giovedì 26 luglio 2018

LA MOGLIE DEL CAMIONISTA





Maria Assunta Pelosini
Non solo in Inghilterra c'è una vera e propria ossessione per i pratini all'inglese, anche in Italia e più precisamente a S.Gustavo, specialmente in estate e primavera non si può mai stare in pace, magari a leggere un po' di buona letteratura, che attaccano con quel rumore infernale delle falciatrici a motore, che quelle elettriche ne fanno meno, ma pur sempre troppo.
A S.Gustavo c'è anche un microcosmo di paese toscano interessante, pur come tanti altri, ma se ci mettiamo a studiarlo ce ne sorprendiamo, gli uomini sono diversi dalle donne, d'accordo, però tra di loro, anche all'interno delle due categorie, si assomigliano solo apparentemente.
Per esempio ci sono tante donne, meno spesso uomini, che spiano i vicini e gli eventuali passanti da dietro le persiane o veneziane che siano, ma perlopiù lo fanno in un modo meschino.
La loro curiosità è solo una mania, non lo fanno in modo per niente scientifico, non hanno un briciolo d'entusiasmo e nemmeno di metodo, cercano solo di fuggire dai loro stessi problemi. Basta scoprire o semplicemente opinare che gli altri ne abbiano di più e peggiori dei nostri. Si tratta di una sistematica di ragionamenti a senso unico, che funzionano perfino meglio che nascondere la testa sotto terra come gli struzzi, per evitare ogni tipo di problema.

Adalberto Maria Lemucchi
La signora Pelosini è una specie d'antropologa ben camuffata con il grembiule da donna di casa. Mi è bastato poco per capire che la vita l'ha portata dove lei non avrebbe voluto, è vero che poi gli ci è anche piaciuto, un po' come a tanti di noi, ma forse in un modo speciale. Voglio dire che se la società fosse stata differente, quando lei era giovane, o se la sua famiglia non fosse stata quello che era, cioè una assai tradizionale, Maria Assunta avrebbe potuto essere una detective ben pagata e amante del suo lavoro. Io lo so perché la spio da tempo, e anche se sono un uomo, la mia è un'attitudine da moglie di camionista, come si dice in gergo, cioè tipica di quelle donne che avendo il marito sempre in viaggio, non hanno abbastanza cose da fare per non sviluppare una curiosità spesso morbosa, ma nel mio caso, come nel caso di Maria Assunta, a sfondo di studio del vario e misterioso genere umano.
Anzitutto legge parecchio e roba assai lontana da Liala e da Sidney Sheldon, l'ho vista spesso seduta in veranda con dei Piero Chiara e degli Sciascia di tutto rispetto. Non disdegna i gialli, ma non legge Agatha Christie, ultimamente l'ho sorpresa con i libri di Stieg Larsson che sono dei mattoni alti una decina di centimetri e pieni di particolari. E poi romanzi di spionaggio anche cervellotici e meticolosi come Le Carré.
Insomma, che è una fine osservatrice, un buon osservatore come me lo vede anche solo da come guarda il mondo circostante, da come strizza gli occhi e si mantiene sulla riflessione senza fretta, anche mentre gli altri o le altre non chiudono la bocca un secondo e spennellano le loro frasi con ripetuti quanto inutili aggettivi. Non è che non ascolti, potrebbe sembrarlo, ma non è così, Assunta soppesa e separa le cose più interessanti per il suo personale uso, che mi pare sia unicamente lo studio dell'essere umano, dal più normale al più disumano, lo sguardo spassionato dell'entomologa.
Lo so perché ultimamente ci ho anche attaccato discorso, e non deve aver pensato che per pochi attimi che potevo essere interessato a lei come donna, deve aver capito chi sono e come sono da tempo, se lei spia me come io spio lei.
Sono ormai dieci anni che vivo qui e quando arrivai lei era già piazzata dietro le tende a far la tara su tutto e tutti. Credo che sappia tutto di me e invece io so troppo poco ancora di lei e questo mi affascina e mi sprona a far meglio e di più.
La sera per esempio non sento musica, né televisione accesa, va bene che è una lettrice assidua, ma non credo che legga tutto il tempo o che vada a letto presto. Già che la gente durante il giorno è fuori per lavoro, secondo me è la sera che ci tiene tutti sotto controllo, solo che non si fa scoprire mai.
Opportunamente l'altro giorno, dopo anni di essenziali buongiorni e buonasere, mai accompagnati da nient'altro che sorrisi di circostanza, l'ho salutata con la mano e da trenta metri le ho gridato:
-Buon giorno signora Pelosiniiii!Ha visto che magnifica giornata abbiamo stamattina?
Non si è fatta per niente pregare. Ho constatato che aveva anche una bella voce, e urlava come un libro stampato a lettere cubitali:
-Noooooo, certo che non mi è sfuggita la limpidezza del cielo e il sole caldo: una meravigliaaa! Se ci ha fatto caso, laggiù ci sono anche delle nuvolette gonfie (me le ha indicate col dito) che si dovrebbero fare anche delle belle fotoooo, per via del contrasto netto con il cielo azzurro scuro. Una cosa rara, glielo dico iooo!
-Infattiii, la giornata ideale per fare del giardinaggio.
Ho detto io alludendo al suo pratino all'inglese che sembrava diventato un po' troppo alla Mongola delle grandi praterie, e magari agli arbusti e pure agli alberi della Tundra potati chissà quando, forse tra il mio arrivo a S.Gustavo e la rivoluzione di ottobre.
-Ha ragione, caro Lemucchi, ma vede nella vita non c'è tempo per fare tutto e mentre fai una cosa e magari ne sei tutta soddisfatta, ne stai già trascurando un'altra, o addirittura una serie.
-Proprio vero, signora Pelosini, lei mi ha letto nel pensiero, stavo pensando proprio oggi, ma è piuttosto un pensiero insistente negli ultimi tempi, che se io dovessi tornare indietro...
E così via discorrendo, e riducendo a ogni frase i metri di distanza che ci separavano, a un certo punto ci siamo trovati seduti sulle sue comode poltrone della veranda e stavamo mentendo in maniera meravigliosa sul nostro passato, con qualche raro fondo di verità, che lì mischiato nessuno avrebbe saputo distinguerlo, e poi a noi stessi ci pareva più interessante e in un certo senso quasi esotico.

