Era iniziato l'inverno e ormai da
tre anni interi mi ero separato dalla mia seconda moglie. A dire il vero quegli
anni erano volati ed era stata proprio lei ad andarsene.
Tre anni di solitudine, di Facebook e notizie false. Da una decina almeno avevo cominciato a fondare e ad abbandonare ciclicamente gruppi di Facebook, ad alimentare la mia amicizia con gli animali, cani e gatti e a credere sempre di più di aver sbagliato pianeta.
Non che la Terra fosse brutta,
anzi, la natura era proprio meravigliosa, ma era troppo piena di gente. Non
credevo più all'amicizia, e anche se la colpa fosse stata solo mia, cambiare a
sessantacinque anni era piuttosto arduo e improbabile.
E poi io mi piacevo ancora, con
tutti i miei difetti, dentro di me ero così pieno di personalità differenti, di
prove di capacità inframezzate da altrettante incompetenze, ricordi buffi e
situazioni tragicomiche. Insomma non mi sembrava di aver bisogno degli altri,
da solo mi facevo compagnia, senza sforzo producevo abbastanza movimento e stronzate.
Sapevo anche di sbagliarmi, in un certo senso, ma era troppo tardi e non avevo
voglia di discuterne con nessuno, tantomeno con me stesso.
Non credevo più all'amore per una donna,
oppure ci avevo sempre creduto poco, forse perché mi rendevo conto che io ero
troppo complicato e diverso dalla maggior parte della gente, maschi o femmine
che fossero.
Non so se il matrimonio sia la morte
dell'amore. A dire il vero non so nemmeno l'amore cosa sia. All'inizio era
infatuazione, poi amicizia, condividere interessi e sogni, poi è sopraggiunta
la noia.
Sapere già tua moglie cosa sta per dire, che
cosa pensa, ripetere le stesse situazioni all'infinito. Naturalmente anche da
parte sua capisco che sia lo stesso, perché una persona può essere anche
intelligente, imprevedibile, divertente e simpatica, ma va avanti con una
specie di comportamento, che rimane sempre simile a sé stesso.
Noi, bambini a oltranza, in generale abbiamo
bisogno di sicurezze, ma poi sono proprio quelle che ci stancano, che invece di
essere rassicuranti, alla fine ci
annoiano.
L'amore per me me sarebbe
voler tanto bene a questa tua compagna che ogni cosa che fa, (anche se spesso
prevedi cosa e come,) ti fa tenerezza, ti diverte e non ti annoia. Dovresti
ammirarla e apprezzarla, anche nei suoi difetti, senza riserve, senza volerla
cambiare.
Mi è capitato di
pensare che con qualcuna questo miracolo avviene e non si stanca di avvenire
ogni giorno, ma non è facile trovarla e un altro miracolo sarebbe che quella
poi voglia condividere con te tutta questa attenzione, tenerezza e ammirazione
senza voler piantare tutto, desiderare qualcos'altro o qualcun altro.
C'è da dire che i miei interessi e
le mie necessità erano simili a pochi individui, poche persone mi piacevano,
eppure starci insieme mi stancava. Forse loro parlavano troppo o io troppo
poco.
Il rapporto con i cani e i gatti
però era decisamente migliore. Loro mi stimavano e io apprezzavo la loro
compagnia senza parole, senza giudicare, senza fare commenti.
Ada era morta a tredici anni,
esattamente come tutti i miei cani precedenti, non ero certo superstizioso, ma
il numero tredici ricorreva nella disgrazia. Per ovvi motivi avrei preferito il
diciassette, ma era evidente che non era disponibile.
Al suo posto, meno di un mese dopo,
avevo adottato Tatiana, che avevo subito soprannominato Cocca. Forse
perché avevo rivisto diversi telefilm del Maresciallo Rocca con Gigi
Proietti, ambientato a Viterbo e una serie con Nino Manfredi chiamata Commissario
a Roma. Come forse si usa nella regione Lazio, affettuosamente chiamavano
Cocca le rispettive figlie, entrambe già adulte.
La vita dell'emigrante con
l'internet è migliorata. Nel senso che si possono trovare, registrare,
ascoltare e vedere video del proprio paese a migliaia di chilometri di
distanza. In più si possono scaricare musiche e libri, fumetti e altre cose
ripescate dalla nostra infanzia. Insomma ci si trasferisce nello spazio e nel
tempo, in maniera spesso piacevole e romantica.
L'Australia è un paese
accogliente, magari un po' fuori mano, ma almeno qua ci si sente piuttosto lontani
da certi scandali assurdi e i governi sono più consoni ai gusti dei cittadini,
rispetto a tanti paesi occidentali.
