sabato 1 aprile 2000

Un calabrese coi baffi

Alla fine della primavera e in fondo all’isola di Florianopolis, la baia di Matadeiro ci aspettava sotto una pioggia fitta e fina. Siamo arrivati di sera impacchettati in impermeabili di plastica frusciante.
Dopo una cena in un ristorante deserto ad Armação abbiamo passato il ponticello, di cemento e senza alcuna ringhiera, abbiamo seguito la stradina pure di cemento e probabilmente armato, poi abbiamo salito la scala.
Anni addietro il ponticello non c’era e l’unica opzione per raggiungere la spiaggia era rimboccarsi i pantaloni eventuali e mettere i piedoni nell’acqua, i pesci fuggivano disperati, tutte le volte che guadavo il fiume, ma ciò era possibile solo quando c’era la bassa marea, allora stavano più attenti.
Da là sopra l’abbiamo ammirata, un po’, prima di scendere... come l’avevo rivista tante volte in sogno: ubriacante di bellezza, di passato e, speravo, anche di futuro.
Ai vecchi tempi l’unica luce notturna che cadeva là era quella magica della luna e delle stelle, quando era nuvoloso la schiuma delle onde diventava fosforescente; ora invece c’erano dei fari in fila, orientati in direzione del mare, per tutta la lunghezza della spiaggia.