Maria Assunta Pelosini
Quel Lemucchi è proprio un fenomeno, attacca discorso e si appiccica come una specie di latin lover, gli argomenti non gli mancano, né una grande flessibilità di comportamento con una signora, ma in fondo quello che gli interessa sono solo gli esseri umani, secondo me, uno studio che magari lui direbbe antropologico.
Fatto sta che da quel giorno ogni tanto ci restituivamo a vicenda ogni visita, seppur senza fretta e con qualche porzione di tempo in mezzo, a volte anche intere settimane.
C'è da dire che non entravamo mai nel ramo del pettegolezzo, sia perché apertamente lo ripudiavamo, almeno alla luce del sole, e quindi la notte e il mistero ci garbavano di più, e poi il gioco tacitamente accettato da entrambi era quello di fingere di essere in una maniera, più o meno come fanno tutti, la differenza era che noi lo sapevamo a memoria, che eravamo di un'altra e nemmeno tanto comune. Proprio per questo, ma anche per altri, ci piaceva.

Adalberto Maria Lemucchi
Quando la villetta numero otto ha ricevuto i suoi nuovi proprietari, dopo più di sei mesi dalla morte della signora Castagna, scoperta dal postino oltre due settimane dal decesso attraverso la tipica fragranza di cui tutti ben sappiamo, (almeno perché abbiamo letto dei polizieschi,) ecco che sono arrivati i parenti e ci sono sembrati subito tanti o troppi, eppure assai interessanti.
Naturalmente accennavamo a loro appena di passaggio, in mezzo ad altri discorsi di vario tipo, tra cui non ultima la letteratura.
La gente legge poco, è vero, ma molti scrivono delle note, degli appunti, dei diari spesso incompleti, tanto per ricordarsi, per ragionare con se stessi, in alcuni casi di polizia potrebbero essere prove inequivocabili.
Ovviamente non le dissi che io scrivevo a tempo perso dei romanzi incompiuti, racconti a metà, poesie sbocconcellate dallo spazio e dal tempo. Proprio per questo sospettavo, o piuttosto speravo, che anche lei lo facesse, ma non me ne ha mai accennato niente e io non gliene ho chiesto conferma.

Maria Assunta Pelosini
La nostra collaborazione, nata per caso ma non troppo, comunque è piacevole. Il fatto è che purtroppo o per fortuna Adalberto è un bell'uomo, vagamente somigliante a uno Yul Brinner coi capelli attaccati sopra, come un improbabile cespuglietto di lattuga brizzolata. È intelligente, ironico e tutto, anche se le sue pensate sono troppo dispersive per diventare un vero detective, ancor meno agente segreto. Mi ha detto che è diventato un ficcanaso per scrivere dei romanzi polizieschi, ma le due cose gli sono sfuggite di mano, ho pensato io, si sono irrimediabilmente mischiate e ora lui non è né uno scrittore né un poliziotto dilettante, ma un bambinone buffo e piuttosto attempato. Si fa prendere ancora troppo dall'entusiasmo, va dietro alle ipotesi che lo affascinano di più, spesso non tiene conto abbastanza della realtà, giacché preferisce di gran lunga la fiction. Rimane a bocca aperta quando gli dico delle cose sulle nostre indagini, cose che a me sembrano lampanti, fin troppo evidenti, che l'unico dubbio che ho è addirittura se vale la pena di dirle o no. Per lui sono intuizioni geniali, per me delle bischerate ovvie.


Adalberto Maria Lemucchi
Magari sono stato io a ispirarla, figurarsi che da un momento all'altro lei si è resa conto che il giardinaggio era importante, non per la bellezza della casa, di cui le importava relativamente poco, anche dopo che io le avevo fatto notare che là fuori era tutto un po' troppo abbandonato a se stesso. Incredibile che non ci avesse mai pensato prima, un aspetto ingenuo che mi confonde un po' le idee su di lei, ma Assunta aveva finalmente capito che poteva spiare meglio con le forbici da potare in mano, tagliando il pratino con la pur eccessivamente cigolante falciatrice, (per fortuna un rugginoso cimelio rigorosamente meccanico a spinta umana che aveva esumato dal magazzino e oliato fino a schizzare liquido intorno a ogni giro di lamine) o perfino scavando una buca per una pianta nuova, perché intanto acquistava nuovi punti di vista ( e anche di ascolto) più vicini ai vicini, cioè all'oggetto principe dello spionaggio in questione. Io questo lo sapevo già da un po' , forse perché ai miei defunti genitori piaceva il giardinaggio, c'ero cresciuto in quel modo e anche se i nostri terreni non confinavano, prendemmo a salutarci da dietro le siepi, a gattoni sui pratini, o addirittura da sopra agli alberi dei rispettivi appezzamenti di terreno. E direi con una specie di sorrisino compartecipe che era già una specie di complicità tacita.

