"Dal campanile
della vicina S.Genesio suonarono le otto e nessuno parlò di preparare una cena
qualunque, di mangiare proprio non ci se ne stava preoccupando, pensai, forse a
ragion veduta, data la situazione. Suonarono le otto e un quarto e se qualcuno
avesse anche pensato al vile ma pur talvolta necessario cibo, non ne venne
affatto parlato, né tanto meno cucinato. Mi sarei accontentato anche di
qualcosa di freddo, è chiaro, ma a parlarne, in quel momento, avrei mostrato
magari scarsa sensibilità. Suonarono le otto e mezza e mi parve di sentire un
vago olezzar di spezzatino colle olive, o di farro con un filo d'olio di oliva,
chissà una volgare eppur interessante pasta al sugo appena servita con un
nevicar di parmigiano... ma da lontano assai, forse qualche paradossal vicino,
chissà... qualche mente semplice e senza cuore. Rintoccarono le otto e tre
quarti, per alcuni addirittura le nove meno un quarto e nessuno si mosse. Un
fruscio indistinto veniva forse da fuori, ma la cucina era silenziosa, tutto
intorno taceva la casa in penombra nel riverbero di rumori appena immaginati,
magari solo ricordati eppur gentili di arrosti campagnoli o anche di fritte
patate colla cipolla o pollo croccante, che forse fanno male al fegato, ma
sortiscono benefici effetti e pur confortanti, se si appartiene ancor al genere
umano. E non sempre è facile.”
“Bell'assai. Sua madre
cucinava bene dobbiamo arguire?”
“Forse anche troppo.”
“Che disgrazia! Ma
condivisa da troppi italiani. Quantomeno inusuale come incipit di un romanzo,
comunque, applausi meritatissimi.”
“Insomma…”
“No, no, io trovo
proprio che spiazzi e che non si sappia mai che cosa aspettarcisi dopo, infatti
poi il lettore viene sorpreso più volte, anche se non sempre piacevolmente,
come nella vita, ma è cosa non tanto comune al giorno d’oggi, in un libro. O
anche in un film.”
“Beh…”
“Non mi dica che non è
vero. La maggior parte dei libri o dei film che mi capita mio malgrado di
attraversare negli ultimi anni sono prevedibili in una maniera oscena, dopo
cinque minuti puoi indovinare senza alcuna possibilità di sbagliarsi tutto
quello che succede dopo. E poi nessuno ha mai scritto un romanzo fatto solo di
dialoghi, senza nemmeno una descrizione, un intervallo qualsiasi tra le frasi
dei personaggi…”
“Effettivamente...”
“E dopo?”
“Dopo cosa?”
“Come è continuata la
sua vita dopo?”
“Ah, …e dopo ero rimasto
solo come un cane, si fa per dire, scusando l'espressione, perché poi invece mi
era rimasta Daria, nella quale ho investito tutto quello che avevo, voglio dire:
a livello di sentimenti. Ma non durò che pochi anni, le migliori se ne vanno
sempre per prime, e dopo sì che mi trovai nel mezzo di uno spaventoso vuoto
attorno pieno di niente, ma di un niente doloroso 24 ore su 24. Così, prima di
sprofondarmi troppo nel doppio lutto, ho deciso subito di cambiare qualcosa, e
qualcosa di grosso, anch'io potevo o non potevo ancora influire su quello che
era accaduto e di cui ora non mi va di parlarne, ma voi lo avrete già
immaginato?"
"Sua moglie era
morta."
“No. Non eravamo nemmeno
sposati."
"La sua
compagna."
"In un certo senso,
ma era piuttosto una cagnetta, meticcia, una volta si diceva bastardina.
Oltretutto veda che con lei parlavo tutti i giorni di letteratura, a letto
ancora con gli occhi chiusi, a colazione, a pranzo, a cena, la sera davanti al
caminetto acceso, a letto prima di addormentarci..."
“Dove dormiva Daria?”
“Sul suo lettino,
accanto al mio, sulla sua prima e negli ultimi tempi leggermente infeltrita
coperta rosa di lana.”
“E quando parlavate di
letteratura lei parlava e Daria ascoltava?”
“...e non m'interrompeva
mai.”
“Ma lei si sentiva
ovviamente pienamente compreso, anche se la cagnetta non leggeva o non poteva
dirle le sue impressioni?”
“Io non glielo facevo
pesare e lei aveva un grande buonsenso e una discrezione accompagnata da una
sensibilità certo superiore alla maggior parte degli esseri umani, se doveva
contraddirmi in qualcosa preferiva non farlo al momento, ma mi guardava negli
occhi sempre. Gemeva, ringhiava o abbaiava in maniera diversa dal solito, dopo,
proprio quando si supponeva che avesse dovuto farlo e allora io capivo.”
