Quando lavoravo come professore di materie
scientifiche mi sorpresi di quanti soffrissero della strana ‘Sindrome del Bastiancontrario’.
Se in classe mi azzardavo a dire una cosa di cui
ero obbligato a citare l’esistenza, ma di cui ero anche certo dell’inutilità,
ecco che per loro, automaticamente, diventava la più importante ed unica
questione, almeno fino alla fine della lezione.
Molti di loro se la ricordavano anche nelle
seguenti e insistevano nello spiegare per forza, a tutti, nuove ed interessanti
sfaccettature sulle quali si erano esaustivamente documentati.
Non valeva la pena di dargli eccessiva
soddisfazione, perché allora si convincevano ancora di più dell’importanza nascosta
dell’argomento in questione.
Col tempo imparai a mettermi un po’ da parte e a
considerare questi soggetti soprattutto a livello antropologico.
Dopo un po’ quelli si stancavano, soprattutto se
nessuno li contrastava.
Ho notato che ci sono anche persone che se tu
dici che i peperoni ti hanno fatto male, per esempio quelli che erano sulla
pizza, vogliono convincerti che era un’altra cosa, ma non i peperoni.
Se dici che il caffè non ti fa dormire, per loro
diventerà un punto d’onore dimostrarti che non è vero, è solo una questione
psicologica.
Un mio conoscente è convinto di essere bravo a
fare i discorsi, cosa dalla quale invece
io mi sento terrorizzato.
Ne è proprio orgoglioso e quando ce n’è bisogno
lo chiamano immancabilmente,
Se qualcuno gli chiede qual è il suo segreto,
dice che sono tre:
1)Prima dico quello che sto per dire
2)Poi lo dico
3)Dopo ripeto quello che ho detto.
Naturalmente, poi, finita la lista dei
ringraziamenti e delle ruffianate, lo scheletro del discorso vero e proprio sono
dei luoghi comuni triti e detti mille volte da altri in occasioni del genere o
anche completamente differenti, durante conferenze o celebrazioni di qualsiasi
tipo.
La maggior parte della gente la pensa come me, a
riguardo: i discorsi sono cose che nessuno ha voglia di fare e nemmeno di
ascoltare.
Proprio ieri ho visto un documentario sull’archeologia
e anche sulla scienza in generale, in cui gli intervistati dicevano che teorie
nuove, o prove importanti che cozzavano con tutto il precedente di quella
materia, venivano accantonate e nascoste, semplicemente perché scomode, si sarebbe
dovuto mettere tutto di nuovo in discussione.
Sono arrivato alla conclusione che gli umani
amano ingannarsi sistematicamente: prima lo fanno con se stessi, poi con gli
altri, gli altri lo fanno con loro e la verità rimane perlopiù intoccata.
Tutto questo non gl’impedisce certo di
sventolarla come una bandiera sacra e inviolabile, ma ne parlano come una cosa
astratta, che naturalmente non conoscono e nella pratica non vogliono nemmeno
conoscere, anzi: ci stanno attentissimi a non venirne nemmeno sfiorati.
Se si tratta di una facciata piace a tutti, però
nella sua applicazione pratica non gl’interessa, perché è una cosa scomoda.
La verità è troppo rigida, si capisce, invece la
bugia apre un ventaglio enorme di possibilità, si può scegliere quella che ci
piace di più, quella che ci avvantaggia maggiormente, se ne avessimo bisogno,
se ne possono cambiare anche delle parti, strada facendo.
Si sfocia di nuovo inevitabilmente nell’antropologia,
una scienza molto vasta che io posso dire d’ignorare profondamente, ma che mi
affascina.
Nella mia routine di ogni giorno, cerco di
capire gli esseri umani e meno ci riesco e più mi appassiono all’argomento.
Leggo riviste specializzate e mi studio
persino i grafici, confronto me stesso e la mia esperienza attiva nel mondo
degli umani, pratiche e teorie, parole e omissioni: assordanti silenzi.
Ogni tanto mi
chiedo come fanno le persone senza scrupoli a dormire la notte.
La risposta è
nel modo in cui certe cose agiscono dentro la mente, quindi anche nel corpo del vivente, si capisce bene
che a loro non fanno male, ma non è affatto un calcolo o una scelta comportarsi
così.
