Trai più grandi fumatori di pipa spenta potremmo annoverare Gastolfo Porcelli Diaz, filosofo contemporaneo brasiliano coi baffi.
Portatore sano di spelacchiate imitazioni scolorite di camice scozzesi a scacchi e di bretelle variopinte che certo non hanno giammai avuto l’assurda pretesa di combinare, poco più sotto i suoi proverbiali sandali coi calzini di lana.
Gastolfo è un uomo dalle convinzioni ferree, eppure assai flessibili.
Disponibile e assai deciso, ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette, a discutere le proprie opinioni con chiunque, soprattutto quando quel chiunque, dall’altra parte, non ne ha alcuna intenzione.
Per Gastolfo Porcelli Diaz, è un atteggiamento sospetto, non c’è nemmeno bisogno di dirlo.
Chi non si manifesta, ha qualcosa da nascondere, che magari nasconde anche a se stesso, allora non va bene.
Sente che deve intervenire, non fosse altro per l’immediato benestare di questa persona, ma anche per il suo stesso bene, più a medio e lungo termine.
Da studente è stato leader della destra e poi della sinistra, le due esperienze non gli sono piaciute, ma gli hanno aperto altre porte.
Dopo, infatti, si è dichiarato apolitico, ma sempre con il maggior fervore, criticava i due lati e pure chi, nel mezzo, dava ragione a tutti e due o magari a nessuno.
Che cosa significa, in fondo, avere ragione?
Avventuratosi, a quei tempi, come un esploratore nella foresta della logica pura, all’università dove ora sta insegnando, la USP di S.Paulo, si era formata un’accanita associazione di opposizione contro di lui, le sue idee e le sue invadenti manifestazioni.
“Dicevo delle solenni stronzate. Senz’altro un buon numero e quotidianamente.” Commenta Gastolfo a riguardo. “Fin qui niente di strano. È uno sport assai popolare. Però mi si attribuiva un’importanza che secondo me non avevo, questo mi ha fatto riflettere.”
Non è che rappresenti un particolare onore, né per lui né per altri, ma oggigiorno è considerato da alcuni l’unico filosofo vivente di nazionalità brasiliana, da altri un emerito rompiscatole.
Insomma qua è l’unico che se la sente di dire la sua, cercando di non approfittarsi del fatto che pochi ascoltano.
Tra le sue convinzioni più tenaci c’è quella della multipla efficace soluzione per un problema, la multipla risposta potenziale per una stessa domanda, la molteplice e varia possibilità di scegliere la propria strada nella vita e così via.
Il tema che più spesso e volentieri lancia è quello del fisiologismo, cercando di allarmare la gente che vive la sua vita facendo solo quello che crede essere necessario, senza capirlo e meno ancora pensando di cambiarlo.
All’USP la lezione di filosofia con il professor Porcelli è una discussione aperta su temi proposti dagli allievi, se si parla dei grandi pensatori universali è solo di rimbalzo, cogliendo l’occasione se e quando capita.
Lui da’ ragione a tutti e a nessuno, ma ciò che rifiuta con tutte le sue forze è il dogma.
Normalmente, all’inizio, si offrono dei volontari per proporre l’argomento da dibattere, poi si tira a sorte, mentre lui traffica con degli appunti scritti su fogli accartocciati alla meglio, di ogni tipo e grandezza, disposti come capita, in una mastodontica cartella di finta pelle, un po’ come rifiuti in un mondezzaio.
Poi Gastolfo ricorda la formula consueta, cioè che sarebbe meglio rammentarsi di attivare il cervello prima di parlare, ma che non si deve avere paura di dire delle cazzate, che tanto quelle vengono fuori lo stesso, a volte proprio perché ci si sforza troppo di dire cose intelligenti.
Uno di questi giorni è stata la volta dello studente Anailson Furtado Da Paz a lanciare il tema:
“Professore, Spinoza dichiara che noi, cioè gli esseri umani qua sulla terra, non abbiamo alcun libero arbitrio.”
“Ah sì?”
“Lei che ne dice?”
“Io niente. E tu?”
“Io dico che noi, invece, abbiamo la possibilità di scegliere.”
“Bene… tutti d’accordo?”
Silenzio rotto solo dal lontano ronzio di una mosca, forse due, non più di tre.
“Tutti voi pensate che Anailson abbia ragione?”
“Direi che spesso con la scusa di proteggerla si nasconde la verità alla gente.”Interviene Inacio Antunes.
“Sì, bene… e allora?”
“Beh, la gente non è libera di scegliere, se non sa la verità.”
“Vuoi farci un esempio?”
“L’energia nucleare.”Interviene Martinha Etchevarria.
“Molto bene…”
“La gente sa che cosa è il nucleare, se sceglie di permetterlo, nel suo paese, è perché ha fatto i suoi conti.”Considera Anailson.
“Giusto. O magari, invece, no.”Dice Porcelli.
“No, infatti, le notizie sono contraddittorie, tendenziose, si omettono dati importanti, il cittadino è trattato come un bambino.”Dichiara Oscar Schulze.
