L'aglio e la
cipolla nel mangiare quotidiano mi piacciono e fanno anche bene, ma la mia
vicina non riesce a cucinare niente senza e allora non ci sto. Si tratta poi di
aglio già pronto, comprato in vasetti che di agliesco vero e proprio conserva
un puzzo che ci assomiglia, ma non è lui.
Va bene.
Sono un rompiscatole, diciamo pure un filosofo contemporaneo, forse esagero da
una parte, ma il mondo occidentale lo fa dall'altra, quello orientale forse è
peggio, ma lo conosco meno.
Mia madre in qualsiasi tipo di controversia tra me e un qualsiasi altro opponente, maschio o femmina che fosse, adottava un sistema confermato e bilanciato dalla sua esperienza: dava sempre ragione a loro. Nonostante le mie proteste di quei tempi, ora devo ammettere che raramente si sbagliava.
Sono
arrivato alla conclusione che vivere con una donna per me non è facile, ma
vivere da soli è più difficile, non voglio dire con questo che la donna sia
peggio dell’uomo, ma che sono molto differenti e spesso perfino incompatibili.
Spesso le donne sono migliori degli uomini, almeno come intenzioni, ma nella
pratica diventano un po’ troppo ansiose… insomma, che mi fate dire? Ovviamente
ogni caso fa storia a sé, anche se a volte si assomigliano. Confesso che non mi
sento nemmeno troppo simile agli altri uomini, sia per lo stile di vita, che
per la mentalità.
Magari
è il mondo intorno che ci porta a competere anche a casa, e dopo un secondo
matrimonio fallito, non escludendo le mie colpe, che sono state certo superiori
alle medesime dall’altro lato della tenzone, mi sono trovato di nuovo solo. La
casa all’improvviso era dolorosamente silenziosa, una alla volta le mie due
mogli erano state sbatacchiatrici e nervose, instancabili camminatrici da una
stanza all’altra, apritrici acerrime di porte e finestre, in cucina era un
rumore di pentole e padelle sbattute insieme, aiutandosi con le necessarie
forchette o lunghi cucchiai, mestoli minacciosi.
Silenziosa
si fa per dire, perché muro a muro avevo una famiglia assai rumorosa, gli
cadeva tutto in terra e spostavano continuamente i mobili, io non capivo
perché, anche alle undici di sera. Rimasto da solo a rimuginare cosa avrebbe
potuto essere e non era stato, o almeno non a sufficienza per un qualsiasi
diverso risultato, notavo di più il rumore dall’altra parte, per via
dell’assenza del medesimo dalla mia.
Il
silenzio in Brasile è una cosa rara, occasionale ed effimera, gli stessi
animali sono più chiassosi. Io invece ero cresciuto in campagna in Italia, in
epoche in cui era normale e continuo, ora non lo è più nemmeno là.
In
più la gente è diventata iperattiva proprio nel periodo in cui io cercavo di
frenare, di riposarmi, di fare un po’ di mente locale, invece di correre
intorno come facevo prima.
Diciamo
che loro avevano già quella tendenza crescente, io invece accorgendomi che era
inutile, se non dannoso, avevo cambiato la mia e volevo finalmente un po’ di
pace.
Andare
controcorrente a volte sembra scomodo, ma secondo me è peggio continuare a
testa bassa facendo finta di non accorgersi che ci si dà la zappa sui piedi.
Diciamo che è l’ambiente che non aiuta, ma non ne abbiamo altri, forse
bisognerebbe andare in cima a una montagna e fare gli eremiti, ma anche quello
non è per niente facile.
Non
so più cosa divide e cosa piuttosto accomuna le persone brasiliane e quelle
italiane, dopo tanti anni qua sto confondendo un po’ le carte, è normale.
In
più ci sono italie e brasili differenti e sempre più somiglianti, passati,
presenti e futuri che si mischiano senza averne piena coscienza e correndo
tutti dietro ai soldi, o solo alla fisiologica sopravvivenza e ai beni
materiali che in teoria dovrebbero dare libertà e sicurezza, invece
indirettamente te la tolgono.
