sabato 20 ottobre 2007

UN SAGGIO MONACO E PROFESSORE QUASI TIBETANO



Il professore d'inglese, di lezioni private, è un magrissimo e autentico cittadino britannico, precisamente del Devonshire.
Lo ha scritto anche sulla sua pubblicità che manda per e-mail prendendo indirizzi a caso, dagli e-mail che gli mandano, sperando che siano di Porto Alegre.

Si chiama Trevor Pantrey.


Il Brasile gli piace, vive qui da tanti anni, forse la maggior difficoltà che ancora ha, è il rumore, la famosa fragorosità dell'America Latina, che qui in Brasile tocca i suoi vertici.
In Inghilterra, nel suo Devonshire, il silenzio era cristallino, questo è il più forte e miglior ricordo che ha della sua terra di campagna, di natura verdissima.
Certo non ha mai vissuto a Londra.

A questo proposito, in un pomeriggio di aprile, il professore si è trovato in una sala d'ingresso di un palazzo ad avere alcune cose da scrivere, improvvisa ispirazione del momento, mentre aspettava l'ora giusta per la sua lezione successiva.
Sedutosi su una delle poltrone ha iniziato a farlo, schioccando la lingua per concentrarsi, con tutta la sua famosa calma... fin quando è arrivata una signora con un minuscolo cellulare in mano e ha iniziato a gridarci dentro con tutta la forza che aveva e nonostante l'età avanzata era ancora e purtroppo assai vigorosa.
Il professore si è allontanato automaticamente fuori dalla porta aperta, sul terrazzetto pieno di piante e di verde, non certo silenzioso, ma di livello medio e normale di rumorosità brasiliana urbana, con le macchine che passavano a tutta velocità nell'angusta stradina pavimentata di pietre piccole e irregolari, più le onnipresenti martellate e le betoniere più vicine, trapani elettrici e seghe, forti ronzii di tagliaerba e tutto quello a cui qua si ha sempre diritto, e purtroppo anche contemporaneo dovere.
Insomma: se non ami i rumori forti e continuati devi andare in campagna.

La performance vocale della signora sorda ora gli arrivava più soffusa, parzialmente assorbita anche dagli altri schianti, rombi e baccani vari.
Ne capiva chiaramente tutte le parole, ma non cozzavano coi suoi timpani con la stessa forza di prima, insomma riusciva quasi a pensare e a scrivere bene.

Ultimamente hanno garantito al professor Trevor che le teorie orientali e le loro conseguenti discipline si possono applicare alla vita stressante della città moderna.
Perciò ha inventato una breve filastrocca da mentalizzare e ripetere in silenzio, se e quando si trovasse in una situazione scomoda.
Per esempio in presenza forzata di persone moleste.
Insomma, per regolare la respirazione, che in questi casi è normale che ci dimentichiamo di controllare, per evitare che il sangue corra e si accumuli dove non deve e così via.

Sono un saggio monaco tibetano
perciò respiro profondamente
rifletto compiutamente
agisco soavemente
                                 e ispiratamente

La spiacevole persona di sesso femminile in questione, però, non è rimasta seduta per molto tempo, lo ha seguito, con il suo demoniaco cellulare e un puzzolente mozzicone di sigaretta in bocca.
Magari senza nessuna intenzione di disturbare, e, certo, parimenti, nessunissima sensibilità a riguardo.
Sul terrazzetto le sue parole erano di nuovo ingigantite e le ripetizioni delle stesse frasi pure.
Si è allontanato di nuovo.
È sceso giù, davanti ai garagi c'erano pure piante e angoletti in penombra rumorosa, ma di quel tipo di rumore continuo che non disturba tanto, perché quei tanti e diversi rumori di ordinaria amministrazione, qua ci sono sempre e finisci per abituartici.
D'accordo, sentiva da sotto la signora che si dava da fare con la sua conversazione "all'italiana", ma non capendo bene le parole riusciva sommariamente a concentrarsi.

Sono un saggio monaco tibetano
perciò respiro profondamente
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L'implacabile pensionata però non si è data per vinta e camminando distrattamente, allo stesso tempo annotando numeri di telefono su un'agendina in una posizione contorta è arrivata di nuovo a due metri da lui.
Lì si è fermata perché non riusciva a capire bene un numero e se lo è fatto ripetere varie volte, gridandolo a sua volta, sia mentre lo scriveva che poi per confermarlo, a tutta voce, per farsi capire bene.

Si può dire che il professore sia un inglese tipico, la sua flemma è una cosa che può irritare la gente di qua, abituata a fare tutto alla svelta, diverse cose contemporaneamente e tutte fatte ugualmente male.

