Maria
Assunta Pelosini
Non
solo in Inghilterra c'è una vera e propria ossessione per i pratini
all'inglese, anche in Italia e più precisamente a S.Gustavo,
specialmente in estate e primavera non si può mai stare in pace,
magari a leggere un po' di buona letteratura, che attaccano con quel
rumore infernale delle falciatrici a motore, che quelle elettriche ne
fanno meno, ma pur sempre troppo.
A
S.Gustavo c'è anche un microcosmo di paese toscano interessante, pur
come tanti altri, ma se ci mettiamo a studiarlo ce ne sorprendiamo,
gli uomini sono diversi dalle donne, d'accordo, però tra di loro,
anche all'interno delle due categorie, si assomigliano solo
apparentemente.
Per
esempio ci sono tante donne, meno spesso uomini, che spiano i vicini
e gli eventuali passanti da dietro le persiane o veneziane che siano,
ma perlopiù lo fanno in un modo meschino.
La
loro curiosità è solo una mania, non lo fanno in modo per niente
scientifico, non hanno un briciolo d'entusiasmo e nemmeno di metodo,
cercano solo di fuggire dai loro stessi problemi. Basta scoprire o
semplicemente opinare che gli altri ne abbiano di più e peggiori dei
nostri. Si tratta di una sistematica di ragionamenti a senso unico,
che funzionano perfino meglio che nascondere la testa sotto terra
come gli struzzi, per evitare ogni tipo di problema.
Adalberto
Maria Lemucchi
La
signora Pelosini è una specie d'antropologa ben camuffata con il
grembiule da donna di casa. Mi è bastato poco per capire che la vita
l'ha portata dove lei non avrebbe voluto, è vero che poi gli ci è
anche piaciuto, un po' come a tanti di noi, ma forse in un modo
speciale. Voglio dire che se la società fosse stata differente,
quando lei era giovane, o se la sua famiglia non fosse stata quello
che era, cioè una assai tradizionale, Maria Assunta avrebbe potuto
essere una detective ben pagata e amante del suo lavoro. Io lo so
perché la spio da tempo, e anche se sono un uomo, la mia è
un'attitudine da moglie di camionista, come si dice in
gergo, cioè tipica di quelle donne che avendo il marito sempre in
viaggio, non hanno abbastanza cose da fare per non sviluppare una
curiosità spesso morbosa, ma nel mio caso, come nel caso di Maria
Assunta, a sfondo di studio del vario e misterioso genere umano.
Anzitutto
legge parecchio e roba assai lontana da Liala e da Sidney Sheldon,
l'ho vista spesso seduta in veranda con dei Piero Chiara e degli
Sciascia di tutto rispetto. Non disdegna i gialli, ma non legge
Agatha Christie, ultimamente l'ho sorpresa con i libri di Stieg
Larsson che sono dei mattoni alti una decina di centimetri e pieni di
particolari. E poi romanzi di spionaggio anche cervellotici e
meticolosi come Le Carré.
Insomma,
che è una fine osservatrice, un buon osservatore come me lo vede
anche solo da come guarda il mondo circostante, da come strizza gli
occhi e si mantiene sulla riflessione senza fretta, anche mentre gli
altri o le altre non chiudono la bocca un secondo e spennellano le
loro frasi con ripetuti quanto inutili aggettivi. Non è che non
ascolti, potrebbe sembrarlo, ma non è così, Assunta soppesa e
separa le cose più interessanti per il suo personale uso, che mi
pare sia unicamente lo studio dell'essere umano, dal più normale al
più disumano, lo sguardo spassionato dell'entomologa.
Lo
so perché ultimamente ci ho anche attaccato discorso, e non deve
aver pensato che per pochi attimi che potevo essere interessato a lei
come donna, deve aver capito chi sono e come sono da tempo, se lei
spia me come io spio lei.
Sono
ormai dieci anni che vivo qui e quando arrivai lei era già piazzata
dietro le tende a far la tara su tutto e tutti. Credo che sappia
tutto di me e invece io so troppo poco ancora di lei e questo mi
affascina e mi sprona a far meglio e di più.
La
sera per esempio non sento musica, né televisione accesa, va bene
che è una lettrice assidua, ma non credo che legga tutto il tempo o
che vada a letto presto. Già che la gente durante il giorno è fuori
per lavoro, secondo me è la sera che ci tiene tutti sotto controllo,
solo che non si fa scoprire mai.
Opportunamente
l'altro giorno, dopo anni di essenziali buongiorni e buonasere, mai
accompagnati da nient'altro che sorrisi di circostanza, l'ho salutata
con la mano e da trenta metri le ho gridato:
-Buon
giorno signora Pelosiniiii!Ha visto che magnifica giornata abbiamo
stamattina?
Non
si è fatta per niente pregare. Ho constatato che aveva anche una
bella voce, e urlava come un libro stampato a lettere cubitali:
-Noooooo,
certo che non mi è sfuggita la limpidezza del cielo e il sole caldo:
una meravigliaaa! Se ci ha fatto caso, laggiù ci sono anche delle
nuvolette gonfie (me le ha indicate col dito) che si dovrebbero fare
anche delle belle fotoooo, per via del contrasto netto con il cielo
azzurro scuro. Una cosa rara, glielo dico iooo!
-Infattiii,
la giornata ideale per fare del giardinaggio.
Ho
detto io alludendo al suo pratino all'inglese che sembrava diventato
un po' troppo alla Mongola delle grandi praterie, e magari agli
arbusti e pure agli alberi della Tundra potati chissà quando, forse
tra il mio arrivo a S.Gustavo e la rivoluzione di ottobre.