“Mi corregga se sbaglio,
sua madre Mariah e la cagnetta Daria erano diventate la stessa persona?”
“Sì, lo so che mi
prenderete per matto, ma almeno io la sentivo così, nella sequenza temporale le
due situazioni si erano fuse, l'una mi ricordava troppo l'altra, non solo: mia
madre voleva tanto bene a Daria che quando è morta si era trasferita in lei.
Per stare ancora insieme a me, forse per proteggermi dal mondo aggressivo e
banale attorno.”
“Anche con sua madre lei
parlava di letteratura?”
“Certo.”
"Sempre?"
"Piuttosto io direi
spesso, eppure volentieri."
"Capisco. Non
avevate altri argomenti?"
"Sì, tanti altri,
naturalmente i soliti e inevitabili della vita, tra cui la culinaria, alla
quale abbiamo accennato. Anche la letteratura parla della vita no? Anche i film
è di quello che trattano, mi pare. Normalmente tutto partiva o ritornava
all'ultimo libro letto o al film ispirato dal romanzo eccetera eccetera."
“Allora alla morte di
Daria, dopo quella di sua madre, dopo la necessaria e inevitabile disperazione,
lei ha pensato di aprire la prima libreria.”
“La libreria era già
aperta, e non ci ho pensato per niente, l’ho solo comprata, a rate, e
all’inizio mi è parso un madornale errore, perché ogni libro mi riportava a
lei, o a loro, e quando ne vendevo uno mi dispiaceva troppo separarmene, ma è
stata solo una questione di tempo.”
“In che senso?”
“Nel senso che era un
modo di ricordarmene, di sfogarmi, di fare una terapia intensiva forte, ma
efficace… poi i libri si possono sempre ritrovare, o meglio ancora ricordare,
voglio dire senza averceli a portata di mano. Sembrano anche più belli. Ha mai
provato?”
“No, o forse sì, ma lei
poi è guarito?”
“La vita è impietosa, se
si vuole si guarisce al volo dei mali più tremendi, ci sarebbe da
vergognarsene, nel giro di un anno ero di nuovo in sella, pareva impossibile,
ma senza Mariah né Daria.”
“E quando ha pensato di
scrivere la sua storia?”
“Questo libro non è la
mia storia, mettiamoci subito d’accordo, ci sono dei pezzi che la ricopiano, si
fa per dire, la ricalcano, se non li scrivevo forse scoppiavo, è stata come una
valvola di scarico. Ma altre parti integranti, qui sono una mia pura
invenzione.”
“A leggerlo non sembra.”
“Meglio così. Ho voluto
farne un poliziesco, senza poi svelarne il colpevole, il lettore non me lo
perdonerà mai. Insomma, questa era l’intenzione che avevo, si fa per dire, cioè
quella che mi è venuta dopo, a rileggere quello che avevo scritto di getto, per
poi metterlo in ordine, per la forza stessa dell'espressione. Non mi dica che
ci sono riuscito.”
“Non glielo dico io, ma
i fantasmagorici numeri delle vendite. Ma non ha risposto ancora alla mia
domanda.”
“Quale?”
“Quando ha cominciato a
scrivere?”
“Ah, io scrivo da
sempre, ma per la prima volta ho pubblicato qualcosa.”
“E ha fatto subito
centro?”
“Insomma…”
“E il nome della
libreria viene dalla bibbia?”
“Sì.”
“Perché lo stesso nome
del suo romanzo?”
“Sono nati insieme, in
un certo senso e parafrasando chiedete e
vi sarà dato ho pensato di incentivare chi volesse parlare di letteratura
con me, o con chi altri stesse là dentro a bighellonare in mezzo ai libri nuovi
e usati. E poi volevo evidenziare che nel mondo moderno, qui in Italia
specialmente, non c’è più niente di gratis. Quindi l’originario dato viene sostituito da un più attuale detto.”
“E a incentivarli c'è
riuscito?”
“Oltre le aspettative. Ho
avuto modo di pentirmi anche di questo, purtroppo ci sono tante persone, e lo
dico tra virgolette, eppure col massimo rispetto, che non hanno idea di come dovrebbe
essere un dialogo e che ogni tanto bisognerebbe lasciar parlare anche gli
altri, eventualmente. Insomma che esiste un’evoluzione dialettica e che la si
può perfino applicare alla conversazione, alla nostra vita di tutti i giorni.”