Insomma
mentre ero in casa a cercare di guardare un film, a scrivere, a cucinare, o a
mangiare, sentivo tutto quel frastuono fuori dai miei muri. Di musica, di voci
umane gridate e di macchine che passavano, di martelli e di scavatrici, per
tutto il giorno, la sera poi che tornavano i genitori dal lavoro e la nonna
lasciava la bambina lì con loro, ecco tutto il rumore dei tre insieme che
sembravano dieci o venti, fino ad andare a letto e allora mi veniva voglia di
cominciare io a sbattere qualcosa per disturbarli un po’, ma non lo facevo,
forse solo perché per primo avrei disturbato me stesso.
Da
notare che vivo in campagna, forse è meglio dire che piuttosto trattasi di una
periferia piena di verde e poche case, ma il guaio è che la gente che ci vive
dentro guarda la TV, fa blocco con una globalizzazione impazzita e si sente
unita con il movimento crescente e ansioso di un mondo che non sa cosa vuole,
ma lo insegue instancabilmente 24 ore su 24, cioè anche mentre dorme.
Con
il tempo ho imparato a riconoscere i rumori dall’altra parte del muro e a farne
un’interpretazione che poi non ho mai saputo se fosse esatta o meno. Un
classico immancabile la sera era quando dovevano dare da mangiare alla bambina,
non so che età avesse, ma non andava ancora a scuola, forse aveva quattro anni,
più o meno.
Allora
ogni sera per prolungate e interminabili mezzorate, la madre le urlava di
mangiare e lei piangeva e strillava perché non voleva. Non so se l’avevano
portata da un medico, ma qualcosa che non andava ci doveva essere, perché non
era un fatto marginale né provvisorio, si parlava di mesi, se non di anni.
Ho
notato che non solo qui, ma anche in Italia, la gente ha difficoltà a capire
cosa è occasionale e quello che invece diventa sistematico e regolare. Oltre a
questo cosa sia necessario o cosa sia invece accessorio.
Cosa
vogliono poi questi algoritmi?
Le leggi
delle probabilità sono forse state scoperte per essere usate contro gli esseri
umani?
Non ho potuto fare a meno di notare che noi esseri umani
scappiamo sempre da qualcosa, non sappiamo bene cosa fare della nostra
esistenza e trasformiamo le nostre fughe dalla realtà in obbiettivi da
raggiungere, come se li avessimo autonomamente scelti.
Se la realtà è una cosa troppo vasta, se le opzioni sono
teoricamente infinite, imitiamo quello che vediamo intorno a noi, a cominciare
dal mondo del lavoro, ma anche del cosiddetto tempo libero.
Ci rifacciamo a modelli che abbiamo osservato attorno a noi, non
li possiamo sperimentare tutti, ma preferiamo alcune cose rispetto ad altre e
proviamo a farle anche noi. È certo più facile che inventarsi delle occupazioni
nuove, dei sensi della vita divergenti, questo non è impossibile, solo che di
solito non viene fatto.
Io per esempio credevo di essere bastian contrario non tanto per
scelta, ma per vocazione. Mio padre era medico e la gente chiedeva se anch'io
avrei voluto fare lo stesso mestiere.
Una cosa quindi era già stata esclusa dal sistema, ma ce ne
erano tante altre.
Mia madre era maestra e quindi insegnare fu automaticamente
scartato dalle opzioni. Eliminavo dalle opzioni tutto quello che venivo a
conoscere, tendevo allo sconosciuto finché non arrivavo a conoscerlo. Mio padre
amava viaggiare e costringeva tutta la famiglia a seguirlo, creando
un'avversione conseguente all'estero e ai viaggi. Non sono diventato medico, ma
il mio lavoro più duraturo è stato insegnare e sono anch'io diventato un
esterofilo.