In maniera
retroattiva si riesce a comprendere, eppure non a prevenire, i meccanismi non
sono semplici e soprattutto non agiscono alla stessa maniera sui differenti soggetti.
Sempre accanto
a me, mia moglie non condivide affatto la passione per l’antropologia
maccheronica, spesso mi prende in giro e confesso che mi ci diverto anch’io a
discutere tesi che non riesco a dimostrare nemmeno a me stesso.
Almeno
abbiamo un argomento che ci tiene impegnati, Luiza è l’unica persona con cui
parlo abbastanza, tutti i giorni, specialmente durante i pasti, la mattina e la
sera a letto.
Ci accomuna
soprattutto un determinato senso dell’humour, prendiamo sul serio tutto e
niente.
Normalmente lei
però tende a dimenticare quello che ci siamo detti, e anche la mia memoria non
è più quella di un tempo, per cui registro di nascosto le nostre conversazioni.
Il fatto è
che poi lei dice che mi sono inventato quelle cose e poi mi vengono dei dubbi
anche a me.
Non che
m’interessi di aver ragione, fino a poco tempo fa non le avevo nemmeno detto
niente, ma grazie al mio trucchetto ho potuto registrare il nostro dialogo,
avvenuto a letto, la sera verso le 22, mentre sorseggiavamo camomilla e ascoltavamo
musica classica a basso volume.
Inutile dire
che è diventato un documento storico, per quello che si è saputo dopo.
Di solito
sono io che lancio l’argomento, Luiza è più stanca, passa la sua giornata in
mezzo alla gente e ha meno voglia di parlare:
-Sai che cosa
ho scoperto oggi?
-No.
-Indovina.
-Che ne so?
-Prova a
indovinare.
-Vediamo:
oggi sei uscito, quindi possono essere successe tante cose, molte di più del
normale, di quando stai a casa, cioè nel 99% dei casi. Che non rispondi nemmeno
al telefono…
-Non è vero,
magari non mi scapicollo per arrivare in tempo… e poi a volte non riesco
proprio a comunicare con questi forsennati che chiamano per vendere qualcosa.
Se ci metto
un secondo per pensare, poi, prima di rispondere, figurati che pensano che io
abbia riattaccato…
-E a volte
riattacchi veramente.
-Nooo, e chi
te lo ha detto?
-La mia nuova
amica Xica…
-È nordestina?
-Sì, sei per
caso diventato razzista?
-No,
figurati, solo che la maggior parte di quelle che telefonano dai Call Center
sono del Nordest…
-Va bene, la
prossima volta le dico di fare un accento più Paulista…
-Così avremo
risolto anche questo caso.
Tornando a
noi, non riesci proprio ad indovinare che cosa può essere successo oggi di
sconvolgente?
-Non lo so,
lasciamici pensare in maniera logica, con calma. Oggi, io, per esempio, so che
sei andato dal dentista, non è che avevi appuntamento anche con Pedro?
-No, ma la
mia scoperta riguarda tutti e due, ma in maniera diversa, questi stimati
professionisti.
Stimati da
te, almeno, non da me.
-No, certo,
quando mai? Allora che hai scoperto? Che sei omosessuale e che da grande vuoi
fare il dentista?
-Vabbè, vedo
che stai pensando ad uno scherzo, ma invece è serio, piuttosto drammatico
direi…
-Come sei
sempre esagerato… Allora, me lo vuoi dire tu? Vedi che mi sto cominciando a
preoccupare…
-Brava!
Proprio preoccupata devi essere, perché ce n’è motivo, te lo dico io…
-Mi vuoi dire
finalmente di cosa stiamo parlando?
-Sì, hai
ragione, te lo dico subito: Pedro è uno psicopatico.
-Come uno
psicopatico? Ma se è uno psichiatra…
-Infatti,
questo è il tragico della commedia della vita, della sua assurda ma a volte
divertente mistura di tragedia e commedia…
-Non dire
cretinate. E poi, come è che tu hai potuto fare una scoperta del genere? Perché
proprio oggi?
-Beh, oggi
dal dentista, ho dovuto aspettare una mezzoretta, quindi come al solito mi sono
attaccato alle riviste, ce ne erano di nuovissime, ancora cellofanate ed allora
ne ho scelta una pseudo-scientifica… non mi ricordo come si chiama, ma è una
nuova, non l’avevo mai vista.
