“Non
capisco come fa ad aiutarci se parliamo solo io e Lei, tanto per cominciare.
Perché mai ha voluto che lasciassi i miei due cani a casa?”
“Beh,
questa è la prassi, il nostro primo approccio è un preliminare necessario, nel
quale Lei mi dovrebbe dire come la pensa, sulla vita, la terapia e i Suoi
animali.”
“Sssì...
Lo
sa cosa diceva a proposito un mio arguto conoscente e Suo emerito collega?”
“No...”
“Io
non la metterei in questi termini.”
“Ma
è quello che pensa, e si vede.”
“Invece
no... e poi che diavolo significherebbe?”
“Che
la personalità degli animali è molto semplice e si capirebbe al volo, se non ci
fosse quella dei loro padroni a complicarvi la vita, a voi e a loro.”
“Se
Lei vuole fare le domande e le risposte, formulare sia i miei pensieri che i
suoi, per me va anche bene, ma visto che la mia presenza diventa dispensabile,
io vado a fare un giretto e torno dopo.”
“Molto
spiritoso, ma non si sforzi di dire cose divertenti, non ce n’è bisogno.”
“...”
“Allora,
se ho ben capito qui dobbiamo conversare, assai civilmente, oltre che sulle nostre
reciproche personalità, anche sui dubbi e le riserve che abbiamo, sulla nostra
stessa terapia che sta per cominciare. Dico bene?”
“Ecco,
dobbiamo essere franchi e dire quello che pensiamo a riguardo, tutti e due.”
“Bene.
Le dirò subito che io ho una certa esperienza, in questo tipo di analisi. Perciò
ho un’idea che mi sono fatto, in anni di terapia, per me e le mie due care bestioline.”
“Sì...”
“Lo
psicoterapeuta non ha contatti con i suoi pazienti, al di fuori della sua
stanza, è cordiale con tutti se li incontra, può capitare, saluta e parla, dice
frasi gentili e brillanti, ma di repertorio.
Perché
il suo distacco professionale funziona bene se sente anche un po’ d’affetto, ma
non troppo, se ha un contatto sensibile, ma non stretto.
Lo
psicoterapeuta è una persona manipolatrice, nella sua vita privata, perché ha
la chiave della verità e la usa a suo vantaggio...”
“Che
cosa c’entra tutto questo?”
“Sto
parlando della mia esperienza. Credevo di avere degli alleati che ogni volta
hanno tradito la mia fiducia, non solo la mia, ma anche quella di due povere
piccole creature innocenti.
Non
va bene? Non è quello che dovevo dire?
La
disturba se Le parlo di queste cose?”
“Oltre
il senso di disturbo, che senza dubbio avverto, direi in crescendo, c’è anche il
fatto che credo Lei sia venuto qui per altri motivi.”
“Per
esempio?”
“Andando
per esclusione, certamente non per psicanalizzare me.”
“E
se tutto questo aiutasse semplicemente la mia autostima? Di conseguenza quella
dei miei due cani?”
“D’accordo,
però pestare la mia autostima non le servirebbe che a vincere una competizione,
alla quale io non ho intenzione di partecipare, perché diventerei un transfert
negativo, a che cosa ci servirebbe?”
“Bravo!
La sua argomentazione è degna di lode, mi ha convinto. Questo non significa che
Lei mi convinca, né come persona né come professionista. Tutt’altro.”
“Vuole
scavare nella mia vita, sezionare la mia personalità? Pensa che sarà una buona
cosa?”
“Alt! Un
momento: una buona cosa per chi?”
“Per
Lei e i suoi cani.”
“Per
me sì, quindi anche per loro, ma non so ancora se lo sarà per Lei.”
“Per
l’amor di Dio! Non siete come una santissima trinità, perché avete tre
personalità distinte e separate, tre ruoli diversi, nella vostra convivenza.
Io
intendevo piuttosto chiederLe se per Lei potrà essere una buona cosa, partire
così da lontano?”
“Certo,
io devo avere una completa stima di Lei, per potermi poi fidare della sua
terapia.”