Maria Assunta Pelosini
Il nostro campo di studio era diviso in otto case visibili a me e le stesse otto ad Adalberto, già che escludevamo le nostre due per ovvi ma non esattamente confermati motivi. Di queste otto alcune si vedevano meglio col cannocchiale, ma noi ne avevamo diversi tipi e grandezze, cioè io ce ne avevo vari e lui sicuramente ne possedeva e ne usava, anche se io non gliene avevo mai visti. La sua casetta era anche a lato di una vecchia casa colonica senza giardino, come usavano anticamente, che ne comprendeva tre sezioni verticali, pitturate di tre diversi colori, con dentro tre gruppi familiari quindi, piccoli ma ben assortiti. Noi due non stavamo di fronte, ma di sbieco ci vedevamo, come ho già spiegato, perché il suo vicino dal lato destro era di fronte a me. Da non tralasciare che la strada faceva una lieve curva e questo complicava un po' la visione, ma noi avevamo diversi trucchi.
Tali gruppi familiari a nostra osservazione erano separati dal resto del paese da due boscaglie in cui poteva succedere di tutto, ma intanto bisognava andarci e lì noi potevamo intervenire in osservazione, oppure dal retro potevamo avventurarci in qualche ricognizione, ma raramente, solo in casi eccezionali, come quelli che sto per narrarvi.
Il gruppo uno era di una sola persona femminile, Agata Tortelli, trentacinquenne che non essendo come noi, spiava sì, ma senza cognizione di causa, senza propositi o intenti, solo curiosità saltuaria. Lavorava come infermiera e faceva i turni, ogni tanto appariva qualche innamorato nuovo, ma non durava mai molto. Aveva due cani, due gatti e varie tartarughine, pesci rossi, uccellini in gabbia per sconfiggere la solitudine, ma quella bastardona aveva sempre la meglio e tra pasticche e gocce Agata s'imbenzinava abbastanza tutti i giorni, non usava droghe propriamente dette, non beveva alcolici.

Adalberto Maria Lemucchi
Io e Assuntina avevamo due sistemi differenti e forse equivalenti per non sentirci soli, prima di tutto sapevamo che stare insieme agli altri era difficile, più che improbabile per due come noi, però la compagnia ci garbava, a patto che potessimo decidere di interromperla quando volevamo. La differenza era che io cercavo sempre nuove conoscenze, anche se poi le chiudevo parzialmente, un po' a finestrelle, come si dice, a lasciare solo poche scelte saltuarie interattività. Avevo più amici di internet che di carne e ossa, con cui potevo scambiare chiacchiere ed esperienze di vita, ma non un bicchiere di birra, nessun'ora in pizzeria. Cercavo sempre di conoscere gente nuova anche se immancabilmente mi deludeva. In buona sostanza cercavo di prendere il meglio da loro e anche di dargli qualcosa di buono, come regali virtuali e telefonate vere, qualche parola giusta al momento giusto o non troppo sbagliato, ma senza nessuna continuità, giammai.
Invece Assuntina non cercava mai nessuno, forse perché aveva già delle buone e bastevoli vecchie amicizie, quelle di autentica ciccia ambulante, per cui riceveva visite se non spesso in maniera quasi regolare, parevano persone che conoscesse da tempo e che fossero reciprocamente affezionate, anche se ognuna in modo diverso.
Aveva bisogno di una distrazione ogni tanto, perché il suo lavoro era incessante, secondo me. Appassionante e tutto quello che vogliamo, ma impegnativo. Magari con queste tre signore che la venivano a trovare condivideva particolari interessanti, ma l'uomo pareva di un altro tipo, forse persino interessato a lei come donna, come potenziale compagna, credo. È stato proprio leggendo il movimento delle labbra di lui, sotto la veranda a chiacchierare con lei in un giorno di pioggia primaverile, che appresi che Assuntina era un'autentica moglie di camionista, poi lui era morto, magari in un incidente, o scappato con una ballerina, chi lo sa? Ma quel piccolo particolare mi è piaciuto assai, mi sono quasi commosso.