-Una rivista
mai vista, interessante...
-SUPER-INTERESSANTE!
Ecco come si chiama!
-Bel nome,
veramente, originale e per niente sensazionalista.
-Tutte lo
sono, il mondo occidentale è diventato così, le notizie sono merci da vendere e
nient’altro.
-È vero. Quindi
è stata questa rivista che ti ha sussurrato in un orecchio che Pedro è
psicopatico?
-Non direttamente,
ma mi ha fornito un identikit sorprendentemente perfetto, combacia troppo bene
per non essere vero…
-Tu sei fuori
di testa.
-No, NOI
siamo fuori di testa, tu perché mi obblighi a queste sedute con uno psicopatico
ed io che so che non ne avrei bisogno, nemmeno se fosse una persona degna, la
qual cosa non è.
Solo perché,
ora che sono in pensione, non esco e me ne sto qui tranquillo tutto il giorno,
allora per te è un motivo di preoccupazione.
Se ti ho assecondato finora, lo ho fatto per te, per farti stare tranquilla, magari anche perché ero curioso, ma ora non mi
chiedere di continuare.
-Il mondo è
rimasto uguale a prima, come te lo devo dire? Chi è diventato eccessivamente
critico sei tu, uomo perennemente in pantofole e vestaglia di raso.
-Questo lo
dici tu, vedi che il mondo è peggiorato forte, rifiutarsi di guardare le cose
in faccia non serve.
-Sei tu che ti
rifiuti di uscire, non io.
-Esco solo
quando è necessario. A che serve uscire se poi dopo ci si limita a fingere che
tutto vada bene, che niente sia cambiato?
-Quella che
finge sarei io? No, caro, bisogna cercare anche di essere positivi no? Chiudersi
in un bunker non ha senso.
Ma, aspetta
un po’, perché dicevi che SIAMO fuori di testa? Pensavo che tu insinuassi che
lo sarei stata solo io, da come sei partito…
-Infatti, ma
sono fuori di testa anch’io, solo perché ti do retta e acconsento a farmi
scandagliare il profondo del mio essere da un pazzo che magari è pure
pericoloso…
-Ma che
pericoloso? Se me lo ha raccomandato Carlos! Eppoi è l’unico disposto a fare
visite a domicilio...
-Che
meraviglia! Due motivi più che validi: ecco da chi è venuta la raccomandazione,
da uno che ha passato la vita sdraiato sul divanetto ed è diventato sempre più
scemo… se tu me lo avessi detto prima mi sarei rifiutato, stai sicura.
-Non ti è
simpatico, lo so, ma Carlos è una persona intelligentissima…
-Su questo posso anche essere d'accordo, però si comporta come un idiota, da chi ha imparato non
lo so, certo che i suoi vari terapeuti sono stati capaci solo di farlo
diventare sempre più cretino.
Sembra quasi
un finocchione.
Non ho niente
contro i finocchioni autentici, intendiamoci, ma quelli che lo sembrano e basta,
per fuggire da qualcos’altro...
-Lo so, la
vita ci delude spesso, non è quasi mai come ce la eravamo immaginata…
-No, ma è
inevitabile, guarda: in alcuni casi sembra che ci si sforzi proprio perché le
cose vadano male, la maniera di cercare la felicità unilateralmente e in
maniera ossessiva porta per forza ad una profonda infelicità…
-Sì. Sì, me
lo hai detto miliardi di volte. Vabbè, torniamo a noi: che diceva la rivista?
-Diceva che
lo psicopatico non è sempre un delinquente, come tutti pensano, anche se in
prigione se ne trova la maggior percentuale, cioè il 20%.
Può essere
una persona gentilissima, manipolatrice, arrivista, che non lega con nessuno e
sa capire meravigliosamente bene i sentimenti degli altri e come sfruttarli
alla perfezione, anche se lui, lo psicopatico, non ne ha.
Ma è proprio
questo il suo trucco.
-E questo
identikit sarebbe quello di Pedro? Ma se è una persona stupenda, solare, sempre
allegro, intelligente e disponibile…
-Scusa, ma tu
lo conosci? Mi avevi detto di no...
-No, l’ho
solo incrociato un paio di volte, che però mi hanno confermato questa
impressione, chi me ne ha parlato e in termini entusiastici è stato
proprio Carlos…
-Ecco, come
volevasi dimostrare.