Per questo alla fine delle mie peregrinazioni sono approdato in
Brasile e ci sono rimasto perché all’inizio mi piaceva parecchio, ma nonostante
tutto è ancora meglio dell’Europa, perché i rapporti tra le persone sono più
dolci e nonostante tutto sono molto più felici di vivere e quindi più
simpatici. Sul rumore
ci sarebbe un capitolo a parte, ma non ho voglia di scriverlo, l’ho già fatto e
non serve a niente.
Tornando ai
genitori della bambina, loro mi garbavano e non mi capitava tanto spesso. Quando
ci ho avuto a che fare hanno agito bene e con lui sono rimasto a parlare
volentieri qualche volta. Purtroppo ho dovuto notare che ogni loro scelta nella
vita era determinata dall'interesse personale e quindi dal denaro, ma questo era
normale e fisiologico.
La bambina però
direi che veniva imprigionata, come tutti i bambini di città o zone limitrofe
della nostra epoca, educata in spazi angusti, senza però dargli limiti su
quello che voleva. Le veniva fatto credere di essere il centro dell'universo,
salvo poi che quando sarebbe uscita di qua per andare all'asilo o a scuola, poi
nel mondo del lavoro, la realtà le sarebbe stata completamente ribaltata e avrebbe
avuto uno shock che la avrebbe obbligata a farsi violenza per non soccombere. Possibile
che non si rendessero conto?
Chi sono io però
per criticarli? Non ho e non ho mai avuto figli, anche se forse - come disse Talete
- è stato proprio per affetto e rispetto verso di loro, i figli.
Eppure lui,
Ronaldson era intelligente si vedeva che riusciva in tutto quello che gli faceva
comodo, era il responsabile dell'elettricità di un ospedale intero, capiva
qualcosa di informatica, anche a livello di lavori manuali risultava abile e
non si tirava indietro nemmeno per intonacare e fare i lavori più complicati e
faticosi.
Lei,
Terezinha era laureata in chimica e lavorava per lo stesso ospedale, dove
probabilmente si sono conosciuti.
Altra
cosa che non capivo era chi fosse a spostare i mobili con tanta insistenza e
ripetizione, la notte non si fanno le pulizie, ma se uno lavora tutto il giorno
forse sì.
La nonna e
la bambina specialmente la mattina si dilettavano a gridare sotto la mia
finestra. Allora ho cambiato camera, ma il nonno che era separato dalla nonna era
sordo, come lei, viveva in un'altra casa separata da quella originaria e ci si
chiedeva a cosa gli servisse un telefono se si ascoltava perfettamente cosa
diceva da chilometri di distanza. La televisione la metteva a quanto volume si
poteva mettere, di più non ne aveva e poi andava a gridare al telefono in
un'altra stanza. Quando era in casa tra porte e finestre sbattute, telefono e
TV non si poteva ignorare. Ogni tanto suonava anche la fisarmonica e cantava
assai malamente, ma in compenso ci metteva un amplificatore di mezzo, per deliziare
vicini e lontani.
La nonna poi
è andata a vivere altrove in una città più a nord dove aveva una sorella, dove
c'era una spiaggia, forse dove non c'era - nemmeno nei dintorni - il suo ex
marito. Il quale qui è diventato sempre più sordo e rumoroso. Ha continuato a
bere, a vestirsi da gaùcho, cioè con
dei pantaloni noi diremmo alla zuava, con il fazzoletto al collo il cappello e
lo spadino, ma solo quando andava ai balli tradizionali, nel fine settimana. Si
tingeva i capelli di un marrone rossiccio quasi fosforescente che si notava anche
al buio.
La casa che Ronaldson stava costruendo era
forse un chilometro più a valle, piuttosto grande, in una zona quasi
pianeggiante. Passando a piedi in una delle mie sgambate giornaliere l'ho
salutato, mi ha salutato anche lui, sono andata a vedere e mi ha fatto visitare
la casa.