“Ma che fanno?
Litigano?”
“Io so solo che ho
dovuto buttarne fuori più di uno e chiedergli di non tornare mai più.”
“E loro?”
“Non aspettavano altro,
ho dato un senso alla loro esistenza, ora sono là tutti i giorni. Fanno parte
stabile e concreta della mia routine.”
“Il suo innato senso
della commedia è notevole.”
“No, è la vita che è
tragicomica, e che ci posso fare io?”
“A volte mi viene
l'impressione di vedere in lei una doppia vita,
due correnti perlopiù parallele, ma ogni tanto anche divergenti, poi
ovviamente di nuovo anche convergenti...”
“Bravo! Solo che le
dannate correnti sono più di due, non so nemmeno quante che si intrecciano
continuamente. Comunque spesso realtà e fantasia sono mischiate. Io mi trovo
decisamente meglio nel mondo delle parole, quello della letteratura. Forse
perché c'è più tempo per pensare, non si deve sempre correre come forsennati.
Certo è meno spietato di quello degli esseri umani, che sono sempre più
disumani, insomma è assai meno feroce come mondo in cui vivere.”
“A proposito quali sono
i suoi autori preferiti, che diavolo legge il grande Arminio Ciacci?”
“Sul grande, se lei
permette, ho qualche dubbio. Per leggere leggo assai, ma a pezzi, mischio un
po’ le storie, cinque o sei libri alla volta. Tanti autori differenti, oppure
anche troppi, chi se li ricorda tutti?”
“Anche se non è un
pentito mi faccia dei nomi, confessi.”
“Ma che ne so?
Isherwood, Wodehouse, J.K.Jerome, Camilleri, Benni, Crichton, o magari questi
sono solo gli ultimi che ho letto e mi sono garbati, insomma roba come Kerouac,
Fruttero & Lucentini, il brasiliano Rubem Fonseca, il pisano Malvaldi,
naturalmente Manuel Vasquez Montalban, De Crescenzo, Gabriel Garcia Marquez,
Durrenmatt, Luis Fernando Verissimo... altro brasileiro, il cileno Bolaño, Von Schirach,
il sardo Todde, Piero Chiara, Andrea Vitali...”
“Una marea! Può bastare,
ci ha già abbastanza confuso le idee! Piuttosto: sua madre cosa leggeva di
bello?”
“Lei andava più sul
classico, roba tipo Soldati, Buzzati, Sciascia, Pavese, Flaiano, Rodari,
Hemingway, Steinbeck, Faulkner, Cechov ultimamente anche Tabucchi, Maggiani,
Terzani e poi la Fallaci, ma su quella purtroppo noi non facevamo che litigare...”
“Qui la gente applaude,
sono abituati così, vedo però anche diverse facce perplesse, vuol dire che almeno
approssimativamente abbiamo fatto centro. Cambiamo radicalmente argomento, lei
è a favore o contrario ai famosi 12 vaccini obbligatori in Italia?”
“Contrarissimo! Faccia
lei, quanto lo si può umanamente essere, tutta una manovra per metterci in mano
di chi non ha assolutamente voglia di farci del bene, piuttosto di arricchirsi
alle spalle di questo gregge di pecore impazzite che siamo, ogni giorno di più!
No, no. Devo essere
principalmente io il veterinario di me stesso, e dei nostri bambini, perché in
fondo noi siamo ancora animali e come tali ci dobbiamo trattare. Non è che i
medici siano incompetenti, di cose ne sanno anche troppe, però poi si
confondono, sono esseri umani anche loro, ma la memoria è ingannevole, anche
quella di chi, come me, ne ha una ottima. Non ci si può contare al 100%, ma
neanche al 75%, si fa per dire. E poi non è solo questione di incompetenza ma
anche di disonestà. Di calcolo, di tornaconto, si torna sempre ai soliti
discorsi.”
“Lei non ha figli?”
“No, solo un gatto, un
pappagallo e una tartarughina, me li hanno regalati, che dovevo fare? Il gatto
no, Cocco è libero come il vento, ma il pappagallo e la tartaruga mi fanno
pena, vabbè, anche un po' di compagnia. La pena magari è reciproca.”
“A proposito: qual è la
scritta su quella maglietta che ha venduto tantissimo, all'apertura della sua
prima libreria di Trieste?”
“Sono un atleta, non
sono una trota.”
“E che significa?”