Maria Assunta Pelosini
Il secondo nucleo familiare in questione era formato da tre personcine di estrema classe che litigavano assai e perciò ci tenevano piacevolmente impegnati, tra bestemmie e parolacce circolavano minacce di morte e altre robe interessanti, che forse non sarebbero mai state realizzate fino in fondo, ma intanto noi due annotavamo, magari per un futuro processo come quelli dei film. I Bastiani, madre, padre e figlio maschio malcelatamente effeminato erano rozzi e raffinati allo stesso tempo, facciamo a capirci, riuscivano a far intravedere una densa storia personale piena di luci e ombre, più ombre che luci, d'accordo, ma gli acciacchi e le fissazioni, anche a livello di stile di vita, erano tanto evidenti e variegati, che ogni giorno facevano da motore alla loro assurda esistenza e ne risultava un vero piacere spiarli. Automaticamente riuscivano a farci sentire dei geni, oppure anche della gente realizzata, insomma quasi felice, mentre rappresentavano instancabilmente la tragicomica esistenza di un trio infallibile nelle loro ridicole rivendicazioni e vicendevoli maledizioni. Da non trascurarsi le reciproche pretese sulla base di un codice di normalità e di appartenenza a una società conformista, che non solo li aveva ostacolati con le sue regole, ma che poi non si curava certo delle sue stesse conseguenze. Il figlio fingeva ancora di andare dietro alle donne e aveva una cinquantina d'anni, i suoi vecchi malaticci pareva ancora che ci credessero. Secondo me lo sapevano a memoria, ma si rifiutavano di accettare quel fatto da tempo tanto consumato e liso. Insomma recitavano una commedia, che per quanto già vista e rivista, attraverso tanti altri personaggi precedenti e contemporanei, loro sapevano interpretare con passione sorda, con disperazione ruspante, fingevano ma erano veri, puzzavano di morte ma profumavano anche di vita.
Non so se erano i preferiti anche di Adalberto, che si innamorava e si schifava della gente con la stessa facilità, bastava un niente per fargli cambiare l'opinione su qualcuno, anche costruita per mesi o perfino anni. Noi ogni tanto li menzionavamo, citavamo all'inizio timidamente le loro frasi ripetute fino a diventare dei quotidiani tormentoni e ci facevamo delle risate forse anche un poco amare, ma che intanto rafforzavamo la nostra intimità sui temi favoriti di “Istruzioni per rendersi infelici” di Paul Watzlawick. Gli esseri umani avevano veramente bisogno di tutta quella loro atavica infelicità per riuscire a vivere? Forse era quella la domanda che ci facevamo studiandoci a vicenda, noi e gli altri. E poi: noi due eravamo veramente superiori a tutto questo? O in fondo ci mancava tutto quel dolore che trovavamo in giro, tanto ben distribuito e in dosi magari fin troppo cavalline?
Noi non lo sapevamo, ma la casa tre, nucleo Bartoli Finn, era la contrapposizione a tutto questo, almeno apparentemente, non mancavano i soldi, lavoravano come bestie da soma, però professioni privilegiate, i due figli coltivano passioni vuote, ma forse avrebbero fatto in tempo a cambiare, anche se magari ci sarebbe voluta una meteorite a cadere sulla loro casa. Le facce pure non mi piacevano, forse neanche sconfinferavano loro stessi, ma fingevano di sì. Anche il Lemucchi li guardava con disprezzo, non avevo potuto fare a meno di accorgermene. Personalmente li trascuravo più di tutti gli altri, me ne ero resa conto di riflesso, forse perché erano assai poco espressivi, nascondevano i sentimenti, amplificavano e ripetevano le banalità imparate alla televisione, facevano più schifo di tutti, ma si sentivano intoccabili dall'alto dei loro conti in banca.
Nei boschetti intorno facevamo a turno delle visite, intanto, con i pretesti più vari, per raccogliere preservativi e siringhe, resti di quello che succedeva perlopiù di notte e attraverso gente che non era di lì. Dai movimenti dei fari si capiva che ci venivano a farci delle sane ma pericolose porcherie sessuali e a drogarsi al buio, a volte tutte e due le cose insieme, specialmente nelle stagioni più calde.

Adalberto Maria Lemucchi
Un giorno Assunta ha trovato un gigantesco alano arlecchino morto, ucciso con un'arma di grosso calibro, con ogni probabilità gli avevano sparato da un'altra parte, c'era troppo poco sangue in giro. Lo abbiamo dovuto sotterrare sul posto, per via della puzza, dopo aver stabilito che anch'esso veniva da fuori, forse era il caso di denunciarlo alla polizia, ma abbiamo deciso di non farlo. Le nostre metaforiche orecchie però erano già ritte e gli sguardi oltremodo attenti, ci siamo organizzati con dei turni di guardia complementari e supplementari. Da una pagina di amanti dei cani, su Facebook portata alla nostra attenzione da Clara, una delle amiche di Assunta, siamo venuti a sapere che ne era scomparso uno, di alani, a pochi chilometri da S.Gustavo, corrispondeva alla descrizione e la sua medaglietta che avevamo conservato recava proprio il nome giusto: Alan.

Maria Assunta Pelosini
Ci siamo messi in contatto con la famiglia, due cari vecchi signori, che immediatamente sono venuti, e hanno esumato il cadavere, lo hanno messo in un sacco e lo hanno seppellito nel loro giardino. Non sono rimasti tanto sorpresi quando gli abbiamo detto che secondo noi era stato ucciso da un fucile da caccia al cinghiale. Anche questo era da annotarsi.