Tempo dopo
mi ha fatto vedere come stava facendo il tetto, aiutato da un vicino poliziotto,
con delle lamiere murate dentro al cemento della massicciata, a due strati. Poi
delle travi di pietra che faticava non poco a tirar fuori dal terreno, dove
stava preparando una specie di giardino. Le usavano quando qui c'erano i filari
dell'uva, una per ogni estremità, erano pesantissime e alte, di una specie di
pietra che qui usano per fare i muri esterni e le fondamenta delle case, assomiglia
al granito. Gli edifici qua sorgono e sono tirati su molto velocemente, ma
l'intonaco poi e le rifiniture sono molto molto più lente.
Li ho
sentiti per qualche anno insomma, le loro rumorose abitudini sono state più o
meno le stesse, le altre non lo so. Sotto la finestra della camera la mattina poi
non ci venivano più a gridare, ormai la mia cameretta l'avevo stabilita al
pianterreno, ma non solo per colpa loro. Al primo piano i rumori si sentivano
troppo e ce n'erano sempre, nel fine settimana però aumentavano. Quando se ne sono
andati, la casetta della nonna, quella del figlio di primo letto di lui, più la
loro a due piani, sono state affittate a tre nuclei differenti e per me i rumori
sono aumentati in maniera esponenziale. Il mio vero problema era principalmente
che ero cresciuto in Italia, in periferia quasi campagna, ero abituato al
silenzio o almeno a qualcosa che gli somigliasse.
L'iperattività
della bambina, gli strilli continui e i trascinamenti notturni dei mobili, e
nel suo caso sarebbero state solo sedie, sono rimasti dei ricordi mio malgrado e
mi rammentavo ogni tanto di loro e di lei. A quei tempi la consideravo scherzosamente
una potenziale futura serial killer.
Figlia unica
e centro delle attenzioni da parte di tutti quelli che conosceva, abituata a
ottenere quello che voleva stressando gli altri, tra cui i vicini innocenti, senza
fare nomi, gente che non aveva figli proprio per rispetto verso i figli.
Mi rammentavo ogni tanto di lei, della sua
famiglia, del fatto che per quanto rumorosi erano molto più silenziosi di
quelli che vennero dopo, ma il mondo era peggiorato in maniera costante per
anni.
Io per
fortuna ero diventato assai più sordo e dormivo nella mia stanzetta
insonorizzata, che avevo fatto costruire prima di separarmi, quando avevamo una
vicina che amava la pessima musica a tutto volume, giorno e notte.
Intanto io
di morire non ne volevo sapere e ormai avevo più di novant’anni, le mie
passeggiate quotidiane erano costituite da un avvio in automobile fino alla
pianura, poi andavo spesso anche lungo il fiume.
Dalla casa
più a valle quei tre avevano traslocato, come Ronaldson mi aveva già annunciato
anni prima e li avevo persi di vista, ma li ricordavo per la loro simpatia,
anche Celia, la bambina, era una peste, ma a suo modo era buffa.
La mamma
l'avevo conosciuta da piccola, la scoprivo a volte mentre prendeva il sole
sulle scale di casa, avendo la pelle un po' troppo bianca. Un giorno, durante
il suo primo matrimonio l'avevo trovata in una videoteca della zona nord di
Porto Alegre, che era sua e di suo marito.
Era l'epoca
in cui cominciavano a disfarsi delle videocassette VHS, i DVD stavano
cominciando a invadere il mercato. Ronaldson era uno completamente differente
dal suo primo marito, Wilson, molto più alto, sportivo, probabilmente più
intelligente. Ci parlavo volentieri perché era anche calmo e capace di
ascoltarti, cosa rara.
In banca a
litigare ci andavo di solito una volta alla settimana, normalmente il giovedì,
raramente mi facevano arrivare ai dieci giorni in pace. Una volta era la
tessera che non funzionava, un’altra il ritardo di pagamenti che poi ci dovevo
pagare gli interessi, insomma ne inventavano sempre di nuove.