“Va
bene, ma sbrighiamoci, abbiamo meno di un’ora di tempo.”
“Ah,
ora è Lei che ha fretta?”
“Non
ho nessuna fretta.”
“Allora
se questa nostra seduta sarà insufficiente, (e se lo sarà lo decideremo dopo, noi
due insieme,) beh, mal di poco, la continueremo la prossima volta.”
“D’accordo,
ma non dimentichiamoci che siamo qui per loro, i cani.”
“Questo
è vero.”
“Mi
vorrebbe dire perché, allora, Lei ha questi cani?”
“Beh,
i cani normalmente sono una terapia a quattro zampe, sia per i vecchi, che per
i malati di mente, che per le persone normali, o quasi, come me. Perfino per
gli psichiatri, mi hanno garantito, pensi un po’ che roba universale!”
“Perché
ha detto: normalmente?”
“Ah
sì, beh, c’era un mio amico che aveva un cane con solo tre zampe...”
“Come
si chiamava?”
“Tripode.”
“Ma
come? C’era nato, con tre zampe?”
“No,
prima si chiamava Biancone, per via che era un pastore maremmano, poi sa, dopo
l’incidente...”
“Bella
questa storia. I cani sono una terapia con la coda e tutto, d’accordo, ma secondo
Lei, anche parlare dei cani, è già una terapia?”
“Senza
dubbio...”
“Proviamoci.
Lei quanti cani ha?”
“Due.
Lo sa benissimo. Abbiamo riempito il formulario insieme.”
“Come
si chiamano?”
“Egisto
e Pamela. Basta leggere lì sopra.”
“Nomi
da persona.”
“Lo
vede come è interessante? Lei ha già capito che io trasferisco su di loro
l’affetto che non riesco a dare alle persone. In cambio loro mi danno tutto l’affetto che non io riesco a ricevere dalle persone!”
“Perfetto...”
“Infatti.
Con questo non voglio dire che ho rinunciato a provarci con la gente, non Si
creda, ma intanto recupero un po’ di carenza affettiva, faccio bene?”
“Magari
sì.”
“Lei
si lasci servire, mi fa troppo tangibilmente bene e lo vedo ogni giorno che
passa.
Ma
che ne sa Lei?”
“Tutto
e niente.”
“Ma
veniamo piuttosto ai due protagonisti, prima di innervosirci: Egisto è un
pastore tedesco, sta perdendo l’uso delle gambe posteriori, ha tredici anni, ma
è ancora un compagno meraviglioso, anche se caca e piscia dovunque, ormai non
si controlla più.”
“Tipico
del cane lupo, poveraccio.”
“Infatti,
purtroppo.”
“E
a Lei sembra triste, per questa sua menomazione senile?”
“No,
anzi, il bello è che il suo morale è alto come prima, dal punto di vista
filosofico i cani ci battono dieci a zero, se lo lasci dire.”
“In
che senso, scusi?”
“In
tutti i sensi, loro badano al sodo e non si piangono addosso, Egisto è contento
perché io gli do’ tutte le attenzioni e non mi arrabbio se sporca, pulisco
volentieri, so che lui sarebbe disposto a dare la vita per me, se fosse
necessario e il minimo che posso fare è retribuire il suo affetto e la sua
fedeltà.”
“I
rapporti con gli animali sono certo meno complicati, di quelli con le persone.”
“Bravo!
Ed è per merito loro, che sono assai meno complicati, questi rapporti, non certo
per merito nostro. Un uomo non sai mai come prenderlo, spesso una persona,
dentro di sé, non sa se vuole o non vuole, una certa cosa, una determinata
situazione, si fa un copione pronto nel cervello e finisce per eliminare tutti
i rischi, non facendo niente. Povero illuso. L’animale, invece, diciamo il
cane, o vuole o non vuole, non esistono possibili sfumature. O è sì o è no. Che
bellezza!!”
“E
la cagnetta?”
“Pamela?
Quella è troppo simpatica, un po' elettrica, forse perché è giovane, ma veramente
affettuosa e piena di energia!”