A proposito: noi qua non siamo né
orientali né occidentali, per quanto grossa, siamo un'isolona piuttosto isolata
e per di più l'interno è alquanto desertico. Gli stessi nostri animali non
assomigliano a quelli delle altre nazioni. Basta guardare il canguro e il
koala, l'ornitorinco assomiglia a diverse bestie mischiate, ma solo
fisicamente, dentro di sé lui si sente in tutt'altra maniera.
Non dico che i nostri politici
siano rigorosamente onesti e le prostitute assolutamente vergini, ma siamo
avvantaggiati in tante cose, per esempio abbiamo i migliori ubriachi del mondo,
per ettolitro pro capite e così via. Sono anche tanti e aumentano.
Purtroppo o per fortuna io mi sono
scoperto diverso anche in questo: dopo aver bevuto assai fino a una ventina di
anni fa, sono diventato praticamente astemio. Magari una birretta gelata quando
è caldo e se trovo del vino buono italiano in città, ogni tanto me lo sbafo con
piacere.
Droghette leggere sì, ne ho
consumate un po' in gioventù, ma mai quelle pesanti. A dire il vero la cocaina
l'ho provata due volte, ma non mi è sembrata quel granché. Forse perché io
apprezzavo già la calma e la lentezza più del contrario eventuale e se il mondo
corre sempre di più io freno con tutta la mia forza. Nella vita bisogna essere
pratici, fuori non lo so, non ci sono ancora mai stato, ma non manca tanto
tempo.
Parlando di Facebook, durante gli
anni sono arrivato a fondare e successivamente a non abbandonare un unico
gruppo, dove non si parla tanto, per sua stessa definizione, ma si apprezzano
canzoni, video, foto e frasi fondamentali, quasi tutte copiate altrove, ma a
volte anche mie.
Il gruppo si chiama Senza
Parole (La Lingua è un Virus) ispirato a una canzone e al relativo film
musicale di Laurie Anderson.
"Evitiamo
stereotipi e mode, le polemiche che diventano tormentoni teleguidati, la
pubblicità e la propaganda, naturalmente riavvicinamoci alla natura. Gli
animali ci fanno capire tante cose sugli uomini. Parlare è bene, starsene zitti
anche. Qualche ululato ogni tanto non fa male a nessuno."
Ci ho scritto di lato
per far capire cosa e come, dove, quando... e soprattutto perché. Voglio che
s'intenda di schianto che le apparenti democrazie e il politicamente corretto
mi hanno ormai scassato il meridione del corpo. Se nel gruppo in questione
qualcuno si azzardasse a fare il furbo, io lo butto fuori pressoché subito.
Tutto questo per introdurre il
fatto - non trascurabile -che una donna avevo notato nel mio gruppo da anni, la
quale non aveva mai messo un singolo mi piace, o manifestato una
qualsiasi preferenza, tale Tula Buelhoff, di Cincinnati, Stati Uniti. A un certo punto
lei mi scrisse un messaggio.
Per ovvi motivi io non avevo mai
detto la verità su me stesso, nel mio profilo risultava che io abitassi in Cina
e avessi ottant'anni, addirittura avevo tre profili e tre nomi differenti, che
usavo a turno, ma quello con il mio vero nome era quello che usavo di meno.
Nel mio gruppo c'erano
duecentodiciotto persone, alla sua massima estensione, ma poche partecipavano,
forse meno di cinquanta.
Tula risultava visionare il
materiale, senza scrivere mai niente. Era sposata, o almeno diceva di esserlo e
dalle foto che c'erano sul suo profilo, anche dei relativi figli, sembrava
verità.
Io sono curioso in generale, ma
non a livello personale, non mi piace infilarmi nella vita delle persone, anche
perché non desidero che si ficchino nella mia.
Apprezzavo in silenzio la sua
presenza abbastanza continua nella sua saltuarietà, la sua timida discrezione e
avevo notato che la sua foto era rimasta sempre la stessa, con una maschera
nera da carnevale che copriva parte del viso, attorno agli occhi. Io invece
cambiavo foto spesso, non sempre ce ne mettevo di mie, a volte foto di animali
o scene di film, pure qualche mostruoso cortese, magari dei cartoni animati, in
riferimento a cose che solo io sapevo.
In breve Tula mi disse che invece, secondo
lei, ero un tenerone, che le piacevo e che mi voleva incontrare.
Io
obiettai che vivevamo piuttosto lontani in quantità e qualità di migliaia di
chilometri e che lei era sposata. Lei rispose che invece eravamo a meno di
venti chilometri di distanza, lo aveva capito dalle foto che mettevo su
Facebook, entrambi avevamo barato sui luoghi di residenza.