“La rima è falsa ma
intrigante, spero. Ho notato che qua sulla terra, detta anche il mondo, ci sono
sempre un'infinità di enti e persone che vogliono che io faccia un sacco di
cose che io non voglio fare. A cominciare dall'internet che vuole sempre darmi
qualcos'altro al posto di quello che voglio io. La televisione non la guardo
più per principio. Prima della modernità meno cose volevano intromettersi,
almeno mi pare, ne deduco che per raggiungere un’improbabile libertà l'uomo si
imprigiona sempre più. Per resistere a tutte le invasioni e allo stress della
vita moderna bisogna prevenire per non curare dopo, per farlo bisogna fare
dello sport, per espellere tossine e rendere il corpo più forte, si fa per
dire. (Mens sana in corpore sano, insomma, non è una novità, ma non basta
dirlo, bisogna anche farlo). La trota è in via d'estinzione, fuori dagli allevamenti,
e anche l'uomo, quello che ha ancora una sua - anche solo apparente - libertà
non esiste quasi più, è un pesce allevato e cibato di pubblicità e prodotti di
cui non ha assolutamente bisogno, per fargli dimenticare i valori autentici e
irraggiungibili della vita, che è sempre di più una ripetitiva routine, gli si
danno dei palliativi. Ultimamente lo si vuole perfino convincere che mangiare
degli insetti è cosa buona e giusta. E non hanno inventato un seggiolino che
avvisa al telefonino se ti dimentichi il bambino in macchina? Siamo delle
assurdità con le gambe! Prendiamo in giro noi stessi ogni giorno di più!”
“Vero. Lei è mai stato
sposato, signor Ciacci?”
“Tecnicamente lo sono
ancora, anche se in pratica mia moglie se n'è andata.”
“Mi dispiace, è stata
una storia difficile?
“No, certo più positiva
che negativa, il fatto è che lei è troppo Napoletana, (Giuseppina detta anche
'Ppina) e magari io troppo esageratamente Toscano.”
“Ma siete rimasti in
buoni rapporti no?”
“Certo, lavoriamo ancora
insieme, fa la moderatrice alla lettura e discussione su autori e opere
nelle mie librerie. L'unica che fa parlare gli altri e si limita a fare domande
stimolanti, invece dei soliti discorsi preparati e retorici che sono più facili
a farsi, ma non servono granché. Ma perché lei finge di non sapere niente di me
e della mia storia?”
“Beh... mi pare ovvio,
al pubblico piace condividere le sue emozioni con me, se io mostrassi di sapere
già tutto, sarebbe tutto molto più freddo, distante, non crede?”
“Forse, ma questa passione
per il facile melodramma è una menata tipicamente italiana, perché si deve
simulare una complicità che non c'è? Perché sempre fingere, quando si può
essere sinceri?”
“Forse l’italiano è
fatto proprio così, anche lei vuole denunciare il solito stereotipo sui
peninsulari pizzaioli e mammoni?”
“No, ma questa ne è un'inevitabile
conseguenza, il dover vivacizzare sempre tutto con i colori fittizi di un
Photoshop, perché ci si deve ingannare sempre e comunque? Come quei programmi
televisivi tipo Linea Verde in cui i presentatori fingono di arrivare in quel
momento nella fattoria modello e quelli là sorpresi nel vivo della loro pur
sana routine li salutano e gli cominciano a spiegare al volo le loro
prospettive, la loro filosofia di agricoltura e di vita in venti secondi
scarsi, sulla base della decrescita felice, come se non si fossero mai visti
prima e non avessero preparato la scena come se fosse teatro?”
“Forse ha ragione, ma a
questo proposito le chiedo: c’è una voce che mi ha detto che vogliono fare un
film sulla sua vita, lei conferma?”
“Smentisco e confermo,
per così dire, confesso che per me la vita è faticosa già una volta e non ho
voglia di rivivermela tutta di nuovo. Una volta mi basta e mi avanza.”
“Ma allora il suo
libro?”
“Il libro è stato uno
sfogo occasionale e non sono riuscito assolutamente a farne qualcosa di
autobiografico, ho cambiato i personaggi e i nomi, tutta la storia, per farne
un romanzo poliziesco, forse più un noir, in cui il colpevole si deve
indovinare ancora, magari non lo so nemmeno io, alcuni dicono sia il creatore,
ma io non ci credo neppure a un creatore unico dell'universo, sarebbe una delle
solite semplificazioni troppo comode e tanto care agli italiani, ma non solo a
loro...”
“...e quindi?”
“...e quindi non ho
niente da dimostrare a nessuno, se loro se lo vogliono fare da soli 'sto film,
se lo romanzino o se lo inventino, non me ne frega neanche tanto, magari in un
secondo o terzo momento il film me lo vedo con calma, non dico di no, magari mi
piace pure. Ma se contano sulla mia collaborazione possono anche scordarselo.