Adalberto Maria Lemucchi
Renè, l'amico di Assunta ha detto che un suo amico viveva a lato dei signori Carboncini, padroni di Alan e che il cagnone scappava spesso e faceva danni nei giardini e nei pollai limitrofi.
Le indagini preliminari erano già partite, automaticamente, prima che noi stessi ci rendessimo conto, eravamo andati a interrogare tutti i nuclei familiari a nostra portata, gli amici di Assunta avevano fatto lo stesso.
Assunta gli ha fatto capire che se la polizia non si interessava di questi casi, qualcuno lo doveva pur fare e visto che io e lei eravamo in pensione, era solo una questione di dovere civico. Chi sparava a un cane avrebbe potuto anche cominciare a impallinare la gente, non si sapeva mai. Quando la discussione è diventata agitata, io ho trascinato via Assunta, spesso l'alcool era cattivo consigliere ed era meglio evitare contrasti inutili.
Il nucleo cinque, prima sezione della casa colonica, era di tre persone, due sorelle e un fratello anziani, i Pacini, erano abbastanza rincoglioniti e poco disposti, ma le femmine erano piuttosto intriganti e colla vocazione repressa delle mogli di camionisti, ci è parso, anche se non ne hanno mai potuto sposare nessuno, magari non ne hanno avuto soverchia occasione. Hanno detto di non sapere niente, di non aver visto nessuno fare movimenti sospetti nella boscaglia, ma sia io che Assunta abbiamo avuto la sensazione che mentissero. Appena usciti la mia collega ha detto anche di aver visto dei riflessi alle loro finestre, in alcune occasioni, che avrebbero fatto pensare a un cannocchiale. Abbiamo concordato che sarebbero potute diventare alleate preziose, che bisognava pensare a cosa gli piacesse e magari arrufianarcisi un po'.
L'abitazione sei, sezione nel mezzo della casa lunga, nascondeva un pensionato vedovo e piuttosto scorbutico, Holger Calamari. Ce lo aspettavamo, non ci ha nemmeno aperto, ma lo abbiamo avvistato oltre le tende spesse. Renè Piersanti andava a fare delle lunghe camminate per perdere peso, tutti i giorni a ore diverse, quando ne aveva voglia, spesso la sera all'imbrunire, specialmente d'estate che il giorno era caldo. A S.Gustavo c'era una vallata lunga che diveniva sempre più stretta, come un imbuto e la strada sterrata la percorreva in lungo, nella parte finale sotto gli alberi e in salita, poi tornava quasi sul piano, ma intorno c'era una natura pressoché incontaminata e impressionante, sui pendii che salivano verso il cielo quasi a perpendicolo, lì non ci batteva mai il sole, c'erano muschio e alberi caduti, rocce e anche rifiuti sparsi in fondo, dove d'inverno si formava un torrente.


Maria Assunta Pelosini
Nella sette, muro a muro, una famigliuola ingenua, i Pisticci, con tre figli pestiferi e genitori molto lavoratori, ma poco guadagnatori. Nella grande confusione subito dopo cena, ci hanno detto di non aver molto tempo per guardarsi intorno e gli abbiamo senz'altro creduto sulla parola.
L'ottava famiglia era quella nuova, il nucleo Castagna-Ricci era formato da tre maschi sui venti-venticinque anni, due femmine sulla trentina, nipoti di una nonna in sedia a rotelle collo sguardo fisso, muta e immobile, in più uno zio burbero e silenzioso. Nessuno sorrideva, tutti di poche parole e bruschi nei modi. Non ci hanno buttato fuori, ma ci guardavano come se fosse solo una questione di tempo.
Comunque il caso degli animali morti era interessante, da quando sono qua a S.Gustavo era il migliore e certo il più grave e misterioso, insomma Yul c'inzuppava anche troppo il suo biscotto sensazionalistico, diciamocelo, l'esagerazione era il suo pane, per via della solitudine e tutto il resto... chi lo sapeva? Ma la sostanza c'era davvero stavolta e se la polizia se ne fregava, da una parte ci lasciava il campo libero e a noi non ci pareva vero.
Lui non sapeva che scrivevo anch'io e se mentiva pure lui, io sapevo certo molte più cose di Yul che lui di me.

Adalberto Maria Lemucchi
Ricapitolando, le posizioni erano così, sulla fila nord, dal lato della sponda del Lago Ciottoli, c'ero io, i tre Bastian Contrari, così denominati da Assunta, dopo i Trambusti ubriaconi che avevano anche una piccola cartoleria, giornali e tabacchi, con scarsi assortimento, pulizia e risultati. In fondo i riccastri Bartoli Finn con un terreno più grande degli altri, e quell'erronea concezione più alta di sé stessi.
Oltre la provinciale 231, di fronte a me la signorina Tortelli, poi Maria Assunta Pelosini, nella casa colonica - detta anche Bongi - i tre vetusti Pacini, il misterioso ma non giovane Calamari, la rumorosa famiglia Pisticci e gli ultimi arrivati Castagna-Ricci.
Gli incontri con Assunta stavano diventando più regolari, per telefono ci segnalavamo anche i minimi movimenti sospetti, la nostra tacita collaborazione stava diventando sempre più instancabilmente operativa e ogni tanto abbiamo anche cominciato a parlare di letteratura in maniera più dettagliata, a partire dai gusti personali, che se non si assomigliavano su tutto, avevano diversi punti in comune. Se lei scrivesse non lo sapevo, non me ne aveva mai parlato, io invece, forse per impressionarla, le ho rivelato il mio sforzo, spesso vano o incompleto, sui tasti del computer. Le ho confessato che avevo iniziato a spiare gli altri proprio per immaginarmi meglio le storie dei romanzi polizieschi. Lei rideva e ha detto anche che le avevo messo una strana voglia di cominciare a scrivere, ma aveva troppo da fare in casa e in giardino.
Intanto si era trovato un altro cane massacrato, stavolta un barboncino nero, di nome Cino. Me lo è venuto a dire Assunta, il luogo del ritrovamento era non troppo lontano dal primo. Ci siamo messi subito al lavoro.
Il cugino della signora Pietrabuona, amica di Assunta, ci ha comunicato che il suo macellaio di fiducia, tale Patroclo Pietrogiovanna, ne aveva uno, scomparso due giorni prima, che corrispondeva al nome e alla descrizione. 
Ci ha mandato la moglie Teresita e il figlio Dario a fare il riconoscimento, si son presi il cadavere. Era stato impiccato con il filo spinato a un albero sulla sponda del lago. A ritrovarlo è stata la signorina Telma Pacini, che sembra Mr. Magoo con una spelacchiata parrucchetta sulla testa calva, la quale andava spesso a fare fotografie in giro da pubblicare su Facebook. 
Quella del cane impiccato, però l'ha dovuta togliere subito, perché il macellaio in questione è una pasta d'uomo, ma quando s'arrabbia fa impressione, specie se ha uno dei suoi coltellacci in mano.