Visto che mancava poco al suo appuntamento di lavoro, il professore ha fatto uno scatto improvviso e l'ha seminata, prima che si potesse accorgere della sua improvvisa e ispirata manovra.
È riuscito ad approfittare della sua distrazione, mentre, scritto il suo maledettissimo numero, lei ritornava verso l'interno del palazzo, sempre guardando verso l'alto e gridando altri numeri e informazioni di cui al momento lui non poteva apprezzare l'utilità.
Si è catapultato nell'ascensore, ha chiuso subito la porta, ma nel frattempo si erano infilati un frenetico fattorino motociclista, per fortuna senza la moto, che dimenava la testa ad una musica che ascoltava con le cuffiette e che s'indovinava solo parzialmente, meno male, attraverso la forsennata batteria che ne sfuggiva fuori e un rotondo signore brizzolato, che, anche se non combinava col suo elegantissimo vestito intero blu, a doppiopetto, candida camicia e cravatta bordeaux, praticava un regolare e poco gradevole scroscio di scorrimenti intrecciati di varie consistenze di catarri dentro di sé, magari a scopo terapeutico.
Insieme a loro, anche se non completamente a suo agio, è scappato su dalla sua nuova allieva.

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e ispiratamente


Lassù al settimo piano, nella piccola sala d'aspetto solo due poltrone vuote e c'era un silenzio meraviglioso, l'aria condizionata girava piacevolmente e ha preso di nuovo il suo blocco notes quando, iniziato a scrivere le prime due o tre lettere si apre la porta e chi t'arriva?
Ancora lei, disinvolta, distratta, lo sguardo perso chissadove.
Non parlava più al cellulare, ma tirava da una sigaretta appena incominciata come se fosse il tubo dell'ossigeno, poi spargeva intorno il fumo di ritorno dai suoi polmoni, che evidentemente ormai filtravano poco, ma davano un tocco personale al fetore quasi sulfureo che ne fuoriusciva.
Lo ha interpellato subito con una raffazzonata simulazione di simpatia, un finto sorriso largo e forzato, voleva sapere se poteva passargli avanti, che doveva conversare un poco col dottore, rapidissimissimamente.
 Poi, anche se non lo ha detto, se ne sarebbe andata via e meno male, ha pensato lui. Gli pareva cosa impossibile, ma ha voluto crederci, ne aveva bisogno.
Perciò le ha dato il suo permesso, ha cercato di spiegarle che anche lui non aveva un appuntamento col medico, ma ha notato che lei non lo ascoltava già più.
Poteva anche bussare, che probabilmente il dottore era da solo, l'ha informata, gridando a sua volta, perché gli desse attenzione, ma lei ha detto placidamente di no, con la sua voce da anziano mafioso, che preferiva aspettare.
La saletta era già piena di fumo e l'atmosfera irrespirabile, in mezzo alle nuvolette lo sguardo della signora era assorto in una prospettiva dell'infinito davanti a sé, sul muro bianco.
Il professor Trevor Pantrey allora ha acchiappato e finto di leggere col massimo interesse una rivista, a quel punto temeva che lei volesse intavolare un'interessante conversazione con lui, tra pochi secondi lo avrebbe certamente fatto e anche volentieri e magari ci stava già pensando... ma, per fortuna, non ne ha avuto il tempo.

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Il dottore è uscito, ha annusato incuriosito e l'ha fatta entrare, sebbene lei volesse parlargli lì sulla soglia, cosa sulla quale tutti e due - il medico generico e il professore d'inglese - hanno riflettuto un attimo, guardando in alto e pensando contemporaneamente che sarebbe stato poco pratico.
Ha cercato d'immedesimarsi di nuovo nel suo solito e improbabile tentativo di manoscritto, quando ha sentito che si avvicinavano già alla porta, il dottore ha girato la maniglia, ma lei lo ha congelato dal dentro con una scarica di locuzioni, alcuni congiuntivi ben congegnati e qualche bel condizionale passato, cosa rara in Brasile, però in quel momento il professore non ne ha sentito alcun entusiasmo.
La maniglia è rimasta girata per alcuni lunghissimi secondi, poi la porta si è aperta facendo scorrere libera e contundente una montagna di parole ad alto volume che era stata dolorosamente pigiata e compressa là dentro.
Lei si è seduta con grazia, ha accavallato le gambotte fasciate strette da fuseaux elastici grigi a righe nere e si è accesa un'ennesima sigaretta, ha aspirato con forza, per ritemprare le energie generosamente profuse e lo ha ringraziato per la sua cortesia, con un sorriso meno sforzato del precedente, i suoi occhi erano già lontani, in un'altra situazione.
Al che il professore si è chiesto se era possibile che la sua faccia non facesse trapelare niente di quello che c'era in giro per il suo cervello, che pulsava nel suo cuore, che si perdeva e si ritrovava nei meandri delle sue vene ed arterie.
Però si è risposto al volo che l'indifferenza della signora verso gli altri non le avrebbe permesso di pensare niente di contrario a quello che voleva pensare, se poi avesse potuto pensare qualcosa a riguardo.