-Ha
ragione, caro Lemucchi, ma vede nella vita non c'è tempo per fare
tutto e mentre fai una cosa e magari ne sei tutta soddisfatta, ne
stai già trascurando un'altra, o addirittura una serie.
-Proprio
vero, signora Pelosini, lei mi ha letto nel pensiero, stavo pensando
proprio oggi, ma è piuttosto un pensiero insistente negli ultimi
tempi, che se io dovessi tornare indietro...
E
così via discorrendo, e riducendo a ogni frase i metri di distanza
che ci separavano, a un certo punto ci siamo trovati seduti sulle sue
comode poltrone della veranda e stavamo mentendo in maniera
meravigliosa sul nostro passato, con qualche raro fondo di verità,
che lì mischiato nessuno avrebbe saputo distinguerlo, e poi a noi
stessi ci pareva più interessante e in un certo senso quasi esotico.
Maria
Assunta Pelosini
Quel
Lemucchi è proprio un fenomeno, attacca discorso e si appiccica come
una specie di latin lover, gli argomenti non gli mancano, né una
grande flessibilità di comportamento con una signora, ma in fondo
quello che gli interessa sono solo gli esseri umani, secondo me, uno
studio che magari lui direbbe antropologico.
Fatto
sta che da quel giorno ogni tanto ci restituivamo a vicenda ogni
visita, seppur senza fretta e con qualche porzione di tempo in mezzo,
a volte anche intere settimane.
C'è
da dire che non entravamo mai nel ramo del pettegolezzo, sia perché
apertamente lo ripudiavamo, almeno alla luce del sole, e quindi la
notte e il mistero ci garbavano di più, e poi il gioco tacitamente
accettato da entrambi era quello di fingere di essere in una maniera,
più o meno come fanno tutti, la differenza era che noi lo sapevamo a
memoria, che eravamo di un'altra e nemmeno tanto comune. Proprio per
questo, ma anche per altri, ci piaceva.
Adalberto
Maria Lemucchi
Quando
la villetta numero otto ha ricevuto i suoi nuovi proprietari, dopo
più di sei mesi dalla morte della signora Castagna, scoperta dal
postino oltre due settimane dal decesso attraverso la tipica
fragranza di cui tutti ben sappiamo, (almeno perché abbiamo letto
dei polizieschi,) ecco che sono arrivati i parenti e ci sono sembrati
subito tanti o troppi, eppure assai interessanti.
Naturalmente
accennavamo a loro appena di passaggio, in mezzo ad altri discorsi di
vario tipo, tra cui non ultima la letteratura.
La
gente legge poco, è vero, ma molti scrivono delle note, degli
appunti, dei diari spesso incompleti, tanto per ricordarsi, per
ragionare con se stessi, in alcuni casi di polizia potrebbero essere
prove inequivocabili.
Ovviamente
non le dissi che io scrivevo a tempo perso dei romanzi incompiuti,
racconti a metà, poesie sbocconcellate dallo spazio e dal tempo.
Proprio per questo sospettavo, o piuttosto speravo, che anche lei lo
facesse, ma non me ne ha mai accennato niente e io non gliene ho
chiesto conferma.
Maria
Assunta Pelosini
La
nostra collaborazione, nata per caso ma non troppo, comunque è
piacevole. Il fatto è che purtroppo o per fortuna Adalberto è un
bell'uomo, vagamente somigliante a uno Yul Brinner coi capelli
attaccati sopra, come un improbabile cespuglietto di lattuga
brizzolata. È intelligente, ironico e tutto, anche se le sue pensate
sono troppo dispersive per diventare un vero detective, ancor meno
agente segreto. Mi ha detto che è diventato un ficcanaso per
scrivere dei romanzi polizieschi, ma le due cose gli sono sfuggite di
mano, ho pensato io, si sono irrimediabilmente mischiate e ora lui
non è né uno scrittore né un poliziotto dilettante, ma un
bambinone buffo e piuttosto attempato. Si fa prendere ancora troppo
dall'entusiasmo, va dietro alle ipotesi che lo affascinano di più,
spesso non tiene conto abbastanza della realtà, giacché preferisce
di gran lunga la fiction. Rimane a bocca aperta quando gli dico delle
cose sulle nostre indagini, cose che a me sembrano lampanti, fin
troppo evidenti, che l'unico dubbio che ho è addirittura se vale la
pena di dirle o no. Per lui sono intuizioni geniali, per me delle
bischerate ovvie.
Adalberto
Maria Lemucchi
Magari
sono stato io a ispirarla, figurarsi che da un momento all'altro lei
si è resa conto che il giardinaggio era importante, non per la
bellezza della casa, di cui le importava relativamente poco, anche
dopo che io le avevo fatto notare che là fuori era tutto un po'
troppo abbandonato a se stesso. Incredibile che non ci avesse mai
pensato prima, un aspetto ingenuo che mi confonde un po' le idee su
di lei, ma Assunta aveva finalmente capito che poteva spiare meglio
con le forbici da potare in mano, tagliando il pratino con la pur
eccessivamente cigolante falciatrice, (per fortuna un rugginoso
cimelio rigorosamente meccanico a spinta umana che aveva esumato dal
magazzino e oliato fino a schizzare liquido intorno a ogni giro di
lamine) o perfino scavando una buca per una pianta nuova, perché
intanto acquistava nuovi punti di vista ( e anche di ascolto) più
vicini ai vicini, cioè all'oggetto principe dello spionaggio in
questione. Io questo lo sapevo già da un po' , forse perché ai miei
defunti genitori piaceva il giardinaggio, c'ero cresciuto in quel
modo e anche se i nostri terreni non confinavano, prendemmo a
salutarci da dietro le siepi, a gattoni sui pratini, o addirittura da
sopra agli alberi dei rispettivi appezzamenti di terreno. E direi con
una specie di sorrisino compartecipe che era già una specie di
complicità tacita.