Dovrei sprofondarmi di nuovo in tante di quelle sofferenze che non ne ho
assolutamente voglia.”
“Ma quelli scucivano
anche dei bei soldoni, ho ragione di credere. Questa è stata la sua definitiva
risposta alla loro più che interessante proposta?”
“Se la memoria non
m'inganna, direi più o meno con queste stesse parole. I soldi non mi servono a
granché, non sono propriamente un poveraccio e ho di che campare abbastanza dignitosamente,
comunque per me non rappresentano una priorità, non sono disposto a
schiavizzarmi per dei soldi, per tanti o troppi che siano.”
“E questi applausi se li
merita tutti, la gente si emoziona a vedere che esistono ancora persone
autentiche come lei. Tutti farebbero carte false per un romantico film sulla
loro - anche se non troppo avventurosa - vita e lei che ne ha l'occasione se ne
frega alla grande!”
“Si fa per dire. Dicono
che la gente a quelli come me non c'è più abituata, nel bene e nel male, io
stesso ho delle difficoltà a seguirmi, ma non ho scelta. A volte penso che la
vita sarebbe più comoda se mi lasciassi almeno un po' trasportare dalle mode
del momento.”
“Ma allora non sarebbe
più lei, no?”
“Beh…”
“Arminio Ciacci,
signori!”
“Allora! Com’è stata
l’intervista del secolo?”
“Per me piuttosto
noiosa, capirai, ma interessante, forse, a vederla da fuori, magari.”
“A me è piaciuta
infatti.”
“Allora l’hai vista?”
“Ovvio che non me la
sarei persa.”
“Ah, ma allora che cozza
o mitilo mi hai chiesto proprio adesso?”
“Ti ho domandato di come
l’hai vissuta te, cinghialotto.”
“Ah. Ecco.”
“E non ci credo che tu
ti sia annoiato. L’impressione che ho avuto io è che ti stessi divertendo
abbastanza, alla tua maniera.”
“No, infatti.”
“Cioè?”
“Io Carugio non lo
sopporto, e tu lo sai, ma stavolta mi pare che mi abbia chiesto le cose giuste,
forse anche alla maniera giusta, lo sai che le interviste non mi piacciono,
soprattutto se l’intervistato sono io, ma lui ha saputo stimolarmi, è stato
sottile ma energico. Ci ha saputo fare, mi ha messo alle corde e io ho
confessato tutto, anche quello che non avrei voluto dire.”
“Tipo l'incarnazione di
tua madre con Daria?”
“Tipo quella, ma non
solo quella.”
“Alla fine gli hai
rovinato anche il gioco e lui non se l'è nemmeno presa, forse-forse gli è anche
piaciuto.”
“Secondo me ha creduto
di averci fatto una gran bella figura, di fronte al suo amato pubblico.”
“Senza il forse, per
come è falso e confuso il pubblico attuale italiano, senza alcun dubbio.”
“Ecco.”
“A me Carugio sta
proprio simpatico, invece, magari è un po’ pignolo quando ha degli ospiti
antipatici, li punzecchia e a volte assume addirittura una identità simile o
altre volte anche troppo contraria a quella della vittima prescelta, ma nel tuo
caso è stato un perfetto gentiluomo, si vede che ti stima, oltre il suo solito
marketing, la sua auto-promozione gonfiata alla Renzi, che ormai in Italia è
indispensabile, se vuoi smettere di essere un signor nessuno. E poi è stato lui
a volerti lì, non dimenticartelo e non ti ha fatto assolutamente nessuna
domanda a trabocchetto. Zero malignità secondo me, almeno da parte sua.”
“Hai ragione. Magari mi
ha pure preso un po' in giro, ma bonariamente e io me lo merito anche,
diciamoci la verità. Sono troppo spontaneo e sincero, a sessant'anni non ho
ancora imparato a mentire a me stesso, figurati agli altri. Purtroppo però vedo
che sta arrivando Arnaldini. Tu non dirgli niente dell’intervista. Fallo per me
o per carità cristiana, basta che lo fai, cioè che non lo fai.”
“...e figurati se lui
non lo sa.”
“...e tu non entrare
nell’argomento.”
“...e se c’entra lui?”
“...tu escine al volo.”
“E te?”
“Io? No, io ho molto da
fare, troppo da fare. Amministrazione arretrata, cataloghi, prezzi… fai te, diglielo
te 'Ppina, fammi il santo favore.”
“Vabbuò…”
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