-Cosa?
-Cencio ti
dice che Straccio è una persona eccezionalmente positiva e tu cosa fai? Gli
credi? Sono due grandi falsi, te lo dico io, solo che Carlos è fondamentalmente
buono, il suo problema è l’abbondanza di sentimenti che gli provoca una turbolenza
di confusione in testa… ma Pedro no, è sottile e a volte perfino
impercettibile, ma se solo si rende necessario ecco che ti passa addosso come
un caterpillar e ti schiaccia… e sai perché? Non ha sentimenti, ha sempre
ragione lui, perché è determinato e se si fissa che qualcosa è come dice lui e
non come dici te, è meglio che ti scansi, sennò sono cazzi tuoi… a forza di
frasi e insidie verbali ben mirate, ti mette k.o.
-Non è che invece
sei tu che esageri? Non sarebbe la prima volta. Fammi qualche esempio pratico.
-Niente di
trascendentale, sempre piccole cose, infatti non ti ho mai detto niente, ho
sempre saputo che gli psicoterapeuti hanno un carattere forte…
Però certe
robe sono indicative, lo avevo sospettato, ma ora lo so di certo.
-Allora,
questi esempi?
-Beh, come
sai noi due fissiamo gli appuntamenti di volta in volta, perché lui ha un’agenda
molto movimentata, quindi io devo stare a quello che vuole lui ed è anche
giusto, perché da pensionato posso fare quello che voglio e quando voglio, poi
essendo lui disposto a venire qui, dopo tutto, non posso avere pretese
supplementari…
-Va bene, ne
abbiamo già parlato più volte, non c’è bisogno di spiegarmi…
-Sì, scusa,
allora lui per esempio dice: ti va bene martedì alle 19?
Io dico: sì
va benissimo.
Poi lui ci
ripensa, dice no, martedì no, va bene giovedì alle 16?
Certo, sì,
per me va bene, rispondo io.
Poi magari mi
ritelefona e cambia di nuovo l’orario.
In alcuni
casi è riuscito a cambiare fino a quattro volte, data e ora.
E sempre io
gli rispondo di sì.
Bene, il
giorno prestabilito poi non viene, o viene un’ora prima, o mezz’ora dopo, o all’orario
in cui l’ora doveva terminare.
Spesso non è
un problema, per me, tanto io di fissato non c’ho niente.
Ma quello che
mi manda in bestia è che lui nega, dice che sono sempre e solo io a sbagliarmi…
-E non
potrebbe essere?
-Guarda, la
prima volta con tutta la confusione che aveva fatto mi sono ricreduto anch’io,
di quello che ne avevo pensato, ma dopo, con metodo e diligenza mi sono messo a
segnarmi tutte le volte che aveva cambiato e l’ultimo appuntamento, quello
valido…
-E allora?
-Tu lo sai
che quando io mi metto ad usare metodi scientifici ho una certa capacità… non
mi succede spesso, ma se mi sfidi divento di un’esattezza millimetrica…
-Non sempre.
-Quando è che
mi sono sbagliato?
-Quella volta
che dovevi andare a prendere Marcio all’aeroporto, per esempio.
-Ma te l’ho
detto che non trovavo la chiave di casa, che potevo fare? Uscire e lasciare la
porta aperta? O cercare disperatamente di ritrovarla? O rimanere fuori fino al
tuo ritorno?
-Va bè, sì,
un fattore esterno era intervenuto in questo caso.
-Che poi eri
stata tu che avevi preso per sbaglio la mia, quindi io ho dovuto cercare la
tua…
-Vabbè,
vabbè, ammetto che a volte faccio dei pasticci, tu sei molto più ordinato; poi,
quando ti convinci che vuoi essere scientifico, sei veramente un mostro.
Ma tornando
alla tua storia?
-Tornando
alla mia storia, non mi ricordo dove eravamo rimasti.
-Che ti
segnavi tutti gli orari metodicamente.
-Infatti,
così ho fatto, ma lui ha continuato a negare, poi ha iniziato ad inventare
altre scuse: che mi aveva mandato un messaggio con il telefonino, per
avvertirmi che non poteva venire, che aveva avuto un imprevisto.
Messaggio che
io puntualmente non avevo ricevuto, o avevo ricevuto solo il giorno dopo, o
solo qualche ora dopo…
-Ma tu perché
non mi hai mai raccontato niente?