Maria
Assunta Pelosini
Il
nostro campo di studio era diviso in otto case visibili a me e le
stesse otto ad Adalberto, già che escludevamo le nostre due per ovvi
ma non esattamente confermati motivi. Di queste otto alcune si
vedevano meglio col cannocchiale, ma noi ne avevamo diversi tipi e
grandezze, cioè io ce ne avevo vari e lui sicuramente ne possedeva e
ne usava, anche se io non gliene avevo mai visti. La sua casetta era
anche a lato di una vecchia casa colonica senza giardino, come
usavano anticamente, che ne comprendeva tre sezioni verticali,
pitturate di tre diversi colori, con dentro tre gruppi familiari
quindi, piccoli ma ben assortiti. Noi due non stavamo di fronte, ma
di sbieco ci vedevamo, come ho già spiegato, perché il suo vicino
dal lato destro era di fronte a me. Da non tralasciare che la strada
faceva una lieve curva e questo complicava un po' la visione, ma noi
avevamo diversi trucchi.
Tali
gruppi familiari a nostra osservazione erano separati dal resto del
paese da due boscaglie in cui poteva succedere di tutto, ma intanto
bisognava andarci e lì noi potevamo intervenire in osservazione,
oppure dal retro potevamo avventurarci in qualche ricognizione, ma
raramente, solo in casi eccezionali, come quelli che sto per
narrarvi.
Il
gruppo uno era di una sola persona femminile, Agata Tortelli,
trentacinquenne che non essendo come noi, spiava sì, ma senza
cognizione di causa, senza propositi o intenti, solo curiosità
saltuaria. Lavorava come infermiera e faceva i turni, ogni tanto
appariva qualche innamorato nuovo, ma non durava mai molto. Aveva due
cani, due gatti e varie tartarughine, pesci rossi, uccellini in
gabbia per sconfiggere la solitudine, ma quella bastardona aveva
sempre la meglio e tra pasticche e gocce Agata s'imbenzinava
abbastanza tutti i giorni, non usava droghe propriamente dette, non
beveva alcolici.
Adalberto
Maria Lemucchi
Io
e Assuntina avevamo due sistemi differenti e forse equivalenti per
non sentirci soli, prima di tutto sapevamo che stare insieme agli
altri era difficile, più che improbabile per due come noi, però la
compagnia ci garbava, a patto che potessimo decidere di interromperla
quando volevamo. La differenza era che io cercavo sempre nuove
conoscenze, anche se poi le chiudevo parzialmente, un po' a
finestrelle, come si dice, a lasciare solo poche scelte saltuarie
interattività. Avevo più amici di internet che di carne e ossa, con
cui potevo scambiare chiacchiere ed esperienze di vita, ma non un
bicchiere di birra, nessun'ora in pizzeria. Cercavo sempre di
conoscere gente nuova anche se immancabilmente mi deludeva. In buona
sostanza cercavo di prendere il meglio da loro e anche di dargli
qualcosa di buono, come regali virtuali e telefonate vere, qualche
parola giusta al momento giusto o non troppo sbagliato, ma senza
nessuna continuità, giammai.
Invece
Assuntina non cercava mai nessuno, forse perché aveva già delle
buone e bastevoli vecchie amicizie, quelle di autentica ciccia
ambulante, per cui riceveva visite se non spesso in maniera quasi
regolare, parevano persone che conoscesse da tempo e che fossero
reciprocamente affezionate, anche se ognuna in modo diverso.
Aveva
bisogno di una distrazione ogni tanto, perché il suo lavoro era
incessante, secondo me. Appassionante e tutto quello che vogliamo, ma
impegnativo. Magari con queste tre signore che la venivano a trovare
condivideva particolari interessanti, ma l'uomo pareva di un altro
tipo, forse persino interessato a lei come donna, come potenziale
compagna, credo. È stato proprio leggendo il movimento delle labbra
di lui, sotto la veranda a chiacchierare con lei in un giorno di
pioggia primaverile, che appresi che Assuntina era
un'autentica moglie di camionista, poi lui era morto,
magari in un incidente, o scappato con una ballerina, chi lo sa? Ma
quel piccolo particolare mi è piaciuto assai, mi sono quasi
commosso.