I motivi
erano tanti e mutavano con il tempo, con la progressiva automazione totale dei
servizi, dell’ormai internazionale fare di tutta l’erba un fascio. Gli
algoritmi colpivano anche qui. In più c’era il cambio regolare del personale, quelli
tardavano ad abituarsi a me e quando cominciavano ad apprezzare la mia franchezza
accompagnata da una certa inflessibilità sui temi fondamentali e a salutarmi
con un sorriso sincero, dovevano essere sostituiti da altri impiegati ipocriti,
che all'inizio mi tolleravano con difficoltà, poi si abituavano finché
ricominciava il ciclo.
Per un certo
periodo ho anche quasi creduto che mi usassero come pietra di paragone, per
capire quando era ora di fare la sostituzione necessaria, ma razionalmente poi
ho capito che chi si occupava di queste cose, forse era un computer e doveva
avere una visione un po' più globale delle cose, con tutti questi Bancos Do
Brasil che avevano da gestire, insomma ci volevano degli algoritmi.
Dopo, visto
che non morivo ancora e che continuavo più o meno disciplinatamente la mia
routine, ho scoperto che quell'intervallo era fisso e non si sgarrava di un
giorno.
Una volta il
direttore della banca stava in un ufficio interno e appariva di rado, ora
invece attende al pubblico e forse non è più chiamato nemmeno direttore, è come
se lo avessero mandato sul campo a fare anche lui la sua dose di lavori sporchi,
a mentire con il sorriso sulla faccia.
Con gli ultimi
cambi di personale questa figura era diventata sempre più spesso femminile e
stava al computer dell’angolo a destra, quello adibito ai dirigenti più alti di
grado.
Quella
appena arrivata mi pareva di conoscerla, ma è una sensazione che mi succede di
continuo, aumenta con il passar degli anni. Ho conosciuto troppa gente e quasi
tutte mi sembrano facce del passato, invece sono solo i frattali che mi fregano.
Tutti assomigliano a tutti, divisi in modelli differenti, il misto di razze
contribuisce, ma peggio ancora è in Cina e in Giappone, sono più simili ancora tra
di loro.
Insomma
questa trentenne era ben vestita, belloccia e prepotente, si vedeva che era la
capa perché trattava male gli altri e gli altri la trattavano più untuosamente.
E poi era nella postazione di angolo a destra e usava il computer forsennatamente,
come se fosse una mitragliatrice.
L’ho
riconosciuta solo quando mi hanno mandato a parlare con lei, per una delle
solite polemiche per via degli aumenti ingiustificati dei prezzi dei servizi,
da peggiori a pessimi, che la banca mi forniva, anche se sapevo che le altre
non erano migliori.
Ci ho
litigato più o meno come faccio di solito, per constatare che non c’è limite né
salvezza, le banche sono uno dei sistemi più vergognosi e disumani del mondo
moderno e non ci si può trattare, ma almeno mi sfogo un po’.
Quando le ho
detto chi ero, è rimasta senza bugie di repertorio per qualche attimo, ma poi
si è ripresa e mi ha sfoderato un’ipocrisia malcelata che all’inizio mi ha
fatto solo rabbia, poi anche pena.
Mi ero
informato e avevo constatato che normalmente i serial killer hanno un altro
tipo di sviluppo.
Le ricerche evidenziano come le infanzie di questi assassini siano
state segnate da continui abusi fisici, psicologici e/o sessuali. Che non
dovrebbe essere stato il suo caso.
Insomma
quella era proprio Celia, la bambina iperattiva figlia dei miei vicini,
ovviamente mentre io invecchiavo lei era cresciuta e si era irrobustita, evidentemente aveva cominciato a mangiare di
più, pareva che il vizio di spostare i mobili lo avesse perso, ma che era una
psicopatica mi sembrava cosa probabile. Di solito hanno un grande successo nel
lavoro, perché sono determinati e non hanno sentimenti. Il mondo attorno premia
sempre di più chi non ha scrupoli e agisce prontamente in cerca di soldi e di
potere.
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