sabato 7 luglio 2007

DANTE FERRANTE



Durante i primi tre anni di Liceo, Dante Ferrante era stato un ragazzo bruttino, timido, assai intelligente.
Il primo della classe.
Si limitava a stare in silenzio, al primo banco, davanti alla cattedra, a parlare e allora perfino assai e bene, ma solo se interrogato dal professore.

Durante l’intervallo stava da solo, mangiava la focaccia con la mortadella, o col salame, lo sguardo perso nel vuoto.
Al quarto anno la metamorfosi: al ritorno dalle vacanze la faccia sorridente di Dante faceva già capire che qualcosa era cambiato, un basco a quadretti sulla testa ne tradiva l'implosione della sua passata vita da introverso.
I suoi due nei all’angolo destro della bocca si muovevano di più, nelle graziose rughe del nuovo ghigno irriverente.
Iniziammo a frequentarci quasi per inerzia, certo non pretendevamo di stare con gli altri, i ragazzi più svegli della classe, quelli ormai non ci consideravano più nemmeno esseri viventi.
Il suo destarsi ad una primavera mai vista ci unì, in poco tempo correvamo già dietro alle ragazze, io assai più timido, lui che prima di convincere loro, doveva convincere anche me.
“Dai, trombiamole, la più brutta la prendo io...”
Diceva e quando riusciva a farmi smuovere, andavamo là, da loro, dove la sua verve comunicativa e la sua improvvisata mancanza di vergogna facevano anche la mia parte, che fisicamente ero più un bel ragazzo e che insieme a lui riuscivo ad essere quasi simpatico.
La nostra coppia funzionava, ragazze ne beccavamo poche, ma per divertirsi ci si divertiva.


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