Maria
Assunta Pelosini
Il
secondo nucleo familiare in questione era formato da tre personcine
di estrema classe che litigavano assai e perciò ci tenevano
piacevolmente impegnati, tra bestemmie e parolacce circolavano
minacce di morte e altre robe interessanti, che forse non sarebbero
mai state realizzate fino in fondo, ma intanto noi due annotavamo,
magari per un futuro processo come quelli dei film. I Bastiani,
madre, padre e figlio maschio malcelatamente effeminato erano rozzi e
raffinati allo stesso tempo, facciamo a capirci, riuscivano a far
intravedere una densa storia personale piena di luci e ombre, più
ombre che luci, d'accordo, ma gli acciacchi e le fissazioni, anche a
livello di stile di vita, erano tanto evidenti e variegati, che ogni
giorno facevano da motore alla loro assurda esistenza e ne risultava un
vero piacere spiarli. Automaticamente riuscivano a farci sentire dei
geni, oppure anche della gente realizzata, insomma quasi felice, mentre rappresentavano instancabilmente la tragicomica esistenza di
un trio infallibile nelle loro ridicole rivendicazioni e vicendevoli
maledizioni. Da non trascurarsi le reciproche pretese sulla base di
un codice di normalità e di appartenenza a una società conformista, che non solo li aveva ostacolati con le sue regole, ma che poi non si
curava certo delle sue stesse conseguenze. Il figlio fingeva ancora
di andare dietro alle donne e aveva una cinquantina d'anni, i suoi
vecchi malaticci pareva ancora che ci credessero. Secondo me lo
sapevano a memoria, ma si rifiutavano di accettare quel fatto da tempo
tanto consumato e liso. Insomma recitavano una commedia, che per
quanto già vista e rivista, attraverso tanti altri personaggi
precedenti e contemporanei, loro sapevano interpretare con passione
sorda, con disperazione ruspante, fingevano ma erano veri, puzzavano
di morte ma profumavano anche di vita.
Non
so se erano i preferiti anche di Adalberto, che si innamorava e si
schifava della gente con la stessa facilità, bastava un niente per
fargli cambiare l'opinione su qualcuno, anche costruita per mesi o
perfino anni. Noi ogni tanto li menzionavamo, citavamo all'inizio
timidamente le loro frasi ripetute fino a diventare dei quotidiani
tormentoni e ci facevamo delle risate forse anche un poco amare, ma
che intanto rafforzavamo la nostra intimità sui temi favoriti di
“Istruzioni per rendersi infelici” di Paul Watzlawick. Gli esseri
umani avevano veramente bisogno di tutta quella loro atavica
infelicità per riuscire a vivere? Forse era quella la domanda che ci
facevamo studiandoci a vicenda, noi e gli altri. E poi: noi due
eravamo veramente superiori a tutto questo? O in fondo ci mancava
tutto quel dolore che trovavamo in giro, tanto ben distribuito e in
dosi magari fin troppo cavalline?
Noi
non lo sapevamo, ma la casa tre, nucleo Bartoli Finn, era la
contrapposizione a tutto questo, almeno apparentemente, non mancavano
i soldi, lavoravano come bestie da soma, però professioni
privilegiate, i due figli coltivano passioni vuote, ma forse
avrebbero fatto in tempo a cambiare, anche se magari ci sarebbe
voluta una meteorite a cadere sulla loro casa. Le facce pure non mi
piacevano, forse neanche sconfinferavano loro stessi, ma fingevano di
sì. Anche il Lemucchi li guardava con disprezzo, non avevo potuto
fare a meno di accorgermene. Personalmente li trascuravo più di
tutti gli altri, me ne ero resa conto di riflesso, forse perché
erano assai poco espressivi, nascondevano i sentimenti, amplificavano
e ripetevano le banalità imparate alla televisione, facevano più
schifo di tutti, ma si sentivano intoccabili dall'alto dei loro conti
in banca.
Nei
boschetti intorno facevamo a turno delle visite, intanto, con i
pretesti più vari, per raccogliere preservativi e siringhe, resti di
quello che succedeva perlopiù di notte e attraverso gente che non
era di lì. Dai movimenti dei fari si capiva che ci venivano a farci
delle sane ma pericolose porcherie sessuali e a drogarsi al buio, a
volte tutte e due le cose insieme, specialmente nelle stagioni più
calde.
Adalberto
Maria Lemucchi
Un
giorno Assunta ha trovato un gigantesco alano arlecchino morto,
ucciso con un'arma di grosso calibro, con ogni probabilità gli
avevano sparato da un'altra parte, c'era troppo poco sangue in giro.
Lo abbiamo dovuto sotterrare sul posto, per via della puzza, dopo
aver stabilito che anch'esso veniva da fuori, forse era il caso di
denunciarlo alla polizia, ma abbiamo deciso di non farlo. Le nostre
metaforiche orecchie però erano già ritte e gli sguardi oltremodo
attenti, ci siamo organizzati con dei turni di guardia complementari
e supplementari. Da una pagina di amanti dei cani, su Facebook
portata alla nostra attenzione da Clara, una delle amiche di Assunta,
siamo venuti a sapere che ne era scomparso uno, di alani, a pochi
chilometri da S.Gustavo, corrispondeva alla descrizione e la sua
medaglietta che avevamo conservato recava proprio il nome giusto:
Alan.
Maria
Assunta Pelosini
Ci
siamo messi in contatto con la famiglia, due cari vecchi signori, che
immediatamente sono venuti, e hanno esumato il cadavere, lo hanno
messo in un sacco e lo hanno seppellito nel loro giardino. Non sono
rimasti tanto sorpresi quando gli abbiamo detto che secondo noi era stato ucciso
da un fucile da caccia al cinghiale. Anche questo era da annotarsi.
Adalberto
Maria Lemucchi
Renè,
l'amico di Assunta ha detto che un suo amico viveva a lato dei
signori Carboncini, padroni di Alan e che il cagnone scappava spesso
e faceva danni nei giardini e nei pollai limitrofi.
Le
indagini preliminari erano già partite, automaticamente, prima che
noi stessi ci rendessimo conto, eravamo andati a interrogare tutti i
nuclei familiari a nostra portata, gli amici di Assunta avevano fatto
lo stesso.