Mi
aveva perfino sgamato sui tre profili e nomi differenti. A volte io facevo
dialogare tra di loro i tre personaggi, come se fossero tre persone differenti,
era un giochetto che mi garbava, mi sembrava buffo, ma non so se gli altri ci
cascavano. Lei mi aveva scoperto per esempio, e ci si era pure divertita.
Il
suo nome, strano e composto, anche era falso. Si chiamava Lucia Concordi, di
origine italiana, toscana e aretina. Ma se era sposata o no, non me ne accennò.
Allora
cominciai a inventarle opportune e relative scuse: ero troppo vecchio per
innamorarmi di nuovo, stavo bene con le mie bestiole, non avevo soldi, se era
quello che voleva da me, lei aveva un
marito e dei figli a cui rendere conto.
Lucia
probabilmente ci rimase male, alla sua maniera. Se ne stette in silenzio per
mesi, senza mandarmi una parola scritta, che ne so, un qualche velato o meno
vaffanculo orale e registrato.
Poi
una sera me la trovai sulla soglia della porta di casa e la riconobbi subito,
non ebbe bisogno di dire niente.
Non
era sposata, le foto erano false, prese di qua e di là. Non aveva bisogno di
soldi, ma solo di una buona compagnia. Una persona complessa andava bene, ma
pur anche gentile e buffa.
Le
dissi che di complessità ce ne avevo e pure in abbondanza, ma non garantivo
affatto sulla gentilezza. Sapevo di essere buffo, ma era una cosa che non mi
piaceva che mi dicessero gli altri.
Rise della mia preoccupazione, del mio ingiustificato terrore di aprirmi con lei e delle mie battute... che io dicevo in completa serietà, non per farla divertire, ma solo per mettere le mani davanti. Mi sentivo invaso dal nemico e non capivo che era solo per uno stupido partito preso.
Avevo sempre pensato che non avrei mai fatto niente, o rifiutato di fare qualcosa, per uno stupidissimo partito preso. Evidentemente mi sbagliavo.
Se ne andò, sorridendo ironicamente, per niente convinta del mio rifiuto di potersi almeno frequentare come amici.
Mi lasciò lì piantato come un cretino, quale ero senza dubbio, ma non me ne rendevo ancora conto, almeno in quella ben precisa situazione.
Fino
a questo punto però non ho detto che lei mi piaceva assai. Aveva uno sguardo
birichino e una calma necessaria per ascoltare tutte le cazzate che dicevo,
rimanendo piuttosto imperturbabile, ma con un sorrisino appena accennato che mi
faceva stare sulle spine, ma in modo gradevole, mi pareva.
No,
ne ero sicuro.
Nel
gruppo poi continuò allo stesso modo di prima, senza giammai pronunciarsi, ma visionando
spesso il materiale da me postato. Scoprii che andavo sempre a vedere se lei
c'era o no, e allora pubblicavo delle cose che pensavo che le sarebbero
piaciute. In fondo non sapevo niente di lei, ma se le ero piaciuto io, allora
le cose che piacevano a me dovevano garbare anche a lei. Come il verbo garbare
per esempio, tipicamente toscano, evidentemente le garbava.
Insomma
mi stava facendo lentamente bollire nel mio stesso brodo, come la famosa rana
nell'acqua calda. Il bello è che mi faceva anche sentir bene, eppure mi sentivo ansioso come
un adolescente alla prima cotta.
Erano
passati due anni dal nostro primo incontro, girottolando al supermercato
Bloomington, fatta una curva attorno a uno scaffale di scatolette di tonno e
acciughe, me la trovai di colpo davanti e ci rimasi come uno stoccafisso.
Lei
sorrise in maniera incantevole, secondo me aveva calcolato il mio tragitto e si era
fatta trovare lì davanti come se fosse per caso.
Il
cuore mi batteva forte e dissi le prime imbecillaggini che mi vennero in mente,
lei rise divertita e snocciolò con estrema naturalezza le sue. Anzi, con una
specie di abile e falsa timidezza, mi fece sentire non troppo scemo e in un
certo senso pure un paonazzo e imbranato padrone del gioco, che invece era
tutto suo.
Senza
ulteriori parole la baciai, davanti a tutti.
L'ultimo bacio che avevo dato - alla mia seconda moglie - doveva essere stato almeno un decennio prima. Per pura fortuna avevo mangiato una mentina da poco.
La
sera la gatta cerca di stare in mezzo tra di noi, a guardare la tivù, ma la
mandiamo via. Il calore reciproco del nostro corpo, sebbene in Australia faccia
un caldo dannato, ci è troppo necessario.
Incredibile
a questa età trovare finalmente qualcuno che interpreta la vita come una
bambina, per combinare con un altro eterno bambino. Due piccioncini che vedono l'esistenza come un bizzarro scherzo della natura, insomma.
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