Holger Calamari
Molti sono gli scontenti, ma non fanno niente a proposito, si limitano a sparlare degli altri, a denunciare verbalmente i governi, a criticare tutto e tutti in maniera astratta. Agire richiede sicurezza e determinazione, chi ce l'ha la usa per fare soldi, per accaparrarsi potere, chi se ne frega della giustizia? Chi se ne importa delle violenza contro gli animali quando gli uomini, intesi come umanità, la usano pure contro sé stessi?

Maria Assunta Pelosini
I nostri sospetti erano caduti tutti sulla famiglia Castagna-Ricci, non solo perché si presentavano male assai, ma anche perché prima che loro si presentassero cose del genere non se ne erano mai presentate ha detto il Lemucchi. Ci siamo messi all'osservazione intensiva del nucleo in questione, visto che parlarci non serviva a niente.
Intanto un'amica della signora Pietrogiovanna ci ha comunicato che a S.Gelmino, a due chilometri da noi, sparizioni e massacri di cani erano già diventati routine, secondo la signora Pieroni Dina, erano delle specie di faide tra vicini, ma quando erano iniziate non lo sapeva, perché la gente parla, sì, ma ci mette del suo in mezzo e poi il tempo fa pure un lavoro di lato allo spazio che confonde le idee d'assieme, per chi ce ne avesse.
Attraverso Facebook e un gruppo di protezione degli animali non siamo mai arrivati a comunicare col signor Calamari, che pur celato dallo pseudonimo Tintenfische e con una foto virato seppia di Winston Churchill da giovane, era stato sgamato dalla signorina Tortelli, che nel frattempo si era unita a noi, temendo per la sorte dei suoi animaletti, già che una sua zia di Castellaccio, a tre chilometri oltre il lago, le aveva detto che di là venivano uccisi anche gatti e pesci rossi, tartarughine e criceti.
Abbiamo scoperto però che tale Holger Calamari, che aveva vissuto per anni in Ungheria e poi in Austria, aveva una rete di protezione animali a livello europeo propria e segreta, e anche piuttosto pericolosa, perché quando beccavano un maltrattatore colle mani nel sacco, arrivavano dagli eccessi delle torture fino alle esecuzioni sommarie. Tutto questo sempre attraverso numerose malelingue di Facebook, comunque voci non ancora confermate.

L'uomo con la benda all'occhio destro manda ordini con un cellulare speciale che non può essere rintracciato, i maltrattatori di animali vengono a loro volta, forse anche meritatamente, maltrattati. Un'organizzazione non governamentale e nemmeno legale che si occupa di robe brutte e le risolve aggiungendo maggior bruttezza. Al giorno d'oggi tutti protestano, alcuni a ragione, altri per confondere le acque, una cosa del genere, anche se più volte denunciata, non interessa a molti.
(Dal Giornaletto di Guglielmo Tell del 7 gennaio 2018, settimanale Bellinzonese di cose da pensare, poi eventualmente da dire, magari in un terzo momento anche da fare.)