“E non lo è, invece?”
“Forse lo è anche, in molti casi, ma non per questo si devono prendere decisioni al posto suo.”Sempre secondo Schulze.
“Ma i politici non sono eletti dal cittadino?”Provoca Porcelli con una faccia tra il serio e il distratto, guardando fuori dalla finestra.
La numerosa classe ride.
“Teoricamente sì.”Dice Teofilo Bachrid con aria rassegnata.
“Perché mai tu ci dici: teoricamente?”
“Perché il criterio alla fine è lo stesso, il cittadino è ingannato anche in questo.”
“Quindi?”
“Beh, perlopiù al mondo si fanno le cose in maniera fisiologica, quasi obbligata per inerzia, senza chiederci a cosa portano…”
“E la libertà?”
“Libertà è solo una bella parola, come democrazia.
Sì, suonano bene, tutte e due hanno il loro fascino, ma tante volte, o quasi sempre, si usano a sproposito.
La gente viene manipolata: l’ignoranza non solo è permessa, ma incentivata, quello che si può fare - e non è molto, perché la pressione attorno, per i soliti motivi economici, è assai forte - diventa automaticamente obbligatorio.”
“È questo il fisiologismo? Se ne parla sempre più spesso, di questa fila di pecore portate al pascolo, poi nell’ovile, da un pastore manipolatore, ma quello che significa l’abbiamo già detto. Ora vogliamo vedere invece come si sviluppa e le sue conseguenze?” Borbotta Porcelli girando tra i banchi con le mani unite dietro la schiena e il corpo curvato in avanti.
Dopo una pausa di qualche secondo, è la signorina Isabel Deyna che chiede:
“Il fisiologismo è dovuto al fatto che la gente crede di non saper vivere in un’altra maniera?”
“Forse. Però: come si comincia a vivere in maniera fisiologica? Qualcuno vuol proporre qualcosa?”
“Prima di tutto si deve essere un po’ rassegnati?” Domanda Schulze.
“Meglio non sapendo di saperlo?” Dice Ge Pa Doo Ik.
“L’ignoranza aiuta?” Chiede Bernardo Guinghelevski.
La numerosa classe rumoreggia, ride, borbotta.
“Altre domande che possano rispondere, almeno in parte, alla nostra questione?”
“Chi vive la routine, senza tentare di deviarne il corso, alimenta necessariamente il suo stesso modo di vivere fisiologico?” Chiede ora Paula Maltagliati.
“Ma la causa di tutto questo non è la società stessa? Cioè la maniera in cui tutti imitano gli altri, senza chiedersi il perché delle cose? ” Interviene Carmen Saviola.
“Forse, ma la società non siamo noi stessi?”Chiede perplesso il professore alla lavagna perfettamente pulita e vuota.
Pausa lunga e larga, profonda assai.
“Siamo sulla strada buona, non preoccupatevi, io penso che abbiamo già capito per lo meno due cose importanti, qualcuno vuole dire quali?”
“Che la filosofia è rappresentata più dalle domande che dalle risposte?”Dice Marina Katerinov.
“Senza dubbio… la seconda cosa, però, quale sarebbe?”
La seconda cosa, però, come spesso succede, non viene in mente a nessuno, Porcelli gira a testa bassa e borbotta tra sé e sé, poi confessa:
“Ragazzi miei, io non ve la metto giù come regola fondamentale, (che sennò i vostri genitori mi prendono a calci nel culo,) ma devo ammettere che le cose più importanti e decisive per il mio futuro immediato, o anche a medio o lungo termine, sono state quelle cose che tutti mi dicevano di non fare.
Esempio: mi dicevano di non venire ad abitare a S.Paulo, che era caotica, inquinata e pericolosa.
Invece ci sono venuto e tutto è andato meravigliosamente bene, perché ho imparato tante cose, anche se a volte non è stato facile, mi hanno rapinato ventidue volte, sono stato trascinato dalla corrente del fiume Tiete in piena, ogni giorno sopporto bestemmiando, come voi tutti, imbottigliamenti e congestionamenti a catena... però, nonostante tutto è stata, io direi, una roba troppo necessaria, nell’ambito della mia cazzo di vita.
Sono venuto qua perché sono testardo come un mulo, non solo, ma anche perché non credo a quello che tutti dicono, non ci ho mai creduto.
Se su una cosa tutti sono d’accordo io sono automaticamente contrario, per principio.
Anzi, un determinato filosofo danese diceva che le grandi masse di persone non hanno mai ragione, perché seguono come pecore un comportamento stereotipato, vanno dietro a un leader, o a più di uno, gente che spesso non ha idea di quello che sta facendo. Oppure che vuole manipolarli. O tutte e due le cose allo stesso tempo.”
“Kierkegaard?”Azzarda Claudinei Queiroz.
“Proprio lui, ma che diavolo voleva dire con questo?
Che è meglio essere scettici che accettare verità create da altri, ragionare col proprio cervello e non avere l’assurda pretesa di una risposta subito per ogni domanda urgente.
Che ne so, ci vuole calma, dico io.