Non si sa come fanno, gli inglesi, a mantenere una faccia così imperturbabile, questo gli torna comodo specialmente nelle situazioni scabrose.
Dentro, però, gli accidenti fioccano.

Aveva uno strano appuntamento di lavoro, quel giorno, doveva incontrare una nuova allieva di lezioni private, nella sala di attesa del suo medico, già che lei non sapeva esattamente quando lui avrebbe potuto riceverla e quindi quando ne sarebbe uscita.
Poi, sarebbero andati in un bar che lei conosceva, ambiente tranquillo, dove avrebbero potuto fare lezione in santa pace.
Tutto questo determinato a capo di una decina e più e-mail di trattative ciascuno, in una settimana di serrata corrispondenza, per deciderne i più piccoli dettagli e per rivoluzionarli subito dopo.

Alcune sigarette e telefonate dopo il professore si fa  coraggio e chiede alla signora se lei fosse per caso la signora Franquina Taquini (brasilianizzazione scritta di Franchina Tacchini, nome e cognome italiani).
Era proprio lei.
Gli ha confessato quasi timidamente che aveva pensato che lui era troppo vecchio per essere quello degli e-mail, nei quali lui diceva indicativi: "sì", "perché no?","magari", "va bene", "possiamo farlo", "anche così può andare bene", "non ci sono problemi", "signora, per favore, si decida", eccetera.
Naturalmente lui non le ha detto che fino all'ultimo aveva sperato che non fosse lei, perché era eccessivamente infernale per essere la sua allieva.


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Il bar che lei conosceva era uno dei più apocalittici del mondo, di tutti i tempi, con videogiochi e studenti di ogni età, vari etilici dei due sessi, più qualche sesso indeciso.
Franchina ha detto che normalmente quel luogo era "la pace in persona", ma forse non si erano capiti e stavano parlando di qualcos'altro o di qualcun'altro.

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La lezione è iniziata, lei gridava tanto che lui non aveva difficoltà a udirla, certo non poteva correggerla, quando sbagliava, lei non aveva abitudine di ascoltare e lì comunque non ce l'avrebbe mai fatta, anche con la sua più buona volontà.
Perciò lui le faceva dei segni positivi col movimento della testa.
È stata una lezione lunga, faticosa e portentosamente inutile.

Quando si sono salutati lei ha detto che lo avrebbe pagato la prossima volta e che sarebbe entrata in contatto la prossima settimana.
Tra tutti quelli che aveva perso, proprio quelli sono stati i soldi che ha visto volar via con maggior piacere in vita sua.

A sera, dopo un tragicomico ritorno in macchina, consueto imbottigliamento, venditori ed elemosinatori ai semafori, fatta la spesa in un pestifero supermercato con dentro i soliti e perenni lavori in corso, arrivato a casa, ha tentato di riprendere il suo manoscritto, ma era troppo stanco, anche solo per ricordarsi dove lo aveva messo, che cosa ci aveva scritto.
Ha assaporato il silenzio irreale di quella scarsa porzione di attimi, finché il vicino falegname ha acceso una delle sue macchine dal ronzio scivoloso più martellante... ed i cani, tutti i cani della collina, hanno iniziato ad abbaiare.

Vive in campagna, il professore, quando è arrivato, tredici anni fa, lassù era un'oasi di pace, Porto Alegre è una quasi metropoli, ma a quel tempo ci si viveva bene.
Il ritmo del mondo è aumentato e a Porto Alegre si corre sempre dietro agli altri, solo che a volte si superano, senza essercene accorti.

Ha mangiato in maniera poco tibetana, infilandosi in bocca dei grandi wurstel interi spalmati di senape.
La digestione non sarebbe stata facile, ma è andato ugualmente a letto, si è messo i tappi per le orecchie perché i cani, tutti i cani delle colline limitrofe, non avevano ancora smesso di abbaiare.
Il suo cuore batteva forte e poi piano e poi forte e poi di nuovo piano:

Sono un saggio monaco tibetano
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