Assunta
gli ha fatto capire che se la polizia non si interessava di questi
casi, qualcuno lo doveva pur fare e visto che io e lei eravamo in
pensione, era solo una questione di dovere civico. Chi sparava a un
cane avrebbe potuto anche cominciare a impallinare la gente, non si
sapeva mai. Quando la discussione è diventata agitata, io ho
trascinato via Assunta, spesso l'alcool era cattivo consigliere ed
era meglio evitare contrasti inutili.
Il
nucleo cinque, prima sezione della casa colonica, era di tre persone,
due sorelle e un fratello anziani, i Pacini, erano abbastanza
rincoglioniti e poco disposti, ma le femmine erano piuttosto
intriganti e colla vocazione repressa delle mogli di
camionisti, ci è parso, anche se non ne hanno mai potuto sposare
nessuno, magari non ne hanno avuto soverchia occasione. Hanno detto
di non sapere niente, di non aver visto nessuno fare movimenti
sospetti nella boscaglia, ma sia io che Assunta abbiamo avuto la
sensazione che mentissero. Appena usciti la mia collega ha
detto anche di aver visto dei riflessi alle loro finestre, in alcune
occasioni, che avrebbero fatto pensare a un cannocchiale. Abbiamo
concordato che sarebbero potute diventare alleate preziose, che
bisognava pensare a cosa gli piacesse e magari arrufianarcisi un po'.
L'abitazione
sei, sezione nel mezzo della casa lunga, nascondeva un pensionato
vedovo e piuttosto scorbutico, Holger Calamari. Ce lo aspettavamo,
non ci ha nemmeno aperto, ma lo abbiamo avvistato oltre le tende
spesse. Renè Piersanti andava a fare delle lunghe camminate per
perdere peso, tutti i giorni a ore diverse, quando ne aveva voglia,
spesso la sera all'imbrunire, specialmente d'estate che il giorno era
caldo. A S.Gustavo c'era una vallata lunga che diveniva sempre più
stretta, come un imbuto e la strada sterrata la percorreva in lungo,
nella parte finale sotto gli alberi e in salita, poi tornava quasi
sul piano, ma intorno c'era una natura pressoché incontaminata e
impressionante, sui pendii che salivano verso il cielo quasi a
perpendicolo, lì non ci batteva mai il sole, c'erano muschio e alberi
caduti, rocce e anche rifiuti sparsi in fondo, dove d'inverno si
formava un torrente.
Maria
Assunta Pelosini
Nella
sette, muro a muro, una famigliuola ingenua, i Pisticci, con tre
figli pestiferi e genitori molto lavoratori, ma poco guadagnatori.
Nella grande confusione subito dopo cena, ci hanno detto di non aver
molto tempo per guardarsi intorno e gli abbiamo senz'altro creduto
sulla parola.
L'ottava
famiglia era quella nuova, il nucleo Castagna-Ricci era formato da
tre maschi sui venti-venticinque anni, due femmine sulla trentina,
nipoti di una nonna in sedia a rotelle collo sguardo fisso, muta e
immobile, in più uno zio burbero e silenzioso. Nessuno sorrideva,
tutti di poche parole e bruschi nei modi. Non ci hanno buttato fuori,
ma ci guardavano come se fosse solo una questione di tempo.
Comunque
il caso degli animali morti era interessante, da quando sono qua a
S.Gustavo era il migliore e certo il più grave e misterioso, insomma
Yul c'inzuppava anche troppo il suo biscotto sensazionalistico,
diciamocelo, l'esagerazione era il suo pane, per via della solitudine
e tutto il resto... chi lo sapeva? Ma la sostanza c'era davvero
stavolta e se la polizia se ne fregava, da una parte ci lasciava il
campo libero e a noi non ci pareva vero.
Lui
non sapeva che scrivevo anch'io e se mentiva pure lui, io sapevo
certo molte più cose di Yul che lui di me.
Adalberto
Maria Lemucchi
Ricapitolando,
le posizioni erano così, sulla fila nord, dal lato della sponda del
Lago Ciottoli, c'ero io, i tre Bastian Contrari, così denominati da
Assunta, dopo i Trambusti ubriaconi che avevano anche una piccola
cartoleria, giornali e tabacchi, con scarsi assortimento, pulizia e
risultati. In fondo i riccastri Bartoli Finn con un terreno più grande
degli altri, e quell'erronea concezione più alta di sé stessi.
Oltre
la provinciale 231, di fronte a me la signorina Tortelli, poi Maria
Assunta Pelosini, nella casa colonica - detta anche Bongi - i tre
vetusti Pacini, il misterioso ma non giovane Calamari, la rumorosa
famiglia Pisticci e gli ultimi arrivati Castagna-Ricci.
Gli
incontri con Assunta stavano diventando più regolari, per telefono
ci segnalavamo anche i minimi movimenti sospetti, la nostra tacita
collaborazione stava diventando sempre più instancabilmente
operativa e ogni tanto abbiamo anche cominciato a parlare di
letteratura in maniera più dettagliata, a partire dai gusti personali, che se
non si assomigliavano su tutto, avevano diversi punti in comune. Se
lei scrivesse non lo sapevo, non me ne aveva mai parlato, io invece,
forse per impressionarla, le ho rivelato il mio sforzo, spesso vano o
incompleto, sui tasti del computer. Le ho confessato che avevo
iniziato a spiare gli altri proprio per immaginarmi meglio le storie
dei romanzi polizieschi. Lei rideva e ha detto anche che le avevo
messo una strana voglia di cominciare a scrivere, ma aveva troppo da
fare in casa e in giardino.