Adalberto Maria Lemucchi
Secondo la Tortelli c'era da starci attenti, le notizie che correvano erano ripetute e tutte in quella direzione. Abbiamo chiesto che ce le documentasse e lei lo ha fatto, effettivamente i boati erano insistenti. Anche se io e Assunta eravamo due santommasi ambulanti e prima di credere a qualcosa ce ne volevamo sincerare per bene.
Quelle dieci abitazioni in questione e i relativi nuclei familiari si erano perlopiù ignorati nei dieci anni da me abitati a S.Gustavo, frazione Bongi-Guidi. Anche in città, ma soprattutto in campagna, la gente si conosceva e si frequentava molto di più. Sarà stata l'illusione di non aver bisogno di nessuno, la sfrenata competizione dell'epoca moderna, che hanno allontanato sempre di più gl'individui tra di loro.
La località Bongi-Guidi, dove viviamo si chiama così perché qui vivevano le due famiglie rivali, un secolo fa, due case coloniche con dentro i due grandi nuclei, in perenne guerra tra di loro. Spostavano di notte i confini dei terreni e si ostacolavano come potevano. Pare che ci sia rimasta solo una delle due case, l'altra fu esplosa, durante la guerra, ma a quanto pare non dai nemici dell'Italia. Questo segnò approssimativamente la fine contemporanea dei due conflitti bellici.
La lotta per la sopravvivenza che c'è tra gli animali, tra noi esseri umani è trasbordata in una sterile dimostrazione di potere, che spesso diventa addirittura dannosa anche per il potente, che oltre che dover sempre far la guerra a tutti, non godersi il suo potere che a piccoli tratti, presto o tardi trova uno più prepotente di lui che lo manda in rovina.
Dicono che la vanità alimenti la competizione che stimola l'economia, che secondo alcuni è il motore che scuote l'atavica pigrizia dell'individuo, ma l'economia dovrebbe servire gli individui e invece succede il contrario e alla fine ci si rincorre la coda senza ricordarsi nemmeno dove e quando tutto questo sia cominciato.
Dove s'infila la morte violenta di animali in questo contesto è quello che discutevamo spesso io e Assuntina, anche attraverso Whatsapp e Facebook, per il momento senza trovare un colpevole, un responsabile collettivo, se non una società malata. Ma la società era sempre stata malata o lo era diventata da poco? Anche a questo non sapevamo rispondere.

Maria Assunta Pelosini
Intanto stavamo monitorando la famiglia nuova, più il Calamari e ci stavamo avvicinando alle sorelle Pacini, che avendo due piccole cagnette Chihuaua e un gattone castrato, si erano interessate alla nostra sorveglianza, non solo animalistica e la Tortelli anche aveva mosso anche amici e amiche in nostro favore.
Il Lemucchi era pieno di premure nei miei confronti, eppure avrebbe dovuto aver elementi sufficienti per capire che sapevo destreggiarmi anche meglio di lui, nella giungla della Toscana, anche se da noi a volte sembrava più una savana di olivi, con qualche cipresso abbondante. Non era da escludersi che oltre la sua concezione antropologica della realtà, si stesse interessando anche al pianeta donna da me interpretato, a quanto pare in maniera lodevole, giudicando dal suo palese gradimento, non ne faceva alcun mistero.
Si vedeva che cercava sempre malcelatamente la mia approvazione e di ogni mossa che stava per fare chiedeva il mio parere, il quale, in caso di mia opinione negativa, trasformava in ordine tassativo. Mi scappava da ridere, ma mi faceva anche piacere.

Adalberto Maria Lemucchi
Gli amici di Assuntina e i miei di internet erano stati mobilitati, non tutti avevano aderito, ma Paco Livingrooms, pseudonimo di architetto di Ravenna, al quale mi univano 5 anni di amicizia su Facebook, mi aveva anche parlato di Calamari e di fatti poco rassicuranti sul litorale Romagnolo. Lo svizzero Karl Feuchtenberger, parlava un buon inglese e stava imparando lo spagnolo, mi ha scritto che a Bellinzona c'erano stati maltrattamenti di animali e conseguenti torture e addirittura morti dei maltrattatori. Qui il nome di Calamari non era venuto fuori, ma la maniera di operare pareva quella. La polizia non aveva scoperto niente, come sempre e niente collegava i cadaveri ai maltrattamenti di animali, secondo loro. Che coincidenza, continuava Karl, che Tintenfische si fosse installato vicino a noi, là dove c'erano questi episodi di animali massacrati. Nessuna coincidenza nel nome, ha commentato poi il mio amico di Facebook, Tintenfische significava Calamari in tedesco.

