalle sue paure, gente
che teme la sua stessa ombra, questo forse è il problema maggiore.”
“I suoi
figli che cosa fanno?”
“Sono
adulti, già sposati, Mauro è detective privato, Pina è
veterinaria.”
“Stanno
bene?”
“Stressati,
un po' come tutti, eccessivamente razionali tanto da risultare
irrazionali, ma credo che stiano meglio di tanti altri, in maniera
diversa l'uno dall'altra, certamente.”
“Va la
pena di fare figli al mondo d'oggi? In senso generale vala la pena di
vivere?”
“Ci sono
alternative? Non mi pare.”
“Si
spieghi meglio, per favore.”
“Se uno
pensa che non valga la pena di vivere non fa nemmeno figli, ma se uno
pensa di non avere possibili alternative, magari li fa, nonostante
tutto, senza un grande entusiasmo forse, ma li mette al mondo. Perché
la vita, bella o brutta, è tutto quello che abbiamo.”
“Ideali ed
eventuali prospettive?”
“Bisogna
considerare la vita, il mondo, tutto quello che ci circonda come un
miracolo, allora siamo più positivi e tutto ci riesce meglio, se
apprezziamo quello che ci viene dato, che forse non è molto,
potrebbe essere meglio, d'accordo, ma questo è quello che passa il
convento.”
“La sua
vita fuori da Buenos Aires, o dall'Argentina potrebbe essere stata
migliore, forse?”
“Forse,
anche in un altro periodo storico, magari. Ma credo che anche lì,
voglio dire sia nella storia che nella geografia, non esiste una
perfezione, nemmeno soggettiva, bisogna adattarsi e prendere quello
che c'è.”
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