Intanto si era trovato
un altro cane massacrato, stavolta un barboncino nero, di nome Cino.
Me lo è venuto a dire Assunta, il luogo del ritrovamento era non
troppo lontano dal primo. Ci siamo messi subito al lavoro.
Il
cugino della signora Pietrabuona, amica di Assunta, ci ha comunicato
che il suo macellaio di fiducia, tale Patroclo Pietrogiovanna, ne
aveva uno, scomparso due giorni prima, che corrispondeva al nome e
alla descrizione.
Ci ha mandato la moglie Teresita e il figlio Dario
a fare il riconoscimento, si son presi il cadavere. Era stato
impiccato con il filo spinato a un albero sulla sponda del lago. A
ritrovarlo è stata la signorina Telma Pacini, che sembra Mr. Magoo
con una spelacchiata parrucchetta sulla testa calva, la quale andava spesso a fare
fotografie in giro da pubblicare su Facebook.
Quella del cane
impiccato, però l'ha dovuta togliere subito, perché il macellaio in
questione è una pasta d'uomo, ma quando s'arrabbia fa impressione,
specie se ha uno dei suoi coltellacci in mano.
Holger
Calamari
Molti
sono gli scontenti, ma non fanno niente a proposito, si limitano a
sparlare degli altri, a denunciare verbalmente i governi, a criticare
tutto e tutti in maniera astratta. Agire richiede sicurezza e
determinazione, chi ce l'ha la usa per fare soldi, per accaparrarsi
potere, chi se ne frega della giustizia? Chi se ne importa delle
violenza contro gli animali quando gli uomini, intesi come umanità,
la usano pure contro sé stessi?
Maria
Assunta Pelosini
I
nostri sospetti erano caduti tutti sulla famiglia Castagna-Ricci, non
solo perché si presentavano male assai, ma anche perché prima che
loro si presentassero cose del genere non se ne erano mai presentate ha detto il Lemucchi.
Ci siamo messi all'osservazione intensiva del nucleo in questione,
visto che parlarci non serviva a niente.
Intanto
un'amica della signora Pietrogiovanna ci ha comunicato che a
S.Gelmino, a due chilometri da noi, sparizioni e massacri di cani
erano già diventati routine, secondo la signora Pieroni Dina, erano
delle specie di faide tra vicini, ma quando erano iniziate non lo
sapeva, perché la gente parla, sì, ma ci mette del suo in mezzo e
poi il tempo fa pure un lavoro di lato allo spazio che confonde le
idee d'assieme, per chi ce ne avesse.
Attraverso
Facebook e un gruppo di protezione degli animali non siamo mai
arrivati a comunicare col signor Calamari, che pur celato dallo
pseudonimo Tintenfische e con una foto virato seppia di Winston
Churchill da giovane, era stato sgamato dalla signorina Tortelli, che
nel frattempo si era unita a noi, temendo per la sorte dei suoi
animaletti, già che una sua zia di Castellaccio, a tre chilometri
oltre il lago, le aveva detto che di là venivano uccisi anche gatti
e pesci rossi, tartarughine e criceti.
Abbiamo
scoperto però che tale Holger Calamari, che aveva vissuto per anni
in Ungheria e poi in Austria, aveva una rete di protezione animali a
livello europeo propria e segreta, e anche piuttosto pericolosa,
perché quando beccavano un maltrattatore colle mani nel sacco,
arrivavano dagli eccessi delle torture fino alle esecuzioni sommarie.
Tutto questo sempre attraverso numerose malelingue di Facebook,
comunque voci non ancora confermate.
L'uomo
con la benda all'occhio destro manda ordini con un cellulare speciale
che non può essere rintracciato, i maltrattatori di animali vengono
a loro volta, forse anche meritatamente, maltrattati.
Un'organizzazione non governamentale e nemmeno legale che si occupa
di robe brutte e le risolve aggiungendo maggior bruttezza. Al giorno
d'oggi tutti protestano, alcuni a ragione, altri per confondere le
acque, una cosa del genere, anche se più volte denunciata, non
interessa a molti.
(Dal
Giornaletto di Guglielmo Tell del 7 gennaio 2018, settimanale
Bellinzonese di cose da pensare, poi eventualmente da dire, magari in
un terzo momento anche da fare.)
Adalberto
Maria Lemucchi
Secondo
la Tortelli c'era da starci attenti, le notizie che correvano erano
ripetute e tutte in quella direzione. Abbiamo chiesto che ce le
documentasse e lei lo ha fatto, effettivamente i boati erano
insistenti. Anche se io e Assunta eravamo due santommasi ambulanti e prima di credere a qualcosa ce ne
volevamo sincerare per bene.
Quelle
dieci abitazioni in questione e i relativi nuclei familiari si erano
perlopiù ignorati nei dieci anni da me abitati a S.Gustavo, frazione
Bongi-Guidi. Anche in città, ma soprattutto in campagna, la gente si
conosceva e si frequentava molto di più. Sarà stata l'illusione di
non aver bisogno di nessuno, la sfrenata competizione dell'epoca
moderna, che hanno allontanato sempre di più gl'individui tra di
loro.
La
località Bongi-Guidi, dove viviamo si chiama così perché qui
vivevano le due famiglie rivali, un secolo fa, due case coloniche con
dentro i due grandi nuclei, in perenne guerra tra di loro. Spostavano
di notte i confini dei terreni e si ostacolavano come potevano. Pare
che ci sia rimasta solo una delle due case, l'altra fu esplosa,
durante la guerra, ma a quanto pare non dai nemici dell'Italia. Questo
segnò approssimativamente la fine contemporanea dei due conflitti
bellici.