-Bella
domanda. All’inizio mi vergognavo io per lui. Poi ho cercato di capire meglio
cosa stava succedendo.
Confesso che
all’inizio ho dubitato di me stesso, da tanto che questa storia mi pareva paradossale.
Pensavo che
magari ero io che ero impazzito, o che Jonesco da morto mi aveva catturato e
ficcato in una delle sue opere teatrali…
-Certo che te
sei esagerato sempre, nel bene nel male…
-Questo è
vero, la colpa diventa indirettamente mia, a volte mi ci infilo tanto che ne
soffro più del necessario.
Certo molto
di più di uno che non ha sentimenti…
-Ma poi che è
successo?
-Poi ci ha
provato anche con gli e-mail: ma il trucco era lo stesso, qui ho pensato che
era solo un povero idiota, ma ancora di più lo ero io che gli davo retta.
Finché gli ho
detto che era inutile continuare, che tutti e due sapevamo quale era la realtà,
perché sforzarsi tanto di negarla?
-E lui?
-Ha tirato
fuori delle scuse così stiracchiate che si schiantavano da sole, ha cominciato
a dire che i suoi pazienti in genere facevano di peggio… cose senza senso,
almeno per me, ha perso totalmente la logica… e senza mai ammettere che aveva
mentito e pure ripetutamente, solo per non fare brutta figura…
-Beh...
-Intendiamoci,
non che siano cose di grande importanza, ma quando siamo arrivati quasi a
litigare, mi è sembrato così assurdo, che io mi metta a nudo, che io mi apra
nelle cose più intime con lui, che mi faccia dire che cosa dovrei fare da uno
che si comporta come un bambino, che inventa ramificatissime scuse solo per
evitare di ammettere di essersi sbagliato…
-Beh, se è
così hai ragione, però da questo a dire che è uno psicopatico…
-Allora
leggiti questo identikit. Secondo me combina.
La donna coi
bigodini si mette a leggere la rivista che l’uomo in pantofole, uscito dal
dentista, aveva comprato, per guardarsela con calma.
L’articolo è
di sei pagine, con varie fotografie, grafici, composizioni di figure, il tutto abbastanza
sensazionalista.
“Ci sono 69
milioni di psicopatici nel mondo, l’1% della popolazione mondiale, 20% della
gente che è in prigione, 86,5% dei serial killer.
È 4 volte più
comune trovare psicopatici nelle imprese che nella popolazione in generale.
Lo
psicopatico non ha sentimenti, ma sa riconoscere, interpretare e poi usare,
meravigliosamente bene, i sentimenti degli altri.
Mostra
ammirazione per il talento e per i punti forti della vittima. Vuole essere
visto come l’unico che veramente nota il suo potenziale nascosto.
Identifica
perfettamente le caratteristiche della personalità della vittima e finge di
condividere gusti ed interessi.
La vittima,
pensando di aver trovato finalmente un amico, gli confida i suoi segreti più
intimi, apre il suo cuore rivelando paure e speranze.
Ultimo stadio
della manipolazione, lo psicopatico crea un anello di congiunzione psicologico
che promette una relazione stabile.
È
superficiale, non gli importa dei contenuti, ma solo di come potrebbe
‘venderli’
È narcisista:
si preoccupa solo di se stesso
È
manipolatore: mente e usa le persone per riuscire ad ottenere quello che vuole
È freddo, è
razionale e calcolatore, perché ha poca attività nel sistema limbico, centro di
emozioni come paura, tristezza, disgusto.
Senza
rimorso: non sente colpa. La parte del cervello responsabile ha bassa attività.
Senza
empatia: non riesce a mettersi nei panni degli altri.
Irresponsabile:
si impegna solo in ciò che gli può portare benefici.
Impulsivo:
tenta di soddisfare le sue necessità al momento
Incapace di
pianificare: non stabilisce mai una meta a lungo termine
Imprudente:
corre rischi e prende decisioni audaci”
(fonte: Without Conscience - Robert Hare)
Forse mia moglie non aveva tutti i torti, sono
sempre stato un po’ esagerato, sia nel correre troppo velocemente alle
conclusioni, che poi a fondarci sopra tutto il mio credo a venire.