Agata Tortelli
Un ricordo di quando ero piccola riemerge ogni tanto: ero da sola sulla nostra Simca 1000 posteggiata, cioè quella di mio padre e lo aspettavo per parecchio tempo, in fila tra le altre macchine sui due lati di una strada sterrata, un'ampia curva in salita, tutta costeggiata da alberi di ciliegio. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa era andato a fare mio padre, se quel ricordo era una serie di ripetute attese o una volta sola, dove era avvenuto, perché mi sarebbe piaciuto tornarci.
Cercavo ancora la mia anima gemella, anche se ci credevo sempre meno, scrivevo poco e lavoravo assai, passavo poco tempo in casa, con i miei animaletti che facevano la guardia in mia assenza. Ogni tanto qualche innamorato che durava poco, forse più per colpa mia, ma anche perché le opzioni erano scarse e in più io sceglievo immancabilmente i peggiori disponibili. Intanto m'innamoravo perdutamente, senza nemmeno conoscerli abbastanza, degli indisponibili limitrofi. Se uno di quest'ultimi improvvisamente se ne accorgeva, diventava magicamente disponibile, allora perdevo interesse, forse anche perché poi avevo occasione di conoscerlo meglio, approdavo - come in un naufragio sugli scogli - ai soliti dannati limiti umani, miei e suoi.
Vivevo a S.Gustavo da due anni. Il territorio lì attorno era piuttosto accidentato, terreno ideale per gli oliveti, colline scoscese e rocciose, boschi in pendenza e vegetazione intricata. Sempre secco d'estate, uno dei ruscelli che davano vita al lago, dal lato della frazione Bongi-Guidi, cioè dalla sponda nord-ovest, si era fatto largo nelle strettoie di pareti scivolose, tra pendii muschiosi e impressionanti, tipo giungla, di radici abbarbicate sulle rocce, naturalmente scalare da quelle parti era oltremodo pericoloso. Di solito era lì che andavamo. Quando potevo con i miei cani mi garbava fare delle passeggiate che diventavano a volte anche pericolose, perché quando mi trovavo di fronte a pareti scoscese, a boscaglie impenetrabili e a proibitive difficoltà in genere, non tornavamo indietro, anzi le prendevamo come sfide. Le indagini, segretamente ma non troppo, correvano serrate specialmente per Adalberto e Assunta, io avevo poco tempo, ma quando potevo gli davo man forte, anche grazie alle mie amicizie che avevano aderito, non ultime quelle di Facebook. Quando ho trovato il nascondiglio, in una boscaglia impenetrabile non lontano dalla riva del lago, hanno deciso di avvisare la polizia.
Il nascondiglio era un torrione vegetale probabilmente del tutto naturale, formato da una grande acacia su cui era cresciuto attorno un coacervo di rovi che a un certo punto si erano arrampicati sui rami scesi in basso fin quasi a toccare i pruni. L'effetto era una montagna di due verdi diversi e mischiati, come un intenso salice piangente che aveva formato pareti impenetrabili sui lati e nel mezzo c'era un vuoto. Da lontano non si vedeva, perché era cresciuto in mezzo a una radura nascosta da alti lecci attorno e i rovi erano andati sull'acacia a una decina di metri altezza, dove normalmente non arrivano mai. Lì sotto gli scheletri e gli animali in decomposizione si ammucchiavano, la formidabile puzza ci aveva guidati, i miei cani sembravano impazziti.
Il territorio del comune di S.Gustavo si estendeva di sbieco allungandosi tra boschetti e campi coltivati, fino ad arrivare vicino a S.Gelmino e a distanziarsi dal centro del nostro paese di appartenenza. Lì c'eravamo noi, a pochi passi dalla statale 43, separati dai boschi e dai campi, che se avevamo bisogno di comprare qualsiasi cosa, a trecento metri o poco più avevamo il centro dell'altro villaggio e piuttosto raramente andavamo a S.Gustavo, se non per motivi anagrafici o cose del genere amministrativo.
Pare che il nascondiglio si trovasse proprio sul confine trai due territori. Le due amministrazioni quindi lo hanno preso come pretesto per non occuparsene. I Carabinieri dovevano vigilare sulle persone, in fondo e la loro giurisdizione comprendeva non solo i due paesi ma anche altri sei, le cosiddette indagini continuarono a essere solo le nostre. Non che ci aspettassimo niente di differente, ma così non potevano accusarci di aver mantenuto le cose in gran segreto. Una base di ufficialità ci voleva, secondo Assuntina.

George Albert Bartoli Finn
Tutta questa gente attorno se ne frega del suo futuro, non cura nemmeno il suo presente, il loro passato gli è scappato di mano da tempo immemorabile. La nostra famiglia è diversa, non ci mischiamo a questi non solo perché non hanno idee, ma criticano addirittura le nostre, che se le applicassero gli risolverebbero ogni tipo di problema. No, ci navigano nei problemi, non sanno vivere senza. Hanno rinunciato a ogni controllo sulla loro vita. Che cosa è la vita senza un po' di sicurezza?

Maria Assunta Pelosini
La nostra piccola frazione in poco tempo si era ulteriormente frazionata. Si contavano almeno tre parti distinte. Da una parte tutti quelli che avevano cani, gatti e animali da compagnia, che cercavano di darci una mano per svelare quel mistero di animali ammazzati. Dall' altra quelli che in una maniera o nell'altra se ne fregavano o addirittura erano sospettati di essere dei massacratori di bestioline, anche se non sempre indifese.
Dalla parte della protezione animali Holger Calamari, che personalmente nessuno conosceva, non collaborava con noi, ma era sospettato a sua volta di condurre una rete di torturatori e uccisori di esseri umani maltrattatori di animali.
La rivendita di giornali, bibite e cose varie dei Trambusti ha avuto quindi sempre meno clienti. I Bartoli non sono riusciti a diventare più antipatici, non era facile. I Castagna-Ricci hanno continuato a vivere separati da tutto e da tutti. Tutti gli altri hanno collaborato, chi più chi meno, anche coinvolgendo amici e conoscenti che non abitavano lì attorno, alcuni anche fuori dall'Italia attraverso internet.
Nell'arco di due anni a seguire, questi nuclei si sono avvicinati, si può parlare già quasi di amicizie; gli altri hanno continuato separati, Holger è andato a vivere altrove ma nessuno è venuto a occupare la sua casa. Non ci sono stati più animali massacrati, almeno non nei paraggi, però altrove se ne hanno notizie se non regolari neanche troppo saltuarie.
Uno dei giovani dei Castagna-Ricci è sparito. Si è scoperto che la nonna era morta da tempo e l'avevano imbalsamata per riscuotere la consistente pensione. Renè è morto lo scorso maggio. Il senso della vita è ancora piuttosto misterioso. Il confine tra realtà e fantasia risulta soggettivo e assai fluttuante.
Io e Adalberto abbiamo tentato di fare un resoconto degli avvenimenti di questi anni, il riassunto è questo, frammentario e confuso, come la vita stessa, ma nel frattempo ci siamo anche sposati. Smettendo di monitorare la vita degli altri,  abbiamo allentato perfino il controllo della nostra.





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