La
lotta per la sopravvivenza che c'è tra gli animali, tra noi esseri
umani è trasbordata in una sterile dimostrazione di potere, che
spesso diventa addirittura dannosa anche per il potente, che oltre che
dover sempre far la guerra a tutti, non godersi il suo potere che a
piccoli tratti, presto o tardi trova uno più prepotente di lui che
lo manda in rovina.
Dicono
che la vanità alimenti la competizione che stimola l'economia, che
secondo alcuni è il motore che scuote l'atavica pigrizia
dell'individuo, ma l'economia dovrebbe servire gli individui e invece
succede il contrario e alla fine ci si rincorre la coda senza
ricordarsi nemmeno dove e quando tutto questo sia cominciato.
Dove
s'infila la morte violenta di animali in questo contesto è quello
che discutevamo spesso io e Assuntina, anche attraverso Whatsapp e
Facebook, per il momento senza trovare un colpevole, un responsabile
collettivo, se non una società malata. Ma la società era sempre
stata malata o lo era diventata da poco? Anche a questo non sapevamo
rispondere.
Maria
Assunta Pelosini
Intanto
stavamo monitorando la famiglia nuova, più il Calamari e ci stavamo
avvicinando alle sorelle Pacini, che avendo due piccole cagnette
Chihuaua e un gattone castrato, si erano interessate alla nostra
sorveglianza, non solo animalistica e la Tortelli anche aveva mosso
anche amici e amiche in nostro favore.
Il
Lemucchi era pieno di premure nei miei confronti, eppure avrebbe
dovuto aver elementi sufficienti per capire che sapevo destreggiarmi
anche meglio di lui, nella giungla della Toscana, anche se da noi a
volte sembrava più una savana di olivi, con qualche cipresso
abbondante. Non era da escludersi che oltre la sua concezione
antropologica della realtà, si stesse interessando anche al pianeta
donna da me interpretato, a quanto pare in maniera lodevole,
giudicando dal suo palese gradimento, non ne faceva alcun mistero.
Si
vedeva che cercava sempre malcelatamente la mia approvazione e di
ogni mossa che stava per fare chiedeva il mio parere, il quale, in
caso di mia opinione negativa, trasformava in ordine tassativo. Mi
scappava da ridere, ma mi faceva anche piacere.
Adalberto
Maria Lemucchi
Gli
amici di Assuntina e i miei di internet erano stati mobilitati, non
tutti avevano aderito, ma Paco Livingrooms, pseudonimo di architetto
di Ravenna, al quale mi univano 5 anni di amicizia su Facebook, mi
aveva anche parlato di Calamari e di fatti poco rassicuranti sul
litorale Romagnolo. Lo svizzero Karl Feuchtenberger, parlava un buon
inglese e stava imparando lo spagnolo, mi ha scritto che a Bellinzona
c'erano stati maltrattamenti di animali e conseguenti torture e
addirittura morti dei maltrattatori. Qui il nome di Calamari non era
venuto fuori, ma la maniera di operare pareva quella. La polizia non
aveva scoperto niente, come sempre e niente collegava i cadaveri ai
maltrattamenti di animali, secondo loro. Che coincidenza, continuava
Karl, che Tintenfische si fosse installato vicino a noi, là dove
c'erano questi episodi di animali massacrati. Nessuna coincidenza nel
nome, ha commentato poi il mio amico di Facebook, Tintenfische
significava Calamari in tedesco.
Agata
Tortelli
Un
ricordo di quando ero piccola riemerge ogni tanto: ero da sola sulla
nostra Simca 1000 posteggiata, cioè quella di mio padre e lo
aspettavo per parecchio tempo, in fila tra le altre macchine sui due
lati di una strada sterrata, un'ampia curva in salita, tutta
costeggiata da alberi di ciliegio. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa
era andato a fare mio padre, se quel ricordo era una serie di
ripetute attese o una volta sola, dove era avvenuto, perché mi
sarebbe piaciuto tornarci.
Cercavo
ancora la mia anima gemella, anche se ci credevo sempre meno,
scrivevo poco e lavoravo assai, passavo poco tempo in casa, con i miei
animaletti che facevano la guardia in mia assenza. Ogni tanto qualche
innamorato che durava poco, forse più per colpa mia, ma anche perché
le opzioni erano scarse e in più io sceglievo immancabilmente i
peggiori disponibili. Intanto m'innamoravo perdutamente, senza
nemmeno conoscerli abbastanza, degli indisponibili limitrofi. Se uno di
quest'ultimi improvvisamente se ne accorgeva, diventava magicamente
disponibile, allora perdevo interesse, forse anche perché poi avevo
occasione di conoscerlo meglio, approdavo - come in un naufragio sugli
scogli - ai soliti dannati limiti umani, miei e suoi.