Secondo lei non correvo alcun rischio, e alla
luce dei fatti a seguire aveva ragione lei, solo che nessuno di noi poteva
saperlo.
Intanto io non mi sentivo affatto tranquillo
e ho detto a Pedro che poteva bastare così, lui non ha protestato, credo che
abbia pensato che fosse per via dei nostri attriti.
Di questo con lui non ne ho parlato,
naturalmente, ma credevo che in questo caso fosse proprio lo psicoterapeuta che
avesse bisogno di una robusta cura, non io.
Per quanto misantropo, solitario e diffidente
sono una persona abbastanza equilibrata, almeno in vecchiaia, lo sono diventato
sempre di più e lo vedo soprattutto confrontandomi con gli altri.
Ma psicopatici si nasce o si diventa?
Non lo so, però tutto il mondo occidentale,
spinto dalla voglia di risultati, dall’assurdità di voler sempre crescere in
spazi e tempi limitati, si sta
comportando alla stessa maniera, solo che non se ne accorge.
Insomma: magari nessuno nasce cattivo, ma è
la società, quindi la vita stessa, che ti porta a delle distorsioni del tuo
carattere che a volte sono da te conosciute e persino bene, ma alle quali non
puoi sfuggire.
Che cosa era successo a Pedro Calheiros, per
diventare quello che era, non poteva essere troppo differente da quello che era
accaduto a tanti altri, che però avevano sfogato le loro magagne in modo
diverso.
Alla luce di quello che venne fuori, solo un
anno dopo, certo si poteva dire che Pedro fosse uno psicopatico, ma di un tipo
abbastanza raffinato, perché non era uno che inseguiva solo il traguardo, ma si
godeva, in una certa qual maniera, anche il percorso.
Uno psicopatico in genere vede il suo lavoro
solo come mezzo per arrivare a risultati in denaro e/o potere.
Invece Pedro amava in qualche modo distorto
ed abnorme il suo lavoro, tanto che lo proteggeva anche da se stesso, come si
capirà in seguito.
Quando ho messo in dubbio la sua
professionalità, nel caso di orari e appuntamenti non rispettati, per la prima
volta ha perso la sua sicurezza, ha inventato scuse senza senso.
Forse non volendo lo avevo colto in un punto
debole.
Apparentemente era uno normale - se solo la
normalità esistesse - intelligente e tutto, arguto e affabile, forse un po’
troppo solitario, ma quello non è un crimine, sennò per primo arresterebbero me.
Recitava a memoria, meravigliosamente bene e
senza ridere, le battute dette dagli altri, ma io l’avevo capito che era solo
un cliché, che non era tanto per divertirsi, le usava piuttosto per far credere
che lui fosse quello che voleva che gli altri credessero.
Magari il fatto che avesse un codice di
comportamento assai logico e pieno di buonsenso, nei limiti del possibile, gli
aveva permesso di agire indisturbato per anni.
La gente sarebbe voluta più volentieri
rimanere nella sua ignoranza, rispetto a questa sgradevole verità, a cominciare
da Luiza.
Ho saputo che diceva sempre che la realtà non
aveva temperatura, Pedro, quando qualcuno lo accusava di interpretarla con una
certa freddezza.
Alla fine sono rimasto antropologicamente impressionato,
se così posso dire, oltre che da tanti particolari assurdi ma anche logici, da
altri dettagli per me ancora incomprensibili.
Delle sue venticinque vittime ora si sanno vita
morte e miracoli, compresa la tecnica usata con ognuna di esse, attraverso
giornali e programmi televisivi che si fanno grassi sulla morbosità della situazione.
La sua etica professionale comunque è fuori
questione: si è scoperto che non ha ucciso nessuno dei suoi pazienti, nemmeno un
ex.
Del movente quindi nessuno ci capisce niente,
Pedro ha massacrato delle persone di tanti tipi differenti e che non si
conoscevano tra di loro, alcune lui le conosceva, altre no.
Un serial killer colpisce una determinata
categoria, qualcuno che fa parte di un folle disegno, spesso dalla logica
complessa e distorta, ma alla fine, col senno di poi, comprensibile.
Qui sembra che le vittime siano state scelte
a caso, oppure facevano parte di quella larghissima fascia dell’umanità che non
erano mai state, nemmeno per un secondo, in cura da lui.
Era questa la loro colpa?
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