“E
vanno d’accordo?”
“Sì,
ma non possono avere rapporti sessuali, lei è sterilizzata, Egisto è trenta
chili più di lei, poi anche per una questione di misure, di lunghezza delle
gambe, non so se mi spiego, ma lui ci prova lo stesso, lei finge di morderlo,
ma nessuno ci rimane male, è la ruota della vita, un istinto animale e niente
più.
Lei
non fa finta di avere il mal di testa e lui non si fa l’amante, anche perché in
giardino non ci sono altre opzioni, però non credo che lei sarebbe gelosa, sa?
Si vogliono bene, si leccano sul muso ogni volta che s’incontrano e vivono
insieme ventiquattro ore su ventiquattro.”
“Quanti
anni ha Pamela?”
“Tre.”
“E
di che razza è?”
“Pura
razza bastarda.”
“Chissà
perché, ma mi ero immaginato una pechinese.”
“Vede
il suo mestiere come la rende maligno? Il pechinese è un tipo di cane che non
sopporto, come la gente che ha un pechinese, si somigliano proprio, delle
merdaccine ipocrite.”
“Allora
è vero che il cane somiglia al padrone?”
“È
un luogo comune che funziona sempre, uno stereotipo infallibile, ci avrà fatto
caso anche Lei...”
“Ma
nel suo, di casi, una bastardina e un pastore tedesco, cosa hanno in comune? In
che cosa tutti e due somiglierebbero a Lei?”
“Nel
fatto che non hanno tanti grilli che saltano per il cervello, come i pechinesi
e i chihuaua, o i pitbull, i dobermann e via discorrendo.”
“Arguisco
che per Lei chi possiede questi tipi di cani non è una persona normale.”
“A
parte il fatto che le persone normali non esistono e questo me lo avete
insegnato voi, (la vostra categoria, voglio dire,) anche l’uomo comune non
esiste, è una semplificazione logica e utile alle statistiche, ma piuttosto
stupida se guardata da un qualsiasi altro punto di vista.
Ogni
animale ha la sua personalità, è ovvio.
E
scommetto che Lei ha un pechinese in casa e un dobermann in giardino, se non un
sanguinario pitbull, perché Lei ha fatto questo mestiere perché voleva
subdolamente evitare gli scontri frontali nella Sua vita da fighettino...
Mi
sbaglio?
Mi
corregga se sbaglio, La prego.
In
garage Lei ha una SUV enorme, nera, coi vetri scuri, ascolta Beethoven e
Marylin Manson correndo per le strade di S.Paulo , fottendosene se rischia di
investire qualcuno a tutta velocità, un po’ come faceva il colonnello di
Apocalipse Now, quando bombardava i villaggi nella foresta, come minchia si
chiamava?”
“Chi,
il colonnello?”
“No
il regista...”
“Coppola.”
“Francis
Ford Coppola!
Ma
non ci provi nemmeno a cambiare discorso.
E
non mi faccia incazzare piuttosto, Lei, se lo lasci dire da chi se ne intende,
Lei è solo un vermiciattolo strisciante, dalla voce profonda, a volte, altre
volte melliflua e suadente!”
“La
prego, si calmi.”
“Ma
che cazzo di psichiatra del cazzo! Io credevo che dovesse saperlo, almeno Lei,
che dire a qualcuno di calmarsi è la frase magica per farlo incazzare moooolto
di più!”
“Ma
che dovrei fare? Secondo Lei? DirLe di arrabbiarsi di più? O di continuare così
che va bene?”
“Infatti.
Non
è difficile.
Vede?
Ora
sono calmo.
E
se avessi tempo le spiegherei io un po’ di quella psicologia pratica, quella
fuori dai libri, che Lei ne ha un estremo bisogno e non se ne rende nemmeno conto.
Disgraziatamente, o per fortuna, il nostro tempo è terminato, quel tempo che si misura coi
battiti del cuore, non con l’orologio, quel tempo che Lei, forse, non
conosce ancora.
Arrivederci,
o magari piuttosto: addio.”
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