Vivevo
a S.Gustavo da due anni. Il territorio lì attorno era piuttosto
accidentato, terreno ideale per gli oliveti, colline scoscese e
rocciose, boschi in pendenza e vegetazione intricata. Sempre secco
d'estate, uno dei ruscelli che davano vita al lago, dal lato della
frazione Bongi-Guidi, cioè dalla sponda nord-ovest, si era fatto
largo nelle strettoie di pareti scivolose, tra pendii muschiosi e
impressionanti, tipo giungla, di radici abbarbicate sulle rocce,
naturalmente scalare da quelle parti era oltremodo pericoloso. Di
solito era lì che andavamo. Quando potevo con i miei cani mi garbava
fare delle passeggiate che diventavano a volte anche pericolose,
perché quando mi trovavo di fronte a pareti scoscese, a boscaglie
impenetrabili e a proibitive difficoltà in genere, non tornavamo
indietro, anzi le prendevamo come sfide. Le indagini,
segretamente ma non troppo, correvano serrate specialmente per
Adalberto e Assunta, io avevo poco tempo, ma quando potevo gli davo
man forte, anche grazie alle mie amicizie che avevano aderito, non
ultime quelle di Facebook. Quando ho trovato il nascondiglio, in una
boscaglia impenetrabile non lontano dalla riva del lago, hanno deciso
di avvisare la polizia.
Il
nascondiglio era un torrione vegetale probabilmente del tutto
naturale, formato da una grande acacia su cui era cresciuto attorno
un coacervo di rovi che a un certo punto si erano arrampicati sui
rami scesi in basso fin quasi a toccare i pruni. L'effetto era una
montagna di due verdi diversi e mischiati, come un intenso salice
piangente che aveva formato pareti impenetrabili sui lati e nel mezzo
c'era un vuoto. Da lontano non si vedeva, perché era cresciuto in
mezzo a una radura nascosta da alti lecci attorno e i rovi erano
andati sull'acacia a una decina di metri altezza, dove normalmente
non arrivano mai. Lì sotto gli scheletri e gli animali in
decomposizione si ammucchiavano, la formidabile puzza ci aveva
guidati, i miei cani sembravano impazziti.
Il
territorio del comune di S.Gustavo si estendeva di sbieco
allungandosi tra boschetti e campi coltivati, fino ad arrivare vicino
a S.Gelmino e a distanziarsi dal centro del nostro paese di
appartenenza. Lì c'eravamo noi, a pochi passi dalla statale 43,
separati dai boschi e dai campi, che se avevamo bisogno di comprare
qualsiasi cosa, a trecento metri o poco più avevamo il centro
dell'altro villaggio e piuttosto raramente andavamo a S.Gustavo, se
non per motivi anagrafici o cose del genere amministrativo.
Pare
che il nascondiglio si trovasse proprio sul confine trai due
territori. Le due amministrazioni quindi lo hanno preso come pretesto
per non occuparsene. I Carabinieri dovevano vigilare sulle persone,
in fondo e la loro giurisdizione comprendeva non solo i due paesi ma
anche altri sei, le cosiddette indagini continuarono a essere solo le
nostre. Non che ci aspettassimo niente di differente, ma così non
potevano accusarci di aver mantenuto le cose in gran segreto. Una
base di ufficialità ci voleva, secondo Assuntina.
George
Albert Bartoli Finn
Tutta
questa gente attorno se ne frega del suo futuro, non cura nemmeno il
suo presente, il loro passato gli è scappato di mano da tempo
immemorabile. La nostra famiglia è diversa, non ci mischiamo a
questi non solo perché non hanno idee, ma criticano addirittura le
nostre, che se le applicassero gli risolverebbero ogni tipo di
problema. No, ci navigano nei problemi, non sanno vivere senza. Hanno
rinunciato a ogni controllo sulla loro vita. Che cosa è la vita
senza un po' di sicurezza?
Maria
Assunta Pelosini
La
nostra piccola frazione in poco tempo si era ulteriormente
frazionata. Si contavano almeno tre parti distinte. Da una parte
tutti quelli che avevano cani, gatti e animali da compagnia, che
cercavano di darci una mano per svelare quel mistero di animali
ammazzati. Dall' altra quelli che in una maniera o nell'altra se ne
fregavano o addirittura erano sospettati di essere dei massacratori
di bestioline, anche se non sempre indifese.
Dalla
parte della protezione animali Holger Calamari, che personalmente
nessuno conosceva, non collaborava con noi, ma era sospettato a sua
volta di condurre una rete di torturatori e uccisori di esseri umani
maltrattatori di animali.
La
rivendita di giornali, bibite e cose varie dei Trambusti ha avuto
quindi sempre meno clienti. I Bartoli non sono riusciti a diventare
più antipatici, non era facile. I Castagna-Ricci hanno continuato a
vivere separati da tutto e da tutti. Tutti gli altri hanno
collaborato, chi più chi meno, anche coinvolgendo amici e conoscenti
che non abitavano lì attorno, alcuni anche fuori dall'Italia
attraverso internet.
Nell'arco
di due anni a seguire, questi nuclei si sono avvicinati, si può
parlare già quasi di amicizie; gli altri hanno continuato separati,
Holger è andato a vivere altrove ma nessuno è venuto a occupare la
sua casa. Non ci sono stati più animali massacrati, almeno non nei
paraggi, però altrove se ne hanno notizie se non regolari neanche
troppo saltuarie.
Uno
dei giovani dei Castagna-Ricci è sparito. Si è scoperto che la
nonna era morta da tempo e l'avevano imbalsamata per riscuotere la
consistente pensione. Renè è morto lo scorso maggio. Il senso della vita
è ancora piuttosto misterioso. Il confine tra realtà e fantasia
risulta soggettivo e assai fluttuante.
Io e Adalberto abbiamo tentato di fare un resoconto degli avvenimenti di questi anni, il riassunto è questo, frammentario e confuso, come la vita stessa, ma nel frattempo ci siamo anche sposati. Smettendo di monitorare la vita degli altri, abbiamo allentato perfino il controllo della nostra.
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