Sennò quella è la miglior maniera per non capirci niente, per perdere addirittura il nostro baricentro.
Non si può barare con noi stessi, se c’inganniamo, per poi ingannare gli altri, che è il secondo passo, che schifo di gente saremo?
A che scopo, poi? Ma chi vogliamo fregare?
Per questo faccio parte della scarsamente numerosa, ma anche per questo formidabile e fottuta scuola degli Scettici Tranquilli, come voi ben sapete.”
“Professore, ci può fare un altro esempio pratico di scetticismo tranquillo, che lei abbia avuto occasione di provare, nella vita di tutti i giorni?”Chiede Monique Balthazar.
“Di domanda pressante, ma senza risposta?”
“Sì.”
“Beh, la prima cosa che mi viene in mente è che tanta gente dice che in Brasile ci sono pessimi insegnanti di filosofia, cioè dicono che sarebbe meglio che non si insegnasse per niente, la filosofia, se la si deve insegnare così male.”
“E allora?”
“E allora non so rispondere a questa domanda.
Non so se è meglio in una maniera, o nell’altra. Che ci posso fare?”
“Non è vero, lei è un insegnante fottutamente efficace.”
Porcelli fa una faccia perplessa, gonfia le gote e poi lascia uscire l’aria a poco a poco, alla fine boccheggia come un pesce palla.
Parte della classe ride, l’altra rimane seria.
“Beh, comunque anche qui abbiamo capito almeno due cose. Quali?”
“Se qui in Brasile la gente dice le cose indirettamente, succede anche che quello che dice, a volte, significa proprio quello che sembra.”Dice Inacio.
“Esatto e l’altra?”
Silenzio incrinato dal volo ronzante di una mosca, al massimo due.
“L’altra era che qui in Brasile, quando si tenta di generalizzare la gente dice: no, conosco un caso in cui non è così... ma che vuol dire? Cioè una regola generale ha sempre eccezioni, una regola generale non significa che non esistano uno o più casi, magari pochi, ma che non rispondono alla regola. No?”
Ronzio di mosche in lontanza, automobili e clacson, brusio e risatine.
“Mi è venuta in mente una terza cosa, di conseguenza a queste due, ma anche alle due di prima.”
“Di quali due?”Chiede la signorina Cinara Azevedo.
“Lasciamo perdere quali, ora mi spiego: ho notato che se io chiedo due o più conseguenze al nostro ragionamento appena formulato, voi me ne trovate solo una.
Questo può significare almeno due cose, la prima ve la dico io, così, magari voi, stavolta, mi trovate la seconda.
Vogliamo provare?”
Silenzio.
“La prima è che io, almeno apparentemente, mi diverto a complicarvi la vita, in realtà vi voglio preparare alla vita, che semplice non è.
E la seconda?”
Silenzio assoluto.
“Va bene, saltiamo la seconda. Ma la terza?”
Sshhhhh.
“E la quarta?”
Non si sente volare nemmeno un elicottero lontano, ma dove sono andate a finire tutte le automobili di S.Paulo?
“Sono contento che siamo arrivati al punto essenziale della nostra lezione, certamente per caso, ma proprio ora, cinque minuti prima della campanella.
Siete stanchi ed avete fame, eh? Fra poco mangerete, non vi preoccupate.
Allora: proprio nessuno vuole tentare, prima di andare ad addentare la sua meritata salsiccia?”
Ecco dove sono andate a finire le mosche, forse.
“Molto bene, allora: se voi rispondete alla seconda questione, direi che quella è puramente simbolica, rappresenta anche la terza e la quarta e così via.
Affanculo l’unicità, perché è una fregatura.
In due parole, non vi mettete mai a cercare un’unica soluzione ai vostri problemi.
Volete proprio essere la punta della piramide?
Vi conviene, per esempio, puntare ad essere il primo della classe?
No, certo che no, chi ve lo fa fare?
Perché allora anche essere secondi vi sembrerà frustrante, eppure essere secondi è buono e giusto.
Questa è la grande fregatura della competizione.
Esistono tante soluzioni al vostro quesito, ma la seconda risposta è la più importante, perché è simbolica, scaccia dalla mente questa idea balzana dell’unica risposta possibile, dell’eventuale primeggiare, giacché secondeggiare o terzeggiare può essere ugualmente bello, se non meglio.
Un esempio scemo, ma attuale?
Io sono considerato il primo e unico filosofo brasiliano vivente, non è che sia un titolo molto ambito, d’accordo, ma come ci sono riuscito?
Perché me ne sono fregato e continuo a fregarmene, del titolo in se stesso, di quello che pensa la gente, della competizione trai filosofi?
Non pensavo e non penso mai al risultato, ma alla strada per arrivarci e se non ci arrivo, arriverò da qualche altra parte, è giocoforza, mi ci porta il mio stesso movimento.
Buon appetito, ci vediamo giovedì, stessa ora, stesso posto.”
È praticamente impossibile mettere commenti, l'unica opzione è quella dell'ANONIMO.
RispondiEliminaInteressante la filosofia applicata sotto forma di dialogo!
Anonima Torinese